Pubblico la storia di Eva, non tanto per rispondere alle sue domande (mi sembra molto consapevole di ciò che fa) quanto per condividere 2 esperienze: 1) il rimpianto di chi non è stato cresciuto bilingue pur avendo genitori di madrelingua diversa, 2) il successo di chi sta crescendo il proprio bambino con 3 lingue in totale serenità e semplicità.
Cara Letizia,
anzitutto grazie per il tuo bel sito web – very inspiring, mi ha aiutato a riflettere sulle sfide linguistiche della mia famiglia.
Qualche giorno fa mi sono iscritta alla tua Newsletter e anche alla pagina Facebook (che ho anche segnalato ad alcuni amici con famiglie bilingui, vedo che alcuni si sono già iscritti).
A questo punto penso di dovermi presentare. Sono cresciuta in Italia da padre siciliano e da madre danese. Mia mamma mi racconta che, quando ero piccola, piangevo ogni volta che lei si rivolgeva a me in danese e così alla fine ha smesso, anche perché trent’anni fa era più complicato di oggi tenere i contatti con la “madrepatria”, se nessuno nel tuo quotidiano parlava la tua lingua (gli aerei erano più cari, non c’era internet né Skype né dvd da guardare in lingua…). Così ho imparato il danese da adolescente (a quel punto piangevo perché non riuscivo a comunicare con la nonna!) e in seguito, negli anni universitari, ho passato anche dei periodi di studio in Danimarca: mi dicono che non ho accento, anche se la mia percezione è che ultimamente il mio danese si stia un po’ arrugginendo… comunque sono convinta che quella lingua (e forse con essa una propensione per tutte le lingue) fosse nascosta da qualche parte nel mio cervello, perché l’ho imparata sì con fatica, ma molto meno che uno completamente digiuno, e con quegli astrusi fonemi nordici non ho avuto i problemi che di solito hanno gli italiani.
Mio marito invece è un romano di padre calabrese e madre nord-irlandese. Ci siamo innamorati, credo, anche per la nostra “esterofilia”, se così possiamo chiamarla, l’amore per i viaggi, il background familiare interculturale etc. etc. Neanche lui parla in inglese con sua madre, ma ha viaggiato e viaggia molto per passione e per lavoro e adopera molto l’inglese. Sia io sia lui amiamo guardare i film in lingua originale (non solo quelli anglofoni) e leggere narrativa in lingua inglese. Mio marito non parla il danese, ma conosce una dozzina di parole che sono entrate nel nostro lessico familiare.
E poi c’è nostro figlio, di quasi 17 mesi, che ha quattro passaporti (italiano, danese, britannico e irlandese) – con grande orgoglio dei suoi genitori! 😉 Proprio in queste settimane il piccolo chiacchierone sta imparando a parlare – e noi impariamo a decodificare le sue prime parole da toddler, scoprendo con grande piacere che usa parole delle varie lingue di famiglia! Per esempio per indicare l’acqua, può dire indifferentemente vai-vai (danese vand) oppure gua-guà (che sarebbe acqua, ovviamente). O ancora può salutare dicendo cià-cià oppure hej hej oppure bye bye!
Devo dire che in questi giorni, oltre ad essere assolutamente affascinata da quello che sta succedendo nel suo cervellino in perenne fermento, ho avuto un boost di motivazione per l’educazione multilingue, in seguito a questi piccoli grandi risultati. In principio infatti ero un po’ scettica sulla mia capacità di “passargli” il danese, che già per me è una seconda lingua, quando io e mio marito parliamo sempre italiano tra noi e usiamo l’inglese solo quando ci sono ospiti stranieri per casa (cosa che comunque succede abbastanza spesso). Nei primi mesi mi ero “accontentata” di leggergli le storie in danese e in inglese e di cantargli canzoncine e finger-games in danese e in inglese (lingue/culture che secondo me hanno ricchissimi repertori per niente paragonabili a quelli italiani): pensavo che comunque sarebbe stato meglio di niente! (Sono particolarmente fortunata a conoscere molte nursery rhymes in inglese perché mia mamma insegna – con grande passione – inglese alla scuola elementare e ha anche un sito con una raccolta di action games che magari ti potrebbe interessare: http://www.maestramette.it) Quest’estate però il danese sta prendendo il sopravvento, perché prima siamo stati in Danimarca e poi anche al ritorno in Italia ci troviamo in vacanza con nonna e bisnonna materna. I nonni paterni invece sono in Inghilterra per due mesi e quindi l’inglese lo stiamo praticando poco… mi accorgo che spontaneamente mi viene di cantare in danese, mentre quando ero a casa l’inglese mi veniva fuori più spesso.
