Iniziamo con un’immagine forte. Immaginiamo un poveraccio, malatissimo, che dal suo letto di dolore guarda con stanchezza e un ultimo barlume di speranza il medico venuto a curarlo.
Medico: “Il problema è che lei ha mal di pancia”
Malato (flebilmente): “lo so”
Medico: “e respira male e ha il battito irregolare”
Malato (flebilmente): “lo so”
Medico: “e non trattiene i liquidi… ”
Malato (un sussurro): “lo so”
Medico: “e ha una spirulattera perforata”
Malato: “…” (sguardo perplesso)
Medico: “non sappiamo cos’è…”
Malato: “…” (sguardo interrogativo)
Medico: “…ma sappiamo che non abbiamo una cura per la sua malattia”
Malato (con un ultimo sussulto di energia): “e porcocane ditelo subito! questo è il problema! che non avete la cura!” (trattasi di infermo veneto)
Ecco, a questo mi assomigliano tutte le attuali discussioni sulla scuola Italiana. Un elenco di sintomi. Di cure nemmeno l’ombra. Vanno piuttosto per la maggiore soluzioni che assomigliano molto all’eutanasia, ma non entriamo in polemica…
Il vero problema della scuola Italiana non è che manca la carta igienica e i tetti ti cascano in testa e gli insegnanti non sanno più a che santo votarsi. Il vero problema è che non si vede la luce in fondo al tunnel, non si percepisce un barlume di speranza, non si capisce chi o che cosa potrà traghettare la scuola Italiana fuori da questa stagnazione.
La scuola Italiana non è l’unica ad attraversare un momento di crisi. Tutte le scuole del mondo sono in una fase di transizione, verso cosa non si sa bene, ma in tutti i paesi si è capito che la scuola così com’è strutturata non va più bene, non è più adatta a rispondere alle esigenze della società, dei bambini, del futuro.
Possibile che tante scuole diverse, tanti modelli diversi, e non ce n’è uno che vada bene? Non mi risulta, correggetemi se sbaglio. Di certo tutti i paesi occidentali si stanno interrogando su come cambiare il proprio sistema scolastico. Perchè?
Semplice, perchè il mondo è cambiato molto in fretta negli ultimi 40 anni, ovunque. Nessun sistema scolastico è riuscito a tenere il passo con questo cambiamento.
Visti in questa prospettiva i problemi della scuola Italiana sono risibili…
E’ come se il malato terminale di spirulattera perforata si mettesse ad invidiare il malato terminale di spirulattera infiammata. Sempre malati terminali sono… L’obiettivo non è morire più lentamente, è guarire!
In altri paesi se ne sono resi conto, per dirla con Sir Ken Robinson hanno capito che “what is needed in education is a revolution, not an evolution“, nel settore dell’educazione serve una rivoluzione, non un cambiamento. Non un’evoluzione, un miglioramento a piccoli passi. Qualcosa di radicale, un cambiamento di prospettiva. Non cercare di modificare ciò che abbiamo oggi perchè sia adatto a ciò che vorremmo domani, ma ridisegnare da capo, da un foglio bianco, ciò che servirà domani, e dopodomani, per quel che ci è dato intuire.
Non è che all’estero abbiano capito che serve la Revolution e l’abbiano fatta in quattro e quattr’otto e siano a cavallo. Una rivoluzione è un processo faticosissimo… Però ci sono dei focolai rivoluzionari. Che siano organizzazioni, think tanks, associazioni o quello che è, ci sono persone, gruppi di persone, network di persone che stanno facendo delle piccole ricoluzioni, che prima o poi confluiranno in una vera rivoluzione, e prima o poi il cambiamento accadrà. Non è dato sapere se sarà in tempo utile per tuo figlio, ma almeno come società si vede una debole lucina alla fine del tunnel. Penso soprattutto all’Inghilterra (con Innovation Unit e RSA per esempio), la Spagna (con il Global Education Forum), gli Stati Uniti ovviamente (con una miriade di progetti, tra cui spicca TED per la capacità di diffondere idee), la Svizzera (con la sua scuola in movimento).
