Rimaniamo in tema di trilinguismo, e per una volta raccontiamo la storia di una famiglia in cui il trilinguismo accade in maniera quasi spontanea, certo con molto impegno dei genitori, ma senza ansie. Il trucco pero’ c’e’…
Nella mia esperienza di famiglia bilingue (inglese/italiano) nei paesi bassi, posso solo dire che la coerenza e’ stata fondamentale per permettere ai miei figli di imparare, parlare e distinguere le 3 lingue senza particolari difficolta’. Da piccolini loro stessi manifestavano questa necessita’ di coerenza protestando quando io gli parlavo in una lingua diversa dall’italiano. E se un italiano gli fa una domanda in olandese, loro rispondono categoricamente in italiano. La cosa buffa e’ che in loro la confusione si e’ creata da quando hanno lasciato l’asilo olandese e hanno cominciato la scuola materna inglese: la lingua inglese sta prendendo prepotentemente il sopravvento, e improvvisamente hanno cominciato a mescolare le lingue, cosa che non facevano da piccoli (“mamma, guarda la moona!” “mi sono squisciata un dito”). E adesso correggono la mia pronuncia sia in inglese che in olandese, e in alcune occasioni mi hanno anche fatto da interpreti olandese/italiano. Come li invidio!!!!
Quanto al parlare i miei figli sono stati abbastanza precoci, ma credo che rappresentino piuttosto una eccezione nel mondo del multilinguismo: al consultorio mi dicevano che un bambino di 18 mesi usa al max attivamente 20 parole. Ma e’ ancora nella norma anche se ne usa solo 3 (Emma ne usava gia’ una 50ina, David una 30ina). Ora hanno 5 anni e 3 e mezzo, e ovviamente mi rendo che nessuna delle 3 lingue che parlano e’ al livello di un bambino monolingue, soprattutto in termini di vocabolario, e a volte in termini di forma (“aspetta per me”, “io sono 5”, “io mi piace”). Pero’ sono consapevole che il multilinguismo perfetto non esiste, ma ci sono degli ambiti: quindi possiedono un vocabolario italiano e inglese pressoche’ normale per quello che riguarda l’ambito domestico, ma molto povero in olandese, che invece e’ piu’ forte nell’ambito del gioco e delle relazioni sociali.
Comunque qui non e’ come in Italia, l’ambiente e’ molto internazionale, e il multilinguismo una realta’ ormai assodata. Sono sicura che in Italia e’ molto piu’ difficile crescere i bambini bilingui.
Un motivo potrebbe essere la prevalente monoculturalita’ del loro mondo (a parte forse la famiglia). Verona tanto per fare un esempio e’ una citta’ piccola….nel chiusissimo veneto….che motivazione avrebbero ad usare una lingua che “nessuno parla”? Piuttosto il dialetto!
Un altro motivo potrebbe essere l’assenza di una componente affettiva:
i miei figli parlano inglese, perche’ e’ la lingua del papa’, tutta la loro relazione (fisica, affettiva, psicologica) e’ basata sull’inglese. Ma non solo: e’ anche l’unica lingua per comunicare con gradad, nanna, ed il resto della famiglia inglese, che vediamo in media 3 volte all’anno. L’inglese ora e’ per loro anche la lingua dell’apprendimento e della crescita, dal momento che abbiamo scelto per loro la british school.
Per lo stesso motivo parlano l’italiano: e’ la mia lingua e anche quella della mia numerosissima famiglia, che anche se lontana fisicamente e’ molto presente nella mente dei bambini. L’italiano e’ anche la lingua delle vacanze al mare e delle vacanze in montagna.
I miei figli parlano olandese, perche’ quella e’ la lingua del gioco, delle interazioni sociali, dell’amicizia.
per ognuna di queste 3 lingue c’e’ una componente affettiva che motiva profondamente i bambini ad usarle, e ad usarle nel modo appropriato a seconda del contesto. Hanno imparato a fare questo “switch” molto presto, direi intorno ai 18 mesi, quando hanno capito che c’erano almeno 3 modi diversi per dire ogni parola, ad esempio “acqua”.
