Sì ci sono stati dei lunghi inusuali giorni di silenzio. Per 2 motivi:
1) sto lavorando per far partire e ampliare i playgroup a Settembre
2) mi sono beccata un colpo di fulmine
Il punto 1) è estremamente interessante e ve ne parlerò sicuramente con dovizia di particolari nonchè appelli vari, ma non ora. Ora parliamo del punto 2).
Che botta!
E’ successo tutto in un finesettimana, un finesettimana di passione e coinvolgimento, e ho passato il resto della settimana a pensarci. Premetto, io ai colpi di fulmine ci credo, sarei tentata di dire che credo solo nei colpi di fulmine, ma l’età mi ha insegnato ad essere più possibilista…
Lo scorso fine settimana sono andata a Budapest, e ne sono rimasta stregata. Una città meravigliosa che mi ha colpita dritta dritta al cuore, come poche altre città hanno fatto, direi Berlino, Cracovia e Bologna. Forse Lisbona, ma non ne sono sicura.
Una città bella, elegante, accogliente, colta, ricca di fantasia e voglia di vivere. Cosa vuol dire che una città è colta? Difficile dirlo, sono piccoli segnali, vetrine particolari, biblioteche, cartelloni, il jazz che risuona da ogni dove, ma soprattutto le facce della gente. Una città viva e vitale, indubbiamente, della quale mi sono ubriacata senza fare niente, semplicemente fermandomi a guardarla. Certo che venendo da Verona… è un po’ come dare un cognac a uno che da anni beve solo acqua con l’idrolitina, chiaro che sballa…
Non solo, a Budapest sono andata ad un matrimonio, bellissimo. Era un matrimonio ebraico, per me è stata la prima volta e ne sono rimasta molto colpita. Mi ha colpita il rito antico celebrato in Ebraico. Credo che quasi nessuno dei presenti parlasse l’ebraico, eppure la valenza simbolica dei rituali e della lingua era potentissima, molto più di quanto non possano essere delle frasi in Inglese (tanto per menzionare la lingua che credo tutti i presenti capissero). Impossibile, anche per me estranea alla cultura ebraica, non pensare a questo stesso rito ripetuto generazione dopo generazione, per millenni, sotto i cieli e le condizioni più disparate. Mai come in questo caso la lingua mi è sembrata portatrice di identità, pur nella situazione paradossale in cui credo che quasi nessuno dei presenti la parlasse.
Credo che quanto più viaggiamo, ci spostiamo, impariamo lingue diverse, tanto più rischiamo di avere una visione pragmatica della lingua (come di molte altre cose) e dimentichiamo o perdiamo di vista la valenza profonda della lingua come cultura e identità. Vederlo davanti ai miei occhi in maniera così simbolica è stata una grande lezione.
Il paradosso più assurdo poi è che mentre da un lato questa lingua antichissima ha creato il rito, dall’altro la comunicazione, lo scherzo, il canto e il ballo si sono manifestate in tutte le lingue possibili. La ricchezza linguistica di questa festa era davvero notevole. Tra familiari e invitati sembrava che non una sola persona parlasse solo una lingua, e così le lingue si intrecciavano con ricchezza, fluidità e spontaneità impressionanti. Mille lingue per andare per il mondo, una lingua per ritornare alle origini.
Ormai questo post ha preso la via delle divagazioni personali, inutile resistergli, lasciamolo andare, vi prometto che nei post successivi sarò più concreta… Intanto fatemi condividere tre immagini che sono rimaste con me di questo matrimonio.
Gli anziani della famiglia dello sposo. Uomini ormai curvi, ma ancora sagaci e brillanti, vivono negli Stati Uniti. Ci siamo incontrati una mattina visitando la Sinagoga, davanti ad un monumento in memoria ai 600.000 ebrei cancellati da Budapest durante la guerra. Impossibile non pensare, dov’erano loro durante la guerra? Che ricordi hanno? Cosa vuol dire sopravvivere a tanto orrore? Queste domande continuano a risuonarmi dentro.
Un giovane virgulto di questa stessa famiglia, una ragazzina di circa 10 anni. Anche lei vive a New York, ma è un caso, i membri di questa famiglia sono sparpagliati per il mondo (e ciò nonostante uniti). Di Sara mi ha colpito l’intelligenza, non ho fatto che pensare a quanto era intelligente questa ragazzina. Non so spiegare perchè… Non ha detto una sola cosa sagace o anomala per la sua età, non è introversa e silenziosa ma aperta, allegra e gioiosa. Non c’era nulla in lei di strano, eppure mi è sembrata così intelligente, lo sguardo forse, o forse il suo essere a suo agio in tutte le situazioni. Non lo so. Ma mi ha dato da pensare su cosa sia l’intelligenza. Forse troppo spesso la confondiamo con la performance in questo o quel campo, mentre l’intelligenza è una qualità più sottile, meno misurabile, e forse inevitabilmente spontanea.
