Cara Letizia,
stavo cercando informazioni sul bilinguismo e sono finita sul tuo sito, effettivamente mi sta aiutando molto nella mia nuova sfida.
Sono figlia di un italiano e di un’olandese poliglotta; sono nata in Italia imparando l’italiano scorretto di mia mamma e sfortunatamente nessuna delle altre lingue. Ma fin dalla tenera età ho viaggiato molto con la mia famiglia visitando in vari paesi d’Europa la mia famiglia sparsa qua e là e ora vivo in Israele. Sono stata quindi sottoposta all’ascolto di molte lingue che ho imparato a scuola negli anni successivi. Con poche difficoltà devo dire.
All’età di 19 anni parlavo correttamente 4 lingue; mi sono trasferita a Londra, in seguito in Messico e tornata in Italia ho cominciato a studiare il portoghese.
Con ognuna delle lingue ho un rapporto diverso; l’inglese è sempre rimasta la lingua con la quale ho comunicato maggiormente in tutti i lavori che ho fatto e negli studi universitari; il francese è una lingua che leggo volentieri ogni qual volta mi si prospetta un’occasione; lo spagnolo è una lingua che mi piace ascoltare e leggere; il portoghese rimane per il momento ristretto alla musica e sfortunatamente il tedesco è la lingua che ho perso. Riesco ancora a comunicare ma generalmente non la menziono più come una delle lingue che conosco.
Da un paio di anni vivo con una certa irregolarità in Israele. Ho studiato per 6 mesi in una scuola per avere una certa base grammaticale e imparare a leggere e scrivere e adesso riesco a capire molto nelle conversazioni che ascolto, leggo con una certa difficoltà ma ancora mi esprimo poco.
Questo lungo preambolo è stato necessario per parlare di L., il mio bambino. Lui ha 4 mesi e mi sto chiedendo come procedere nella sua educazione linguistica. L’idea primaria era che io avrei parlato italiano, il mio compagno in ebraico e lui passivamente avrebbe imparato l’inglese che è ancora la lingua con la quale comunichiamo in casa. In realtà facciamo un mix delle tre lingue ma ci stiamo sforzando di non farlo.
La domanda che vorrei porvi è la seguente: ritenete necessario che io insegni l’inglese a L., o semplicemente devo lasciare che lui lo assimili dall’ascolto della nostra vita quotidiana?
Oppure dovrei sforzarmi di indirizzare la nostra vita quotidiana verso l’italiano, che il mio compagno parla, un po’ zoppicante.
Ha letto il consiglio di dedicare un momento durante la giornata alla seconda lingua, un’ora in cui poter giocare e cantare in inglese.
Penso che questo possa giovare sicuramente a L. ma ho paura che dovrei solo focalizzarmi sull’italiano essendo la lingua minoritaria che ascolta soltanto da me.
Sono confusa e vorrei molto aiutarlo ad essere predisposto per le lingue, per poterne imparare in seguito altre, soprattutto l’arabo, lingua fondamentale nel Medio Oriente.
La mia confusione nasce anche dalle mie aspettative, che a volte penso di non dover avere e lasciare semplicemente che lui scelga le sua predisposizioni.
Quanto dobbiamo introdurre nella vita dei nostri figli e pensare al loro futuro?
Rileggendo la mia e-mail mi sono resa conto che ho omesso il fatto che non vorrei incappare nell’errore di mia mamma. Lei non mi ha mai insegnato l’olandese essendo lei sola a parlarlo e per difficoltà logistiche ha preferito parlarmi sempre in italiano (la lingua che si usava in casa).Grazie della vostra attenzione!
n.
Natalie,
dici bene, quanto dobbiamo strutturare le vite dei nostri figli? E’ legittimo programmare il numero di lingue che dovranno imparare e avere aspettative a riguardo?
Secondo me, la risposta è se non no, poco.
Mi spiego, è giusto, e lungimirante, introdurre le lingue nella vita dei bambini fin dalla tenera età, ma solo se riusciamo a farlo senza sconvolgere la nostra vita e la loro, se diventa un peso, una complicazione qualcosa non va.
Nel vostro caso quindi, io ti consiglio di fare le cose con totale naturalezza. Il papà parla ebraico? Bene che lo parli al bambino. La mamma parla Italiano? Bene che lo parli al bambino. Rimane da capire quale lingua dovrebbero parlare i genitori tra di loro, e secondo me questo non va deciso in base alle lingue che si vogliono insegnare la bambino, ma in base alle vostre esigenze di comunicazione. In quale lingua vi volete bene? In quale lingua vi arrabbiate e fate la lista della spesa? Ecco usate quella.
Se questa lingua è l’Inglese, il bambino assimilerà passivamente l’Inglese. Se è l’Italiano o l’Ebraico l’apprendimento di questa lingua ne sarà rinforzato, e va bene, è l’espressione di chi voi siete, della vostra famiglia. La perfezione non esiste, non inseguiamola.
