A volte la famiglia sceglie di educare i figli bilingui e il come viene da se’. Semplice e rilassante. Solo che non sempre funziona. Ci sono famiglie che faticano a trovare il metodo giusto (sucede spesso ai genitori non madrelingua) e altre che credono di seguire un metodo ma poi nella pratica fanno dell’altro (caso frequentissimo tra le famiglie bilingui, io stessa ho sempre la stesso metodo da quando ho iniziato, ma il modo in cui lo implemento e’ sicuramente evoluto nel tempo).
Nello scrivere questo post ho pensato ad un approccio che permetta ad ogni famiglia di scegliere il proprio metodo in modo consapevole perche’ e’ assodato che quanto piu’ la famiglia ha un metodo e lo segue con prevedibilita’ tanto maggiori le probabilita’ che i bambini crescano bilingui. Prevedibilita’ come parola non suona bene ma rende l’idea, rigore sarebbe stata una parola corretta da usare ma suggerisce l’idea erronea che la famiglia bilingue debba vivere secondo delle regole, mentre invece il concetto importante e’ quello di prevedibilita’, cioe’ se i bambini sanno cosa aspettarsi in ogni circostanza piu’ facilmente associano la lingua alla circostanza.
Ma cosa vuol dire scegliere un metodo? Io credo che la scelta del metodo preveda 9 passaggi, e il punto interessante e’ che il processo sia sostanzialmente lo stesso per genitori madrelingua e non. Mi chiarisco, il metodo sara’ molto diverso, ma il processo per arrivare a scegliere un metodo e’ molto simile:
- Decidere chi parla quale lingua quando. Decidere quale lingua verra’ parlata da mamma, papa’ e tutte le altre persone coinvolte nell’educazione dei bambini in circostanze “normali”, quali a casa, fuori di casa da soli, fuori di casa in presenza di altre persone, in macchina, la sera, quando si gioca,etc. Ogni famiglia dovra’ individuare le situazioni rilevanti per se’.
- Decidere anche come gestire le eccezioni. Che lingua si parla quando siamo dai nonni, quando siamo al parco con altri bambini, quando accompagnamo i bambini a scuola, al supermercato, etc? Se mi chiede di leggere un libro scritto in Italiano ma dovrei leggere in Inglese che faccio? Questo non significa andare in giro con la lista delle situazioni da consultare, significa pensarci e prendere una decisione cosciente invece di affidarsi all’improvvisazione del momento.
- Scegliere i supporti da usare per ogni lingua e utilizzarli frequentemente e consapevolmente. Parlo di cose come libri, CD, canzoni, video, etc. Non basta comprarli quando mi passano per le mani, vale la pena di investire un po’ di tempo per scegliere i materiali giusti, che piacciano sia ai bambini che ai genitori, adatti all’eta’ del bambino, col giusto contenuto educativo. Per il bambino questi supporti saranno parte centrale della sua esperienza della lingua, quindi e’ bene che creino un’esperienza positiva e ricca, sia a livello linguistico che a livello emotivo.
- Fare una stima del numero di ore che il bambino dovrebbe essere esposto alla seconda lingua per settimana, distinguendo esposizione passiva (televisione) da quella interattiva (parlare con le persone). Non banale, ma facile. Non ci vuole molto, lo fate anche in 15 minuti se volete. Pero’ e’ importante, perche’ senza questa analisi, per quanto approssimata, magari voi pensate di crescere un figlio bilingue e poi viene fuori che lo esponete alla seconda lingua solo per due ore alla settimana.
- Una volta scelto il metodo darsi un po’ di tempo per entrare nel gioco, cercando di tenere sempre a mente le linee guida che ci si e’ dati. Non pretendere di cambiare tutto dall’oggi al domani. Ogni sera fate un riassunto della giornata. Com’e’ andato oggi il bilinguismo? Ho seguito le indicazione che mi ero dato? Si, bravo! No, perche’? Cosa posso fare domani per cercare di essere piu’ prevedibile?
- Fare un’analisi del numero di ore che il bambino e’ stato esposto alla seconda lingua per una settimana, distinguendo esposizione passiva (televisione) da quella interattiva (parlare con le persone). Al punto 4 abbiamo fatto una stima, qui si tratta di fare un’osservazione di quanto accade durante un’intera settimana, da farsi solo quando si ha la sensazione di essere abbastanza in controllo della situazione.
- Confrontare la stima con l’osservazione. Sono molto diverse? Perche’? Non riesco ad offrire a mio figlio la quantita’ di input nella seconda lingua che avrei desiderato? Devo cambiare il metodo o il modo in cui lo applico?
- Aggiornare il metodo o darsi delle nuove linee guida su come seguire il metodo scelto in maniera piu’ precisa, anzi prevedibile.