In Italia il vuoto assoluto. Continuiamo a girare intorno ai problemi come i medici che si affacendano intorno all’ammalato fingendosi impegnati ma senza avere la più pallida idea di cosa fare. Al di là dei soliti slogan, chi ha un’idea veramente originale da proporre? O ancora peggio, chi ha il coraggio di proporre un’idea veramente originale? Sono due problemi diversi…
Di idee originali ce ne sono poche per problemi strutturali (che sono gli stessi dovunque, non solo in Italia, sia chiaro):
- chi si occupa di scuola è talmente focalizzato sul modus operandi attuale da non riuscire nemmeno ad immaginare un modello completamente diverso
- chi si occupa di scuola non ha esperienza del mondo “là fuori”, non ha esperienza diretta del mondo del lavoro, delle sfide che esso pone e delle incredibili risorse che ha da mettere a disposizione, perchè sia chiaro, nessuno dice che non esistono realtà lavorative adatte al futuro, esistono eccome, l’innovazione è possibile, è realtà, ma non ha minimamente scalfito il settore dell’educazione
- chi avrebbe le competenze e le idee per innovare la scuola ha anche l’intelligenza per capire che forse conviene dedicarsi ad altri settori
E così andiamo avanti senza idee… Io sto seguendo questo dibattito da un po’, e le uniche idee che sento proporre sono: homeschooling, scuola Montessoriana, scuola Steineriana. Tre modelli che sicuramente hanno dei benefici, possono essere un’alternativa, ma l’innovazione è un’altra cosa… Io sono costantemente senza parole di fronte al genio e la modernità di Maria Montessori, sia chiaro, ma pensare che il massimo che si possa ottenere sia mettere in pratica un modello suggerito un secolo fa mi deprime… Maria Montessori ci ha lasciato tantissimi insegnamenti rivoluzionari, ha cambiato lo sguardo sul bambino, il suo approccio dovrebbe essere la base di partenza, non il punto di arrivo di una rivoluzione della scuola.
Il punto di arrivo dovrebbe essere una scuola in costante evoluzione, l’epoca dei dogmi è finita, il mondo cambia, la scuola deve essere in grado di cambiare, di aggiornarsi in continuazione, di migliorare giorno dopo giorno, non a colpi di riforme. Una scuola fatta da insegnanti motivati, e disposti a lavorare un sacco ma con soddisfazione. E gli insegnanti motivati sono come tutti i lavoratori motivati, sono persone responsabilizzate, a cui si danno fiducia e risorse, e a cui poi si chiede conto del loro operato (ma in un paese in cui non si sanno motivare nemmeno i manager, come possiamo motivare gli insegnanti?). Sono insegnanti che guardano al bambino nella sua interezza (avessi visto una scuola che non dica di farlo, poi tutti mezzo lobotomizzati a ripetere capitoli a memoria…), che hanno come primo obiettivo lo sviluppo delle caratteristiche personali del bambino, fare del bambino un uomo, o una donna. Nella scuola del futuro si capisce prima di tutto il presente, si cerca di coltivare la naturale creatività del bambino per trasformarla in talento. Ci si mette in discussione, costantemente ogni giorno. Nella scuola del futuro si sbaglia, altrochè se si sbaglia. Ma si impara dagli sbagli. Nella scuola del futuro si fa un percorso insieme, si riconosce a valorizza ogni singolo individuo, insegnante, bambino o genitore che sia, ognuno nel suo ruolo certo, ma insieme. Nella scuola del futuro i bambini imparano perchè imparare è divertente, perchè la vita è interessante, perchè le loro passioni vengono riconosciute, coltivate, incanalate. La scuola del futuro è diversa per ogni bambino.
Tutto ciò è fattibilissimo, viene già fatto, in vari contesti e in alcune, pochissime, scuole altamente innovative. Nei covi dei rivoluzionari per intenderci…
Noi in Italia ancora diamo per scontato che a scuola i bambini si siedono al banco, ascoltano la mestra, poi fanno gli esercizi e i compiti. Possiamo discutere di se e quali e quanti esercizi, se e quante ore di Inglese fare, quante maestre avere etc, ma diamo completamente per scontate tutte queste premesse assolutamente datate. Bisogna urgentemente darsi una scrollata e cambiare unto di vista. Guardare avanti, pensare l’impossibile, azzardare.
Ma chi la realizzerà questa scuola in Italia? Non le istituzioni, questo è sicuro.
