Sarebbe bellissimo insegnare una lingua al tuo bambino, ma non è facile. Per riuscirci è fondamentale partire bene.
Fai bene il primo passo e troverai il modo di gestire tutto con serenità.
Sbaglialo, e molto probabilmente sbaglierai anche il secondo, poi il terzo, e forse non arriverai al quarto perché avrai rinunciato.
Qual è il primo passo da fare? Eccolo:
DATTI DELLE ASPETTATIVE E DEGLI OBIETTIVI REALISTICI
Ecco perché avere delle aspettative realistiche è la chiave del successo:
- Non andrai incontro a frustrazione e quindi ruscirai a portare avanti il progetto nel tempo, e l’apprendimento di una lingua è qualcosa che richiede molto tempo, la tenacia paga.
- Non chiederai troppo a tuo figlio, quindi eviterai che la seconda lingua diventi per lui un peso e la rifiuti.
- Non chiederai troppo a te stesso/a, quindi eviterai di affaticarti e stressarti, ma vivrai quest’esperienza con leggerezza e serenità.
- Rimarrai stupito/a dai progressi dei tuoi figli, quando i genitori hanno aspettative realistiche non è raro che vengano abbondantemente superate, semplicemente perché spesso sottovalutiamo il potenziale dei bambini. Ne consegue che sarai incoraggiato e motivato.
- Le aspettative e gli obiettivi realistici sono a corto termine e adatti all’età del bambino. Riaggiornare periodicamente i tuoi obiettivi ti offrirà lo stimolo per adattare il tuo approccio alle esigenze e capacità di tuo figlio, che in questo modo avrà sempre gli stimoli migliori per lui in quel momento.
Rimane da capire come si fa a decidere quali aspettative siano realistiche. Questo varia fortemente da famiglia a famiglia ed è influenzato da diversi fattori, quali la competenza linguistica dei genitori, il tempo che i genitori possono passare con i figli, l’età dei bambini, l’accesso ad altre persone o risorse che possano dare supporto alla seconda lingua, carattere e temperamento dei bambini, etc.
Il punto di partenza insegnare una lingua al tuo bambino, e per farlo con aspettative realistiche, è capire che sapere una lingua, e crescere bilingue, non significa necessariamente parlare una lingua. Un bambino bilingue passivo, che capisce una seconda lingua ma non la parla, è a tutti gli effetti bilingue. Quindi tarrà vantaggio di tutti i benefici del bilinguismo precoce – maggiori stimoli al cervello, migliore sviluppo cognitivo, maggiore creatività, etc. – ma soprattutto ha in sè la conoscenza che lo porterà ad essere bilingue attivo quando se ne presenterà l’occasione.
Ovviamente l’obiettivo è che il tuo bambino parli la seconda lingua, e sarebbe bello che arrivasse anche a leggerla e scriverla. Ma questo avverrà col tempo.
Per ora è sufficiente che tu riesca a dargli tanta esposizione alla seconda lingua, e che lui, o lei, ti capisca. Il resto verrà.
BILINGUISMO IN AZIONE
Quali sono le tue aspettative per quanto riguarda il bilinguismo dei tuoi bambini? Dedica un po’ di tempo a queste riflessioni, e cerca di capire cosa è realistico per la tua famiglia e per i tuoi bambini. Parlane con il tuo partner, cercate di decidere insieme se è opportuno per voi insegnare una lingua ai vostri figli e cosa vi aspettate da questa esperienza.
Foto di Christian Bowen
buongiorno a tutti,
ho scoperto questo sito per caso e devo dire che lo trovo molto interessante, perché da quando è nato il mio bambino, che ha al momento 22 mesi, gli ho sempre parlato alternativamente in italiano e in inglese.
Preciso che ho iniziato più che altro per non “spegnere” il mio cervello, visto che per i primi 7 mesi del bimbo mi sono trovata da sola con un neonato in una città non mia, senza più lavoro, senza amici o parenti vicino e con mio marito che, pur presente e affettuosissimo, usciva la mattina e tornava la sera.