- Seguire regolarmente Bilingue Per Gioco. Ok lo so che non dovrei essere io a dirlo, ma e’ cosi’. Crescere un bambino bilingue e’ un vero impegno e ha un forte impatto sull’organizzazione della famiglia, sui rapporti tra i membri della famiglia e tra la famiglia e il mondo esterno, e’ un’esperienza che suscita dubbi, entusiasmi, timori. E’ un processo in costante evoluzione, per l’ovvio motivo che i bambini crescono e i loro bisogni e strumenti comunicativi evolvono. Riflettere su questi temi insieme a chi sta facendo un percorso simile aiuta enormemente a mantenere la motivazione e affrontare i momenti di cambiamento.
Questo processo e’ di necessita’ molto schematico, su ognuno di questi punti si potrebbe parlare per ore o scrivere interi post, ma il messaggio e’ chiaro. E’ importante avere un metodo ed essere consapevoli del metodo che si sta utilizzando. Troppo spesso succede che i genitori pensano di crescere i figli bilingui in un certo modo ma poi in realta’ la loro percezione, la loro idea di cio’ che stanno facendo, e’ molto diversa dalla pratica. Con la conseguenza che le loro aspettative non sono realistiche e prima o poi verranno delusi.
Avere aspettative realistiche, scegliere un metodo, e seguirlo con costanza. Questi gli ingredienti importanti per un’educazione bilingue dal punto di vista procedurale, anche se poi chi segue questo blog avra’ gia’ notato che spesso le vere difficolta’ non sono di ordine pratico ma hanno piuttosto a che fare con aspetti piu’ delicati, primi tra tutti la comunicazione genitori-figli e la motivazione, e qui torniamo al punto 9.
APPROFONDIMENTI
- 3 metodi principali per crescere un bambino bilingue
- Avere aspettative realistiche, il primo passo per un’educazione bilingue
- 5 motivi per fare del bilinguismo una routine e seguirla con costanza
- crescere un bambino bilingue non significa rinunciare alla propria lingua
- 4 metodi per motivare in maniera efficace
- 7 spunti su come usare l’intelligenza emotiva per crescere un bambino bilingue
BILINGUISMO IN AZIONE
Seguite tutti i passaggi dal punto 1 al punto 9. E’ importante che entrambi i genitori, e le altre persone vicine alla famiglia, facciano questo processo insieme e trovino accordo su ogni punto.
Immagine da A Journey Round My Skull
Eccomi qua, ho appena iniziato ad esplorare per bene questo sito e innanzitutto grazie! Hai avuto una grandiosa idea (e grazie anche alla segnalazione di MammaFelice). Sto leggendo i tuoi post e quello che prima mi sembrava non dico impossibile, ma per lo meno poco praticabile, adesso mi sembra del tutto fattibile, e anche entusiasmante. Noi siamo entrambi italiani, io ho avuto la fortuna di “incontrare” la lingua inglese con un piccolo corso per bambini tenuto da una simpatica signora madrelingua che ci faceva cantare simpatiche canzoncine, ed è stato amore a prima vista. Percio’ mi piacerebbe offrire la stessa opportunità ai miei figli, senza aspettare che vivano solo in maniera scolastica l’insegnamanto della lingua. Ho fatto qualche esperimento, il Grande (8 anni) è un po’ diffidente, invece la Piccola (quasi 4) si diverte e la prende come un gioco. Ecco la mia domanda: per come è organizzata la nostra vita familiare, e dato il poco tempo a disposizione, pensavo di creare dei momenti per il gioco e la lettura in inglese comuni, ossia con entrambi i bambini, anche se le loro capacità e conoscenze nella lingua madre (italiano) sono disomogenee; pensi che questo possa essere un problema? (Ho comprato dei libretti semplici semplici per il Grande e la Piccola ogni sera mi chiede di leggeregliene uno!). Grazie per la tua risposta, e per i materiali, a cui attingero’ a larghe mani…Laura.ddd
Laura,
secondo me ogni eta’ ha i suoi vantaggi e svantaggi. A 4 anni si ha piu’ entusiasmo e leggerezza, ma ci si stanca anche prima e si ha meno memoria a breve termine. A 8 anni si ha gia’ piu’ capacita’ di giudizio, si impara nel senso vero e proprio della parola (nel senso di apprendimento consapevole piuttosto che acquisizione inconsapevole). Quindi si’ io metterei insieme i tuoi figli e cercherei di far si’ che i punti di forza dell’uno supportino l’altro. L’entusiasmo di tua figlia puo’ contagiare tuo figlio, mentre lui per fare da professorino a lei finira’ con imparare piu’ in fretta.