Questa è l’unica vera domanda urgente a mio parere. Chi è in grado di far partire una rivoluzione della scuola in Italia? Chi creerà questi focolai? Chi? Potranno solo essere delle iniziative private. Purtroppo. Lo dico con tristezza ma io davvero non vedo alternativa.
Non importa cosa, dove, perchè, come, quando, quanto, in che modo, con quante ore alla settimana di Inglese o di arte?
No.
Chi?
Vi lascio con questa domanda, e con un video (in Inglese) che seminerà sconcerto, entusiamo, voglia di cambiare, radicalmente.
Fatemi sapere cosa ne pensate di tutto ciò per favore.
P.S.
Ho visto che quest’articolo è molto letto ma poco commentato, mi sa che ha spaventato un po’…. Così ho cambiato l’immagine, meno battagliera, e un po’ anche il titolo. Il concetto rimane lo stesso, la scuola necessita di una rivoluzione, ma state tranquilli, le rivoluzioni si fanno con le idee rivoluzionarie.
Immagine di wfryer
Questo è solo il primo post dedicato alla scuola nella Giornata di Blogging sulla Scuola Italiana (e non), 12 Aprile 2011, a seguire le vostre storie…
giuliana says
il video è scioccante, sì. quoto una frase:
Ma chi la realizzerà questa scuola in Italia? Non le istituzioni, questo è sicuro.
Questa è l’unica vera domanda urgente a mio parere. Chi è in grado di far partire una rivoluzione della scuola in Italia? Chi creerà questi focolai? Chi? Potranno solo essere delle iniziative private. Purtroppo. Lo dico con tristezza ma io davvero non vedo alternativa.
io sono molto laica, su questi temi. se un privato ce la fa, ben venga il privato. e però so che non è un pensiero condiviso, tutt’altro. l’anno scorso la classe di mio figlio assistette ad uno spettacolo teatrale sponsorizzato (= pagato) da coca cola, e ci fu una mezza rivolta, finita con una denuncia all’insegnante che aveva preso l’iniziativa. per dire.
magari iniziative come questa e come le altre in rete a sostegno della scuola possono essere utili per fare un punto nello stato d’animo della gente, e si sa, quando la gente sbotta, sbotta. non so.
d. says
Uno dei migliori interventi di questa giornata sulla scuola, anche se avrei mille distinguo da fare.
Quello che mi lascia perplessa è che sir Ken Robinson probabilmente ha conquistato la sua autorevolezza dopo aver frequentato la più tradizionale delle scuole, così come parliamo spesso di generazione digitale, ma i veri inventori di questa rivoluzione sono ormai cinquantenni, frutto di un’educazione “vecchio stampo” (anche se magari degli outsider), mentre tutti i nostri giovani smanettanti, digitanti e chattanti probabilmente farebbero fatica a capire il funzionamento di uno degli aggeggi con cui vivono in simbiosi.
Quel che voglio dire è che il pensiero creativo è certamente importante, ma alla sua base c’è una capacità di concentrazione, di approfondimento, di originalità, anche di silenzio e solitudine, che i nostri figli stanno perdendo completamente. Sono certamente d’accordo sulla necessità di pensare fuori dagli schemi, anche se forse immagino una direzione diversa. Sono d’accordo anche sul fatto che difficilmente le novità vere verranno dall’alto… mi sto lentamente facendo delle idee, anche se molta parte del dibattito è ancora appiattita su piccole e grandi carenze, senza toccare il nucleo dell’idea di scuola che ci siamo fatti.
Bilingue Per Gioco says
Punto interessante.
Per come la vedo io, non è vero che gli inventori della rivoluzione sono i cinquantenni. Alcuni cinquantenni ne fanno parte, certo, ma sono una minoranza, quelli che hanno saputo adattarsi. La rivoluzione l’hanno fatta i giovani, Steve Jobs non è un ragazzino, ma dietro a Google e a Facebook ci sono dei ragazzi.
Sono molto d’accordo invece sul fatto che è importante continuare a coltivare la capacità di concentrazione, assolutamente d’accordo, non credo però che imparare capitoli a memoria sia un buon modo per realizzarlo.
Una scuola innovativa non deve semplicemente seguire i trend del momento, deve poter utilizzare tutti gli strumenti a propria disposizione per raggiungere i propri scopi educativi, aiutare quindi i bambini a sviluppare fiducia in sè stessi (prima di tutto), creatività, capacità di lavorare in un team a coordinarlo, capacità di studiare, approfondire, imparare. La capacità di imparare è una dote meravigliosa, ma difficilmente si è capaci di imparare se non si conosce la gioia di imparare, molti bambini questa gioia non la conoscono (non tutti certo, chi si salva c’è sempre).
