Valentina, è altoatesina, entrambi i suoi genitori sono di madrelingua tedesca, ma trasferitisi a Verona quando Valentina era bambina finiscono con l’abbandonare il tedesco e adottare l’italiano. Ora Valentina ha due bambine, di 2 e 3,5 anni. Leggendo il blog (e anche la testimonianza di Nadia) Valentina si e’ decisa a incominciare a parlare in tedesco con le sue bambine. Per Valentina si tratta non solo di una questione linguistica, ma anche di identità, come possiamo capire leggendo le sue parole.
Ciao Letizia
Come te, anch’io ho pensato tutto il fine settimana all’incontro genitori. Dal mio punto di vista, forse finalmente mi sono resa conto che il vero problema sta in me, sono io che in passato mi sono sentita diversa e ancora oggi ne ho un po’ paura. Prenderne coscienza è stato positivo. Probabilmente non parlerò, per decisione, tedesco in pubblico, ma per una questione di cortesia: mia nipote, che è stata qui un pomeriggio, ha detto che non capiva niente e se per favore parlavo in italiano. Il punto è che non mi sento più in imbarazzo in pubblico.
Ho parlato un po’ con mia madre, come siamo arrivati a ‘perdere’ la lingua di famiglia: all’inizio i miei genitori volevano favorirmi, ha detto che ho sofferto parecchio nei primi due mesi, ma poi già parlavo (a tal proposito, i miei ricordi sono che rispondevo “si” ai bambini quando mi sembravano positivi verso di me, e “no” quando erano seri e mi prendevano in giro…. ricordo inoltre che tornavo da scuola e ogni giorno chiedevo il significato di una o due parole….). In seguito tutto il contesto era italiano, tra di noi parlavamo italiano, i vicini, in campagna quasi 30 anni fa, parlavano di noi. Mia madre è convinta che il tedesco sia una lingua dura, difficile, per cui non l’ha continuata (dal mio punto di vista, sicuramente non è difficile per chi già la parla, e riguardo alla durezza, è una ‘buona’ scusa). Negli anni a seguire, mio padre ha tentato più volte di riprendere la lingua, ma noi tre figli ci rifiutavamo. Col senno di poi, probabilmente non ha mai avuto il vero appoggio di mia madre, e quindi non ha insistito (altrimenti loro in qualità proprio di genitori sarebbero riusciti a convincerci!). Anche questi giorni, pur avendo comunicato l’intenzione di utilizzare la lingua tedesca con le bambine, lei comincia in tedesco nei primi minuti dell’incontro e dopo poco cambia in italiano. Oppure io le parlo in tedesco e lei risponde sempre in italiano. Probabilmente è lei che deve interrogarsi sul vero motivo per cui ‘rifiuta’ questa lingua, ma non so se avviare io questa riflessione e rischiare litigi anche forti. Più probabilmente, cercerò l’appoggio solo di mio padre. Mi dispiace un po’, e ne sono demoralizzata, ma sono convinta della decisione.
In seguito all’incontro del 21, ho deciso di continuare a ‘mescolare’ il mio dialetto con il tedesco ufficiale, poichè in contesti diversi mi vengono abbastanza naturali entrambi, e mi dispiacerebbe togliere il rimando affettivo della lingua e l’associazione con il positivo per le mie figlie. Potranno distinguere in seguito le due lingue, se vorranno, con la lettura (verosimilmente, non useranno questa lingua in un contesto scolastico…). Attualmente infatti, non rifiutano questa lingua, anche se ovviamente mi parlano in italiano: solo qualche volta mi dicono che non capiscono (vero che ancora molto spesso io spontaneamente traduco o indico a gesti). Talvolta poi, ripetono quello che dico, un po’ a papera, ma in un piacevole contesto di gioco! Mi sembra un buon avvio, senza eccessive forzature.
Saluti
Valentina Rauch
Babar says
ciao, ho 31 anni e sono un italo giapponese cresciuto a Roma. Mio padre, giapponese, non ha mai cercato di insegnarci questa lingua, perche’ pensava non sarebbe stata utile, ed invece ha promosso per tutti lo studio dell’inglese. A 20 anni conosco una ragazza giapponese mentre vivo a Londra e la seguo in Giappone. Ora siamo sposati e viviamo qui, con le nostre 2 bambine e uno/a che sta per nascere.
Come la madre qui sopra, anche io ho dovuto ripescare la lingua (nel mio caso da quasi zero), ed ho avuto molte difficolta’ all’inizio. Pero’, seppure mio padre non mi parlasse mai in giapponese, ho avuto occasione di sentirlo spesso e per il fatto che anche parlando in italiano gli resta l’accento, l’ho evidentemente assorbito passivamente e non mi e’ stato difficile pronunciare la lingua, infatti raramente notano che ho un accento.
E’ stata una sorpresa perche’ adesso con mio padre parliamo anche in giapponese ed e’ una persona completamente diversa da quando parliamo in italiano. E’ bello avere questo rapporto in piu’ che per esempio i miei fratelli non hanno.
Secondo me avere un genitore straniero promuove molto lo studio delle lingue ed il fatto che il genitore debba insegnare la propria lingua non puo’ essere dato per scontato perche’ non e’ una cosa facile e me ne rendo conto ora che cerco di insegnare alle mie bimbe l’italiano.
Anche i genitori a volte hanno dei motivi per evitare una lingua e non e’ semplice pigrizia, come tendono a dire le persone che criticano senza conoscere la complessita’ della cosa.
ps: ho trovato il sito grazie a un intervento su italiansonline. a presto!
L. says
Babar,
che bella storia ci racconti, ti ringrazio. La pubblichero’ anche in un post a parte perche’ tocca un tema molto importante e delicato, il fatto che la persona bilingue e’ una persona dversa a seconda della lingua che parla, e che quindi negando a noi stessi e ai nostri figli una lingua neghiamo molto di piu’ di un codice di comunicazione, neghiamo una parte di noi stessi, di cio’ che siamo.
Sono contenta pero’ che tu sia riuscito a recuperare la tua lingua paterna, in effetti e’ soprendente come i bambini che crescono bilingui passivi possano poi diventare facilmente bilingui attivi, e questo e’ uno dei motivi per cui i genitori non dovrebbero mai scoraggiarsi ma continuare a parlare la propria lingua.
Ti sarei grata se mi potessi inviare il link dell’intervento su italiansonline.
L.