Unico consiglio, sia tu che il tuo compagno tenete viva la vostra lingua parlandola sempre con il bambino, eviterai così di fare l’errore di tua madre. L’idea di dedicare un’oretta (o meno) al giorno alla seconda lingua ha senso per chi introduce una lingua straniera, non per te, che hai come lingua madre una lingua minoritaria.
Altro consiglio sarebbe quello di evitare di saltare da una lingua all’altra quando parlate tra di voi, ma è un consiglio da prendere con le pinze, se il vostro modo di comunicare è trilingue siate trilingui, cercate solo di essere consistent quando vi rivolgete al bambino, sempre nella vostra lingua.
E se questo significa che c’è poca esposizione all’Inglese? Che fare? Nulla. Il bambino ha 4 mesi, ne ha di tempo per imparare l’Inglese, e ancora non ho conosciuto un Israeliano che non parli un buon Inglese, magari con un accento, ma buono. Per ora crescete il bambino bilingue nelle lingue che sono per voi naturali, le altre si introdurranno a tempo debito, che sia a 3, a 6 o a 20 anni. Ora dovete solo mettere delle basi solide.
Spero di averti risposto. Ora ho io una curiosità. Quando non vivi in Israele dove vivi? E come si fa a vivere con “irregolarità” in Israele? Che fate nella vita? Quanto sono curiosa, scusa, ma c’è una parte di me che sogna il nomadismo, e le vite nomadi mi affascinano.
Ciao,
L.
Immagine da A Journey Round My Skull (di un illustratore Israeliano)
Daniela says
Trovo fantastico questo sito, ogni volta che leggo una lettera ci trovo sempre qualcosa, per piccola che sia, con cui fare un parallelo con la mia vita.
Mi piace molto la tua risposta Letizia, te lo volevo dire!
lisa says
Concordo!!!:-D
Barava Leti per le domande, anche io sono super curiosa di conoscere la vita della nostra Natalie!!
Natalie says
Salve,
grazie per la risposta, per gli spunti e per le sfide …. Io e Gad ci siamo incontrati 9 anni fa nel nostro viaggio in Messico; in vari luoghi e momenti diversi, ci siamo incontrati a volte per caso, a volte di prepotenza. Una passione e un amore che ci consumava. L’ultima volta che ci siamo visti eravamo sul confine con il Guatemala, io ho percorso qualche km nella jungla in una direzione e lui ha attraversato il fiume nell’altra.
Negli anni che si sono susseguiti abbiamo continuato a tenerci in contatto, ognuno in preda alle proprie metamorfosi, lavoro, casa, università, fidanzati, viaggi. Poco più di due anni fa abbiamo deciso di incontrarci di nuovo in Sicilia dove mi sarei trovata per una Summer School di Chimica Ambientale in Inglese. E’ stato bellissimo e indescrivibile. Tre giorni e ci siamo promessi amore eterno.
In seguito è venuto a trovarmi fra le belle colline toscane per una settimana e durante l’inverno, mentre terminavo di scrivere la mia tesi, preparavo il mio viaggio in Israele, un viaggio di scoperta, per capire se la mia era una delle solite follie romantiche o se sarebbe stato possibile. Quando sono arrivata c’era la guerra e la mia prima visita mi ha sconvolta, ha messo a repentaglio le mie certezze, perchè in fondo chi siamo senza le cose che ci appartengono? Siamo noi, ecco la verità, siamo noi senza maschera, a pelle nuda sotto il sole. E non è stato facile, ma ho deciso che volevo di più.
La mia prima visita fu una vacanza nomade fra il deserto e le sue meraviglie, in questa terra santa e pericolosa. Quando decisi che sì, volevo provare a stare qua, a lavorare, a studiare, a chiedere il permesso di soggiorno fu una decisione sofferta e difficile, ma felice.
Sono tornata in Toscana per un paio di mesi a sbrigare faccende burocratiche, impacchettare la mia vita, liberare la mia Torre, fare qualche lavoretto qua e là e ripartire. Ho studiato ebraico e lavorato vagamente senza permesso per una paio di mesi a Tel Aviv e non appena ho avuto il permesso ho cercato seriamente qualcosa.
Ma poco dopo sono rimasta incinta e sono ripartita per l’Italia per dare la lieta notizia. Mi son fermata in Italia giusto il tempo per assaporare l’autunno e al mio ritorno ho trovato lavoro come insegnante di italiano presso l’Istituto di Cultura Italiana a Tel Aviv e anche privatamente.
Un paio di mesi prima di partorire ho ripreso l’aereo; volevo che mio figlio nascesse in Italia e avevo una mezza idea di tornare a vivere qua. Questo significa “vivere con una certe irregolarità in Israele”.