Ho iniziato a comprarmi e a leggere solo libri in inglese e, visto che il pupo si rilassava molto se mi sentiva leggere a voce alta, ho iniziato a leggergli i libri che mi compravo (spaziavo da “Chocolate Lovers Club” e chick-lit a Graham Greene). Poi quando ha iniziato i primi movimenti gli prendevo le braccine o le gambine, gliele tiravo su e giù e dicevo “up” e “down”. E così, un po’ per caso, ho iniziato a parlargli sia in italiano che in inglese.
Premessa: sono italianissima, così come lo sono mio marito e tutta la nostra famiglia e non abbiamo mai avuto una nanny inglese per il piccolo.
Il pupo sta recependo benissimo e per ora non mi sembra che lo trovi innaturale.
Spesso nel corso dello stesso gioco facciamo velocissimi switch da una lingua all’altra. Il pupo dice sempre “mommy please” quando vuole una cosa, non ha avuto ritardi nel linguaggio, anzi… parlotta come una macchinetta in italiano e spesso si corregge da solo se si rende conto di aver detto una parola sbagliata (tipo “chedo”, poi dice “chiedo” scandendo bene la parola). Canta in entrambe le lingue (complici i video per la prima infanzia di Youtube – fantastici!) e vuole che gli si leggano libri sia in italiano che in inglese.
Ovviamente il suo italiano è migliore dell’inglese, ma nell’asilo nido che frequenta, dove è presente sempre un’insegnante che parla SOLO inglese, mi dicono che in inglese è il più avanti del gruppo per comprensione e linguaggio.
Qualcuno mi ha detto però che fra un annetto circa mi dovrò aspettare una sorta di rifiuto da parte sua in quanto sarà circondato solo ed esclusivamente da persone che gli parleranno italiano. Questo è possibile?
Per motivi didattici ma anche educativi (siamo pro scuola pubblica) non vorremmo fargli frequentare una scuola internazionale, preferiremmo piuttosto, con l’inizio della scuola materna pubblica e quindi con l’inglese a scuola che verrà a mancare, fargli fare qualche ora a settimana di “laboratorio di inglese” per i bambini… secondo voi gli servirà a continuare ad imparare?
Per quello che riguarda me, cercherò di continuare a parlargli metà in italiano e metà in inglese, anche se dovesse iniziare questa sorta di “rifiuto”. Faccio bene?
Aspetto la vostra opinione, grazie per l’attenzione.
Elena,
secondo me fai benissimo su tutta la linea. Il rifiuto non è una certezza, può succedere come no, speriamo di no. Sicuramente se il bambino non sente la lingua come una pressione ma come una cosa associata ad attività divertenti è più difficile che la rifiuti. I Playgroups sicuramente aiuterebbero molto in questo senso.
Per quanto riguarda la scuola, anche io mando mio figlio a nido e materna normalissimi, e appunto alla materna pubblica, quindi se non altro siamo già in due, ma mi sento di azzardare che siamo di più… 🙂
L.
Ciao Letizia,
ho scoperto questo sito solo questa settimana, non ho ancora ben capito come fare a trovare i post..ehm ehm. Quindi salto da una cosa all’altra. Ho acquistato il tuo e.book, che ho già letto ieri. Mi aspettavo, a dire il vero, di poter capire come iniziare con il mio bimbo e trovare una sorta di metodo da usare, oltre che incoraggiamento, piuttosto che la lista dei supporti da poter utilizzare con e per lui. Suggerimenti insomma che invece sto trovando qui nelle pagine del tuo blog.
Premetto che siamo italianissimi viventi in Italia (provincia di Parma), mio marito non conosce l’inglese bene,e io ormai non lo parlo più nemmeno per lavoro.
Vorrei poter capire che livello di inglese è indispensabile avere per poter parlare al proprio figlio e farglielo apprendere. Tu lo parli come fosse la tua madrelingua, quindi viene del tutto spontaneo e naturale.
Io temo invece che mi manchino le parole giuste al momento giusto, o che commetta qualche errore di pronuncia.
Inoltre il mio bimbo ha già 20 mesi. Capisce tuto quello che diciamo in italiano , anche se non ha ancora cominciato a parlare.
