Quando smettere e quanto insistere nel parlare la seconda lingua. Queste domande vengono fatte spesso dai genitori, che siano madrelingua o meno.
A mio parere è una domanda importante, non tanto perchè il fatto di sapere quando smettere e quanto insistere sia particolarmente decisivo, quanto perchè il fatto di non sapere quando e quanto destabilizza molto i genitori, li rende insicuri e scatena in loro mille dubbi e ansie.
Se insisto a parlare in Inglese anche se mio figlio mi chiede di parlare Italiano lo sto mettendo sotto pressione, sto rovinando il nostro rapporto? Se non insisto non imparerà mai il Francese? To be or not to be…
Whatever.
Dico sul serio, whatever, non importa. Certo che importa nel senso che la vostra decisione avrà un impatto, ma non vale la pena di perderci il sonno e angustiarsi. Davvero.
Partiamo dal presupposto che l’aspettativa più realistica è che vostro figlio non sarà bilingue in linea con le vostre aspettative. Le eccezioni esistono ma meglio non contarci. Appurato ciò prendete con gratitudine (verso voi stessi) tutto quanto riuscirete ad ottenere senza complicarvi la vita, e rinunciate a tutto ciò che costerebbe troppo inseguire. Sì in effetti è un insegnamento di vita che va ben oltre il fenomeno del bilinguismo, e che secondo me funziona sempre, anche e soprattutto con i bambini. Dare il massimo di se stessi senza ambire a essere i migliori, è così che si ottengono i risultati migliori e si vive serenamente.
Esempi pratici.
Mamma tedesca a cui il bambino non vuole rispondere in tedesco. Continua a parlargli in tedesco, sempre, con molta coerenza, ma non creargli pressioni. Però magari d’estate portalo da nonni, che se la cavino un po’ tra di loro…
Mamma Italiana che vuole fare 20 minuti di Inglese al giorno con il figlio che dice mamma parla normale, pesta piedi e si arrabbia? Step back. Forse quest’approccio con tuo figlio non funziona, anche se funziona col figlio di un’altra. Cerca la chiave per incuriosire tuo figlio. Secondo me cantare è la chiave che funziona con il 90% dei bambini, ma poi ci possono essere trucchi specifici. I cartoni animati in lingua, dei giochi, oppure, reverse psycology, proibirgli di guardare i film in Inglese che guardate voi perchè tanto non li capisce (anche questo trucco secondo me funziona bene…)
Cercate the path of least resistance, il tragitto che incontra meno resistenza (fisici in ascolto, aiutatemi a tradurre questo concetto per favore). Ok, questo sembra un post un po’ zen, ma vi assicuro che sono assolutamente sobria, di alcool come di the verde. Sinceramente, prendiamo le cose con leggerezza e divertimento, e soprattutto senza fretta.
Obiezione. Mi direte ma allora tanto vale lasciar perdere, meno resistenza di così non si può… Dipende, il concetto ripeto è dare il massimo di se stessi senza ambire a essere i migliori, o perfetti. Forse nel vostro massimo l’Inglese non ci sta, è una forzatura; si vive lo stesso. Oppure il vostro massimo è leggere i libri in Inglese ma non parlarlo nel quotidiano; va benissimo così. Qualunque sia il vostro massimo accettatelo e non chiedete di più, nè a voi nè ai vostri bambini. Probabilmente col tempo vedrete che il concetto di massimo si sposterà, un passetto alla volta. Ciò che importa è che siate sempre consapevoli di dare il vostro meglio (e cerchiate di faro con regolarità, diciamo pure routine).
Immagine di A Journey Round Mu Skull
Agnese says
Cammino, via di minima resistenza.
Un fisico pensa (ad esempio) ad un circuito con due resistenze in parallelo diverse: per la resistenza piu’ piccola passa piu’ corrente, per la resistenza piu’ grande meno. E’ un esempio perfettamente calzante, ma magari non veramente chiaro per un non-fisico.
Ma si puo’ anche pensare all’acqua che si trova a scorrere in un pendio: sceglie la strada piu’ in discesa, la piu’ ripida (ma al contrario: per scendere e non per salire), la strada piu’ breve per arrivare a valle (dove la propria energia potenziale e’ localmente minima etc etc etc).
Oppure la luce in un mezzo trasparente omogeneo (aria, vetro, acqua): procede in linea retta, o meglio per il cammino di lunghezza minima [diciamolo cosi’, un po’ grossolanamente, tralasciando dettagli molto suggestivi e importanti, ma che non aiutano troppo all’illustrazione del concetto qui, in questo contesto, che non e’ quello di una lezione di fisica sulla luce e sull’ottica, o sulla crisi della fisica classica e il dualismo onda particella!]
Secondo me l’esempio piu’ chiaro e calzante e’ proprio pensare a un ruscello montano, all’acqua che scorre su in pendio…
Ciao!
Agnese says
Ops, rileggendo ho visto che ho scritto “su in pendio” ma volevo scrivere “su un pendio”, da intendersi, come ci si aspetta, “dirigendosi naturalmente verso il basso, per la via piu’ breve”.