Un’altra componente potrebbe essere quella “culturale”.
quando io e Paul parliamo ai nostri figli, non trasmettiamo solo la lingua, ma anche una componente culturale che e’ intrinsecamente connessa alla lingua: ad esempio, i miei figli sono molto piu’ gentili quando parlano in inglese che in italiano, questo perche’ l’inglese tende a essere piu’ “polite” (e forse io sono una cafona e non gli insegno le buone maniere in italiano…).
Esempio: E&D giocano a servirci il té:
“Would you like a nice cup of tea, daddy?”
“Mamma, bevi il té ok?”
Buffo, vero?
Trovo che la lingua separata dal suo contesto culturale rischi di diventare , come dire….un po’ artificiosa.
E proprio un paio di settimane fa siamo partiti con una iniziativa di gruppo di gioco in italiano (una volta alla settimana): una cosa tutta da inventare, ma i primi due incontri hanno gia’ avuto un ottimo successo. Nel nostro gruppo di gioco abbiamo essenzialmente due fasce d’eta’: 1-3 e 4-6. Ma al momento le attivita’ sono piuttosto incentrate sui piu’ grandi e i piccoli……seguono come possono.
Lo schema per il momento e’: si inizia con gioco libero con materiale vario per aspettare tutti quanti, poi si continua con un girotondo per scaldare un po’ l’atmosfera….i bambini non si conoscono e hanno bisogno di una esperienza “forte” comune senza pero’ troppo coinvolgimento individuale. Cantare, tenersi per mano, e….poi cadere, magari assieme a mamma o papa’, li fa molto divertire ed e’ quello che ci vuole (ancora ancora!!!!).
Poi una storia, con illustrazioni. Le illustrazioni si riutilizzano per ripercorrere la storia e invitare i bambini a riraccontarla o a spiegarla. Poi merenda, poi chi vuole colora le illustrazioni oppure gioco libero. Poi canzoncine varie accompagnate dai movimenti.
Tutti i bambini che partecipano, senza eccezione, sono perlomeno bilingue (italiano a casa, olandese e/o inglese all’asilo/ scuola). Ma molti (la maggior parte) hanno addirittura due lingue in casa (le piu’ disparate oltre all’italiano). Dunque per i bambini del nostro gruppo di gioco la lingua in comune e’ di fatto l’italiano.
Quando i bambini arrivano al playgroup italiano, capiscono immediatamente quale e’ il contesto, e automaticamente usano l’italiano per comunicare, non c’e’ bisogno che glielo diciamo. Il girotondo di apertura non serve per indicare il contesto linguistico, ma semplicemente per rompere il ghiaccio.
Ti terro’ aggiornata sugli sviluppi (magari prenderemo spunto dal tuo blog…..)
A presto,
Rita
letizia40 says
Rita vive in un mondo molto diverso da quello con cui deve fare i conti la maggior parte delle persone. L’Olanda e’ di per se’ un paese molto multiculturale e poliglotta, in piu’ Rita lavora presso un’organizzazione internazionale e frequenta persone che provengono da tutta Europa, se non da tutto il mondo. (Per inciso questo lo so perche’ io e Rita ci siamo conosciute li’).
Da un lato quindi la sua esperienza e’ atipica, e invidiabile, dall’altra pero’ credo che Rita sollevi dei punti che sono rilevanti per tutti e che dovrebbero far riflettere.
In particolare mi colpisce il fatto che, pur vivendo in una societa’ multilingue, Rita e Paul affrontino il bilinguismo dei loro bambini con molto impegno e consapevolezza: hanno cura di usare un metodo (One Parent One Language) con coerenza, curano i rapporti con la famiglia allargata e coltivano la sfera affettiva associata ad ogni lingua, organizzano playgroups, minimizzano il code switching (Rita parla sempre di gruppo di gioco, non playgroup. Che brava!).
