Questa lettera viene da Claudia de La casa nella prateria, tempo fa ci ha raccontato di un bellissimo espediente da lei usato per dare vita alla seconda lingua, oggi invece condivide la difficoltà di fronteggiare i pregiudizi e i problemi dell’integrazione.
Ciao Letizia,
Come sai siamo una famiglia bilingue (del tipo “One Parent One Language“). Da ormai quattro anni viviamo in Francia ma io continuo a parlare in italiano con i bambini. Questo non ha mai rappresentato un problema, anzi.
Nel mio vagabondare ho conosciuto molte persone di origine italiana alle quali i genitori non hanno trasmesso la propria lingua. Ho sempre pensato che fosse un peccato e, a dire il vero, trovavo questa scelta anche poco intelligente: perché negare ai propri figli la possibilità di conoscere una lingua supplementare? Perché rinnegare così le proprie radici?
Io ho scelto di vivere in Francia e se è vero che mi sento sempre più radicata in questo Paese, sono fiera della mia italianità e voglio trasmetterla ai miei figli.
Ultimamente però mi è capitato di sentirmi a disagio nel parlare in italiano ai miei bambini. In vista del nostro prossimo trasloco ci troviamo attualmente in una sistemazione provvisoria in una località turistica della costa francese. In piena stagione estiva, gli abitanti del posto non sono necessariamente ben disposti verso i turisti. E qui viene il punto. Noi, che viviamo ormai ufficialmente qui (ok, non proprio qui, ma qui vicino), siamo automaticamente catalogati come turisti per il semplice fatto di parlare italiano. Mi è capitato, in alcune occasioni, di rivolgermi ai miei figli in francese per evitare di essere “discriminata”. O di rispondere ad una signora particolarmente acida “Non si preoccupi, non siamo stranieri, siamo solo bilingui!”.
Un’amica mi ha consigliato, per integrarmi meglio, di parlare in francese con i bambini quando andrò a prenderli a scuola, almeno per i primi tempi.
All’improvviso capisco gli emigrati che hanno rinnegato la loro lingua per sfuggire allo status di “stranieri”.
Conoscere due lingue, possedere due culture, è una ricchezza. Ma per via dei pregiudizi, molte persone si sentono costrette a rinunciare ad una parte della loro identità.
Questo ovviamente non è il mio caso. Sono convinta della mia scelta e intendo portarla avanti. Ma i miei figli, più avanti, cosa faranno? Rinunceranno all’italiano per sentirsi più “francesi”?
Claudia
Claudia,
il punto che sollevi è importantissimo, credo che sia uno dei principali motivi, se non il principale motivo, di abbandono delle lingue materne, soprattutto tra gli immigrati.
I bambini sono conformisti, non amano essere messi in luce, nemmeno per essere lodati, figuriamoci per essere derisi. Sono estremamente sensibili ai segnali su ciò che è cool, socialmente accettato, in particolare allo status di una lingua. Se colgono che una lingua ha uno status inferiore, e per di più non è necessaria per la vita quotidiana, facilmente l’abbandonano, con un ragionamento che per altro ha una sua logica ferrea, se non serve perchè fare la fatica?
Questo ci porta a due riflessioni.
Punto primo, se ci tieni che i tuoi figli continuino a parlare l’Italiano è importante che tu li aiuti a percepire che è una lingua con uno status elevato. Una lingua importante e amata. Come? Per esempio offrendo loro modelli ed esempi che vengono dalla tradizione Italiana (ti toccherà andare indietro nel tempo, oggi giorno c’è pochino di cui essere fieri, ma qualcosa c’è sempre…), mostrando l’eccellenza italiana in diversi ambiti (vedi sopra), coltivando il loro rapporto con persone Italiane che per loro significano molto (che facciano parte della vostra vita o che siano modelli di riferimento lontani, ma comunque reali) e soprattutto rifiutando gli atteggiamenti denigratori degli altri, cioè mostrando ai bambini come non curarsi (o farsi beffe, senza rischiare) dell’ignoranza altrui.