Bilingue Per Gioco says
Grazie Agnese,
a me i fisici sono veramente simpatici, vivono in un mondo parallelo di complessità elementari…
🙂
L.
anna says
questa volta non posso non commentare, hai proprio ragione e usi parole molto sagge!
bisogna sempre tenere a mente che certe sono nostre aspettative e tali rimarranno e questo non e’ niente di grave.
io con la mia ansia ho ostacolato molto il mio primo figlio,senza accorgermene nemmeno, senza mai dire una parola, lui ritardava a parlare e io mi agitavo sempre piu’ salvo peggiorare l’atmosfera.
poi un giorno ho fatto un bel respiro e ho pensato un po’ quello che hai espresso nel post e, subito, improvvisamente, il treenne ci ha riempito di parole,canzoni e infinite discussioni. mi rimaneva l’ansia da “non parla italiano, risponde in greco…”,bene, dopo un bel po’ di lavoro su di me ecco che ha iniziato, a 5 anni, e rivela un vocabolario ricchissimo. insomma, vorrei incoraggiare i genitori scoraggiati. quando riusciamo a calmarci, a rispettare l’identita’ del bambino, a “Dare il massimo di se stessi senza ambire a essere i migliori” allora non solo, e soprattutto, vivremo tutti piu’ sereni ma vedremo anche i frutti della semina!
questo passaggio dal bilinguismo passivo ad attivo (dal capire al rispondere intendo) e’ davvero un’ostacolo duro per tanti dei miei conoscenti,e per me. purtroppo, i nonni spesso peggiorano e non aiutano, sono subito pronti ad esprimere la loro delusione per i nipoti “stranieri”, il loro antagonismo con il nuovo paese e linguaggio dei figli che si sono allontanati…
Elisabetta C. says
Quando smettere, quando insistere….e aggiungerei, quando farsi aiutare.
Non può essere solo la mamma dentro casa a sostenere un progetto di bilinguismo, ovviamente.
La canzoncina con cui intrattieni il duenne certo non funziona con il bambino di otto.
A me, che ho figlie più grandi e che ho cominciato – almeno con la prima – più tardi, la cosa è abbastanza chiara: i rinforzi devono essere molti, e alcuni si deve anche un pò fingere che non vengano direttamente dai genitori.
Ad un certo punto ad impattare sulla lingua minoritaria è il carattere del bambino. Il bambino diligente continua a cercare ciò che gli è stato proposto, il bambino ribelle comincia a mettere in discussione subito ciò che sente come ‘debole’ rispetto al contesto culturale e sociale in cui vive (e tale contesto non è solo la famiglia, ma la scuola, gli amici, la società tutta).
Per questo una ‘rosa’ di percorsi funziona meglio di un veicolo solo: le vacanze dove si parla quella lingua, coetanei che parlano quella lingua, la ragazza alla pari che parla quella lingua, la scuola in cui si parla quella lingua ecc.. ecc…(aggiungete voi), finchè l’ “altra lingua” o le “altre lingue” non diventano così familiari da essere parte integrante di una esperienza individuale (e collettiva!!! attenzione perchè i bambini sono conformisti da morire!!!), che si tornerà sempre a cercare, come si ricercano sempre i luoghi della propria infanzia.
Elisabetta
StranaMamma says
Post bellissimo che mi trova in pieno accordo! Una vera filosofia di vita che riassumerei forse in : “do your best and make the most of it”.
Con il Tato, soggetto assolutamente anarchico, “irregolare” e testardo, quando decide che non ha proprio voglia di ascoltare in inglese, mi adeguo se no rischio di renderglielo avverso. Al contrario, spesso di sua spontanea volontà mi chiede come si dice una cosa in inglese e allora cominciamo…
So per certo che non sarà mai bilingue, ma il primo piccolissimo traguardo è stato raggiunto: sa che esistono altre lingue per comunicare e che queste sono vive perché vengono usate da amici stranieri con cui skypiamo abbastanza spesso e con cui interagiamo almeno virtualmente…. Io a quell’età (2 anni e mezzo) non lo sapevo e nemmeno mio marito.
Agnese says
Sono d’accordo anch’io con quanto scritto nel post… un genitore calmo, rilassato, esigente “il giusto” (ah, il giusto… ma quanto e’ il giusto? sempre la stessa storia!) “ottiene” molto di piu’ di un genitore che si preoccupa troppo, o esige oltre misura.
Con la mia prima figlia eravamo forse troppo preoccupati per le tante (=tre) lingue in gioco (ma alla fine, finora, pare abbiamo fatto un buon lavoro. Finora, ripeto). Forse pero’ il fatto che la mia bimba piu’ grande sia globalmente piu’ nervosa del fratello e volte eccessivamente sensibile magari dipende da questo (o sara’ solo differenza di carattere? chi puo’ dirlo?).
Certo e’ che col secondo siamo piu’ rilassati. Il secondo pare un bambino (finora) piu’ equilibrato, piu’ solido (caratterialmente), piu’ indipendente. Sara’ che e’ il secondo? Sara’ che noi siamo genitori un po’ piu’ esperti e non pretendiamo l’impossibile? Sara’ che abbiamo ridimensionato le nostre aspettative, senza pero’ rinunciare a quanto per noi e’ il “minimo”?
