Jonas Hassen Khemiri e’ un giovane scrittore, di madre svedese e padre tunisino, cresciuto in Svezia con quattro lingue: Svedese, Arabo, Francese e Inglese. E’ uno scrittore di successo, ha scritto romanzi e opere teatrali, non credo sia pubblicato in Italia, ma nei paesi nordici e in Germania spopola.
Ho avuto modo di sentirlo parlare alla conferenza di cui vi ho accennato, una conferenza su Early Language Learning organizzata dalla Comunita’ Europea. A questa conferenza hanno partecipato, come si potra’ facilmente immaginare, molti studiosi che fanno ricerca sul bilinguismo e molti professionisti del settore dell’istruzione. Ci sono stati un paio di discorsi, in generale molto interessanti, ma non tutti. Pero’ il discorso piu’ interessante, divertente e piacevole l’ha fatto Jonas che del bilinguismo ha solo esperienza diretta, ma non professionale (il che a pensarci bene dovrebbe stupire fino ad un certo punto…).
Jonas ha parlato della sua esperienza, cosa ha voluto dire per lui essere bilingue, e ha detto un paio di cose in fondo semplici, ma profonde e vere. Una per esempio mi ha fatto riflettere, ha detto “Io sono una persona diversa a seconda della lingua che parlo“, aggiungendo, per esempio mi piace parlare francese perche’ in Francese mi sento… beh si’ mi sento cool. Ora in tutta franchezza Jonas sarebbe cool anche se parlasse veronese, non so se avete capito il tipo, ma quello che ha detto e’ cosi’ profondamente vero. E’ una cosa che io gia’ pensavo, ma in un certo senso quando lo senti dire da un’altra persona diventa piu’ vero, come se il tuo pensiero venisse sottratto ai meandri della tua mente ed esposto in piena luce.
Per me e’ cosi’. L’Italiano e’ la mia lingua, la lingua in cui sono stata cresciuta, ed educata, la lingua degli affetti. Ma L’Inglese e’ la lingua della liberta’, e’ la lingua di una vita che mi sono scelta e costruita tutta da sola. In Italiano sono terribilmente sensibile alla gerarchia (che odio dover dare del lei alle persone), sono piu’ prudente. In Inglese sono piu’ spigliata, mi butto e mi diverto di piu’. In Italiano sono stata scolara e studentessa. In Inglese sono stata una professionista. In Italiano ho coltivato le amicizie di sempre, solide e durature come solo sono le relazioni che si costruiscono crescendo insieme. In Inglese ho incontrato gente di tutti i tipi, di tutte le nazionalita’ e le professioni, persone interessantissime, alcune sono diventate amicizie sincere, con altre magari ho parlato una sola volta, ma il loro ricordo e’ nitido come se le avessi davanti tanto forte e’ l’impressione che hanno lasciato in me.
Questo e’ quello che intendevo dire, credo di averlo gia’ scritto da qualche parte, scrivendo che per me e’ importante parlare Inglese con A. perche’ e’ il modo per trasmettergli una parte di me e della mia storia, una parte che non puo’ essere raccontata, ma solo vissuta.
Immagino che questo sentimento sia ancora piu’ forte per chi ha una doppia nazionalita’, cultura e identita’. Jonas lo confermava, ma lo conferma anche la ricerca. Eccovi un articolo in merito Are you a different person when you speak a different language?
BILINGUALISMO IN AZIONE
Questa volta il bilinguismo in azione non e’ facile, richiede un bel po’ di analisi. Pero’ potete provare a domandarvi se secondo voi le esperienze che i vostri figli fanno nelle diverse lingue sono diverse. Osservate un comportamento o atteggiamento diverso del bambino a seconda della lingua che parla? E possibile che il bambino abbia piu’ fiducia in se’ stesso in una lingua piuttosto che nell’altra? Forse una lingua piu’ di un’altra e’ associata al gioco con altri bambini, o a esperienze che possono essere percepite come negative, per esempio la disciplina. I bambini fanno piu’ attivita’ creative in una lingua? Sono piu’ chiacchericci o piu’ introversi?
Immagino che entro certi limiti queste differenze siano inevitabili. Ma magari in qualche modo si possono anche influenzare per far si’ che sentimenti ed esperienze positivi vengano associati ad entrambe le lingue.
Immagine da A Journey Round my Skull
gianna says
Si, confermo. Non riguardo al Mezzovikingo, perché é ancora piccolo perché io ci capisca qualcosa delle sue possibili identitá, ma riguardo a me stessa con italiano e svedese (e, in misura molto minore, col tedesco) nonostante io non sia bilingue ma solo quotidianamente full-immersion nello svedese.