Se ci mettono tanto impegno loro, figuriamoci cosa deve fare chi vive in una societa’ monoculturale! Per non parlare di me che vivo a Verona…
Rita ci ricorda che un bambino non ti cresce mai bilingue per magia, ci vuole costanza e impegno. Ma i risultati ne valgono la pena!
Francesca says
Care Letizia e Rita,
sono convinta che la coerenza aiuti a crescere i bambini bilingui in un modo anche forse meno caotico.Il passaggio da una lingua all’altra fatta dallo stesso genitore credo che li disorienti. Mia figlia Anne, tre anni, bilingue olandese/ italiano con una preferenza marcata per la seconda se mi sente parlare in olandese mi guarda come se fossi una marziana….forse per il mio accento non so.Mi accorgo che se le si chiede di dire un oggetto lo dice in italiano poi in olandese e poi lo ridice in italiano dicendo che è la sua lingua. E’ molto bella l’iniziativa di un gruppo di gioco dove i bimbi possano tranquillamente confrontarsi con la lingua di minoranza. Se avete bisogno di una mano o di nuove idee siamo disponibili. Nella mente di un bimbo si associa una parola ad un’immagine, mentre un bimbo di bilingue ne ha per esempio due per indicare lo stesso oggetto. Con Anne stiamo procedendo così cerchiamo di dirle le stesse cose in entrambe le lingue per es. io le dico Palla è mio marito bal. Non so se pedagogicamente sia corretto, ma con lei funziona. Siamo infetti dei genitori alle prime armi visto che è la nostra prima figlia. Un altro sistema è leggere molto insieme sia in italiano che in olandese, cosa che lei sembra apprezzare molto. E per i lunghi viaggi in macchina quando si comincia ad annoiare alternare la visione di dvd in olandese con quelli in italiano. Mi piacerebbe molto saperne di più da voi che siete più esperte in materia.
Francesca says
Cara Letizia,
vorrei prima di tutto ringraziarti per la preziosa risposta. Mi piacerebbe molto che Anne incontrasse altri bimbi che parlino anche italiano e sono convinta che si divertirebbe molto.Frequenta tre mattine alla settimana una PSZ (peuterspeelzaal una sorta di nostra di ludoteca per bambini tra 2 e 4 anni) e le maestre notano che spesso dice anche a loro parole in entrambe le lingue, insomma prova ad insegnare loro ciò che per lei è una cosa normale.Parliamo entrambi la nostra lingua madre anche perchè per noi è naturale parlarla anche con Anne, quindi spesso mio marito parla in olandese ed io gli rispondo in italiano. Credi questo possa confondere Anne?
Sia io che mio marito parliamo correntemente sia l’italiano che l’olandese anche se naturalmente conserviamo un nostro accento.
Insomma si sente che io sono italiana quando parlo in olandese, ma la gente sembra capirmi e lo stesso discorso vale per l’italiano di mio marito.Parla in italiano con un accento olandese.
Ciao e grazie,
Francesca
L. says
Piu’ OPOL di cosi’ non ce n’e’, non credo proprio esista il rischio di confondere Anne! Appena Rita mi risponde ti contatto.
Brava! Non ultimo per aver imparato bene l’Olandese, molte persone anche se vivono in Olanda non lo imparano, anche perche’ li’ tutti parlano perfettamente inglese…
L.
Rita says
Ciao Letizia, Ciao Francesca,
leggendo il tuo post Francesca, ho rivisto tante cose di Emma e David, che sono di poco piu’ grandi di Anne. Pensa che all’asilo tutti i bambini avevano imparato a dire “acqua” anziche’ “water” quando avevano sete!
idem per la preferenza linguistica.
idem per gli sguardi tra lo stupito e il severo quando in certe circostanze (p.e. in presenza di non italiani) gli parlavo in inglese o in olandese. Ma poi cambiano. Ora accettano l’idea che io possa parlare altre lingue. A volte me lo chiedono espressamente. E spesso mi correggono la pronuncia……(“Mamma, tu non parli tanto bene l’olandese, eh?”).