Inoltre per motivare tuo figlio puoi proporre anche dei DVD (con cautela), che per la piccola possono essere un’esperienza piu’ marginale invece. Vedi quanto ho scritto oggi su Sesame Street.
Fammi sapere come va, e grazie di essere passata e ripassata,
L.
grazie mille Letizia, i tuoi consigli sono preziosi e soprattutto mi incoraggiano a preseguire. Ieri abbiamo fatto un gioco divertente; abbiamo letto il libricino “The cow in the house” e poi lo abbiamo messo in scena: io leggevo e i bambini usavano i loro animali della fattoria con gli omini e la casa dei Playmobil. Il grande diceva le battute piu’ facili e la piccola faceva i versi degli animali. uno spasso! credo che lo rifaremo. a presto¨! Laura
Fantastico!
Questa cosa apparentemente cosi’ semplice che tu menzioni, il mettere in scena, il facciamo che io sono… e tu sei…, giochiamo a… e’ qualcosa di potentissimo! Aiuta l’apprendimento e stimola la creativita’, ma e’ importante anche dal punto di vista psicologico, aiuta i bambini a esternare e superare i propri timori o imbarazzi, a identificarsi con i personaggi e far fare loro cio’ che vorrebbero fare essi stessi. Insomma e’ uno strumento veramente potente, ANCHE per l’apprendimento della lingua.
L.
ciao,
ho una bimba di sei mesi e una passione sfrenata per le lingue.vorrei farla crescere bilingue e per questo cerco di parlarle in inglese ogi volta che siamo da sole.gli altri membri della mia famiglia (papà,nonni e zii) non parlano inglese. puoi darmi qualche consiglio su come dividere il tempo tra italiano e inglese anche in presenza degli altri? per esempio suo padre potrebbere leggerle delle storie e io parlarle in modo più pratico?
grazie
sonia
Sonia,
il mio consiglio e’ di ritagliarvi delli spazi vostri per l’Inglese, fissati seguendo una routine, un po’ come fa Elena, la nostra guestblogger. Non credo sia necessario che tu parli Inglese con tua figlia anche in presenza di altri, e’ gia’ abbastanza difficile per chi e’ madrelingua e adotta OPOL. Non cercare di strafare, e’ meglio avere una routine semplice da seguire e seguirla per molto tempo che domandare troppo a se’ stessi e poi abandonare.
L.
Ciao a tutte/i, ho scoperto il blog attraverso “bimbinfiera”, mi ha entusiasmata tantissimo, mi accodo a questo post perchè mi sembra il più adatto per parlarvi della mia esperienza.
Nei post precedenti mi sono rallegrata leggendo, da chi ha sicuramente più esperienza di me nel campo, che è possibile intraprendere questa splendida avventura anche da chi non è madrelingua. Il mio bimbo ha 8 mesi, da dove iniziare dunque per chi ha una conoscenza discreta della lingua? Tale conoscenza non andrebbe prima ampliata da parte del genitore e trasmessa in seguito al bimbo? La mia intenzione andava proprio in questa direzione: potenziare io in primis il mio inglese. Ma la mia nuova condizione di mamma di un bimbo di pochi mesi non mi ha permesso finora di dedicarmi a ciò. Non è possibile frequentare un corso. Quando si può quindi vedo film sottotitolati e leggo libri in inglese con traduzione a fronte. Finora, soprattutto a causa di mancanza di tempo – condizione comune a molte mamma – i miei risultati sono deludenti. Intanto il bimbo cresce e vedo sfumare sempre più il progetto di aprirci ad una nuova lingua. Progetto a cui, ci tengo a dirlo, sono legatissima per motivi personali e che voglio tenacemente concretizzare, nonostante la frustrazione che provo in questo momento nel non riuscirvi… Questa è la mia esperienza. Questo blog mi ha fatto capire che forse i miei sforzi stando andando in una direzione sbagliata. Mi ha offerto un nuovo spunto di riflessione: perchè non intraprendere questo percorso, fin dall’inizio, INSIEME, io e il mio bambino, e non: prima io in minimi ritagli di tempo e poi lui… chissà quando… Ripeto: la mia conoscenza della lingua è discreta, diciamo “arrugginita”, riesco ad esempio a leggerla molto meglio di quanto la parli, e il mio bimbo ha 8 mesi, potremmo sincronizzare le nostre partenze in quest’avventura e trarne entrambi i migliori risultati?
Il blog di certo mi ha offerto una nuova prospettiva, GRAZIE a Letizia per aver creato questa realtà, sia il blog sia gli incontri “learn with mummy”.
A presto
Beatrice
Sono Antonietta, mamma di Matilde Francesca, 29 mesi.Viviamo in provincia di Torino e abbiamo cominciato lo studio dell’inglese quando Matilde aveva appena compiuto 18 mesi.
