Che confusione di lingue, ma sarà così anche per i miei figli?
Letizia,
volevo chiederti/vi: il grande ha iniziato la scuola elementare l’anno scorso e molte volte mi sono trovata in dubbio: non mi ricordavo come si diceva questo o quello in Italiano, e viene da pensare…è la mia lingua, non dovrei avere certi dubbi…poi molte volte mi ritrovo a fare le frasi in Italiano ma con la struttura inglese, es… L’altro giorno una persona mi ha detto: non ti dico cosa ho fatto, sennò chissà cosa pensi di me, ed io:provami (try me), che suona male in Italiano… Succede anche a voi??
Devo aggiungere, che a casa si parla in prevalenza Danese e si vedono i film in Inglese, poi avendo un B&B parlo spesso Tedesco con i clienti..perciò ho un caos in testa!!
Viene naturale da chiedersi:
Sarà così anche per i miei figli??
D’altro canto ho letto che i bambini fino ai 5 anni imparano le lingue in un’altra parte del cervello, e pertanto non dovrebbero fare questo caos…aspetto tuoi/vostri feedback (tanto per tornare al punto di partenza!!)…
Saluti,
Barbara
Barbara,
quando tu mescoli le lingue, o usi una parola Inglese in una frase Italiana, fai Code Switching. Ora gli esperti insistono che il code Switching non è sinonimo di confusione, ma di grande perizia (un po’ come i critici che dicono non è che i cubisti non sapessero disegnare, è che andavano oltre il disegno. Prima che mi diate dell’ignorante, a me l’arte moderna interessa, non dico che mi piace sempre ma mi interessa).
Quindi quando fai Code Switching in realtà tu useresti la tua ottima conoscenza di entrambe, o tutte e tre, le lingue per usarle nella stessa frase senza per questo contravvenire alle regole grammaticali di nessuna. Un bel gioco di equilibrismo a pensarci.
Ora, so bene anche io che la sensazione non è sempre quella di un’estrema perizia in entrambe le lingue ma quella del mi manca la parola, che è molto meno glamour. Ma forse è solo una questione di bicchieri mezzi pieni e mezzi vuoti.
Un ruolo sicuramente lo gioca il fatto che le lingue apprese in età adulta vengo effettivamente … posso dire stored? … ecco vengono stored in una parte diversa del cervello, cioè nella memoria esplicita, al contrario della lingua madre che viene memorizzata nella memoria implicita, la memoria che viene utilizzata in modo del tutto automatico.
Certo questo non spiegherebbe a priori perchè dovrebbe saltarmi fuori una parola della seconda lingua invece che una parola nella prima lingua, quella che dovrebbe essere più automatica. Mi sa che tocca dar ragione agli esperti. Non perchè ci manca davvero l’espressione nella prima lingua, ma perchè sappiamo che l’espressione nella seconda lingua è molto più efficace di qualsiasi altra espressione nella prima.
Esempio. Prima, scrivendo la frase sopra, mi sono incagliata, mi veniva solo la parola stored, non trovavo un equivalente italiano. Apparentemente. In realtà sapevo benissimo che l’equivalente sarebbe stato immagazzinare, conservare, ma rifiutavo queste parole perchè non hanno l’accezione, il significato specifico di to store. Non è che non mi veniva il termine giusto in italiano, è che in Italiano non c’è un termine con le esatte specifiche sfumature di to store.
Altro esempio. “Try me” è un’espressione che ha una sua accezione specifica, difficile da rendere con un prova, c’è più sfida in un try me, è diverso, ed evidentemente più adatto a comunicare il tuo stato d’animo in quel momento. Rimane da capire perchè tu l’abbia tradotto in italiano invece di dire Try me, secondo me perchè ti autoinibisci dal parlare Inglese con Italiani, ma questa è pura speculazione…
Quindi, appurato che sembra che tu abbia caos in testa mentre in realtà hai un’ordine elogiabile, che ne sarà dei tuoi figli?
Loro hanno memorizzato entrambe le due lingue come noi la madrelingua, nella memoria implicita, automatica. Hanno cioè due lingue madre. Non solo, questo significa che per parlare entrambe le lingue loro non devono attivare tutto il cervello a tutta potenza, cosa che invece succede a noi bilingui tardivi, loro fanno tutto in regime di bassi consumi, è tutto facile, tutto spontaneo.
Questo non significa che da piccoli non facciano code mixing, che è diverso dal code switching, vedi qui perchè, e che comunque i tuoi hanno probabilmente già superato. Nè significa che non faranno code switching in futuro, ma ancora una volta questo sarà un sintomo non di confusione, ma di ordine e estrema precisione.