Modern antikvarium. Per me Budapest rimarrà questo caffè nel quale ho passato ore a leggere, ascoltare jazz, guardare le persone festeggiare il primo maggio e improvvisare una jam session. Sì di un solo fine settimana a Budapest io ho passato ore in questo caffè, ore bellissime. Il caffè ospita anche una libreria di seconda mano e mi sono comprata un libro di John Le Carrè, Single&Single, ed è anche colpa di questo libro se questa settimana ho scritto poco o nulla, è un libro superavvincente, oltre che scritto bene, e non c’è stato verso, ho dovuto finirlo se no non respiravo più!
Insomma, il titolo di questo post era forse un po’ fuorviante ma in fondo azzeccato. Mi sono presa davvero un colpo di fulmine, che mi ha lasciata stordita, felice e pensosa per una settimana, non c’è niente di più meraviglioso.
Chiudo con un pensiero speciale per gli amici con cui ho condiviso questi bellissimi momenti. Gli sposi, ovviamente, ma anche altri invitati come me, amici che ormai vedo molto raramente. E’ meraviglioso ritrovarsi, riunirsi portando le proprie storie ed esperienze e avere sia gli strumenti linguistici sia soprattutto l’apertura mentale per ascoltarsi, capirsi a volte, accettarsi sempre. Questo è il regalo che vorrei dare a mio figlio, dargli gli strumenti per condividere le storie e le emozioni di altre persone diverse da lui, e di innamorarsene.
P.S.
Solo a Budapest ho realizzato che avrei potuto e dovuto dire che prima che ci sarei andata, magari avrei potuto incontrare qualcuna di voi, so che ci sono un paio di lettrici dall’Ungheria . Sono stata sciocca…
Immagine di vxla
Sybille says
Che bella dichiarazione d’amore…
Grazie!
Agnese says
Budapest e’ tutto quello che hai detto tu… e anche di piu’!
Anche a me, una cosa che mi ha colpito moltissimo sono state le librerie (antiqvarium). E’ un vero paradiso… ci si trovano libri che non vengono piu’ stampati da decenni…
Ovviamente anche il resto e’ notevole, non solo le librerie! Sara’ l’aria, sara’ la gente…
Un sorriso!
StranaMamma says
La tua conclusione rappresenta pienamente le mie sensazioni quando incontro amici lontani e le mie motivazioni sul progetto di bilinguismo: la lingua non è una semplice materia di studio come le altre, ma uno strumento che permette alle persone di aprirsi verso esperienze che arricchiscono lo spirito ed aprono la mente.
Che bel post!
Bilingue Per Gioco says
Grazie SM!
L.
Yael says
Ovviamente, mi sento quasi chiamata in causa.
Anche io sono stata colpita moltissimo da Budapest, per la bellezza, l’atmosfera, il cibo (i dolci…), ma forse anche per un motivo in più: mia nonna era ungherese – anche se non da Budapest, ma ci ha vissuto nel Ghetto nel 1943 – e spesso mi parlava nella sua lingua, che in realtà non riusciva mai ad abbandonare, contrariamente a quello che era la tendenza per altri nuovi immigrati in Israele fino agli anni Ottanta. Quando ho visitato questa città, mi rendevo conto di essere in grado di capire molte cose, pronunciando le parole anche molto bene (meglio di quando le pronuncerei se le dovessi leggere…). Per il ricordo di mia nonna ho insegnato a G. una canzoncina in ungherese che lei mi cantava quando ero piccola. Lui la canta benissimo!
Sto leggendo adesso il libro di Y. Bashevis. Singer, uno scrittore ebreo polacco che si e’ trasferito negli USA ma ha continuato ascrivere in Yiddish (poi, prima di pubblicare i suoi libri li faceva tradurre in inglese). Insomma, gli ebrei che lui racconta nel libro sono tutti in grado di parlare in 3 o 4 lingue – polacco, russo, yiddish e ebraico. In Israele, questa cosa è un po’ scomparsa ed è un gran peccato, ma adesso sembra che le cose stiano cambiando: nelle nostre visite in Israele, quando andiamo al parco, ci sono sempre(!!) – e non sto esagerando – bambini bilingui (per il fatto che e’ ancora un po’ un Melting pot). Da questo punto di vista, è molto più facile là crescere un bambino bilingue. E’ molto comune.
Attendo notizie sui Playgroup a Roma…
Buona giornata a tutt*!
Bilingue Per Gioco says
Yael,
grazie di questo tuo commento. E’ commovente che oggi il tuo bambino canti una canzone in Ungherese in ricordo della sua bisnonna. Quando la lingua diventa anche veicolo per le emozioni ha un impatto molto potente, e rimane con noi per tutta la vita, come tu stessa testimoni!
L.
Macha Michaela says
Mi lasci senza parole. Sono ebrea e mi hai fatto sentire così fiera… un sentimento che sentivo mentre mia mamma mi cantava canzoni in russo ed ebraico (era Moscovita ma di famiglia ebraica)…
Learn with Mummy in Milan…
Fingers Crossed 🙂