Posso iniziare dal nulla? Come si spiegherebbe che prima la mamma parlava italiano e ora inlgese? Che prima lui capiva tutto ed ora non più?
Grazie mille per l’attenzione.
Lety mamma di Sam
Ciao omonima,
mi spiace che ti aspettassi qualcosa di diverso, nella presentazione di In che lingua giochiamo? parlo esplicitamente di scegliere strumenti e supporti, non un metodo. Come vedi anche dai commenti è uno strumento per la famiglia bilingue come per quella non madrelingua. Comunque prendo atto che molte persone vorrebbero avere indicazioni più chiare su quali metodi seguire, ci sto lavorando e sto preparando del materiale in questo senso, facendo molta attenzione però, perchè le “ricette” in questo campo sono pericolose, ognuno dovrebbe trovare il proprio approccio, non seguire un metodo che ha funzionato per qualcun altro.
Veniamo quindi alla tua domanda. Da quello che mi dici ti sconsiglio di passare a parlare Inglese con tuo figlio. Se fai un giro sul sito noterai che lo sconsiglio quasi sempre, perchè è una decisione estrema, da prendere solo quando ci si sente totalmente a proprio agio. Il fatto che funzioni per me non significa nella maniera più assoluta che debba funzionare per gli altri, che hanno storie ed esperienze diverse dalle mie.
Quindi, ti consiglio invece di ritagliarti degli spazi per l’Inglese nella vostra quotidianità. Spazi da vivere usando libri, canzoni, filastrocche, flashcards, giochi (non necessariamente giocattoli), più avanti se vorrete anche i DVD e poi gli altri strumenti che hai trovato su In che lingua giochiamo? Questi strumenti ti saranno da supporto per dare un contesto alla lingua Inglese, che deve però rimanere solo un momento di gioco e condivisione, non ha assolutamente senso che diventi la lingua della vita quotidiana e degli affetti se questo andrebbe inevitabilmente a turbare la vostra relazione.
Spero di averti risposto, che ne pensi?
L.
Ciao Letizia,
sono arrivata al tuo sito da LaCasaNellaPrateria.
Sono rimasta molto colpita da quanto dici perchè, erroneamente (ora lo capisco), credevo che solo genitori di lingue diverse o che vivono in un paese straniero potessero crescere bimbi bilingue.
Quest’estate, però, Elisa ha trovato nella biblioteca del paese in cui eravamo in vacanza un libro che le è piaciuto molto. In Italia non esiste più, così l’ho comprato in Inglese. Ci sono solo i nomi degli animali e mi sono detta che forse potevo farcela. Il libro, più il blog di Claudia mi hanno portato qui. Ora voglio fare davvero qualcosa!
Amo le lingue straniere (che ho studiato, anche se non sono una cima…), soprattutto perchè sono un lasciapassare per il mondo, ed io amo sentirmi cittadina del mondo.
Se davvero posso aiutare le mie bimbe ad impararle, vorrei farlo. Elisa ha 15 mesi, la sua sorellina è in arrivo. Sono ancora in tempo?
Per ora mi sono iscritta a Learn with Mummy a Milano, spero di riuscire a frequentarlo (cmq viviamo in periferia e con la sorellina in arrivo non so come mi gestirò).
Ho parlato di questo progetto a mio marito, anche a lui piace, ma per le lingue è proprio negato… come tutto il resto della famiglia (nonni, zii). In pratica dovrei portare avanti io la seconda lingua. Pensi che potremo farcela? Io voglio metterci tutto il mio impegno, ma ti confesso di avere ancora timori e paure. Non mi dispiacerebbe introdurre l’Inglese nel mio quotidiano, ma se insegnassi qualcosa di sbagliato? Che so, un participio sbagliato? Un congiuntivo fatto male? Avrei bisogno di un manuale di autostima per genitori monolingue!
Spero potrai consigliarmi e spero di poter iniziare presto questa avventura.