Non so bene quale “metodo” possiamo applicare come famiglia. Noi viviamo in provincia di Roma, i nonni (o per essere più precisi le nonne, visto che sono loro quelle che parlano le altre lingue) si vedono per lo più nei weekend e nelle vacanze, ma non sono una presenza quotidiana per via delle distanze. Io sono un po’ “camaleontica” nel mio uso delle lingue e tendo a fare lo switch da una lingua all’altra a seconda di chi mi trovo intorno... temo che questo possa confondere mio figlio. Dovrei forse attenermi con coerenza ad una sola delle lingue?
Mi è piaciuta molto l’idea del playgroup in lingua e vorrei tanto metterla in pratica, perché dopo i nostri viaggi estivi, al nostro ritorno a settembre, non perdiamo quella ricchezza linguistica che stiamo costruendo pian piano. Per il momento ho avuto la fortuna di entrare in contatto sia con una mamma danese a Roma sia con una mamma scozzese in un paese vicino a dove vivo. Ci siamo già accordate per incontrarci e stare insieme con i bambini per esporli rispettivamente al danese e all’inglese… e inoltre Daniel inizierà ad andare all’asilo nido da ottobre, dove starà insieme a bambini italofoni. Lui è un bimbo molto socievole e allegro: vedremo come va!
Questa è la nostra piccola esperienza – so far!
Un caro saluto e buon lavoro!
Eva
Eva,
grazie mille di aver raccontato la vostra storia, veramente bella! Riguardo il consiglio che mi chiedi ti do la stessa risposta che ho dato ad Annarita, cerca di trovare una struttura, o una routine. Vale a dire associare ogni lingua a determinate situazioni (siamo da soli o con altre persone), posti (casa vs fuori di casa), orari (una lingua al mattino e una al pomeriggio, o una per giocare e un’altra per i pasti, ecc ecc).
Puoi essere molto creativa nello stabilire una routine che funzioni per voi, l’importante è che ci sia una routine. Un’altra modalità, per esempio, è stabilire dei rituali per passare da una lingua all’altra, per esempio se il danese è prevalentemente la lingua del gioco, o comunque quella usata pù sporadicamente, ogni volta che vuoi passare al danese puoi farlo con una frase rituale, tipo “ora parliamo danese” (o qualcosa di più divertente), o con una canzoncina o qualcosa di simile.
Il concetto è che il passaggio da una lingua all’altra non dovrebbe essere subito dal bambino senza che abbia alcun modo di controllarlo e prepararsi, deve poter essere gestito anche dal bambino in maniera autonoma. Spero di essere stata abbastanza chiara.
Mi pare comunque che tu abbia le idee molto chiare, avevi già colto che il bilinguismo prende tante forme, e tu pur non parlando il danese ce l’avevi già in testa, si parla di bilinguismo passivo, come pure l’importanza delle vacanze e in generale della famiglia allargata per dare un senso, un contesto, alla seconda lingua ma soprattutto per renderla un canale per comunicare con le persone a cui vogliamo bene, che poi è il primo scopo della lingua.
Per il resto, la storia tua e di tuo marito, è veramente esemplare. Crescere senza una delle proprie lingue vuol dire sentirsi privati di una parte della propria identità, testimonianze come le vostre aiutano tutti i genitori di bambini potenzialmente bilingui a rendersene conto.
Ciao,
Letizia
P.S.
Grazie per esserti iscritta su Facebook e aver diffuso ai tuoi amici, invito tutti a farlo!
Immagine da A Journey Round my Skull
Eva says
Grazie Letizia per la risposta alla mia lettera! Ti assicuro che è molto importante sentirsi rassicurati nel lungo cammino di una famiglia che tenta di crescere bi- o tri-lingue… i momenti di ottimismo si alternano con quelli di dubbio e incertezza sul da farsi.
Mi convince l’idea della routine e dell’associare determinate lingue a determinate situazioni: nella lingua come in ogni altra scelta educativa, i bambini non dovrebbero mai “subire” le decisioni dei grandi, ma interagire con i genitori in maniera collaborativa e anche creativa. Mi piace molto il suggerimento del “rituale” per passare da una lingua all’altra – cercheremo di inventarci qualcosa di carino! 🙂
I’ll keep you posted!
mette says
Letizia ha scritto….”….ogni volta che vuoi passare al danese puoi farlo con una frase rituale, tipo “ora parliamo danese” (o qualcosa di più divertente), o con una canzoncina o qualcosa di simile.”
posso suggerire di usare un oggetto invece?
quando insegno inglese nella scuola dell’infanzia, indosso una collana con un pupazzetto (orsetto) fatto all’uncinetto…. è “magico”, fa sì che posso parlare SOLO inglese… ebbene capisco l’italiano, ma… ;-))
per un bambino piccolino potrebbe anche essere più utile usare o indossare un indumento specifico (sciarpina, braccialetto ecc).
