Ecco una famiglia con tante idee creative per far entrare l’Inglese nel quotidiano, e se fossero troppe?
Ciao, premesso che il livello d’inglese mio e di mio marito non è altissimo, abbiamo avuto difficoltà a trovare un metodo adatto a noi, perchè non riusciamo a sostenere un discorso complesso in inglese.
Ora forse abbiamo trovato qualcosa che si adatti a noi. Ogni sera, prima di cena, la mamma propone un gioco da fare in inglese con E. e papà.
Esempio: mamma legge una storia in inglese e papà ed E. interpretano i personaggi. Altro gioco papà ordina azioni semplici (seduti, correre etc.. ) e mamma ed E. eseguono.
Papà nasconde un oggetto e descrive e mamma ed E. devono indovinare.
In realtà il gioco che diverte di più E. è quando mettiamo i CD delle action songs ed io e lei le balliamo eseguendo i comandi l’una di fronte all’altra.
Inoltre, abbiamo detto ad E. (2 anni e mezzo) che la sorellina di 6 mesi, non parla ancora perchè è inglese e non ci capisce, quindi con lei dobbiamo parlarle in inglese. Così E. per rivolgersi a sua sorella mi chiede di tradurre. Avendo solo 6 mesi, ( per mia fortuna!) non è necessario un vocabolario molto sofisticato e quindi anche per E. è semplice ripetere ciò che dico. Però se lei non ripete spontaneamente, io non glielo chiedo.
Siamo andate avanti così per circa 10 gg( davvero pochini!!!:-(( ) poi E.a iniziato a manifestare il suo malessere per il giochino serale e mi chiede di parlare in italiano. Siamo ad un punto di stallo, il tempo di esposizione alla lingua minoritaria si riduce alla TV in inglese, ma non più di 1 ora, perchè non amo che stia davanti alla TV così tanto tempo. E per fortuna resiste anche il dialogo con sua sorella…ma non scambiano molte parole! E. mi ha manifestato, con molta libertà, il suo fastidio quando parlo inglese. Io non voglio forzare la mano, perchè voglio che lei ami l’inglese e non lo odi, però non so più come procedere.
Devo dire che in poco tempo E. ha imparato tantissime cose. Io non faccio mai verifiche, tutt’altro, ma E. mentre giochiamo o quando torniamo da scuola, fa delle sue associazioni mentali, e dice delle parole, ad esempio vede una macchina e mi dice è ” red” oppure torniamo a casa io le dico di lavarsi le mani e lei mi dice ” let me see your hands”( biancaneve e i sette nani) o vede qualcosa di grande e dice “big” come ” elephant” etc…sento che siamo sulla buona strada, ma credo proprio che E. avrebbe bisogno di un contesto sociale più grande dove approfondire e confrontare il suo inglese.
Anna
Molto interessante questa lettera, perchè iniziando a leggerla dici, ma guarda che bravi questi genitori, sono veramente creativi e si impegnano molto! Poi continui a leggere e dici, oh oh, qualcosa non sta andando per il verso giusto…
Premessa molto importante, io non posso sapere perchè la tua bambina stia manifestando malessere (parola che considero molto impegnativa), non posso proprio, non conosco nè te nè lei, e poi credo che solo uno psicologo dell’età evolutiva (esperto di bilinguismo) potrebbe dare un parere dopo avervi osservati. Quindi, non ti do un parere, ti dico solo cosa è venuto in mente a me leggendo la tua lettera.
Mi è venuta in mente la mia breve esperienza col metodo Doman (per insegnare a leggere precocemente ai bambini). Ok, avevo un metodo, testato, e anche delle guideline moooolto precise. Avevo un bambino interessato. Ho visto subito dei risultati. L’esperienza era assolutamente positiva. Ma ho smesso.
Perchè non mi sentivo naturale. Mettermi lì a leggere flashcards (se così le vogliamo chiamare) al mio bambino era una cosa per totalmente innaturale, non ero io, e lo sentivo, e avevo paura di metterlo, involontariamente, sotto pressione. La pressione di dire la cosa giusta così la mamma è contenta e batte le mani.
