Trascrivo l’esperienza raccontata da Micaela, credo che sia molto interessante perche’ fa riflettere sul fatto che iniziare a introdurre la seconda lingua nel primo anno di vita possa fare una grande differenza. L’esperienza dei suoi due bambini sembra confermarlo.
Ciao,
sono Micaela e devo confessare che è stato bello leggere di altre persone con esperienze simili alla mia. Purtroppo non ne conosco molte.
Ho 2 bambini: Arianna di 3 anni e Matteo di 1 anno e 1/2. Sia io che mio marito siamo italiani, anzi italianissimi, con alle spalle esperienze all’estero (per studio io, per vacanza lui) che ci hanno permesso di acquisire un padronanza buona ma non ottima dell’inglese.
Entrambi abbiamo sentito l’esigenza di trasmettere, per quanto possibile, questa conoscenza ai nostri figli. Così quando Matteo aveva circa 9 mesi abbiamo cercato una persona madrelingua che passasse un po’ di tempo con loro, giocando e leggendogli storie.
Ci siamo messi in contatto con un ragazzo scozzese che era nella nostra città per studio. A dire il vero inizialmente non eravamo molto convinti di volere uno scozzese….lo scozzese ha un accento molto MOLTO forte (pare addirittura che, negli States, lui fosse riuscito a convicere un professore universitario che l’inglese non era la sua prima lingua, ottenendo così di fare l’esame di lingua IN inglese!!!!!)
Alla fine siamo giunti alla conclusione che l’accento non è tutto, che l’importante era che i bambini si trovassero bene con questa persona e che apprendessero la lingua, indipendentemente dalla cadenza, e che “anzi”, magari sarebbero stati più “abili nel capire” visto che venivano esposti ad accenti diversi! Così abbiamo cominciato a fare 1 o 2 incontri a settimana.
Più o meno nello steso periodo, io e mio marito, abbiamo iniziato a leggere le storie serali in inglese, a fare ascoltare cd musicali in inglese e a far vedere ad Arianna (Matteo era ancora troppo piccolo) cartoni animati in inglese.
Inizialmente la più attiva tra i 2 bimbi sembrava Arianna.
Matteo gattonava per la stanza senza nemmeno preoccuparsi che qualcuno gli stesse leggendo un libro.
A distanza di un anno però direi che le cose hanno assunto un aspetto diverso. Se da un lato Arianna mi chiede spesso il nome inglese delle cose e di tanto in tanto mi chiede di parlare inglese, difficilmente è lei a proferire parole nella “seconda lingua”.
Quando ascolta capisce qualcosa, non tutto.
Matteo invece (che ormai è un chiaccherone!…in italiano però….magari lo fosse già anche in inglese!!) si butta di più e credo che alla fine sarà lui, che ha iniziato prima, ad averne i vantaggi maggiori.
Ad essere sincera non penso che i miei figli diventeranno bilingui: l’italiano è sicuramente predominante. Ma credo che tra qualche anno saranno in grado di capirlo, anche se non proprio di parlarlo correttamente.
Per quanto mi riguarda credo sia già un plus, un regalo (come diceva qualche altra mamma) che gli si fa.
Ammiro chi, più o meno nella mia stessa situazione, ha avuto la costanza, la bravura e la caparbietà di parlare con i propri figli in una lingua che non era la sua.
Ciao
Micaela
P.S. un suggerimento: per la mia esperienza se da un lato lo studente è più facile da trovare (basta mettere degli annunci in università) e magari costa meno, dall’altro alla fine del suo soggiorno in Italia ci si ritrova da capo a cercare qualcuno, con i propri figli che ormai gli si sono affezionati, chiedono in continuazione di lui e faticano ad accettare qualcun altro….
Potendo tornare indietro cercherei da subito qualcuno che mi assicuri più continuità
L. says
Micaela,
grazie di averci raccontato la tua storia. Probabilmente hai ragione, Matteo e’ un po’ avvantaggiato perche’ ha iniziato prima, ma certo per Arianna non e’ troppo tardi!