L. says
Gianna,
certo che sei bilingue, probabilmente trilingue, forse quadrilingue se sai anche l’Inglese. Non sei bilingue precoce, hai una sola madrelingua, ma sei indiscutibilmente bilingue. Questo tuo commento conferma quanto sa radicata l’erronea convinzione che sia bilingue solo chi e’ cresciuto con due madrelingue e parla legge e scrive benissimo entrambe le lingue proprio come un monolingua parla, legge e scrive la sua lingua. Questi non sono i bilingui, sono le perle rare del bilinguismo, queste forme di bilinguismo bilanciato sono rarissime anche tra chi ha genitori di nazionalita’ di diverse, e comunque mai cosi’ perfette come le vuole l’immaginario comune.
L.
gianna says
Ummm. allora sono trilingue. L’inglese lo so ma non lo includo, perché non avendo vissuto in paesi anglofoni non sono venuta a contatto con la loro cultura e stile di vita. Per me il multilinguismo é qualcosa che comprende, appunto, un contatto anche emotivo con quella/e lingua/e. L’inglese l’ho usato soprattutto in ambito professionale, e il piú delle volte con non-inglesi.
Piuttosto: mi ronza in testa una curiositá sul fatto di sognare in lingue diverse: implicazioni, modalitá, etc.
ne hanno parlato alla conferenza?
L. says
Gianna,
No, del sogno proprio non si e’ parlato. Diciamo che quelli sono nice problems to have… (Se hai capito questa frase secondo me sei quadrilingue, anche se non hai vissuto a Londra. Del resto la definizione di bi/tri/quadrilingue non esiste, ma secondo me dovrebbe essere basata sulle competenze linguistiche, non culturali. Che lingua e cultura vadano a braccetto siamo d’accordo, ma e’ un altro discorso… Comunque siccome gli esperti non riescono a raggiungere un accordo sulla definizione di bilinguismo non vedo perche’ dobbiamo riuscirci noi, ergo le parentesi)
L.
Adriana says
Solo un’aggiunta, rapida rapida:
Si CONOSCE una persona in una lingua sola. Anche se due persone hanno in comune tre lingue, la lingua in cui si sono rapportate la prima volta che si sono conosciute resterà sempre l’unica lingua in cui possono comunicare veramente. Questa perlomeno è la mia esperienza – di italiana che vive a Londra, ha sposato un inglese, e come traduttrice opera in un ambiente inevitabilmente internazionale.
Ciao da Londra
A
L. says
Adriana,
buon commento, ti ringrazio, infatti leggevo di alcune persone che faticano a relazionare con amici in altre lingue…. A pensarci bene anche a me e’ successo di guardare le persone con uno sguardo diverso quando parlavano una lingua diversa da quella in cui normalmente interagivamo.
L.
Babar says
Davvero, io sono convinto che parlare diverse lingue faccia sviluppare personalita’ alternative.
Mio padre, giapponese, e’ tutta un’altra persona rispetto a quando parla in italiano!
Anche io, se devo parlare con lui in giapponese cambio e divento piu’ rispettoso della gerarchia della famiglia, non potrei riferirmi ai miei fratelli maggiori per nome quando parlo con lui, cosa che invece faccio in italiano o in inglese.
Se cambia la lingua e passiamo al romanesco, vi lascio immaginare la battaglia reale di espressioni colorite usiamo invece, specie se litighiamo.
Avete mai sentito una persona che in pubblico parla italiano corretto o magari lo stesso vostro dialetto, poi gli arriva una telefonata dalla zia che magari sta a Taranto e cambia lingua lasciandovi scioccati?
E’ una cosa che mi ha sempre affascinato, visto che ho amici che parlano con forte accento di Roma avendo studiato nella capitale sin da bambini ma poi in famiglia parlano toscano, foggiano, siciliano…
Ho un’amica italo-giapponese pure lei che o parla siciliano/romano oppure Okinawano! troppo forte! (la sua parola preferita e’ miiiiiiiii’)
Yael says
Ciao a tutti e tutte (ecco dove l’inglese sarebbe stato utile…),
E’ la prima volta che scrivo qua, anche se e’ da parecchio che vi seguo. Sono un’israeliana che vive in Italia, sposata con un italiano, e abbiamo un bimbo di 21 mesi che cresce bilingue. Ancora non noto delle differenze nella sua personalità quando parla una lingua o altra.
Anche dalla mia esperienza, vedo che sono una persona diversa quando parlo in italiano e quando parlo in ebraico. In realta’, ho notato che l’italiano mi ha permesso di avere sicurezza di me stessa, che prima, con l’ebraico, non avevo (nonostante fosse la mia madrelingua). Non so perche’.
Poi, per quello che riguarda il punto che “Si CONOSCE una persona in una lingua sola”, non sono d’accordo. Io ho conosciuto mio marito in inglese, una lingua che abbiamo parlato per quasi 3 anni. Quando ci siamo trasferiti in Italia abbiamo deciso di parlare in italiano, per aiutarmi con l’apprendimento. Devo dire che ora, mi sento molto strano parlargli in inglese. Oramai, l’italiano e’ diventato la nostra lingua.