Ivonne
Ciao,
faccio la baby sitter …quando ero più piccola ho avuto a che fare con ragazze madrelingua inglese che ci facevano ballare canzoni in inglese…tipo one potato two potato etc….head and shoulders baby 1..2..2….non le ricordo bene…vorrei capire se esistono dei dvd con canzoni e balli da seguire…credo sia il modo più piacevole e divertente per insegnargli la lingua.A me piacevano tantissimo!!!!tamara
Tamara, prova a cercare “nursery rhymes” su youtube
Ciao sono giunta al tuo blog cercando info sul bilinguismo…. Mi sto chiedendo se non sia troppo tardi. Mio figlio ha due anni e qualche mese e parlotta in italiano facendosi capire molto bene, ma con un vocabolari tutto suo (spesso dice solo la parte finale delle parole). Io parlo molto bene il francese, ma un po’ per pigrizia un po’ per ignoranza (pensavo che solo i madrelingua potessero crescere un figlio bilingue…) non gli ho mai parlato in lingua. Conosco anche l’inglese ma meno bene, sulla conversazione fluente ho qualche difficoltà…
Ora mi si e’ presentata l’opportunità di iscriverlo a un piccolo corso di inglese a cui ho aderito al volo, e da qui e’ iniziata tutta la mia ricerca e il mio entusiasmo riguardo al crescerlo bilingue e magari, perché no, trilingue! Ma vorrei sapere… E’ troppo tardi? Che faccio, inizio a parlargli in francese? Per ora ho iniziato come se fosse un gioco, gli dico magari i nomi degli animali in italiano, poi in inglese, poi in francese. Ovviamente si può fare molto di più
La mia domanda e’: posso iniziare a inserire anche il discorso vero e proprio oltre alle paroline isolate?
Ciao Silvia, volevo solo dirti che in questo sito ci sono testimonianzie di altre mamme che hanno iniziato un percorso di bilinguismo con il figlio duenne. Io in prima persona, ho iniziato proprio con il bimbo di quell’età, prendendo molti spunti dal post di Claudia: Una mamma non native speaker e 3 fratellini. Bonne chance! Valeria
Silvia non è mai troppo tardi e le paroline isolate non servono a molto, per il resto, per trovare il tuo approccio, segui il blog, ti aiuterà, o se hai bisogno di aiuto specifico cerchiamo il modo, ma non posso riscrivere in un commento temi ampiamente già sviluppati nei vari post. Ciao!
Letizia
Ciao Letizia,
Sono Indonesiana, polygotta, sposata con italiano e viviamo in Italia. Ho un bimbo di 14 mesi e i nonni italiani abitano acanto a casa nostra. Al’innizio volevo usare il metodo OPOL con il pupo…ma lo trovo difficile per i seguienti motivi….siccome i nonni giocano sempre con noi mi sembra un pò strano parlare indonesiano in mezzo degli italiani… mi sento obbligata parlare in italiano. altro problema è da piccina non parlo quasi mai in soltanto una lingua, miscolo sempre l’indonesiano e l’inglese e quando mi arabbio, parlo in malaysiano (lingua che si parla a casa mia), e ogni tanto caccio pure qualche parola francese e spagnolo senza pensare (volevo dire, contro la mia volontà…lo faccio di solito quando mi distrago). quindi il bimbo mi sente parlare in più lingue, ma sopratutto quelle 4 (italiano, indonesiano, inglese e malaysiano). sarà confuso? hai qualche metodo x poter parlare in maniera più normale? grazie 🙂
Octavia,
non ho consigli, e in fatti OPOL viene considerato una cosa strana nei paesi in cui è naturale mescolare più lingue. Direi che se questo è normale per te non devi farti troppi problemi, solo una cosa, non sentirti obbligata a parlare sempre Italiano, spiega ai nonni perchè vuoi parlare le tue lingue, e traduci per loro, è una fatica lo so, ma non c’è altro modo…
L.