Con molta fortuna sono riuscita a contattare una ragazza madrelingua che vive non troppo lontano da casa nostra disposta a “fare lezione” alla bambina 4/5 volte per un totale di circa 7/8 ore settimanali.
Fin dai primi incontri con l’insegnante ho chiesto a quest’ultima di parlare con la bambina mentre giocavamo, veniva cambiata, faceva il bagnetto, la merenda o una passeggiata.
In altre parole desideravo che la bambina potesse apprendere la lingua in maniera naturale e senza sforzi o imposizioni, esattamente come stava imparando l’italiano.
(Preciso che mio marito ede io siamo italiani e conosciamo l’inglese a livello scolastico).
Oggi a distanza di quasi un anno dall’inizio di questa entusiamante avventura Matilde comincia a dire qualche parola in italiano e in inglese.
Capisce quasi tutto quello che la ragazza le dice e non mostra alcun rifiuto ad ascoltare o interagire con persone italiane o inglesi (abbiamo fatto una preziosissima esperienza conoscendo la mamma dell’insegnante e un’altra, altrettanto interessante in vacanza con animatori stranieri.
Ho conosciuto il tuo sito e sono rimasta entusiasta, pensavo di essere sola e ho scoperto, invece, che ci sono tante persone intelligenti consapevoli dell’importanza di apprendere una lingua straniera “senza dover tradurre”.
Adesso mi piacerebbe che Matilde potesse frequentare anche un play group, ma credo che non ci sia nulla di disponibile su Torino e Provincia.
Cara Letizia, gradirei conoscere meglio le modalità con cui ti occupi di organizzare questi play group nelle varie città e chissà se, grazie alla disponibilità di questa insegnante, fosse possibile “creare” qualcosa di utile e prezioso per Matilde e molti altri bambini residenti nella nostra zona.
Auspicando in una tua risposta, colgo l’occasione per complimentarmi per tutto ciò che hai fatto e stai facendo per i nostri piccoli bilingue!!!
ciao, io vivo a Torino.
Ho due bimbi di 2 e 4 anni che sono bilingui bilanciati e un sacco di amichetti che parlano inglese tra loro.
ciao sono antonietta di Torino e mi piacerebbe conoscere la storia del bilinguismo diei due bambini di Alice allo scopo di poterci confrontare.
Se i suoi bambini sono italiani vorrei conoscere il metodo che ha utilizzato per ottenere che questi parlino inglese in presenza di altri bilinghi, ma italiani.
La mia bambina inizia a parlare solo ora e mescola qualche parola di entrambe le lingue.
Vorrei porre una domanda a Letizia e a tutti quelli che ci leggono: potrebbe essere vantaggioso che le lezioni che M. prende da una madrelingua quasi quotidianamente, venissero divise con un’altra persona con idee e modi di giocare differenti?
Il mio scopo sarebbe quello di rendere questi momenti di “lezione” meno ripetitivi e monotoni, ma anche quello di far capire alla bambina che ci sono altre persone, come la sua insegnante, che parlano inglese.
Grazie a chi mi potrà rispondere!
Antonietta,
ho scritto ad alice chiedendole di condividere la sua esperienza, speriamo abbia il tempo di farlo.
Per rispondere alla tua domanda certamente condividere la lingua con altri bambini arricchisce e motiva moltissimo, dà tutt’altra prospettiva alla seconda lingua, proprio per questo uno degli strumenti che consiglio, ove possibile, sono i Playgroup.
Attenzione però, mi parli di “lezioni” e di esperienza “ripetitiva e monotona” con una bambina che appena inizia a parlare, forse è il caso di rivedere l’approccio dell'”insegnante madrelingua”…
L.
Grazie, mi hai fatto riflettere molto; il punto è che non sempre le madrelingue sono preparatissime nel rapportarsi con bimbi così piccoli.
Io cerco di essere sempre presente, di dare suggerimenti e indicazioni da mamma, ma non so se tutto ciò basta e basterà.
Ecco perchè ti chiedevo se, pur non facendo sparire totalmente la prima figura inglese che la bimba ha conosciuto e alla quale ormai è molto affezionata, potesse essere valido affiancare una seconda figura, che peraltro, già conosco e che è una mamma.
Ho molti dubbi circa questo, pertanto chiedo aiuto a te e, a quanti leggeranno e vorranno esprimere la propria opinione, magari a seguito di un’esperienza simile, anche con ragazze alla pari.
Grazie fin da ora e a presto!
Antonietta,
non conoscendovi di persona e non assistendo a questi incontri diventa difficile dare un parere, da quanto descrivi posso trarre delle impressioni, ma lasciano un po’ il tempo che trovano, visto che non vi posso vedere.