Non è facile, e come giustamente sottolinei molti emigrati affrontano questo problema. Ma se non è facile per te lo è ancora meno per i tuoi bambini, e quando tu rinunci a parlare la tua lingua dai loro un segnale forte su quanto la lingua sia importante e quanto valga la pena di difenderla. Tieni anche presente che la lingua è un’espressione della propria identità, rifiutando o vedendo rifiutata la propria lingua i bambini potrebbero rifiutare la propria identità Italiana, e questo alla lunga li rende più deboli, non più forti. Sto un po’ esagerando, mostrando le conseguenze estreme…
Punto secondo, se comunque i tuoi bambini dovessero decidere che non vogliono parlare l’Italiano (sempre guardando all’estremo), sappi che continuando a parlarlo tu stessa permetterai loro di continuare a coltivare il loro bilinguismo, cresceranno bilingui passivi, e potranno riappropriarsi della lingua in modo attivo quando vorranno.
Comunque non è detto che sia sempre così difficile, magari una volta finita l’estate e incominciata la scuola non verrete più catalogati come turisti e verrete automaticamente accettati come locali. Magari quando percepisci un po’ di diffidenza o ostilità puoi semplicemente rivolgere una frase carina nel tuo ottimo Francese alla persona in questione, spesso questo già basta a rompere il ghiaccio, se parli bene la lingua del posto è più facile accettarti anche se sei straniera soprattutto se ci metti il tuo bel sorriso, o ancora meglio quello disarmante dei tuoi bambini.
In conclusione non ti consiglio di fare una cosa o l’altra, alla fine è una tua scelta, ti consiglio però di decidere a mente fredda quello che vuoi fare, soppesando i pro e i contro e tenendo presente che presa una strada poi è difficile cambiarla (soprattutto se scegli di parlare in Francese come suggerisce la tua amica).
Che ne dici? Qualcuno ha esperienze simili da condividere?
L.
Immagine da A Journey Round my Skull
In pubblico che fare? ci sono piccole cose che si notano.
Tipo: due vecchie signore, che normalmente farebbero le feste ai bambini, dopo che mi sono rivolto a loro in italiano, manco li han guardati. Stessa cosa due anni fa su un aereo pieno di pensionati.
Sarò paranoico…
Coi giovani la situazione è diversa, sono naturalmente curiosi.
Comunque hai ragione con il tuo consiglio di rivolgersi agli estranei cortesemente, per rompere il ghiaccio.
Emanuele,
essere diversi non è mai facile, tanto vale abituarcisi e farci il callo, possibilmente con un sorriso e senza esacerbare la cosa.
Se possiamo (dipende molto dal carattere individuale) impariamo a conquistare chi inizialmente ci rifiuta a causa di un pregiudizio (appunto prendendo l’iniziativa in modo cortese e magari simpatico, volendo facendo capire che se proprio vogliamo la loro lingua la sappiamo parlare, non è mica colpa loro se parlano solo quella!), se no alziamo le spalle e andiamo per la nostra strada, se proprio nessuna di queste due soluzioni ci è congeniale adattiamoci.
La vita è piena di decisioni come queste, e a mio modesto parere imparare fin da piccoli ad andare per la propria strada senza temere i giudizi altrui è una grande lezione di vita, che forse un domani tornerà utile quando si tratterà di dire di no alle droghe che tanto usano tutti, rifiutare di entrare nella macchina di un amico che guida ubriaco, anche se gli altri sono già dentro, oppure prendere posizione nei confronti di comportamenti scorretti sul lavoro, nello sport o che so io che tutti accettano senza fiatare.
L’importante è ragionare sul perchè delle nostre scelte, capire se e perchè sono giuste per noi, cercare di capire il punto di vista degli altri (le vecchiette non sono cattive, è che non sanno cosa vuole dire crescere con due lingue) e avere l’orgoglio di essere fedeli a sè stessi.