L’idea di tradurre ai nonni è buona…grazie. un pò di fatica in più non è 1 problema…vale la pena cm
Io e mio marito abbiamo scelto OPOL prima della nascita del bimbo perche ho avuto testimoni buoni dai genitori che usano questo metodo…e cmq noi abitiamo in italia, non in un paese che mescola le lingue. quindi secondo te il bimbo non è confuso sentire lingue miste da me? Perchè mi ricordo un amico che si è lamentato così “Octavia, i do speak those 3 languages fluently, but talking to you is confusing because you keep mixing and switching the languages every 3 seconds so i have to switch my brain from indonesian mode to english mode, then to french mode, then english again, then indonesian again…it’s so tiring! can’t you just stick to one language at a time?”
inoltre la gente intorno a me dice sempre che faccio confondere il bimbo se lo insegno più lingue nello stesso tempo. and i’m wondering if they were right…I don’t know how the baby’s brain works, but for sure i don’t want to confuse my son, i will try my best to speak only in indonesian and english if that what best for him (speaking only in indonesian is out of question since my brain will never work that way).
Ciao Letizia, io vivo in Italia e ho una figlia di 14 mesi. Il suo papà è di lingua spagnola e quindi noi in casa parlavamo sempre spagnolo e fuori casa in italiano. Purtroppo ora ci siamo separati e io ho ripreso a parlare solo italiano con la bambina, poiché è la mia lingua dopo tutto. Però mi piacerebbe che lei imparasse anche lo spagnolo, anche perché spero che il papà possa essere presente nella sua vita anche se adesso è all’estero. Come se non bastasse, poiché io sono bilingue italiano-inglese avendo imparato l’inglese da bambina e frequentato sempre la scuola inglese, da poco le ho comprato un libro carino in inglese e a lei piace tantissimo quando glielo leggo… A questo punto mi domando, come dovrei comportarmi con lei? Come potrei fare a farle imparare anche lo spagnolo e l’inglese? Basterà leggerle dei libri e cantarle delle canzoncine e poi magari quando è più grande farle fare dei viaggi nei paesi dove si parlano queste lingue? Chiedo troppo?
La bambina per ora non dice neanche una parola, fa solo dei suoni tipo papapapa tatatat e altri più complessi ma senza senso, però sembra capire tutto e davvero noto che le piace tanto quando le leggo quel libro in lingua diversa dalla solita.
Spero che saprai darmi dei consigli!
Alessandra
Alessandra,
già insegnare una seconda lingua da sola mi sembra un’impresa ardua, fattibile ma non banale, due però mi sembrano davvero troppo. Mi sa che dovrai scegliere… Certo se il papà fosse vicino il problema non si porrebbe, lo spagnolo glielo insegnerebbe lui. Alla fine se fossi al posto tuo mi chiederei quale lingua sarà più importante per la bambina, ma è una risposta che solo tu puoi dare.
Good luck!
L.
Ciao, molto carino questo blog!
Ho un bambino di 12 mesi (13 il 1 settembre). Io sono cresciuta bilingue (italiano inglese) nonostante abbia sempre vissuto in Italia con lunghe vacanze in Scozia (mia madre è scozzese). Tuttavia mia madre non ha lavorato fino agli anni della nostra adolescenza e ci ha sempre e solo parlato inglese, tant’è che abbiamo imparato prima quello e poi l’italiano andando a scuola. Ci ha inoltre trasmesso l’amore per la lettura sin da bambine e in casa mia non sono mai entrati libri in italiano, tranne quelli per la scuola, ovvio! 🙂
Ora, con mio figlio sto adottando questo metodo. Quale? Molto semplice a dire il vero. Gli parlo sempre in inglese, sempre. E soprattutto gli parlo molto, descrivendogli oggetti, raccontadogli storie, giocando. Lui non va e non credo andrà al nido, per cui è tutto il giorno a casa con me, circa 3- 4 pomeriggi a settimana andiamo da mia madre e lei pure gli parla solo in inglese. Dice già diverse paroline. Mamma, Papà (io non mi sono mai autodefinita Mummy con lui), ball, duck, done, bye bye, ciao ciao (tcha tcha), nonno, Gran e piano piano ne sta dicendo altre….Alla faccia di chi mi aveva detto avrebbe parlato tardissimo!!!