Consoliamoci così, col nostro bicchiere mezzo pieno.
Ho cercato di sintetizzare e semplificare al massimo, ma se il tema davvero ti interessa puoi approfondire con questo libro davvero interessante: “Neuropedagogia delle lingue” di Fabbro. Let me know…
Comunque, per chiudere, io ho un nome tutto mio per questa cosa. I cassetti. Non ridete, tanto so che riderete lo stesso, ma io ho la sensazione fisica di avere dei cassetti in testa, e a volte mi sembra proprio di non trovare più il cassetto giusto e di mettermi ad aprirli tutti, a fare lo scanning del cervello alla ricerca della lingua che mi serve. Questo faccio quando so di dover passare ad una lingua, magari non l’Inglese, una che parlo meno spesso e meno bene. Mi prendo un attimo per trovare il cassetto giusto, è una frazione di secondo eh! ma se non ho quella frazione di secondo, mi perdo nel labirinto delle mie sinapsi! Un cervello rubato alla scienza il mio! Chissà che cavia sarei stata….
Immagine da A Journey Round My Skull
E ora la notiziona, finalmente anche io partecipo al blogstorming! Visto che questo mese su Genitori Crescono si parla di linguaggio ho l’occasione di partecipare a questo bel progetto, e by the way, ho anche pubblicato un guestpost su Genitori Crescono, dal titolo, originalissimo e inatteso: “Crescere un bambino bilingue si può”.
alice says
ciao Barbara.
La mia esperienza di “confusione” o code-switching per usare un termine tecnico e’…. proprio questa: in Italiano certe volte non esiste un termine cosi incisivo e ricco di significato come in Inglese.
Ad esempio a Letizia e’ successo con STORED, a me proprio oggi con COMMITMENT.. addirittura parlando con mio fratello (tutti e due palleggiamo Ita-Eng-Esp) lui e’ riuscito ad uscirsene con la frase:
“dobbiamo mergere i due prospetti altrimenti el contador non ci capira’ niente”
Mergere perche’ “To merge” ha un signiifcato diverso da “unire” e “El Contador” perche’ si parlava di un contabile Messicano.
Non dico altro! Ci siamo messi a ridere tutti e due!
comunque, secondo me non c’e’ niente di male, in fondo le lingue sono strumenti per comunicare, no?
Bilingue Per Gioco says
Attenzione però, è vero che l’Inglese è una lingua molto ricca di sfumature, ma esistono anche parole Italiane che non trovano corrispondente in Inglese.
Una per tutte: Bravo!
Ora ho capito perchè in tutte le lingue a teatro dicono Bravo, o magari Bravò, o Bravoooh. Perchè non è traducibile nel suo pieno significato. Incredibile eh? Una parola così semplice…
L.
Emanuele says
“sappiamo che l’espressione nella seconda lingua è molto più efficace di qualsiasi altra espressione nella prima.”
Questo è il punto, l’espressività di ogni lingua è specifica. Per esempio trovo difficilissimo tradurre le favole dei bambini ‘on the fly’ perché sono così ricche di espressioni. E spesso ci pensi ma l’espressione equivalente in italiano non la trovi e allora devi fare dei giri di parole, che suonano innaturali, noiosi e fanno perdere il ritmo.
Questo mi fa apprezzare tantissimo il lavoro certosino dei traduttori. A volte, sentendo o leggendo l’italiano, riaffiora il texture inglese che c’è sotto. Si capisce come certe espressioni siano state importate e adattate, se non tradotte, con risultati interessanti.
La stessa cosa capita oggi, ma in misura molto minore, da altre lingue verso l’inglese.
Barbara says
Grazie Letizia,
il tuo commento mi è stato utile!! Ogni giorno di capitano cose di questo genere, e non solo in Inglese, per esempio l’altro giorno volevo dire a mia madre di come mi fosse piaciuto stare con i bambini l’altro giorno,che era “hyggeligt”, termine Danese, che non ha corrispondenti in Italiano, in inglese lo tradurresti come “cosy”, ma non ha proprio lo stesso significato ( e mi veniva di scrivere meaning), anyway.. pensando l’altro giorno appunto a cosa ti avevo scritto, ho realizzato, che parlo senza pensare a che lingua parlo,esce quello che esce, almeno che , come nel caso del “try me” penso che la persona di fronte non capirrebbe ciò che le sto dicendo.