Così, per l’ennesima volta, ho fatto un trasloco, questa volta a casa di mia mamma, una casa dove non avevo mai vissuto. Dopo tre settimane dalla nascita di L. ho cominciato a lavorare in un agriturismo come welcomer di stranieri. Sapere molte lingue ha sempre i suoi lati inaspettati ….
Quando L. aveva due mesi ho ricevuto una e-mail da Israele dove mi si diceva che avevo vinto una borsa di studio e un posto come ricercatrice per due anni nell’Università Dei Miei Sogni nel Deserto. Altro trasloco prima a Tel Aviv dai nonni di L. e poi, dopo aver trovato una piccola casa deliziosa nel kibbutz, ennesimo trasloco nel deserto.
Adesso siamo qua e fra una settimana comincio il mio studio/lavoro.
E’ stata una gravidanza impegnativa, per via degli aerei e della vaghezza continentale, come la chiamo io. Neppure i primi mesi sono stati semplici, per via che eravamo sempre “ospiti” a casa di qualcun’altro. Ma ringrazio tutti per l’aiuto, l’appoggio e quant’altro.
Adesso siamo felici. Siamo noi tre, insieme.
Vorrei dire che conoscere qualche lingua mi ha dato la possibilità di fare molte cose nella vita, di viaggiare, di fermarmi, di cercare un lavoro, di aprire la mia mente a tante esperienze, di conoscere tante persone che mi hanno aiutato a crescere. Quando penso al mio bimbo, credo che vorrei dargli le stesse possibilità, perchè conoscere più di una lingua significa dare la possibilità al nostro cervello di percorrere strade diverse per completare lo stesso pensiero.
Sono molto convinta nel voler insegnare l’italiano e il mio compagno l’ebraico. Soltanto che noi comunichiamo maggiormente in inglese, che è la lingua in cui ci siamo conosciuti e amati.
Entrambi vogliamo approfondire la lingua dell’altro per conoscerci meglio, ma abbiamo rimandato tutto questo a fra qualche anno, quando magari sarà L. ad insegnarci le nostre lingue.
Fin dall’inizio abbiamo pensato che l’inglese lo avrebbe imparato passivamente, questo era il pensiero istintivo …. Solo che leggendo le vostre esperienze mi sono posta molte domande.
Grazie ancora e buona fortuna a tutte noi. Comunicare è fondamentale per rendere questo mondo un luogo migliore, se questo è quello che possiamo dare ai nostri figli, dovremmo essere molto orgogliose di noi.
Bilingue Per Gioco says
Nat,
se qualcuno ti chiede i diritti della tua storia per farne un film ricordati di far inserire Bilingue per Gioco nella sceneggiatura!
Oh mamma mia… che invidia. Sana eh! ma sempre invidia…
All the best!
L.
Yael says
Ovviamente, non potevo non commentare (anche se e’ un periodo veramente difficile sul lavoro)… Solo che nel caso nostro siamo in Italia e io sono l’israeliana (con l’ebraico come lingua minoritaria).
Anche io e mio marito ci siamo spesso chiesti se fosse il caso di ricominciare a parlare tra noi in inglese (che e’ stata la nostra prima lingua di comunicazione – per poi cambiare in italiano, per aiutarmi ad imparare l’italiano) per introdurre questa terza lingua in famiglia. Tuttavia, sebbene era la nostra prima lingua, la lingua nella quale ci siamo innamorati, non siamo riusciti “to flow” tranquilli in inglese. Non piu’. L’abbiamo perso. Ogni tanto ci riproviamo, ma non ci viene naturale e poi, G. (33 mesi) esige una traduzione (ce lo chiede in tutte e due le lingue!!). Quindi, sono d’accordo anche io con Letizia. Dovete fare una scelta che vi e’ naturale. Senza forzature.
Poi, per l’inglese, se siete in Israele, anche io non mi preoccuperei più di tanto. Se non mi sbaglio, il livello dell’insegnamento a scuola e’ ancora molto alto (fatto spesso da madrelingua). In molte scuole esiste proprio una classe separata (per le lezioni di inglese) per bambini che hanno un buon livello gia’ da casa. Insomma, niente a che fare con la situazione italiana…. Poi, con il fatto che non c’e’ il doppiaggio, l’esposizione all’inglese e’ praticamente costante.
Spero di essere stata un po’ d’aiuto….
Harbeh beHatzlacha baKol!!
Yael
Alessandra says
Ciao Natalie,
sono in una situazione molto simile alla tua, con la sola ‘piccola’ differenza che non sono incinta. Sto pensando di trasferirmi in Israele dove ho trovato l’amore e dove mi piacerebbe cominiciare una nuova avventura. Pensavo che potessi rimanere permamentemente in Israele solo con un permesso di lavoro, invece leggendo il tuo commento dici che hai richiesto e poi ricevuto un permesso di soggiorno. Mi dici come è possibile farlo, quali sono i vincoli, a chi hai fatto la richiesta.
Grazie
Alice