Comunque la mia impressione è questa, l’obiettivo deve essere quello di vivere la lingua con gioia e semplicità, senza aspettative che la bambina impari un tot di parole alla settimana (imparerà, con i suoi ritmi, e imparerà di più e meglio se nessuno le sta addosso). Quindi non mi sembra il caso di appesantire la cosa (tre adulti per una bimbetta?) ma di alleggerirla.
Fai due chiacchere a parte con la ragazza madrelingua, dille cosa ti aspetti da lei. Che canti con la bambina, che le legga dei libri, che le racconti le storie della sua infanzia, che giochi con lei con i giochi che alla bambina piacciono e usa normalmente, semplicemente parlandole nella sua lingua, niente di più, niente di troppo organizzato. Senza forzare la bambina a fare attività che non la interessano, ma assecondandola in ciò che le piace.
Se non conosce canzoni (o crede di non conoscerle) o si vergogna di cantare compra dei CD, dalle i testi stampati, e falle mettere su qualche canzone quando è con la bambina.
Eclissati, lascia che se la cavino da sole. Alla fine di ogni incontro, o una volta alla settimana, magari fai 5 minuti di chiacchera con la ragazza, chiedile cosa ha fatto, cosa ha funzionato, cosa le è piaciuto e cosa è piaciuto alla bambina. Chiedile se ha delle idee, se le serve qualcosa.
Poi o funziona o non funziona, se non funziona forse la ragazza non è la persona giusta e va cambiata, non affiancata, ma se c’è un minimo di buona volontà e collaborazione costruttiva secondo me non c’è motivo per cui non funzioni.
L.
Grazie Letizia, come al solito sei utilissima!
Comunque, sono più rilassata constatando che la maggior parte delle cose mi consigli di fare sono quelle a cui avevo già pensato e che regolarmente vengono messe in pratica, sicuramente ho da lavorare su tutte le altre…
Farò quanto mi scrivi.
Grazie ancora e a presto!
Ciao Letizia, facendo riferimento a quanto mi hai già scritto circa la ragazza madrelingua (19/8/2010), amareggiata ti scrivo che, pur mettendo in pratica quanto mi suggerivi a suo tempo, e pur avendoci provato con pazienza e comprensione, mi sono resa conto che l’insegnante madrelingua non è più adatta a M., la bambina si annoia e tende a non ascoltarla, così l’insegnante, invece di cercare di accattivare la sua attenzione (premetto che noi genitori, nonni e maestre a scuola, ci riusciamo), si blocca, rimane in silenzio e aspetta il mio intervento, magari guradando l’orologio.
Come dicevi tu se non va bisogna cambiare, ma non ho nessun’altro per le mani e ho paura di far perdere a M. tutto quello che ha imparato fino ad ora, interrompendo gli incontri.
Ho fatto presente alla ragazza che solo lei può trovare la giusta complicità con la bambina e che se questo non accade presto non l’accetterà più o peggio inizierà a vivere l’inglese come un’imposizione.
Inutile dire che tutto ciò mi dispiacerebbe tantissimo (M. fa inglese da quando aveva 18 mesi e adesso ne ha 32) ma non posso negare che l’insegnante non è affatto in grado di interagire con bambini di quell’età.
Cara Letizia , ti è mai capitata un’esperienza di questo genere? Mi farebbe piacere un tuo parere.
Antonietta,
non è mica facile giocare con i bambini, bisogna essere molto in contatto con il proprio bambino, quello che c’è in noi. Bisogna saper ascoltare e lasciare libere le emozioni. Non è cosa per tutti… Chi ha il desiderio di imparare può sicuramente farlo, ma chi non ha queso desiderio non so, la vedo dura. Non ho esperienze di questo genere, nel senso che quando ho dovuto scegliere persone che stessero con i bambini, che si trattasse della scuola di mio figlio o delle insegnanti per Learn with Mummy, io cerco prima di tutto di capire che tipo di persona è. Saper stare con i bambini è un requisito prioritario, molto più importante dell’essere madrelingua.
In tutta sincerità, io al posto tuo non insisterei, non farei giocare mio figlio con una persona che non ritengo capace di giocare con lui e di creare un’esperienza calda e coinvolgente. Devo anche dire che se tu ritieni che la tua presenza sia sempre indispensabile qualcosa non va, posso capire che tu voglia essere in casa, però se non puoi lasciar giocare da sole la ragazza e la bimba che senso ha?
Piuttosto andrei avanti proponendo io la lingua come un gioco, poi il tempo per altri insegnanti, o altri tipi di esperienza con l’Inglese arriverà, non preoccuparti…
L.