Comunque in genere le persone non sono cattive, hanno solo paura di ciò che non conoscono, rivolgendoci a loro nella loro lingua, senza per questo smettere di parlare la nostra con i bambini, nella maggior parte dei casi il problema si risolve.
L.
Ciao Letizia!
Son contenta di ritrovarti, credo di aver avuto qualche problema si settings e ti ho persa per un po’.
Probabilmente noi siamo un caso fortunato, Morgan va in un Asilo in cui si parla solo tedesco (ma si canta anche in altre lingue) ma dove ci sono bambini di piu’ di dieci nazionalita’ diverse. Ed anche il nostro ameno paesello e’ un mix di tedeschi, piu’ una nutrita frazione di nazionalita’ varie dovuto alla vicinanza del centro di ricerca in cui lavoriamo, ma non solo.
Siamo ancora lontani dal doverci confrontare coi problemi della scuola (se non ricordo male i bimbi di Claudia sono gia’ alle elementari) anche se ci stiamo gia’ preoccupando della scelta (bilingue o tedesca?).
D’altro canto i tedeschi hanno un atteggiamento molto positivo nei confronti del tentativo (il mio sempre maldestro) di parlare la loro lingua, specialmente se scoprono che sei italiano e possono a loro volta farti vedere che l’italiano lo hanno imparato anche loro-in vacanza-;)))
Come dire, finora non ho mai avuto esperienze negative dovute al fatto che non siamo tedeschi, o forse non me ne sono accorta, che potrebbe anche essere possibile…
Ciao,
Paola
Ciao Paola,
ben ritrovata! Sicuramente il fatto che vivete e lavorate in un centro di ricerca internazionale (capito che soggetti?) aiuta molto, però devo essere sincera, anche io che vivo a Verona (che non brilla per apertura mentale) finora non posso dire di aver mai avuto nessun problema, però non so, se mi metto a pensarci magari riaffiora il ricordo di aver osservato qualche occhiata storta, ma non so più nè dove nè come nè quando. Mi scivolano completamente addosso queste cose, nemmeno me ne accorgo, sinceramente non ci penso più un secondo dopo che sono successe.
Ma mi sto preparando, con la scuola forse le cose cambieranno, magari non saranno più occhiate ma commenti acidi, più difficili da ignorare. Vedremo. Intanto a settembre inizia la materna, e vediamo come va…
Comunque, tornando ai tuoi tedeschi. Mi è venuta in mente una ragazza che conoscevo anni fa, quando vivevo a Berlino. Per lei l’Italia era il paese delle vacanze con i genitori, e indovina cosa mi ha menzionato come quintessenza dell’Italia? I biscotti Krumiri… C’è ben di peggio….
L.
ciao claudia ci siamo incorociate già sul web qualche tempo fa appena avevo aperto uno virgola due. e mi fa piacere incontrarti qui. come sai anche noi siamo stati in francia per un pò. e i francesi devo dire non sono proprio un popolo da premio simpatia. però loro secondo me hanno un senso di inferiorità nei confronti di chi parla più lingue.
ti porto due esempi di amiche care che vivono a parigi. una francese di madre, ma nata e cresciuta in italia, bilingue dala nascita, tornata a parigi da grande, è sposata con un francese e ha tre bimbi. lei con i suoi bimbi parla solo ed esclusivamente in italiano perchè vuole assolutamente che i bambini lo imparino come madrelingua. e suo marito francese fa passi da gigante nell’apprenderlo per non essere tagliato fuori. un’altra amica italianissima si è trasferita lì da quando ha diciotto anni. ora ne ha 38 ha un figlio di dieci avuto con un uomo francese. il bambino nato e cresciuto a parigi è a tutti gli effetti francese. ma lui nel suo italiano perfetto da madrelingua ti dice, io non sono francese io sono italiano! che fa una tenerezza incredibile.
io credo che alla fine gli stupidi esistano un pò ovunque (anche se in certi posti di più) ma non è vero che la diversità è sempre fonte di ostracismo. molte volte la diversità suscita curiosità, domande, e voglia di conoscere.