Rita
Margarita says
Io sono una madre cubana(madrelingua spagnola) con un bambino nato in italia e padre di madrelingua italiana-tedesca, ringrazio per la vostra storia perchè ho bisogno in questo momento di sentire storie simile alla nostra e anche sperienze e dubbi altrettanto uguali. Io parlo a nostro figlio Johannes in spagnolo, mio marito ha scelto il tedesco (lingua della nonna paterna) e viviamo in un contesto tutto italiano (città di Como), per noi non è facile perchè è una lotta continua con gli altri che non capiscono perchè parliamo a nostro figlio altre lingue e non l’italiano. Sono molta contenta di leggervi e mi avete dato un grandissimo conforto, non sapete quanto!!! Grazie mille!!!
Bilingue Per Gioco says
Margarita,
grazie a te di esserti fermata e aver condiviso la tua storia. Si’ non e’ facile, soprattutto in una piccola citta’. Bisogna valorizzare i genitori come voi che continuano per la propria strada nonostante l’ostilita’ che li circonda!
A presto,
L.
Monica says
Ciao.
Sono una mamma italiana di due bimbe, una di tre anni e mezzo e l’altra di sei mesi. Viviamo in Inghilterra e mio marito e’ portoghese. Condivido pienamente Margherita quando dice che insegnare le tre lingue ai figli e’ una lotta contro gli altri. Soprattutto qui in Inghilterra, che pur essendo multiraziale, se non si conosce l’inglese si e’ visti come “alieni” ed e’ per questo che il piu’ delle volte vieni “alienato”. Anche noi viviamo la condizione ideale per il trilinguismo e devo dire che pur mettendocela tutta i risultati sono al momento impercettibili. La mia prima figlia M. va all’asilo da settembre scorso e gia’ le maestre mi hanno “consigliato” di non parlarle piu’ in italiano e concentraci sull’inglese visto che M. e’ l’unica che ancora non parla. Io non ho accettato il consiglio, anche perche’ credo che sia piu’ un favore che farei a loro, ed ho continuato a parlarle in italiano. Ultimamente pero’ mi sono resa conto che a scuola M. e’ sempre in disparte e mentre le altre bimbe fanno giochi che richiedono il parlare, come andare dal dottore o fare la spesa, lei se ne sta da sola giocando con costruzioni. Questa cosa mi stava distruggendo e scoppiavo a piangere ogni volta che la lasciavo a scuola! Cosi’ ho chiesto a mia marito di non parlarle piu’ in portoghese ma solo in inglese. Solo dopo avere scoperto questo sito intessantissimo abbiamo deciso di rintrodurre il portoghese e non sprecare le favolosa opportunita’ di imparare tre lingue!In realta’ non so ancora quale e’ la cosa giusta da fare ma credo proprio che questa storia abbia creato piu’ confusione a me che alla mia bimba!
Grazie grazie grazie
Bilingue Per Gioco says
Monica,
hai ragione, non dovete sprecare questa opportunita’, che per le tue bambine significa prima di tutto crescere con un forte legame e consapevolezza delle proprie origini, e solo secondariamente approfittare di tutti i vantaggi del bilinguismo a livello di sviluppo celebrale e in futuro di opportunita’ sociali e lavorative.
Se la tua bambina ha iniziato la scuola a Settembre e prima ha avuto poca esposizione all’Inglese devi lasciarle un po’ di tempo per abituarsi, e’ un cambiamento importante per lei e deve appropriarsi della lingua, una fase di silenzio e’ assolutamente normale. Vedrai che entro breve imparera’ l’Inglese e chiudera’ il gap con i suoi compagni monolingua.
Continuate il vostro progetto di trilinguismo serenamente, pero’ fatele anche capire che anche l’Inglese e’ una lingua importante, che anche voi la parlate, e cercate occasioni per farla giocare con altri bambini Inglesi. Se avete modo di farle frequentare anche altri bambini bilingui (in qualsiasi lingua) questo puo’ aiutare a farle capire che esistono tante lingue diverse e che altri bambini come lei parlano diverse lingue.
Facci sapere come va, e quando hai bisogno di confrontarti con altri genitori sai che siamo qui.
L.