Manca però un dettaglio. Mio marito (che con il bambino parla italiano) è di origine portoghese, i suoi genitori vivono qui (Roma) e d’estate andiamo sempre in vacanza in Portogallo avendo casa lì. Sul fatto del portoghese non mi preoccupo. Io ritengo che il mio compito sia quello di insegnargli l’inglese. L’italiano lo imparerà per forza perché vive qui, il portoghese è del resto sempre una lingua neo-latina e credo che essendo esposto con i nonni paterni e ogni estate a questa lingua, nel tempo, con calma, apprenderà anche questa. In Portoghese già dice “olà” e fa il pappagallo a tutte le parole che gli dicono i nonni.
Che dire, io la sto prendendo con molto tranquillità, forse perché ho sperimentato il bilinguismo sulla mia pelle e so che è un percorso molto naturale.
Ero approdata qui perché mi stavo informando su scuole materne inglesi a Roma. Su questa cosa sono MOLTO indecisa…. non vorrei il bambino divenisse troppo isolato frequentando una di quelle scuole. Che diventasse parte di una “nicchia”. Ho conosciuto moltissime persone che hanno frequentato le scuole internazionali qui a Roma e tanti di loro sono finiti con il divenire come “stranieri” nel proprio paese, non so se mi spiego. Io vorrei trovare una sorta di via di mezzo. Ma ne esistono di valide? Sono molto scettica, avendo io stessa lavoricchiato anni fa nel ruolo di educatrice in inglese in ludoteche ecc. 15 bambini che urlano in italiano e la tua vocina che canta filastrocche in inglese e si perde nel nulla. A cosa servirebbe ad un bambino già ben ferrato con la lingua una cosa del genere? A questo punto riterrei MOLTO più utile la frequentazione pomeridiana con altri bambini che già parlano inglese, magari al parco. Ma non è così facile trovane!
Consigli e opinioni?
Un saluto
Ciao Fiona,
non ho consigli da darti, posso solo condividere la mia esperienza. Mio figlio frequenta una scuola materna pubblica, ovviamente italiana, e la cosa non mi causa alcun timore dal punto di vista linguistico.
Non dico che se frequentasse una scuola internazionale non parlerebbe meglio e più l’Inglese, ma la lingua è solo uno dei parametri su cui basare la scelta della scuola, e non il più importante a mio parere. Per quanto mi riguarda, considerati i miei parametri di scelta e le opzioni a mia disposizione (vivo a Verona) sono sicura di aver fatto la scelta migliore.
Ciao,
L.
Ciao letizia,
Ho trovato questo sito cercando dell’informazioni su scuole bilingue a Roma. Ho un bambino di 2 anni, io sono latinoamericana e mio marito è italiano. Abbiamo sempre parlato al nostro piccolo ognuno la sua lingua madre e devo dire che già da pochi mesi capiva perfettamente entrambi lingue. Adesso che comincia a parlare lo fa un po’ in italiano e un po’ in spagnolo e siamo molto soddisfatti. La sua tata parla l’inglese e speso li parla o parliamo tra di noi in inglese e lui ci sente. Adesso lui dice hello…. Bye Bye Byee capisce alcune cose (poche) che li dice la tata. Vorrei che lui frecuentasse una scuola bilingue o internazionale ma mi piacerebbe ricevere il consiglio da chi ha più esperienza per essere sicuri di star sulla strada giusta. Grazie .
Ciao,
possibile che sono l’unico papà che si occupa della crescita linguistica dei propri figli? 🙂
In realtà con mia figlia si tratta di una condivisione della lingua inglese, perché io non sono molto bravo con l’inglese, pero’ da quando qualcuno mi ha detto che ho un’ottima pronuncia ho iniziato a leggere favole in inglese a mia figlia. Abbiamo iniziato all’età di cinque anni (lei, molti di più io). Apparentemente non sembra che lei faccia molti progressi, ma d’altronde io non cerco assolutamente alcuna performance in lei. Di fatto ci divertiamo molto e anche sto imparando molti termini nuovi.
Il tuo blog e’ molto interessante, grazie. E anche se mia figlia non diventerà una bilingue, forse le rimarrà il ricordo di piacevoli serate insieme.