Il problema al momento è che la piccolina sta parlando sempre più in Italiano con noi e non in Danese, e a volte senza pensarci le rispondo in automatico in italiano, mentre dovrei essere più ” consistent” in risponderle in Danese. Mi stupisce poi che i maschietti che sono più grandi non abbiano mai avuto tali problemi, anzi..nonostante abbiamo vissuto con i miei i primi anni,invece lei sì. Avevo sempre pensato inoltre che le bambine fossero più brave a parlare la lingua che viene parlata in casa, ma a questo punto ho i miei dubbi..
Grazie comunque!!
P.S. per le Danesi in ascolto, ho letto sull’ ultima pubblicazione di “DANES”,il giornale di Danes worldwide, un articolo di una psicologa,Mette Naybergs, che risponde a domande e dubbi sul bilinguismo, avendo lei provato sulla sua pelle l’esperienza di crescere bimbi bilingui e di vivere all’ estero. Hanno articoli molto carini, ce n’era un’ altro anche sull’humor, che è proprio una questione di cultura..
Barbara says
Grazie infinite anche ad Alice ed Emanuele!!
Emanuele Ziglioli says
Ma prego! sai che ci stiamo gustando i film in danese? l’ultimo che abbiamo visto, ‘After The Wedding’, ci è piaciuto un casino. Skål!!
Eva says
(scrivo questo commento mentre faccio una pausa dalla traduzione dal danese all’inglese di un articolo su Strindberg, con inserti in svedese… più code-switching di così?!)
Anche io penso che il code-switching sia una cosa normale per chi vive il bilinguismo nella propria quotidianità.. e vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto dipende dal parlante, da come si sente, dalla situazione, dalle persone con cui parla.. con alcune ti fai una risata per una frase particolarmente “frullata”, con altre magari ti senti in imbarazzo..
Verissima la questione della diversa espressività di ciascuna lingua. Mio marito è stato “costretto” ad imparare una serie di parole-chiave in siciliano e in danese, perché l’italiano e l’inglese non bastavano!! Il che ovviamente non mi risparmia qualche battuta bonaria della serie “ma come parli?” 😉
Penso che il fenomeno del code-switching, relativo al singolo parlante, si possa in fondo paragonare a quello che avviene a livello macroscopico tra le lingue, con i prestiti e i calchi linguistici. Perché una lingua presta a un’altra una parola, un’espressione, un modo di dire? Per un sacco di buone ragioni.. tra cui evidentemente che quella cosa lì si poteva dire al meglio proprio con quella parola lì, e non con altre. A me piace vedere il bicchiere mezzo pieno. 🙂
Emanuele says
Practical example di code switching: proprio stasera Alice (due anni a Febbraio) si stava gustando un ovetto alla coq. Il portauovo è a forma di gallina. Lei mi guarda un attimo e poi dice seria: eggy cavallo cocò!
Emanuele says
oops, dovevo dire ‘code mixing’ ma i post li leggo bene solo dopo aver commnetato ;-P
Barbara says
Vedo che non sono sola..mi fa piacere!! La mia migliore amica a casa parlava tedesco con i suoi e quando la sentivi parlare con i suoi fratelli era da morire dal ridere, perchè parlava tedesco e poi infilava una parola in Italiano qua e là..I miei bimbi per esempio parlando delle lumache senza casetta, fanno la frase in Danese e il nome (della lumaca) in friulano..forti!!
Per Emanuele: i film Danesi sono molto interessanti, hanno un humor, diverso dal nostro, forse più simile all’ inglese e sono molto ironici.. “skaal” significa cin cin..
Ciao e buona notte..
P.S. certo che Alice inizia presto!! Notte..
Anna says
Riporto la mia esperienza: il figlio di un’amica che vive a Londra ha padre inglese, madre italiana e frequenta la scuola francese. A 7 anni parlava correttamente le 3 lingue passando da una all’altra senza alcun problema. Un giorno mi porta nella sua camera per farmi e mi chiede se voglio fare un gioco con lui. GUardo l’orologio per vedere quanto tempo avevo a disposizione e lui commenta in italiano: “dai! Non prende molto tempo”. Nella sua mente ha utilizzato la forma inglese parlando in italiano. E’ stato un caso isolato, ma mi è rimasto impresso. Penso che possa succedere, ma non mi sembra un problema. Anzi la trovo, così come nel caso di Barbara, una nota simpatica!
Manuela says
Leggo solo oggi questo interessantissimo contributo e trovo finalmente la definizione di ciò che mi succede da quattro anni a questa parte e che spero applichi presto anche Filippo, il mio bimbo di 14 mesi…scoprire che il code switching (nel mio caso Italiano – Neerlandese) non equivale a pigrizia ma a perizia mi da un’iniezione di autostima! Grazie!