Hai centrato il problema, purtroppo l’errore l’ho fatto io non pretendendo che l’insegnante avesse tutti quiei requisiti che ora ci vengono a mancare, ho sperato che le cose migliorassero e che sarebbe bastato spiegare alla ragazza cosa avremmo voluto da lei per risolvere (in fondo avrebbe poturo crescere un minimo con la bimba che ormai conosce da tempo; un po’ come fanno le mamme); ci ho provato con tutte le mie forze, cambiando il mio approccio verso di lei, parlandole ecc…, ma come dici tu, se non c’è la voglia di imparare….
non mi resta che parlarle per l’ultima volta e poi trovare altre strade; ciò che è certo è che non vorrei negare questa spendida possibilità a mia figlia…purchè, però, sia spendida!
Grazie ancora una volta!
Sono una mamma alle prime armi, sin dalla gravidanza (soprattutto per ragioni di studio) ho spesso e volentieri parlato in francese al mio bambino (ora di quasi 16 mesi), tuttavia, avvertivo sempre una sorta di ritrosia (mia) che determinava una frenata naturalezza e spontaneità; posso dire che il punto che mi ha aiutato maggiormente è stato proprio l’ultimo cioè seguire questo sito? Oggi per la prima volta ho dato fiducia alle mie capacità -stimolata appunto da questi confronti- e mi sono scoperta “competente”! Grazie Letizia, di cuore!
Grazie a te Marika, ne sono veramente felice!
L.
Ciao a tutte!
Mi potete consigliare dei cd , e meglio ancora in dvd , con delle filastrocche in inglese per i miei due bimbi di 4 e 6 anni?
Grazie !
consiglio, aspetta i prossimi giveaway… 😉
L.
ciao beatrice, ciao letizia
giro da qualche giorno sul sito, grazie all’articolo sul corriere della sera di qualche settimana fa… rispondo a questo post perchè è la situazione su cui mi sono meglio identificata..
io ho studiato inglese a partire dalle scuole superiori e sono arrivata fino al livello advanced, ma ormai sono passati 7 anni e non ho molte occasioni di utilizzo della lingua, viaggi a parte..
però sono assolutamente dell’idea che io possa comunque fare qualcosa, che non sia mandare la bambina alla scuola bilingue (che peraltro si porterebbe via mezzo stipendio ogni mese…)
la mia bambina ha 2 anni e mezzo, è molto attiva e vedo che impara ogni cosa nuova che le viene proposta; per questo ho pensato che si potrebbe fare…
volevo quindi chiedere a beatrice quali strade ha seguito, e a letizia dei consigli, perchè ovviamente il mio inglese non è fluente, e col tempo tante cose sto inziando a dimenticarle… la mia idea era quella di dedicare un’oretta tutti i giorni, potrebbe essere per leggere libri ad esempio… c’è anche da dire che lavoro, quindi anche complessivamente il tempo a disposizione non è tantissimo e che sarei l’unica in famiglia a dedicarsi a questa cosa…aspetto consigli! e complimenti per il sito 😉
Sì, anche io riceverei un grande incoraggiamento dalle testimonianze di chi, non madrelingua come me, è riuscito nell’intento.
Infatti, mia figlia che urla quando provo a cantare o che si addormenta appena metto il cd delle lullabies non mi sta gratificando né incentivando a continuare…
Certo, lei è molto piccola (2 mesi), ma a questo punto quando mi conviene attaccare con il vero e proprio training??
Monika,
Bilingue per Gioco è pieno di esperienze, cerca nella categoria Famiglie e Non Madrelingua. Quanto al training, mai. Non trasformarti nell’insegnante di tua figlia, continua a giocare con lei, e soprattutto ricorda la regola numero 1: il primo passo per insegnare una lingua ai bambini. In altri termini, cosa ti aspetti che faccia una bambina di due mesi?
L.
salve
io sono la zia di una bellissima bimba di 28 mesi; ho sempre avuto la passione per le lingue e mi piacerebbe traferire a mia nipote questa passione per farla diventare davvero cittadina del mondo.
Ho sentito di voi alla radio e ora ho voluto venrvi a trovare sul vostro sito. Mi sembra di aver capito che non ci sia un’età specifica su quando cominciare: l’importante è cominciare. La mi domanda invece è questa: io non sono la mamma o il papà di Francesca e quindi non sono a contatto diretto con lei tutto il giorno; come fare allora, come organizzarci per poter iniziare e poi magari andare avanti con questo “programma”? Può bastare ritagliarci del tempo ogni giorno (io lavoro ma la bambina vive a un passo da casa mia) e quindi magari leggere o giocare in lingua solo durante questo tempo seppur limitato?
Grazie in anticipo per il vostro parere senz’altro illuminato
Certo che va bene ritagliarsi uno spazietto. Basta che venga vissuto come momento di gioco con la zia, non come “la zia viene a insegnarmi l’Inglese”. Make it fun!
