Oggi non posto, nujeafò…
Vi invito però a partecipare ad un sondaggio: “Dopo il matrimonio del secolo quale parola rimarrà impressa per sempre nel tuo vocabolario Inglese?”
Puoi votare nella sidebar di Bilingue per Gioco (scrolla è sotto ai libri), il responso del voto popolare verrà comunicato venerdì (mi pare…) sempre sulla sidebar.
Colgo l’occasione per due riflessioni sparse, proprio due, questo non è un post.
Lo confesso, questo matrimonio è difficile da ignorare. Io ci ho provato, ma niente… E’ che è una cosa troppo grande, una ragazza qualunque che si ritrova futura Regina d’Inghilterra.
Non ho guardato il matrimonio, ok ho visto alcune scene, ho visto com’era vestita la sposa, ma nulla di più. Però ci pensavo, evidentemente.
Ieri mi è venuta voglia di biscotti all’avena.
I biscotti all’avena non li mangio da quando ho lasciato Londra, lì ogni tanto li compravo… Così ho girato online e me li sono fatta.
I biscotti all’avena sono più veloci del mondo, veramente. Nulla li batte in velocità.
Buoni?
Abbastanza, un filo troppo burrosi per i miei gusti, forse non cercavo i biscotti cercavo i crackers all’avena, ho trovato la ricetta anche di quelli e prossimamente li farò. Ad a. però sono piaciuti molto (sfido, li abbiamo ricoperti insieme di cioccolata con gli avanzi dell’uovo…)
Dopo averli sfornati ho detto a mia mamma: “Sai perchè mi sono venuti in mente i biscotti all’avena? Perchè in Inghilterra nei supermercati c’era una linea di biscotti all’avena realizzati da Carlo”
Mia mamma: “Ah Carlo il ragazzo scozzese che veniva a giocare con i bambini?”
“Ma no mamma, Charles the Prince of Wales”
Mia mamma: “Il Principe di Galles? Che fa i biscotti?”
Eh già… Mentre suo figlio si sposa e e la sposa incanta il mondo the Prince of Wales viene ricordato per i biscotti…
Per i cuoriosi, i biscotti si chiamano Duchy Originals e questo è il loro bellissimo sito, pieno di ricette da fare CON i biscotti, non per fare I biscotti. Peccato…
Marta says
Ciao Letizia! An American reader of my blog is living in Italy and is looking for Italian resources for her kids. I can’t recommend much, as I only learned Italian a few years ago, I have no idea regarding resoures for children.
This is her question: “I am wondering, if in your travels or internet serfing you have come across educational material that can be used for encouraging bilingual children to really pick up specifically Italian better. Not just a course, but fun stuff… dvd programs, books, etc…”
Can you recommend her some books or other materials?
Grazie!
Marta
Arianna says
Chi ha vissuto immerso nella cultura inglese almeno per un po’, credo che non abbia resistito alla tentazione di vedere almeno cinque minuti del matrimonio tra William&Kate. Ricordo che quando vivevo a Londra andavo spesso in giro per vetrine con le amiche e l’occhio cascava spesso su questi sontuosi cappelli culturalmente associati alle invitate ai matrimoni inglesi. Guardando le nozze reali non ho potuto fare a meno di riderci su con mio figlio Marco. Che cappelli che portano le inglesi ai matrimoni! Guarda Marco quello sembra un albero di Natale! E quello sembra un cesto di frutta atterrato per sbaglio sulla testa della malcapitata. Per non parlare di Camilla che porta sempre lo stesso cappello a forma di stadio da Rugby 🙂 Se mai mio figlio dovesse ricordare quei cinque minuti del matrimonio, credo che non potrà mai fare a meno di ridere ^_^
lucia says
sai Letizia, io credo che se il principe di Galles non fosse principe ma un Lord qualsiasi sarebbe l’uomo più felice del mondo, con tutti i suoi interessi e progetti e anche il pubblico sarebbe incantato…e invece l’essere un eterno principe pere sia la sua condanna, altro che fiabe…
visto che questo non è un post ti propongo un quesito, anche per tutti i tuoi lettori:
quanti bilingue conoscete che rifiutano di insegnare la loro seconda (ma spesso è stata a lungo la prima) lingua ai loro bimbi?
ciao!
Lucia
Federica says
ciao Letizia,
due righe al volo solo per ringraziarti di aver segnalato i libri di Karen Kats: ho comprato via web il baby’s box of fun (3 libri) e counting kisses e mio figlio li adora. A forza di portarseli all’asilo ha incantato anche i compagni, tanto che le sue maestre hanno deciso di ordinarli per la scuola!
Grazie mille,
Federica
Arianna says
Ciao Lucia,
io conosco molte mamme rumene con mariti italiani che si rifiutano di insegnare la loro lingua ai figli. Non ho mai chiesto perché, ma spesso si tratta di donne che non hanno più legami con la loro famiglia di origine, per un motivo o per un altro.
