Il titolo di questa Idea della settimana e’ volutamente provocatorio, ed e’ un invito rivolto a tutti (me stessa in primis) a riflettere sulle aspettative di cui noi oggi investiamo i nostri figli fin dalla piu’ tenera eta’.
Questa riflessione nasce sia dall’osservazione del moltiplicarsi di proposte “educative” rivolte ai bambini piccoli e piccolissimi. Gia’ da piccoli i bambini vanno non solo all’asilo, ma anche ad un numero di attivita’ pomeridiane, che ne riempiono la giornata, promettono di stimolarli e insegnare loro delle cose, ma sottraggono loro tempo da dedicare al gioco e all’affettivita’, tempo per stare insieme e per fare quello che vogliono con i loro ritmi.
Queste considerazioni mi hanno dato molto da pensare, perche’ l’ultima cosa che voglio e’ alimentare questo tipo di pressioni sui bambini. Personalmente credo fermamente che i bambini abbiano bisogno di serenita’ e affetto, e basta. Tutto il resto e’ un di piu’, magari bello e utile, ma solo se contribuisce ad aumentare la serenita’ e a scambiarsi affetto, altrimenti invece di aggiungere toglie.
Qualche mese fa ho letto un articolo su Repubblica che mi rimase molto impresso e che qui vi ripropongo (Vita da superbambino), insieme ad un articolo piu’ datato pubblicato su un quotidiano inglese (Busy Babies). Credo che sia spontaneo prendere le distanze da comportamenti eccessivi e caricaturali dicendosi che in fondo noi cerchiamo solo il bene dei nostri bambini, e poi loro si divertono tanto! Invece forse, a ben cercare, dentro ognuno di noi c’e’ anche il genitore che coltiva ambizioni per il proprio piccolo e che vuole prepararlo alla vita, il punto e’ a quale costo?
C’e’ anche da dire che la societa’ in cui viviamo ci propone mille attivita’ per sviluppare l’intelligenza/la creativita’/la fiducia/la motricita’/etc dei nostri figli, ci bombarda di timori, ci fa sentire inadeguati se nostro figlio non copre determinate tappe in determinati periodi, ci spinge costantemente al confronto con gli altri. Forse bisogna anche saper scendere dal treno ogni tanto, e ricordarsi che un bambino e’ un bambino e basta, che il suo sviluppo intellettivo e’ strettamente collegato al suo sviluppo emotivo, che un bambino felice e sereno sara’ un domani equipaggiato per affrontare la vita con fiducia e ottimismo.
Io stessa quando gioco con A. mi sorprendo a volte a pormi la domanda perversa del tipo “Dovrei proporgli dei giochi istruttivi? Cosa dovrei fare ora?”. Grazie al cielo, la domanda mi passa per la testa (forse perche’ leggo troppi libri che mi dicono cosa dovrei/potrei fare col mio bambino) e altrettanto velocemente viene dismessa. Il piu’ delle volte finiamo a rotolarci sul lettone, o a rincorrerci per casa, o a ballare insieme (secondo me ballare in braccio alla mamma/papa’/nonni etc batte tutti i corsi di musica!), o usciamo a fare due passi nel parco e a litigare perche’ lui vuole mangiare il ghiaino. L’imporante pero’ e’ sapersi fermare.
Personalmente quindi queste riflessioni non mi hanno dato granche’ da rivedere nella mia relazione con il mio bambino, mentre invece mi hanno fatto pensare molto a Bilingue Per Gioco e a come la proposta di Bilingue Per Gioco puo’ essere percepita e utilizzata dalle famiglie. Bilingue Per Gioco si chiama cosi’ proprio perche’ il concetto su cui si fonda e’ il bilinguismo proposto ai bambini dalla famiglia in un contesto ludico e affettivo, senza sforzo, senza aspettative, con naturalezza. Se questa naturalezza non c’e’, se riesce troppo difficile giocare, sono io stessa la prima a dire che forse e’ meglio lasciar perdere. Purtroppo pero’ giocare con bambini non e’ sempre facile, sia per questioni di mancanza di tempo, sia perche’ il gioco richiede attenzione ed energie, che a volte non abbiamo.
Alice says
Cara Letizia, questo articolo mi riporta indietro di un paio d’anni quanto, incinta di Mia, avevo deciso che oltre all’italiano la povera creatura doveva anche imparare lo spagnolo. Essendo io abbastanza fluent in spagnolo ed essendo lo spangolo una lingua importante nella mia famiglia paterna, avevo deciso che avrei trovato il modo di farlo imparare anche a Mia. E cosí, conscia per lo meno del fatto che avevo giá il compito di insegnarle l’italiano, le ho comprato Muzzy (forse lo conosci giá http://www.early-advantage.com) sicura che gia dal primo giorno di vita sarebbe diventata trilingue! Purtroppo Muzzy, nonostante tutti i vari premi vinti, non riesce a competere con Barney e a Mia proprio non piace quindi non solo non é trilingue ma l’ultimo suo tentativo di frase completa in Italiano é stato “My can’t vedi, mamma!” …..no comment!