L.
Ciao!
Ho scoperto questo sito per caso e credo proprio che faccia al caso mio!
Sono la mamma di un bimbo di 3 anni molto loquace e curioso. Io parlo un francese da scuola, non è male, ma non sempre riesco a dire quello che vorrei. Il papy parla inglese come me e noto che ha molte difficoltà anche lui. A mio figlio ho insegnato delle canzoni in entrambe le lingue e per gioco conto spesso fino a 10 in tutti e 2 i modi.
Vorrei imparare con lui l’inglese e magari meglio anche il francese. Imparare perchè io l’inglese non lo sò, non so dire frasi o cose simili, so solo delle parole.
Insomma: vorrei mettermi in gioco e dare a lui le opportunità che io non ho avuto di comunicare il lingue diverse dall’italiano.
Cosa mi consigli?
Io sarei maggiormente orientata verso dei DVD da guardare insieme, pensi sia una buona idea?
Ciao!
Sono cresciuta bilingue (italiano e francese) e sono fermamente convinta che sia stato un grosso vantaggio per me. Sono passata da tutte le “fasi” di cui ho letto, compreso il fatto di mischiare le lingue o, per un certo periodo, rifiutare di parlare in un paese la lingua dell’altro paese… ma alla fine ho imparato a gestire bene entrambe e inoltre ho fatto molta meno fatica dei miei compagni di scuola quando é stato il momento di imparare l’inglese. Da qui il mio desiderio di dare la stessa opportunitá a mio figlio (in arrivo a breve 🙂 ).
Poiché il futuro papá non sa (ancora) parlare francese, ma inizia a capirlo un pochino mi chiedo: se adottasimo il metodo OPOL, coinvolgendo anche le nostre famiglie (i suoi parlano solo italiano, i miei vivono qui vicino e parlano francese, e molti parenti abitano in francia), come dovremmo comportarci quando siamo tutti insieme, o meglio quando partecipa alla conversazione, o é presente, qualcuno che non parla francese? Dovremmo passare tutti all’italiano o parlare le due lingue nella stessa conversazione?
Inoltre: se io parlassi al bimbo esclusivamente in francese, ma poi lui mi sentisse parlare in italiano con il suo papá, non sarebbe confuso ?
Sono convinta che possiamo farcela e sentirei di privare mio figlio di un grande regalo se non ci sforzassimo per farlo crescere bilingue!
grazie in anticipo per il vostro aiuto! 🙂
Ciao Laura,
io il problema me lo porrrei solo per il papà, con cui avete una condivisione stretta e quotidiana. All’inizio seguirà i tuoi discorsi con vostro figlio (complimenti :-)) senza problemi, ma con gli anni, se il suo francese non avrà un buon livello, sarà escluso dalla vostra quotidianità, questo creerà problemi potenziali a lui,a te e a tuo figlio (che non vuole escludere il papà). Questo non aiuta la relazione, e infatti in molte famiglie succede poi che la “lingua di nicchia” diventi sempre + di nicchia … Secondo me dovreste parlarne ora che il ragazzino è ancora in pancia, e verificare se lui ha voglia di mettersi a imparare il francese. Non è obbligatorio che lo sappia parlare bene, ma, sempre dal mio punto di vista, dovrebbe essere in grado di capire e di poter quindi intervenire (anche in italiano) nei tipi di discorsi che si fanno con un 3enne, 6 enne, 9enne, ecc… sempre + complessi ed astratti
La nostra ricetta di famiglia quando ci sono persone che non capiscono una delle due lingue è di continuare ognuno con le sue abitudini, e tradurre a intervalli regolari per i presenti. Mia mamma ad es. non si sognerebbe mai di parlare italiano con mia zia, con cui parla da sempre dialetto, e allora io traduco in italiano per il marito.
Se siamo in bus, al supermercato o comunque di fronte a sconosciuti non mi preoccupo, penso che se anche le persone in coda con noi non capiscono quello che ci stiamo dicendo con i miei figli non sono maleducata, l’importante per me è che i figli sappiano strare educatamente in coda 😉
Ciao Raffa e grazie per la risposta!
Sono d’accordo sul fatto che il padre non debba essere escluso, temo anzi che il bimbo una volta grandino possa addirittura “sfruttare” la cosa e parlare in francese per non farsi capire dal papá! 🙂
Lui sostiene di essere disposto ad imparare… vedremo…
Ma penso anche ad altri casi, specialmente dopo qualche anno: ricordo di aver avuto a un certo punto una specie di rifiuto: in italia si parla italiano e in francia si parla francese! non volevo piú saperne di usare il francese qui e viceversa. Se il bimbo ci sentisse parlare italiano con altre persone (amici, nonni paterni ecc) non rischierebbe di succedere la stessa cosa? “so che sapete parlare italiano quindi ora il francese ve lo scordate!”…?