L.
Elisabetta C. says
Una delle video conferenze di Sir Ken Robinson su TED sta sempre sul mio iphone (anche in versione podcast) e la sento e la risento senza stancarmi mai (non è quella con l’animazione però più o meno vi si dicono le stesse cose).
I concetti sono un pò i seguenti:
tutti i sistemi di istruzione del mondo sono nati con la rivoluzione industriale, quando si è passati dal precettore per i ricchi e dalla ignoranza e dal lavoro minorile per i poveri a una istruzione almeno elementare per tutti – o quasi. Istruzione che insegnasse, come ancora si diceva negli anni ’70 del ‘900, a leggere scrivere e far di conto.
L’istruzione si è dunque modellata sull’organizzazione tayloristica del lavoro: orari, produzione, catena di montaggio, entri tabula rasa ed esci con delle nozioni in testa.
Sir Ken Robinson dice che questo ha sempre spinto a trascurare l’aspetto ‘olistico’ della educazione: l’espressione artistico – musicale, il movimento ecc..
Ne parla pure a lungo nel suo libro “The Element” che però a mio parere vale meno delle sue conferenze.
Da allora tutti i i sistemi di istruzione si sono evoluti, ma non rivoluzionati.
Si continua con la scuola catena di montaggio, segregata per anni (sulla segregazione per anni e i suoi efffetti suggerisco di leggere un bel capitolo di ‘nurture shock’ di Po Bronson) senza insegnamento peer to peer (come era invece nella scuola di Barbiana).
Non so se serva una rivoluzione: per le scuole superiori trovo validissimo il sistema di units of inquiry del Baccalaureato Internazionale.
Certamente l’aspetto che più trovo fuorviante delle scuole – specie nelle scuole italiane – è la formazione del ‘gruppo classe’ statico, che favorisce la cristallizzazione dei ruoli e l’inerzia dei più deboli.
Per i più piccoli un pò di lezione si potrebbe fare al banco e un pò per terra e un pò ancora fuori, come si fa in Finlandia. Ma poi te le immagini le mamme italiane che rompono perchè il pupo ha preso freddo?
Ho molti amici insegnanti. Purtroppo gli manca anche l’essenziale e quindi non riescono a vedere oltre i loro problemi: contratti e precariati, punteggi e posti, pof e scuole dai muri scrostati, bullismo e “genitori elicottero”. Li capisco, ma poi non leggo i loro dibattiti ma quelli che si fanno all’estero.
Oggi sono un pò ondivaga… magari un gionro mi metterò a scrivere un libro su queste cose.
Elisabetta
Bilingue Per Gioco says
Elisabetta,
io attendo il tuo libro con ansia, o i tuoi post…
Comunque come spesso accade gli insegnanti non riescono a vedere più in là del quotidiano perchè chi li guida non vede più in là della burocrazia. Come in tutte le professioni anche nell’insegnamentoi bisogna saper motivare gli insegnanti, aiutarli a tirare fuori il meglio di sè, a vedere lontano.
La rivoluzione è necessaria nelle scuole elementari, forse medie, ma sicuramente elementari. E’ lì che ci perdiamo il meglio dei nostri bambini.
Una volta su un libro di nutrizione lessi una frase che mi rimase impress: lessare gli spinaci e scolarli è come buttare via la spesa e mangiare il sacchetto. Ecco ho l’impressione che stiamo lessando i nostri spinaci (bambini scusatemi la metafora) e mangiando i sacchetti.