Ciao Letizia, ciao a tutte le altre mamme (e papà)
Grazie Pier Paolo,
non sei l’unico papà, ma effettivamente i papà non sono moltissimi, e sono purtroppo abbastanza schivi. Noi li accogliamo sempre a braccia aperte!
Ciao!
Letizia
La mia bimba, all’età di 18 mesi, ha iniziato a frequentare una madrelingua che, attraverso attività ludiche parla in maniera naturale in inglese, visto che sia io che mio marito lo conosciamo solo a livello scolastico.
Ora la piccola sta per compiere 5 anni e solo l’estate scorsa ha incominciato a esprimersi in inglese in maniera via via più complessa e articolata; prima comprendeva ogni cosa ma non parlava.
Naturalmente l’italiano è avanti anni luce rispetto alla seconda lingua, alla quale viene esposta per circa 2-3 volte alla settimana,per circa due ore.
La bambina frequenta una scuola materna italiana statale dove l’inglese non viene neanche nominato.
Ho già scritto in passato su questo blog relativamente alla scelta della scuola internazionale (faccio presente che noi viviamo a Torino, dove le possibilità sono scarse).
Sono state fatte da noi genitori alcune valutazioni, anche in virtù di quanto abbiamo letto rispetto ai commenti di tanti altri che hanno scritto e abbiamo deciso di farle frequentare una scuola italiana, almeno per la materna.
Per le elementari abbiamo in mente una scuola statale internazionale (Scuola Spinelli) dove, pur lasciando l’italiano al primo posto, fin dalla prima elementare, imparerebbe altre due lingue straniere, tra cui l’inglese a vari livelli, a seconda delle competenze di partenza dell’alunno.
E’ una scuola apparentemente valida. Il problema è la difficoltà ad entrare e la lontananza dalla nostra abitazione.
Sto scrivendo per confrontarmi con altri genitori che potrebbero trovarsi in tale situazione e anche per ricevere pareri rispetto al metodo che stiamo adottando con la signora a casa, rispetto all’apprendimento dell’inglese.
Si svolgono (sempre in mia presenza) giochi di vario genere (è un modo per sapere come la bimba apprende, il suo livello, i progressi e soprattutto per stare con lei).
Ultimamente, data l’età della piccola, si tratta di giochi di ruolo inventati, appunto dalla bambina.
Vorrei anche da Letizia un consiglio in merito: la sua fantasia è ancora poco sviluppata e spesso vorrebbe inventare e non ci riesce. Così abbiamo provato a leggere più volte delle fiabe semplici e facili e poi a recitare il contenuto del libro, magari aiutandoci con pupazzi e giocattolini che rappresentano i vari personaggi che lei deve animare, parlando per loro.
Il gioco sembra funzionare, ho notato che in questo modo si riesce a farle apprendere vocaboli, struttura della frase (anche interrogativa) e i passati.
Abbiamo spesso sfruttato le sue emozioni temporanee (per esempio la nascita di un cuginetto, la sua prima esperienza di frequenza ad un summer camp, la conoscenza di una persona che le è poi divenuta cara o semplicemente una gita fuori porta) per continuare a raccontare circa quegli argomenti o provare a giocare imitando quelle situazioni o quelle persone.
L’unico dubbio è che, necessito di cambiare sempre giochi e impostazioni, a seconda di come risponde la bimba e non sempre tutti funzionano.
Dopo parecchio tempo comincio ad essere a corto di idee e in questo purtroppo non sono molto supportata dalla madrelingua che, pur essendo molto preparata, non ha molta inventiva.
A volte della nostra fantasia non c’è bisogno in quanto la bimba inventa il gioco e lo porta avanti per parecchio tempo, ma a volte non è così.
Cosa mi suggerite? Ritenete che data la poca esposizione sia necessario tentare di strutturare un po’ i giochi e gli interventi per aiutare la bambina a correggere i proprio errori e per darle più strumenti per comunicare senza difficoltà (insomma come succede per l’italiano) oppure è meglio non preoccuparsi degli errori (anche se vengono puntualmente corretti ripetendo la frase nella maniera corretta e senza puntualizzare l’errore) e continuare ad esporla alla lingua, anche se per poco tempo, e aspettare che impari naturalmente?