Probabilmente lei non parla in Inglese perche’ ha molta piu’ sicurezza in Italiano e non vuole “tornare indietro”, se riesci ad aumentare un po’ la dose di inglese a cui e’ esposta magari potrebbe gradualmente farsi piu’ sicura.
Devo anche dire che e’ molto comune sottovalutare la capacita’ di comprensione dei bambini, studi approfonditi hanno dimostrato che la loro comprensione spesso supera di gran lunga le fantasie piu’ rosee dei genitori.
Forse Arianna e Matteo capiscono gia’ molto.
Comunque hai ragione, se anche solo raggiungessero il bilinguismo passivo, sarebbe gia’ molto, poi prima poi il modo per attivarlo si trova!
L.
Silvia says
Ciao Micaela,
rispondo un po’ tardi al tuo post, ma in effetti ho scoperto questo fantastico sito solo un paio di settimane fa. Forse non avevo cercato con attenzione…come mi è potuto sfuggire finora?!?
Anche io, come te, ho due figli: Raffaele ha 5 anni e 1/2, Maristella ha quasi 2 anni. Con entrambi ho sempre parlato inglese fin dalla nascita. Anche io e mio marito siamo italianissimi. Io ho una laurea lingue, ma questo non è certo il motivo per cui ritengo di conoscere la lingua molto bene. Per fortuna dopo l’Università ho avuto modo di esercitare il mio inglese grazie al lavoro e a frequenti viaggi. Inoltre, ho sempre nutrito una fortissima passione per questa lingua, mi piace parlarla più dell’italiano.
Torniamo ai figli. Quando sono sola con loro uso sempre l’inglese. Raffaele risponde in italiano, la lingua in cui, ovviamente, si sente più sicuro e che usa per la maggior parte del giorno insieme ad amichetti e maestre all’asilo. E’ in grado di comporre frasi anche complesse in inglese, coniuga bene i verbi, usa propriamente le forme negative ed interrogative, ha un vocabolario vastissimo…ma si rifiuta di parlare. Talvolta mi risponde in inglese come se “si sbagliasse”, magari quanso è distratto davanti alla tv. A volte, quasi per metterlo alla prova, gli dico “say it in English” e allora ripete in inglese quello che ha appena detto in italiano. Anche se vorrei sentirlo parlare inglese spontaneamente, il risultato che ho raggiunto finora non mi dispiace affatto e continuerò a parlare inglese con lui. Aspetto fiduciosa il momento in cui il suo inglese “esploderà”! Deve succedere prima o poi! Magari in occasione di un viaggio, che spero di fare presto, oppure quando sarà più grande e capirà quale grandissimo regalo gli è stato fatto!
Soltanto una cosa mi rimprovero e se tornassi indietro non rifarei: quando era molto piccolo (fino a due anni) e non parlava ancora, di solito non parlavo inglese con lui quando c’erano altre persone intorno (al parco, al supermercato, dal dottore, per strada ecc.). Avevo STUPIDAMENTE paura del giudizio negativo degli altri. In quel momento sapevo la teoria (cioè che se cresci un bambino in un ambiente bilingue il bambino apprende entrambe le lingue), ma non ero sicura al 100% che in pratica avrebbe funzionato… E non mi andava di stare a spiegare ogni volta che “il bilinguismo non fa male al bambino”, che “il bilinguismo non crea alcuna confusione” ecc. Che stupida! Sono sicura che se fossi stata un po’ più “consistent” con l’uso della lingua adesso il mio bimbo la parlerebbe di più.
La piccolina è ancora troppo piccola per fare il punto della situazione. Sicuramente capisce quello che diciamo, compie le azioni che le vengono richieste in inglese ed è in grado di dire alcune parole. Con lei cerco di parlare un po’ di più, ma rimane sempre il fatto che di giorno stanno all’asilo e mi vedono solo la sera e nei week-end. Credo che anche per lei si ripeterà la vicenda del fratello. Ma, ripeto, per adesso va benissimo così.
Come vedi, Micaela, siamo in parecchi ad avere esperienze simili. Credo che questa condivisione di storie non faccia altro che bene. Per quanto mi riguarda, mi stimola ancora di più ad andare avanti in questa “avventura”.
Scusate se sono stata così lunga…
Un saluto a tutti.
Silvia