L.
tania piovan says
buongiorno, io non mai scritto, ho due bimbi, uno, LIam di 4 anni e Danae di 2. Mio marito e’ inglese e a casa parliamo tutti inglese, e Liam saltella un po, ma tutto sommat parla entrambe le lingue. Per il problema della scuola, spesso, e parlo per esperienza personale, sono gli insengnanti, certo non tutti sono cosi, ma la maggior parte si. Ora mi spiego, la maggior parte insegna, ma non ha le qualita per poter trasmettere cio che sanno, quando proprio non sanno nulla e ti trovi di fronte delle persone e pensi ” ma come hanno fatto a prendere la laurea??”. Mi sono trovata maestri che mi hanno detto di smettere di parlare in inglese a Liam perche’ lo confondevo, ora questi sono solo maestri di materna, ma e’ grave. Io, che sono diplomota maestra elementare, non l’ho voluta fare proprio perche’ non ho le capacita di “trasmettere” Cio che so…Ti trovi di fronte, spesso, a dei fossili, che non sono capaci di staccarsi da quello che hanno sempre fatto, che hanno paura di fare una lezione diversa. Dall’altro lato ci sono genitori che sono troppo aggressivi verso qualsiaisi cosa dica l’insengnate del proprio figlio….io so che mio figlio, parla due lingue, ed uno che quando gli vengono imposte le cose non le vuole fare, lo devi prendere in modo diverso. Ora per motivi di lavoro siamo in provincia di Bergamo e ho trovato una materna ottima, con ottime maestre…ma sono purtroppo molto molto poche.
Vi ringrazio per la possibilita di avermi dato di parlare di questo argomento.
Tania
Bilingue Per Gioco says
Gli insegnanti sono persone, singoli. Non possono portare sulle loro spalle il peso del fallimento di un intero sistema.
Se i bambini non sono preparati è colpa delle insegnanti che non sanno insegnare.
Se le insegnanti non sanno insegnare è colpa del sistema scolastico che non sa selezionarle, formarle, motivarle.
Se il sistema scolastico non funziona è colpa di tutto il paese. (nota bene tutto il paese!)
Ma se una, due, dieci, cento scuole se ne fregassero del sistema scolastico e mostrassero al mondo che insegnanti preparate e motivate possono insegnare ed educare finalmente avremmo qualcosa di concreto di cui parlare, un punto di partenza, una visione da condividere.
L.
gianna says
Non ho una soluzione originale o rivoluzionaria, ma la mia proposta, molto semplice, viene dalla domanda: quali sono i Paesi dove si raggiungono i risultati migliori in termini di apprendimento, socialitá, eccetera?
La Finlandia? Altri?
Bene, andiamo a vedere perché sono modelli che funzionano.
Copiamoli.
Secondo punto: ridare prestigio all’insegnamento e all’apprendimento. Imparare deve essere cool. Finché nei bilanci dello stato l’istruzione é vissuta come un onere e non come una delle principali armi di sviluppo economico, non si arriverá a niente.
Va bene, fine della fiera delle banalitá.
Bilingue Per Gioco says
Gianna,
andiamo chi?
Le istituzioni?
Ridare prestigio all’insegnamento chi?
Le istituzioni?
Senza speranza.
Next?
Non voglio essere brutale, scusami, ma secondo me finchè pensiamo che la soluzione stia nelle istituzioni possiamo anche arrenderci e abbandonare ogni speranza…
L.
gianna says
Scusami, ma non capisco questa tua replica cosí dura. Io non sto parlando di istituzioni e basta.
Tu chiedi, giustamente, nel post cosa si puó proporre per migliorare la qualitá dell’istruzione. Io ti rispondo che si puó cominciare a vedere cosa fa chi ha un buon sistema scolastico, e capire cos’é che lo rende buono. Ad esempio vedere cosa fanno i Finlandesi. Qui non c’entrano le istituzioni per prime, possiamo sia io che te andare a studiare cosa fa chi fa le cose bene. Da qui si ha un punto di partenza per fare proposte concrete, e magari migliorare quel modello.
Tempo fa qui in Svezia c’é stata una trasmissione dove una classe delle medie, la peggiore del Paese, veniva portata ad essere una delle migliori. Lí non hanno cambiato le istituzioni o gli insegnanti, per esempio, ma il metodo.
Si puó guardare come hanno agito gli insegnanti e che cosa ha motivato gli studenti.
Ridare prestigio all’isegnamento: guarda che anche questo puó benissimo partire dalle famiglie. Stare dalla parte degli insegnanti senza portarli in tribunale ogni volta che il pargoletto prende un 5.
Avere libri a casa, insegnare -da genitori- che la cultura é qualcosa di bello e interessante, eccetera.
Ci sono tantissimi genitori che per primi mandano il messaggio che la scuola é una perdita di tempo ed é piú proficuo far le veline.