Letizia, premetto che anch’io ho comprato l’e-book perché mi aspettavo di ottenere una guida che facesse riferimento a metodi per affrontare il bilinguismo; è vero che le ricette preconfezionate non vanno bene per tutti, ma potrebbero essere degli spunti su cui, poi, ognuno potrebbe apportare le modifiche che più si adattano alla propria situazione.
Pertanto ti auguro buon lavoro e aspetto di vedere il tuo nuovo libro che spero, questa volta, possa contenere qualche elemento più concreto a cui fare riferimento, o quanto meno da cui partire.
Grazie per i consigli che potrete darmi e alle informazioni circa la scuola Spinelli di Torino.
Ciao Letizia, ho appena scoperto il sito, interessantissimo, complimenti! Continueró a cercare tra le risorse condivise risposte ai miei dubbi, ma intanto, espongo la mia situazione, sperando mi possiate quanto meno indirizzare / suggerire meglio. Sono italiana, vivo da 9 anni in Spagna, sposata con Diego (spagnolo) e aspettiamo un bambino/a. Se tutto va bene, nascerá a settembre in Olanda, a L’Aia, dove ci trasferiremo tra poco per lavoro.
riassumendo, il possibile panorama per il bebé sará:
– madre italiana, ormai bilingue italo/spagnolo (sto imparando inglese).
– padre spagnolo che parla poco italiano, bene inglese.
– in territorio di per sé bilingue come l’olanda, dove la lingua ufficiale é l’olandese ma crescono giá immersi nell’inglese. nessuno dei due parla olandese.
non sappiamo il periodo di permanenza. mettiamo per ipotesi, che rimaniamo fino a che il bimbo/bimba inizi le scuole elementari.
in questo contesto, é secondo te ragionevole voler trasmettergli tanto l’italiano come lo spagnolo, entrambe lingue minoritarie?
o dovremmo forse scegliere di mantenere solo una delle nostre lingue materne, per esempio parlando io naturalmente italiano, mentre il padre podrebbe trasmettergli l’inglese ???
e dell’olandese si occuperebbe la societá, ma non sarebbe un limite per il bimbo/bimba che nessuno dei due genitori possa trasmettergli la lingua dominante?
che difficoltá potrebbero sorgere?
uffff gran confusione, ed é proprio la confusione che vogliamo evitare per la nostra piccola!
grazie mille
giusi
Rinunciare alle lingue familiari (italiano e spagnolo) no. Sull’Olandese non avete impatto, non potete nè insegnarglielo nè impedire che lo impari, lasciate fare alla società. Quindi l’unica vera domanda rimane se insegnargli l’Inglese o meno, su questo francamente non mi darei fretta, un bambino che cresce trilingue imparerà l’Inglese senza problemi, e comunque immagino avrà modo di sentire molto inglese intorno a sè.
Questa ovviamente è solo la mia opinione…
L.
ah! ovviamente ti ringrazierei tantissimo se, a parte la tua personale opinione, potessi suggerirci risorse per chiarirci le idee! (libri, web, etc…)
Complimenti per il blog, molto interessante!
Mia moglie e io siamo entrambi italiani e viviamo (come tanti nostri connazionali) in Germania.
Nostra figlia ha 10 mesi, con lei normalmente parliamo in italiano aggiungendo qualche semplice frase in tedesco (nessuno dei due purtroppo è abbastanza fluente in questa lingua).
Sappiamo che nel momento in cui andrà all’asilo (si spera fra circa 1 anno) imparerà pian piano il tedesco ma ci chiedevamo se nel frattempo sarebbe meglio usare solo l’italiano o continuare come stiamo facendo al momento.
La nostra più grande paura è quella che si possa sentire isolata dagli altri bimbi perché non parla la lingua del posto, soprattutto perché la lista di attesa per un posto in asilo è di circa 2 anni.
Immagino ci siano parecchi genitori nella nostra stessa situazione ma davvero non abbiamo idea di che metodo utilizzare: OPOL? MLAH? O qualche altra cosa?
Grazie mille.