Io vivo vicino Los Angeles , non ho mai veramente avuto problemi perche’ parlavo italiano con i miei figli. Devo anche dire che non mi e’ mai neanche interessato quello che la gente pensava. Per fortuna a scuola tutte le insegnanti dei mie figli sono state molto aperte all’idea del bilinguismo. Comunque le poche volte che e’ successo che mia figlia si e’ sentita “diversa” io le ho sempre risposto che se non impara l’italiano non potra’ parlare con i nonni. Questo per noi funziona meglio che parlare di quanto e’ bella l’Italia o cose cosi’. Perche’ anche se in Italia ci andiamo quello che le mie piccole capiscono di piu’ e’ l’amore dei nonni.
Grazie per le vostre testimonianze. Ovviamente l’idea di abbandonare l’italiano non mi ha mai sfiorata neanche lontanamente. E ovviamente gli episodi sgradevoli sono in netta minoranza rispetto a chi si complimenta con noi per questa scelta. Ma ci sono giorni in cui l’ignoranza altrui è più difficile da sopportare…
Ho l’impressione che ci siano lingue più o meno “accettate” e posti più o meno “tolleranti”, ma che dipenda molto dal contesto economico-sociale. Noi forse siamo un caso fortunato: biligui italo-spagnoli, viviamo in Italia. In generale chi ci sente parlare spagnolo è incuriosito, attratto, la reazione più frequente è “beati loro che parleranno anche spagnolo!”. Credo abbia a che fare anche con l’autostima degli italiani come “nazione” che forse in alcuni casi scarseggia (mentre i francesi in questo forse esagerano addirittura!) e con la simpatia che suscita attualmente presso di noi la Spagna (uno dei commenti più gettonati che ci rivolgono è “ma perchè non ve andate a vivere in Spagna?”). Ma non credo sia una questione di tolleranza, piuttosto di contingenza: gli stessi italiani, forse se ci sentissero parlare gitano non avrebbero la stessa reazione…Ma il bilinguismo è comunque e sempre una ricchezza a cui è un delitto rinunciare.
ele, trovo il tuo commento giustissimo e mi trovi super d’accordo. in questo i francesi sono molto snob ma davvero noi italiani potremmo essere la stessa cosa nei confronti di lingue ecco appunto meno accettate. forse negli stati uniti di un secolo fa l’italiano sarebbe stato molto meno chic di quanto lo è ora. adesso se sei italiano negli stati uniti ti adorano. ovviamente. credo questo sia davvero il punto della questione.
Nel mio caso il “pregiudizio” arriva da dentro la famiglia. Io e Giovanni parliamo francese sempre e in qualsiasi situazione e devo dire che non abbiamo mai avuto se non commenti gentili e velati di un’invidia positiva per il bilinguismo di Giovanni. Anche mio marito aiuta e supporta il nostro bilinguismo familiare, tranne alcune eccezioni: quando vogliamo andare a mangiare al ristorante a Roma, dove praticamente viviamo o in altre città turistiche secondo lui se parliamo francese ci rifilano schifezze da mangiare e ci fanno lievitare il conto considerandoci come turisti! Per buona pace familiare evito di rivolgere la parola a Giovanni prima di aver scambiato almeno due parole ITALIANISSIME con il personale. Anche quando siamo andati in questura a richiedere il passaporto secondo lui dovevamo stare muti o parlare tutti italiano! In quel caso non me lo sono proprio filato e abbiamo così scoperto che il poliziotto addetto al rilascio aveva parenti in Francia e rimpiangeva molto di non saper parlare bene la lingua. Ogni volta mio marito ammette che ha esagerato e si fa vanto che suo figlio sia bilingue e per il momento Giovanni non sembra aver mai colto le sue “raccomandazioni” se non come “le simpatiche sciocchezze che babbo dice ogni tanto” ma magari prima o poi le considererà in modo diverso…