E poi ci vogliono anche i soldi. Volenti o nolenti ma ci vogliono, e qua ci vuole uno Stato che ne dia di piú. magari teniamone conto quando si va a votare.
Scusami ancora per il mio intervento evidentemente poco intelligente, comunque ripeto che non stavo parlando solo di istituzioni.
Bilingue Per Gioco says
Oh mamma mia Gianna, scusami tu, non volevo offenderti! Ci mancherebbe!
Il mio era un invito generico ad attivarsi personalmente, sullo stato per queste cose non conterei, sinceramente non vedo nemmeno la speranza di modificare le cose con il voto, il problema è più grande del singolo partito, a mio parere. I genitori che pensano che le figlie devono essere tanto carine così forse riescono a fare le veline dubito cambieranno nel breve termine, soprattutto perchè pare che paghi abbastanza come strategia (e non faccio esempi). Gli insegnanti sono assolutamente demotivati e credo anche con le mani abbastanza legate. Anche un esempio come quello che citi in Svezia può accadere solo se c’è un manipolo di persone che ci si buttano in prima persona, e persone che abbiano la lungimiranza e il coraggio (nonchè gli strumenti linguistici) per imparare dalle best practices internazionali (scolastiche e non) non se ne vedono molte in giro…
Comunque ti prego non avertene, forse ho risposto di fretta, era molto tardi ieri sera ma ho cercato di rispondere a tutti, magari era meglio se andavo a letto?
Ciao!
L.
Marika says
Finalmente trovo un attimo di tempo per commentare questo post.
Mi trovo alquanto in linea con quanto già scritto;
vorrei partire da questo pensiero ” Io sto seguendo questo dibattito da un po’, e le uniche idee che sento proporre sono: homeschooling, scuola Montessoriana, scuola Steineriana.[…]sono costantemente senza parole di fronte al genio e la modernità di Maria Montessori, sia chiaro, ma pensare che il massimo che si possa ottenere sia mettere in pratica un modello suggerito un secolo fa mi deprime”.
Secondo me, mettere in pratica un modello (in questo caso, quello montessoriano ma l’aggetivazione non è vincolante) di per sé è indice di poco, può essere rivoluzionario come no; l’errore è quello (avvenuto) di conformare un modello con lo schema pre-esistente, questo è deleterio e stantio.
Dici bene, la domanda di base è : chi può farlo?
Non mi aspetto che lo facciano le istituzioni, non lo spererei nemmeno a prescindere dal soggetto incaricato: non può una persona poter decidere come sia meglio per una o più persone, l’unica soluzione a cui potrebbe pervenire è una grave uniformazione che dà vita a squilibri (proprio ciò che è sempre accaduto e che permane tuttora), senza considerare che, personalmente, non accetto che un terzo possa pensare per un’altra persona e disporre per essa, è davvero un compito di responsabilità troppo ingente, rischia di diventare uno strumento di controllo manipolativo.
Come rivoluzionare? Rivoluzionando il modo di pensare della gente: facile da dire quanto difficile da attuare. Intorno a me sento spesso utilizzare il termine “scuola” come sostituto di un moto negativo (noia, punizioni, etc.) in Italia come altrove (nel caso di specie, si tratta di mamme francesi).
La vera rivoluzione, a mio avviso, deve venire nella mente delle persone, solo successivamente si può parlare di metodi/modelli/strutture/etc.
La scuola è la vita, non è un banco, non è il diario e la cartella, non è un percorso dell’obbligo (espressione che indispone mentalmente già di suo), non è un luogo chiuso in qui stare seduti e aspettare che qualcun altro decida quando ci si può alzare (magari per andare in bagno).
Non è la scuola italiana a non funzionare, è il concetto diffuso di scuola a fare cilecca.
Non penso che in Italia ci sia un vuoto assoluto di idee rivoluzionarie, penso, invece, che ci si sta muovendo – non con proteste, non con gesti clamorosi bensì – con le azioni (non parlo necessariamente di homeschooling, scuole montessoriane, etc, mi riferisco ad una crescita mentale), certo i numeri sono esigui ma da qualche parte si dovrà iniziare per questo reputo molto importanti post e approfondimenti come il tuo in una area (il web) e in un contesto a disposizione di tutti e con una frequenza costante (quanti muri chilometrici e mentali si abbattono)
Grazie per questa opportunità di confronto,
mi scuso per eventuali errori o improprietà ma il tempo è poco, il cucciolo scalpita
Bilingue Per Gioco says
Marika,
non condivido il tuo ottimismo, di questo passo non si va da nessuna parte, è indispensabile un’accellerata. A noi che viviamo sul web sembra che ci sia speranza, ma il web non è la strada, o in questo caso la scuola…
L.