Di recente ho fatto altri tentativi con le flashcards, diverse, fatte da noi, tutt’altro approccio ma A. non era affatto interessato. O non è un gioco che gli piace, o ha capito che non era un gioco e basta, c’era un disegno dietro, e mi ha fatto capire che non ne aveva nessuna voglia. Ho mollato lì, ho messo le flashcards in una scatola e per ora le lascio lì. Poi vedremo, secondo me prima o poi le tira fuori lui…
Mi domando se a voi non stia succedendo qualcosa di simile, forse il fatto stesso che abbiate messo tanto impegno nell’architettare soluzioni così ingegnose non vi si stia ritorcendo contro. Non lo so, non sta a me dirlo, vi butto solo lì un’idea su cui riflettere, vi ripropongo anche un post portante: il primo passo da fare. Forse altri avranno altre idee o spunti da proporre…
Comunque nel caso potreste provare a considerare che forse less is more. Che leggere librini, cantare canzoni e guardare DVD, magari ripetendo ciò che ascoltate a questo punto basta. Del resto non è la bambina stessa che far capire di amare le action songs? E allora cantatele a dismisura. Per ora è importante che ami la lingua, c’è tempo per impararla come si deve. Comunque, di nuovo, il fatto che dici che cantate la canzoni sempre una di fronte all’altra pure mi fa pensare, ma potrei sbagliarmi, ad un approccio un po’ impostato. Le canzoni si cantano quando capita. In macchina, camminando, mentre ci si veste, mentre si cucina… Ok, a volte avrai le mani libere a volte no, ma vedrai che se anche tu hai le mani sul volante le mani della tua bambina stanno cantando!
Che ne dici?
L.
Immagine da Angeloutofcontrol
Ciao Letizia,
sono pienamente daccordo con te….io sono bilingue (italiano-spagnolo) anche se figlia di gen italiani e mi sono trasferita in italia ormai tanti tanti anni or sono.
Per il momento quindi io parlo a lui in spagnolo ma anche in italiano, soprattutto quando sono in presenza di estranei.
Gli canto canzoncine della mia infanzia in spagnolo in ogni momento, dal bagnetto al cambio del pannolino ect…senza un agenda precisa e vedo che ad oggi le capisce e le canticchia (muovendo la testa perchè ancora non parla) con me sorridendo….il che mi fa molto piacere.
Non sono un’esperta ne so quanto abbia la tua piccola ma sono daccordo con Letizia, forse fare un passo indietro e fermarsi al canticchiare canzoni qua e là riaccederà l’interesse….ci sarà poi tempo per capire il significato.
Claudia.
Ciao Anna, innanzitutto una domanda ? Quanti anni ha la tua bimba più grande? Questo dato potrebbe essere importante per cercare di contestualizzare e comprendere la sua fase di rifiuto della seconda lingua. Premetto che non sono una psicologa n’è un’addetta ai lavori, sono una mamma italiana innamorata dell’inglese che ha
intrapreso, e porta avanti con grande entusiasmo, un progetto di bilinguismo “domestico” con le due figlie di 4 e mezzo e due anni. Ho iniziato quando la grande aveva 10 mesi, con una mezz’oretta massimo un’ora al giorno in cui mi rivolgevo a lei in inglese, commentando i baby einstein in inglese (che non sono cartoons con una storia, assomigliano più a un documentario, con immagini molto belle e musica, quindi non annoiano e si prestano molto bene ad essere commentati), giocando con gli animali- come si dicono i nomi e il verso che fanno – nursery rhymes a go go and so on. Tutto e’ andato molto bene fino a due anni e mezzo, quando e’ nata la sorella. Noi non le dicemmo che la piccola parlava un’altra lingua come avete fatto voi ma lei deve aver creduto questa cosa poiché, insieme alla sorella, e’ arrivata la tata madrelingua inglese e da li’ la grande ha cominciato a rifiutare che io le parlassi in inglese. Li per li la cosa mi ha molto addolorato, non volevo costringerla ma mi dispiaceva da morire non poter più interagire con lei in inglese. Cmq ho rispettato il suo rifiuto, cercando di continuare a proporle i materiali in inglese sempre usati che cmq continuava ad accettare di buon grado, anche perché venivano utilizzati anche al nido. Siamo andati avanti così per circa un anno; per me era molto frustrante non poterle parlare in inglese, a un certo punto mi ero quasi convinta di aver “perso un treno”: pensavo che la bimba fosse penalizzata per non aver iniziato alla nascita, come sua sorella, e che il suo rifiuto sarebbe stato perenne…poi fortunatamente abbiamo trovato la chiave: appena iniziata la materna abbiamo iniziato una sorta di playgroup domestico, con altre bimbe della sua scuola