Questo e’ tutto…
Un saluto
Yael
L. says
Yael,
innanzi tutto sono contenta quando qualcuno che mi segue da tempo finalmente si fa avanti, per me e’ una piccola barriera che cade. Quindi benvenuta.
Non credo che si possano cercare differenze nella personalita’ di un bambino piccolo. Forse, dico forse, delle preferenze. Per esempio io credo, forse spero, che mio figlio a tavola si sentira’ sempre molto italiano. Altre persone dicono che da bambini associavano una determinata lingua al gioco con altri bambini. Piccole cose cosi’. Da grandi pero’ ci sono persone che dicono che per esempio una certa lingua e’ la lingua dell’amore, e magari un’altra e’ quella che usano quando sono davvero arrabbiate.
Quanto all’affermazione di Adriana, credo ci sia qualcosa di vero, in fondo un po’ lo confermi anche tu dicendo che la lingua della coppia per voi e’ una sola, prima l’Inglese, poi l’Italiano, ma sempre una. Comunque ecco, la prenderei come un’affermazione, non un assioma. Una cosa ormai abbiamo capito, credo, che ci sono pochissime regole che valgono per tutti.
Ciao,
L.
Fru Fersen says
Confermo.
a seconda della lingua cambiano il tono della voce, il volume, la gestualita’ , la mimica facciale e gli argomenti stessi di conversazione.
Qui in Spagna capita spesso che la piccola ”attacchi bottone” in ascensore, alla coda del supermercato, saluti la gente per strada, assuma un ruolo da leader nei giochi con gli altri bambini… in Svezia -e a scuola (svedese) MAI.
La nostra intenzione, una volta trasferiti, e’ quella di offrire loro delle lezioni-giochi-contatti in castellano per evitare di perdere la lingua: mi chiedo se sara’ possibile mantenere, fuori dal contesto culturale autentico, la ricchezza di tutte queste sfumature non-verbali che, alla fine, fanno la vera differenza tra una lingua e un codice.
claudia says
Quanto mi piace quello che hai scritto su questa sensazione del sentirsi due persone in una, diverse a seconda della lingua che parliamo!! Hai concretizzato in certe frasi dei pensieri che avevo anche io e non avevo ancora messo su carta!! L’inglese rappresenta per me la scoperta del mondo oltre ai confini della città in cui sono nata, perchè la prima vera full immersion l’ho avuta quando sono andata per la prima volta in Inghilterra a 14 anni. Cosa c’è di più bello di una vacanza studio??? domando a chi è andato in vacanza studio!!
Comunque comincio a notare qualcosa del genere anche in mio figlio Riccardo di sette anni, che finalmente comincia a parlarlo, sto benedetto inglese! Quando lo fa, è come se venisse fuori la sua parte più…coraggiosa, spensierata e persino autoironica. Lo fa quasi come per dire “ma si, mi butto, anche se magari non so ancora tutto alla perfezione, io ci provo, perchè no?” E anche quando gioca da solo, parlottando tra sè e sè come fanno tutti i bambini, comincia ad avere dei pensieri ad alta voce in inglese! Ed è strano, sarà che io ci sto investendo tanto, sarà che rappresenta un qualcosa che lega me ai miei bimbi in modo viscerale, ma quando si mette a parlare in inglese lo vedo più indipendente, io gli ho “passato un qualcosa” che adesso lui usa da solo. E’ bellissimo, vorrei tanto sapere se altre mamme hanno vissuto queste sensazioni. Claudia
Alice says
Che bei commenti! Li condivido tutti anch’io! Non vedo ancora differenze in Mia (anche se il tono di voce cambia quando usa parole in italiano) ma io senza dubbio mi sento una persona diversa quando parlo in italiano o in spagnolo. L’inglese ormai é routine, é la lingua della vita quotidiana, non ci penso piú prima di parlare ma in italiano o in spagnolo ci devo quasi pensare. Sopratutto quando devo parlare in modo formale, dare del voi sta diventado sempre piú difficile!
Io sono d’accordissimo sul concetto “una persona – una lingua”. Io e mio marito ci siamo “conosciuti” in inglese e quando, 3 anni dopo, si é trasferito a casa di mia mamma a Verona per fare un corso di italiano e l’ho sentito pararlare in italiano per la prima volta, quasi non lo riconosco! Mi dispiace perché so che il suo italiano ne ha sofferto ma io non ci riesco proprio a parlargli in italiano! Anche perché lui dice che se gli parlo in italiano parlo lentamente, uso parole semplici ..si insomma lo tratto cone se fosse rimbambito e ovviamente non gli piace! Per fortuna é arrivata Mia e quindi l’italiano adesso é molto piú presente in casa ma fra me e mio marito l’inglese rimarrá sempre la nostra lingua e l’italiano rimane la lingua che si parla se non si vuol essere capiti (anche se a Londra bisogna stare attenti!).