Marika says
Letizia, il riferimento al web non voleva assumere una portata esaustiva, ossia il web non è La Strada ma un cordolo in più che aiuta a indicare il percorso, questo è chiaro.
Il mio non è ottimismo ab-soluto, è semplicemente fiducia nel fatto che si possa fare qualcosa; se dovesse/dovrà mancare questo requisito potremmo solo metterci tutti in un angolo a lamentarci e a piangerci addosso ma per me (e penso per molti – tutti? -) non è un comportamento accettabile.
L’accellerata servirebbe, certo, ma, per essere realisti : come potrebbe avvenire di punto in bianco se per secoli la situazione è rimasta immutata?
Si parla di rivoluzione come di un concetto a portata immediata (manca invocare un Napoleone della situazione ed è fatta) ma, in realtà, ogni rivoluzione è più lunga di quanto ci si aspetti.
Io sono per i piccoli passi ma ben saldi.
Degli esempi? [Mi auguro non vengano interpretati come esaustivi]
In un’area di 20 km (il mio paese e limitrofi) sono nati ben 5 movimenti (associazioni, onlus ,gruppi liberi supportati dal comune) volti a creare unione e aggregazione per il benessere della comunità a partire dai bambini (dalla nascita in poi toccando anche l’ambito dell’istruzione – per la cronaca non ci sono scuole aderenti a modelli preconfezionati). Il termine “movimenti” è di nuovo fuorviante ma se si pensa che in concreto si sta parlando di più di mille persone coinvolte (gente comune, famiglie, etc) il discorso assume una veste più corroborante.
Ripeto, non si deve credere che questo sia Il Traguardo, si è solo agli albori dell’inizio ma se non è un passo questo (non per forza il migliore), quale lo è?
Se si aspetta che qualcuno agisca per noi siamo spacciati, bisogna muoversi in prima linea per il nostro personale bene, bisogna informare (non indottrinare), aiutarsi.. questa per me è già una piccola ma grande rivoluzione
Forse sono solo una sciocca o utopicamente ottimista ma forse c’è bisogno anche di questo nel calderone.
Bilingue Per Gioco says
Marika,
beh ma siamo sulla stessa lughezza d’onda, quello che intendevo io è che non basta parlare sul web, bisogna agire nella vita reale, che è la stessa cosa che stai dicendo anche tu.
Ad majora!
L.
Sybille says
“Chi se non noi?”
Credo che il cambiamento deve sempre partire dal basso per portare davvero frutti, e deve partire dalla pratica (le parole e le teorie sono belle ma poi quello che conta é il vivere le cose). La pratica, significa impegno, sacrificio, fatica, ma anche liberazione, innovazione, rinnovamento, e motivazione…
In Germania, uno dei pochi paesi europei dove l’homeschooling dal 1938 é vietato, é proprio grazie alle centinaia di famiglie che lo fanno lo stesso (con relativi rischi di multe e arresti ecc.) che la discussione diventa sempre piú importante, che i giudici iniziano a decidere in modo diverso perché il cambiamento culturale non si puó ignorare per troppo tempo, e sempre piú famiglie, vedendo che anche altre lo fanno, decidono di provarci, nonostante la paura di sbagliare e la mancanza di “modelli di garanzia”… ma é proprio questo ció di cui abbiamo bisogno: il coraggio di rischiare di sbagliare perché le garanzie non ci sono mai ma il cambiamento puó essere una grande occasione (e, se permetti, credo che siamo arrivati al limite, ovvero: bisogna!cambiare!).