@laura quello che tu descrivi è abb. comune, perché i bimbi sono piccoli ma non sono fessi 😉
è vero che succede anche che i bimbi usino anche “l’altra” lingua in italia, e la usino fra di loro anche come lingua di gioco
secondo me in parte c’entra il carattere del bimbo (e quello viene fornito alla nascita, come genitore ci lavoricchi sopra, ma davvero è già in dotazione), e poi è utile se si trovano modi per associare la lingua altra ad un piacere, o se si riesce a farla diventare una necessità (nel vosto caso incontri con francofoni in italia).
ad esempio a casa nostra i cartoni/film in italiano sono l’eccezione. il papà fa con loro cose fantastiche che solo lui può fare,e sono in tedesco. quando erano piccolini venivano i nonni paterni, abb. di rado, ma in modo molto intensivo, e quindi avevano input linguistici molto piacevoli.
l’atteggiamento dell’altro genitore fa molto. da noi a tavola si usano le 2 lingue, perché io capisco e parlo quella del marito (non coi figli, ma col marito sì), altrimenti non sarebbe possibile avere una conversazione spontanea
e poi il tema bilinguismo si può tematizzare da subito, far capire che è una cosa bella, “speciale”. i nostri si stupiscono sempre dei loro compagni che se ne vergognano
noi siamo stati sempre molto affermativi in questo senso, e una volta presa una decisione non c’era nonna 😉 che teneva …
i nostri si identificano da sempre anche con la loro lingua altra, che è necessariamente una lingua debole, la usano anche per i loro giochi, in parte in modo strampalato, perché sono modello linguistico l’un per l’altro (con ovvi limiti), però sempre con piacere. ti faccio un esempio concreto, star wars loro l’hanno visto in tedesco, e quindi ci giocano in tedesco. lo stesso con i vari personaggi dei libri che hanno letto (da piccolini) ascoltato in tedesco. di ricente hanno letto a pochi giorni di distanza un libro buffissimo, e se lo sono ri-raccontato ad episodi per tutto un pasto
secondo me non c’è una ricetta preconfezionata, ogni famiglia, a partire dagli “ingredienti” che ha, si prepara sempre nuovi piatti. perché poi i figli crescono e cambiano, e quindi cambiano i nostri approcci.
a rileggere quello che ho scritto mi sembra di notare che, nel nostro caso, aiuti il fatto che siano due bimbi … perché l’altra lingua è oggetto di condivisione e scambio fra fratelli. questa potrebbe essere anche una variabile su cui riflettere 🙂
un abbraccio, e godetevi il primogenito!
Sí, probabilmente il fatto di essere in due aiuta, ma sono sicura che potremo farcela anche noi (e poi non si sa mai, magari anche da noi arriverá un fratellino in seguito… 😉 )
Io sono figlia unica e i miei hanno fatto “a sentimento” e ha funzionato: sono perfettamente bilingue, quindi non ho alcun dubbio sul fatto di volerlo fare con il nano in arrivo!
Sicuramente se dovesse parlare un po’ piú tardi o mischiare un po’, qualcuno (i soliti nonni paterni e forse gli estranei) potrebbe allarmarsi, ma la mia esperienza personale conferma quello che dite voi, e cioé che i bimbi poi recuperano e non possono che uscirne arricchiti!
Buon giorno a tutti, io sono una mamma separata con 2 figli di 7 e 13 anni che parlano l’italiano sia con me che col papà che frequentano regolarmente.Sia io che il papà ci siamo ri sposati e siamo”2 famiglie”che vanno molto d’accordo e che comunicano molto.Il papà dei miei figli è madrelingua inglese, ma aimeh, non parla inglese coi bambini, ma italiano, da sempre quindi loro sono cresciuti monolingua italiana.Io sono sposata con un uomo madrelingua francese, che parla molto la lingua, ma quando viviamo la realtà familiare coi miei figli , si parla italiano.Ora sono incinta di un bimbo che nascerà a Luglio e con mio marito abbiamo deciso sarà bilingue.Io parlo bene l’Inglese e i miei figli lo ascoltano(perché rispondono in italiano)dalla nonna paterna.Premettendo che i bambini chiedono fortemente di parlare francesece
inglese, e che a scuola li studiano entrambi e con ottimi risultati, vorrei un consiglio per cominciare il cammino del bilinguismo nel modo giusto.Mio marito parlerebbe solo francese, io inglese e la loro giornata in italiano(il piccolo sta a scuola dalle 8,30 alle 16,30).Ma il mio dubbio è come iniziare visto che i bambini parlano solo italuano.Grazie per il consiglio
Monica