Consiglio: prima di decidere definitivamente, riflettere sull’oggetto da usare…. es. non scegliere una sciarpa di lana perchè in estate non andrebbe bene in Italia, non scegliere un oggetto che all’adulto NON va di indossare, ecc. …. se il bambino predilige un gioco, un colore o simile, potrebbe anche essere un’idea.
Bilingue Per Gioco says
Ottima idea Mette!
In effetti gli oggetti rituali sono molto potenti, nel senso che aiutano molto a creare ordine e routine in modo non solo astratto, ma anche molto fisico, perchè l’oggetto lo vedo, lo tocco, lo annuso.
Grazie,
L.
mette says
dimenticavo presentare GEORGE…
http://www.maestramette.it/hobby/strik/ol_knitalong.htm
scorrere un po’ giù per vederlo….e trovate la sua scheda qui
http://www.maestramette.it/hobby/strik/george.htm
ps. George è fatto con una bottiglia di plastica e un po’ di magalia e fantasia…. 😉
Barbara says
Ciao Eva,
volevo solo dire che anch’io anche se al contrario di te non sono madrelingua,parlo ai miei figli in Danese, loro lo parlano senza problemi, anzi ad essere sincera hanno un po’ l’accento di Copenhagen, perchè aprono molto le vocali quando parlano in Danese, ( come si fa in Italiano ..), ma hanno qualche problema a pronunciare la “d” dolce. comunque sono convinta che stai utilizzando un ottimo metodo infatti ho letto in molti articoli che utilizzando le filastrocche e le rime s’impara meglio una lingua,nel senso che come in Inglese e in Danese, che ci sono tante preposizioni con i verbi, l’uso di filastrocche e rime aiutano ad insegnarne l’uso naturalmente, senza problemi.Complimenti e continua così!!
Saluti,
Barbara, sposata con un Danese e mamma di 3 piccole pesti!!
Bilingue Per Gioco says
La d dolce? interessante…
Comunque sono molto contenta che si parli anche di lingue meno comuni. Per inciso, mamme danesi, magari vi interessa questo sito, per insegnare ai bambni a leggere e scrivere in danese, me l’ha mostrato un’altra mamma danese. http://www.danes.dk/
L.
Eva says
Ciao di nuovo! Vedo solo ora gli ultimi post di Barbara e Letizia: per qualche motivo il sistema non mi ha avvisato dei nuovi post: boh?!
@Barbara grazie anche a te per l’incoraggiamento: ce n’è un bisogno continuo! 😉 E’ verissimo che le filastrocche e le canzoni sono utilissime – e poi sono divertenti anche per i genitori! 😉 A proposito, se non la conosci già, ti segnalo questa splendida raccolta di 134 canti tradizionali “De små synger” (“I piccoli cantano”), libro e 2 cd: http://www.saxo.com/dk/series/de-smaa-synger.aspx Notevole l’arrangiamento musicale, un po’ jazz, proprio bello! Magari potremmo aiutare Letizia a mettere su qualche risorsa consigliata per il danese su BPG?
@Letizia la fonetica del danese è piuttosto complessa: penso che per un parlante italiano “domarla” metta in condizione di pronunciare praticamente qualunque fonema al mondo! 😉 La “d dolce” sarebbe una fricativa sonora aspirata (dh), diverso dal corrispondente suono sordo th, come nell’inglese “this”. Solo che – se non sbaglio – in inglese questo fonema è presente solo in combinazione con una vocale successiva di “appoggio”, mentre in danese si può trovare anche in finale di parola (“mad”, cibo) oppure raddoppiato in posizione intervocalica (“jeg hedder”, mi chiamo) – credo sia questo che lo renda più difficile da pronunciare.. ma sto diventando troppo tecnica, sorry..
last but not least, per tutte le mamme danesi in ascolto: c’è un’utilissima mailing list di genitori danesi in Italia, collegata ad una rete più ampia di genitori danesi all’estero – eccola qui: http://www.dk-mor-i-udlandet.com/mailinglisten/dk-mor-i-italien.htm
Barbara says
ciao Eva,
sì conosco il cd, hanno anche il libro di canzoni,mentre aspettavo ilprimo figlio lo ascoltavo spesso e anche dopo..invece la sera gli metto sù il cd di “lille Ole” con le canzoni della buonanotte ,
c’è anche il libro con i testi. A me personalmente è piaciuta molta la collezione di canzoni per bambini tradizionali rivisionata in versione moderna/jazz di ” AAH Abe” anche ai miei bimbi piace..