e un’insegnante madrelingua. Ai genitori, pur non partecipando alle attività, era richiesto di parlare sempre in inglese con l’insegnante, e già li’ mi ero accorta che se in quel contesto continuavo a parlare in inglese rivolgendomi a mia figlia non ricevevo rifiuti. Infine e’ arrivata la svolta, grazie al playgroup learn With mummy: come ho detto più volte (sempre sia lodata Letizia e il suo lavoro!) il fatto di vedere tanti altri genitori che parlavano in inglese ai loro figli, in un contesto divertente e giocoso, ha aiutato mia figlia a legare l’inglese a esperienze positive, a non ‘temerlo’ più. Inoltre le ha consentito di aumentare il suo vocabolario: a posteriori mi sono spiegata il rifiuto, oltre che come un tentativo di “differenziarsi” dalla nuova nata, anche come un’espressione di disagio verso il fatto di non capire appieno un discorso interamente in inglese (come potevano essere quelli tra me e la tata), forse perche’ all’epoca non aveva avuto una sufficiente esposizione alla lingua. Quindi ti direi di avere molta molta pazienza: continua a proporre tutti gli strumenti usati fin’ora ma senza forzature, quando non vuole lascia stare; allo stesso tempo cerca di creare un contesto il più possibile “naturale” per la lingua: anche vedere i genitori che cantano, leggono o ascoltano la radio in inglese può essere ottimo per farle sentire più ‘sua’ la lingua. Infine, l’aiuto dell’esperto: io ho consultato la psicologa del nido, la quale non era esperta in bilinguismo ma aveva il vantaggio di conoscere molto bene mia figlia: i suoi consigli mi hanno aiutato a non mollare ma ti dico anche che la soluzione ho dovuto trovarla da me, e posso dire di averla trovata solo grazie al supporto di Bpg e delle altre mamme “aspiranti bilingui” che attraverso Bpg ho avuto modo di conoscere. Ti faccio un grande in bocca al lupo, tienici aggiornate! Arianna
Grazie a tutte, preciso che la bambina più grande di Anna ha 2,5 anni, me l’aveva scritto in un’email e mi è sfuggito, ora lo aggiungo al post.
Arianna, arrossisco…
L.
Anche lei due anni e mezzo. Anche lei ha appena avuto una sorellina. Non posso esserne sicura ma non credo sia un caso. Quella e’ un’eta MOLTO particolare per un bambino (ovunque nota come “terrible twos”!); se pensa, o gli viene detto, che la sorellina parla un’altra lingua può vederla come una sorta di “esperta” e sentirsene “minacciata”. Secondo me il ragionamento che scatta e’ questo: “non ti conosco ancora tanto bene, capisci una lingua in cui io non capisco proprio tutto, con te devo condividere la mamma (e il babbo). E se la mamma (e il babbo) si mette a parlare la TUA lingua magari tu la capisci meglio di me e questo non mi piace per niente!”
Grazie, mi avete aperto un po’ gli occhi. Vedere le cose dall’esterno, da un altro punto di vista aiuta sempre.
Mi sono lasciata trascinare dal mio entusiasmo per le lingue e forse non ho considerato con la giusta importanza i risvolti psicologici.
Ora sto cercando di rispettare i tempi di E.Ho fatto una sezione della libreria con tutti giochi, libri e CD in inglese. E. sa che ci sono e quando ha voglia me li chiederà lei. Sicuramente non mollo, Arianna, grazie per l’incoraggiamento. Purtroppo, non ho la tua fortuna di poter partecipare ad un Learn with mummy, perchè a Torino non ci sono ancora…ma aspetto fiduciosa, ed intanto mi aiuto anch’io con BPG
Ciao a tutti!
Riprendo questo post per dare il mio contributo, tanto niente di questo sito è mai datato!
Anche mia figlia, quasi 3 anni, ogni tanto mi dice “Mamma… no, i-ghede no…”. Di solito capita quando è stata tutto il giorno con i nonni o cmq in un contesto solo italiano (cosa ovviamente super frequente)… e appena ci troviamo tra di noi io attacco a parlare solo inglese. A me sembra che sia dovuto al fatto che, dopo essere stata esposta così tanto all’italiano, ovviamente capisce meglio l’italiano e fatica un po’ di più a seguirmi in inglese. Per contro, nel weekend quando siamo solo tra noi e io le parlo solo inglese dal mattino alla sera non fa una piega.
Sono sicura che la maggiore difficoltà sia cercare di esporla alla seconda lingua per più tempo e con altre persone oltre a me… le occasioni sono davvero poche! E i LWM appena attivati a Torino per ora non riusciamo a frequentarli perchè il fratellino è ancora piccolo e io sono un po’ bloccata a gestirne due così piccoli.
C’è un modo per incontrarci ogni tanto tra torinesi e parlare solo inglese tra noi e con i nostri figli? 😉