Sono i genitori o la societa’ a plasmare i bambini? Credo che tutti converrete con me che la risposta e’ entrambi. I bambini raccolgono input da piu’ fonti, riconoscono autorevolezza a piu’ persone ( i genitori, la maestra, il bambino piu’ grande, la zia, etc…) e si costruiscono una propria scala di valori e modelli di comportamento. Ed e’ giusto che sia cosi’.
I bambini monolingui per esempio imparano a parlare prendendo spunto da mille risorse: la mamma ovviamente (non per niente si dice madrelingua), ma anche la scuola, gli amichetti, la televisione (ahi! diciamo i video…), etc.
Eppure cio’ che viene dato per scontato per i bambini monolingui viene poco considerato per i bilingui. Invece le dinamiche di apprendimento dei bambini bilingui sono esattamente le stesse, imparano a parlare da una moltitudine di persone e interazioni, solo che loro spesso hanno molte meno fonti a cui attingere.
Se cio’ non viene opportunamente valutato si rischia cio’ che molti genitori testimoniano: i figli capiscono la lingua minoritaria del genitore, ma non la parlano. In questo scenario il bambino perde un’opportunita’ (relativamente parlando, perche’ il bilinguismo passivo e’ comunque un risultato notevole) e il genitore spesso vive l’esperienza con frustrazione, sentendosi tradito da un lato, e colpevole di aver sbagliato qualcosa dall’altro. Il punto e’ che non si puo’ sopravvalutare l’importanza di un contesto sociale per lo sviluppo di una lingua, componente essenziale per motivare i bambini, e i genitori devono accettare i limiti insiti nel proprio ruolo, certamente fondamentale nel plasmare il bambino, ma non onnipotente.
Come giustamente osserva Barbara Zurer in Raising a Bilingual Child (non ancora recensito su questo blog, ma ci arriveremo quando avro’ un po’ di calma) i genitori devono provvedere ai bambini “opportunity” e “motivation” per la lingua minoritaria.
Molto spesso l’idea di partenza e’ che se il genitore e’ motivato lo sara’ anche il bambino. Purtroppo non e’ cosi’, la motivazione del genitore nasce dalle proprie esperienze e dalle proprie proiezioni per il futuro. Ugualmente la motivazione del bambino e’ radicata nelle sue esperienze, la lingua deve avere un significato e uno scopo nella sua visione del mondo perche’ la motivazione sia interiorizzata e non limitata al “far contenta/o la mamma/il papa'”.
Per questo e’ essenziale che il bambino avverta la necessita’ di parlare la lingua in determinati contesti, la associ ad attivita’ che gli piacciono, a persone e bambini che vede volentieri e che tutte queste condizioni siano univocamente associate alla lingua minoritaria.
Ovviamente esistono diversi modi per creare il contesto sociale per la lingua minoritaria, la famiglia allargata e’ una risorsa preziosa (associando anche forti valenze affettive alla lingua), gli amici possono anche aiutare molto, ma il contesto sociale a misura di bambino e’ spesso piu’ difficile da trovare, almeno in Italia. Pensiamo ai Playgroup ovviamente, o ad altre forme di aggregazione per bambini in cui si parli solo la lingua minoritaria.
Immagine da A Journey Round My Skull
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