Riguardo alla d dolce con la mia insegnante di Danese di Londra, si rideva esi diceva che si riusciva a pronunciarla solo con una patata in bocca..non saprei se èvero, non ho mai provato!!Conosco il sito di Dk-mor i Italien,mio marito è un membro,anche se devo dire che dopo poco non l’ha più seguito, perchè si parlava più di temi personali che di bilinguismo o problemi relativi al trasferimento in italia, invece è molto carino il seguente sito: http://uk.groups.yahoo.com/group/tosprogede-boern/
che è simile a questo,si danno consigli sul bilinguismo e si affrontano problemi comuni!!
saluti e a presto,
Barbara
Alex says
Ciao Letizia, ciao a tutti !
Complimenti per il sito e grazie a voi tutti che con le vostre testimonianze mi avete rimesso le idee a posto. Stanotte, dopo settimane di smarrimento, credo di aver ritrovato la fiducia per trasmettere a mio figlio (che ha appena compiuto tre mesi) la mia madrelingua (l’italiano), che pero’ col tempo – per riprendere l’espressione di Eva – si è “arrugginita” poiché ho emigrato in Francia all’età di 6 anni e, anche se ho mantenuto un contatto stretto con la lingua (le vacanze dai nonni, poi gli studi all’università) e anche se alla fine sono diventato professore d’italiano, ormai da 8 anni non insegno più, lavoro all’estero e l’italiano sento che lo perdo.
Il fatto è che da settimane vedo che le parole mi vengono a stento e con mio figlio diventa un mix continuo tra francese e italiano. Ma a pensarci bene, non c’è niente di strano nel fatto di non (ri)trovare subito certe parole che non ho mai usato né sentito usare (la giostrina, la sdraietta…). Anzi, sta diventando un favoloso viaggio nel tempo perché ad un tratto tornano a galla certe cose di quando io ero bambino (anche se un po’ più grande di mio figlio, ovviamente), sbucate dall’inconscio, tipo “mi sono sbucciato il ginocchio” !
Mi preoccupa ancora un po’ la pronuncia (a volte mi impappino oppure sento che la mia bocca si è abituata a qulla posizione pigra semichiusa del francese), ma in fondo è come tornare in palestra dopo 8 anni senza esercizio ! Insomma, ho deciso che tanto il francese sarà già stradominante (a scuola, con gli amici e addirittura tra me e mia moglie), e sarebbe un peccato non offrirgli l’italiano con la scusa che sono – come tutti i prof e i linguisti – troppo perfezionista ! Quindi grazie e merci !
Ma a proposito, cosa c’entra col trilinguismo ? Già, mia moglie è ucraina, di madrelingua russa. A casa tra di noi parliamo russo (30%) e francese (70%). Lei col piccolo parla solo russo (beata lei che non ha avuto la minima esitazione). Cosa ne sarà dell’ucraino (ha fatto le superiori e l’università in ucraino) e soprattutto come dobbiamo, entro breve, gestire il russo e il francese tra di noi, di questo ancora dobbiamo parlare. Lascio fortunatamente da parte il bosniaco (viviamo a Sarajevo, ma solo per un anno ancora), perché altrimenti questo post non finisce più !
A presto,
Alex
Bilingue Per Gioco says
Alex,
che bello! Sono testimonianze come queste che mi danno la misura dell’utilità di ciò che faccio, anche in giorni in cui, come ora, mi sento completamente overwhelmed.
Andrà tutto benissimo!
L.
Isabella says
Da piccola capivo perfettamente il danese , andavo ogni anno a trovare i miei nonni vicino a Skibby, un piccolo paesino. Ho sempre vissuto in Sardegna ,dove abita la mia famiglia paterna. Mia madre non mi ha mai insegnato il danese ,anche se era il mio più grande desiderio.Ora ho 21 anni e sto cercando di imparare il danese da sola anche se so che è molto difficile senza un insegnante madrelingua. Purtroppo in sardegna non ci sono insegnanti , ho un amico danese che potrebbe aiutarmi ma abita nella penisola. Sono molto motivata a impararlo! Io ,per il mio carattere, mi sento danese e non sopporto per niente i modi di fare di certi italiani.
In seguito mi vorrò trasferire a Copenhagen o a Roskilde con il mio fidanzato.
Knus isa