Cosí credo che anche in Italia le cose potrebbero cambiare, se ci fossero piú scuole, insegnanti, (ce ne sono, eh!) e famiglie, che, come scrivevi tu Letizia in un commento piú in alto “…se ne fregassero del sistema scolastico e mostrassero al mondo che insegnanti preparate e motivate possono insegnare ed educare…”
A questo punto auguro buona avventura a tutti gli insegnanti e le famiglie che decidono di iniziare da sé stessi, nel loro piccolo, “fregandosene” e seguendo ció che sentono “giusto”…
Grazie per questi spunti interessantissimi. ciao
A. says
La scuola è solo un riflesso della società… E infatti (generalizzando) si vedono un sacco di lati negativi, ma ciascuno di noi ha storie personali con esempi meravigliosamente positivi. E da quello secondo me si deve partire per cambiare quello che non va bene. Riguardo alle alternative alla scuola tradizionale, ho scoperto da poco e sono rimasta affascinata da Alfie Kohn, un americano che critica la gestione tradizionale della classe e la disciplina a scuola (americana, ma non solo), i test e il sistema dei voti, quello delle competizioni e dei premi e che secondo lui non aiutano gli studenti a porsi criticamente davanti a un problema, e nemmeno a diventare adulti responsabili e attenti a chi ci sta intorno.
Secondo me i semi ci sono… tocca vedere quanto ci vorrà a vedere i frutti!
Valasta says
Sono un insegnante di scuola superiore e mamma di due bambini di tre anni e di sette mesi, quindi vivo i problemi della scuola da punti di vista molto diversi. Ho aspettato ad inserirmi in questo dibattito che apprezzo soprattutto per l’appello ad essere propositivi, lasciando da parte, per un attimo, le pur legittime lamentele sul mal funzionamento del sistema scolastico, perché non sapevo da dove cominciare. Come insegnante so che tutti i tentativi di “riforma” intrapresi finora hanno solo peggiorato la situazione, perché nessuno di questi si fondava su un’idea pedagogica, didattica o filosofica coerente e di respiro. E anch’io mi chiedo: se non siamo capaci di grandi idee perché non guardare a chi (vedi i paesi scandinavi) è stato invece in grado di metterle in pratica con successo? Credo che la risposta sia che la scuola purtroppo non è considerata una priorità, nel nostro paese l’istruzione e soprattutto la cultura sono viste con sospetto o comunque ritenute frivolezze di fronte ad altre necessità più impellenti. Nonostante questo vedo colleghe/i che compiono miracoli grazie alla passione, alla capacità di trovare strategie nuove e creative per riuscire a confrontarsi con i cambiamenti degli studenti e della società.
Come mamma sono preoccupatissima, perché davvero la scuola avrebbe bisogno di una rivoluzione; non si può più insegnare ai bambini delle elementari attraverso lezioni frontali, costringendoli ad imparare nozioni più o meno passivamente e oltretutto seduti ai banchi per cinque ore. Vi assicuro che nella scuola della mia piccola città funziona ancora così. Sono d’accordo con chi di voi sostiene che la rivoluzione deve venire dal basso, dai genitori, dagli insegnanti che devono chiedere di più e meglio alle istituzioni, organizzandosi, studiando, diffondendo quelle poche idee innovative che possiamo trovare guardandoci attorno.
E veniamo quindi alla parte propositiva: avete mai sentito parlare del progetto “a scuola senza zaino”? Esiste in molte scuole della Toscana (grazie al finanziamento della regione; qualche volta anche le istituzioni aiutano l’innovazione) e in alcune di altre regioni e a quanto ho capito sposa l’approccio montessoriano, ma in maniera meno rigida, con le idee rogersiane seguendo il Global Curriculum Approach, ripensando completamente lo spazio classe perché sia un laboratorio di apprendimento. Ecco i principi su cui si basa:
1. l ’autonomia degli alunni che genera competenze
2. il problem – solving che alimenta la costruzione del sapere
3. l’attenzione ai sensi e al corpo che sviluppa la persona intera
4. la diversificazione dell’insegnamento che ospita le intelligenze, le potenzialità, le differenze
5. la co-progettazione che rende responsabili docenti e alunni
6. la cooperazione tra docenti che alimenta la formazione continua e la comunità di pratiche
7. i diversi strumenti didattici che stimolano vari stili e metodi di insegnament
8. l’attenzione agli spazi che rende autonomi gli alunni
9. la partecipazione dei genitori che sostiene l’impegno della scuola
10. la valutazione autentica che incoraggia i progressi
Chissà forse funziona e dovremmo cercare di diffondere questo approccio anche in altre scuole.
grazie per la pazienza. valeria
ilaria says
E’ esattamente quello che sto provando a fare io nella mia città. c’è qualcuno di ravenna?