Purtroppo anche se ora mi sento “meno preoccupata” col secondo ho al tempo stesso, latente, la sensazione che magari siamo troppo rilassati e stiamo facendogli perdere qualcosa…
La preoccupazione, il non avere solo certezze incrollabili, il rimettersi in discussione quando qualcosa sembra non andare per il verso “giusto” probabilmente e’ una caratteristica inscindibile dallo stato di essere genitore. Pero’ e’ vero, occorre tenersi sotto controllo, non esagerare con le proprie aspettative e ricordarci di quando eravamo bambini… un bambino che cresce sicuro e amato e’ la cosa piu’ importante, la conoscenza perfetta di un’altra lingua, per quanto preziosa, puo’ attendere…
Bilingue Per Gioco says
Grazie a tutte per i vostri commenti!
Dai, fondiamo la comune delle mamme serene e bilingui! Scherzo!
L.
Claudia - La Casa Nella Prateria says
Questo post mi fa pensare a quello che scrivevo un po’ di tempo fa riguardo allo yoga:
http://www.lacasanellaprateria.com/2010/02/lo-yoga-con-i-bambini.html
Quando dico che faccio yoga insieme ai miei figli, gli altri pensano che io abbia dei piccoli yogi che se ne stanno zitti e concentrati per un’ora di lezione.
Lo yoga in casa nostra è diverso. Per ora io lo trasmetto loro come un gioco. Quando saranno grandi, avranno tutti gli strumenti necessari per trarne il massimo vantaggio. Oggi, il massimo vantaggio per loro è divertirsi insieme.
Lo stesso vale per il bilinguismo. Diamo ai nostri figli questa possibilità. Ne verrà fuori quel che ne verrà fuori. Che, sicuramente, sarà meglio di niente.
Erika says
Ciao, volevo solo portare un esempio banalissimo di ciò che io sto facendo con i miei due figli di 2 e 4 anni…..praticamente niente secondo il mio punto di vista!!! Nel senso che io vorrei molto insegnare loro l’inglese ma non sono adatta a farlo o per lo meno non mi sento adatta in quanto nn lo so bene (della serie mi arrangio per mangiare e dormire!). A parte questo non ho rinunciato a provare e così ho fatto una scelta semplicissima, dopo avaer letto almeno 1000000 posto vostri….mi sono fatta aiutare dalla televisione, intendo che quando sono a casa con me e vogliono vedere un cartone è solo ed esclusivamente in inglese (le prime volte dopo 10 minuti mollavano tutto e se ne andavano, ma ora…guardano e adirittura rispondono alle domande poste dal cartone) , poi mi sono fatta un CD con alcune canzoni e a volte in auto lo metto….ora un pò più spesso xchè loro me le chiedono, ma le prime volte dicevo che volevo ascoltare anche io una mia canzone e così pendevo il mio bel CD in inglese e cercavo di cantarci sopra….così facendo ora sono loro a dirmi “mamma ascoltiamo una tua canzone?”…ultima cosa che ho fatto è stato comperare 2 libretti che ogni tanto tiro fuori e che guardiamo insieme…beh! il risultato è che Angelica la mia bimba più grande a volte se ne esce con delle parole in ingleses e altre mi chiede insistentemente di dirle come si dice questa o quella cosa in ingles e devo ricorrere al vocabolario……chissà magari non mi farà frasi complete, ma se nn altro mi sembra che qualcosa capisca e questo vale anche x il più piccolo che imita molto la sorella…..come continuo a dirmi “sarà i tempo a farmi vedere i risultati”. Tutto questo per dire che le prime volte mi ero messa d’impegno OBBLIGANDO i miei figli a fare come dicevo io (canzoni, CD, radio, libri ecc.) ed il risultato è stato che loro si arrabbiavano e io mi stressavo….poi un bel giorno ho deciso di lasciar stare tutto e ho fatto un “patto” con loro….ho spiegato che avrei lasciato stare libri, CD e quant’altro ma ad un patto, cioè quello di provare a vedere per un pò di giorni dei cartoni solo in inglese…..ed è andata!
Non so se sia un bene o meno…..ma continuo a dirmi che se ora riescono a guardare per un’oretta (quello è il tempo che concedo x la TV) solo cartoni in inglese significa che qualcosa capiscono ed i n più resta il fatto che mia figlia ora cominicia ad essere anche curiosa di saper altre parole.
Bene mi sono dilungata fin troppo, ma mi sembrava un bel esempio di chi ha prima insistito e poi “smesso” e ricominciato….
Buona serata a tutti e grazie come sempre per questi bei post!!!!
Ciao
Erika
Bilingue Per Gioco says
Erika,
grazie mille di aver condiviso la tua esperienza, io la trovo davvero molto interessante. Se ti va ogni tanto aggiornaci, sarebbe interessante vedere come si sviluppano le cose! In ogni caso brava! Hai saputo fare in modo che fossero i tuoi bambini a chiederti l’Inglese, meglio di così proprio non si può, l’attitudine è molto più importante del risultato, soprattutto nel lungo termine….!
L.