Conosco anche donne italiane che sanno benissimo l’inglese e che, nonostante i mariti le spingano ad insegnarlo ai loro figli, si sentono “ridicole” a farlo. Non davanti agli altri, ma ridicole esse stesse. Concepiscono il bilinguismo solo in una famiglia con genitori di origine diversa.
@Federica: che invidia! Io e poche altre mamme interessate ad introdurre un’ora a settimana di inglese all’asilo dei nostri figli siamo state zittite brutalmente dalle maestre. Hanno tirato fuori talmente tante scuse per non farlo che nessuna di noi ha capito quale fosse il vero problema!
lucia says
Ciao Arianna,
io vivo in Friuli che è una regione multilingue. ha delle aree monolingue, bilingue, trilingue e quadrilingue. capita di fermarsi in un bar di montagna e aver seduto accanto un gruppetto di anziani avventori: uno attacca il discorso in tedesco, gli risponde l’altro in italiano, interviene un terzo in sloveno e altri due commentano in friulano. non c’è ombra di spaesamento, non c’è bisogno di traduzione, tutti capiscono tutti, ognuno usa la Sua lingua ma è evidentemente quadrilingue, qualcuno usa una lingua mista e ti vien voglia di ascoltare per capire che lingua stia usando.
io ho collaborato con diversi progetti scolastici finanziati dalla legge 482 del1999 (con la legge 482 lo Stato italiano individua, all’art. 2, le minoranze linguistiche “storiche”, cioè autoctone, presenti sul proprio territorio), si trattava di realizzare dei libri con i bambini in italiano e in friulano.
in un caso le insegnanti hanno chiesto di inserire anche la traduzione nelle lingue dei bimbi immigrati della classe per incoraggiare le famiglie a utilizzare e insegnare la loro lingua ai bimbi.
perchè la lingua è identità.
e proprio perchè è identità molti genitori immigrati preferiscono non insegnare la loro lingua ai bimbi, temono possa essere un’ostacolo all’integrazione, è comprensibile.
ma bisognerebbe incoraggiarli.
le mamme italiane che sanno bene una lingua e non la parlano perchè si sentono ridicole sono comprensibili anche loro.
e andrebbero incoraggiate. anche più degli altri.
perchè se dopo 10 incoraggiamenti arriva il solito inutile commento malevolo si sgretolano come castelli di sabbia e ogni volta l’acqua sarà più lontana e prima o poi finiranno per non riprovarci più a costruire quel castello.
per uno che ha perso l’opportunità di stare zitto un bimbo avrà perso un’opportunità di parlare.
ma i genitori che hanno una lingua madre fra quelle che dominano il pianeta e che magari per lavoro pure la insegnano ad altri, o la usano quotidianamente con tutto il resto del mondo, proprio quelli, li conoscete?
al nido di mio figlio abbiamo avviato un progetto di letture animate in italiano che prevede anche l’inserimento di una canzoncina o filastrocca in inglese, per ora abbiamo fatto solo una lettura (e la formazione dei lettori) e la canzoncina è ancora da sperimentare ma la proposta è stata bene accolta.
provate a proporre un progettino ben strutturato, magari passando dal dirigente…
ciao!
Lucia
Arianna says
Grazie Lucia. La tua testimonianza è molto interessante. Probabilmente risidere in una regione che già di per sè ha tante “lingue”, aiuta a proporre certe cose alle maestre.
Il progetto che avevamo in mente è in collaborazione con un’amica insegnante molto in gamba che tiene già dei corsi per bambini piccoli molto belli e divertenti. Lo proporremo comunque al di fuori dell’orario scolastico. Non ci arrendiamo di sicuro!
Riguardo la scelta di molti genitori immigrati…sì hai ovviamente ragione. Ho notato la rinuncia alla propria lingua soprattutto in quelle mamme con problemi con la loro famiglia di origine e con rapporti quasi nulli con la madrepatria. Non mi sento di indagare, ma sicuramente hanno un rapporto conflittuale con le loro origini e quindi non parlano la loro lingua con i figli.
Altre mamme straniere invece lo fanno serenamente. E parlo appunto di quelle lingue “fuori moda” come il rumeno o il polacco. Mamme che fortunatamente non si arrendono quando le altre dicono “ma parla italiano!”
Come spesso sottolineato da Letizia, è dura parlare una lingua diversa al proprio figlio, quando si è entrambi italiani. E’ il nostro caso, in cui io parlo solo inglese e il mio compagno italiano. Ma siamo entrambi italiani. Ci vuole tanta convinzione e forza d’animo perché la gente, per invidia, dice di tutto. Ma ci sono anche tante persone aperte ed intelligenti. E poi…di tanto in tanto mi concedo la fantasia di pensare a mio figlio che, in futuro, darà ripetizioni di inglese a tutti i figli di quelli che ci criticano. Che soddisfazione! :p
Bilingue Per Gioco says
Arianna,
think bigger… Tuo figlio non dovrà dare ripetizioni a nessuno, avrà un bel lavoro mentre loro staranno ancora lì a decidere se possono scrivere “Inglese Buono” sul curriculum…
L.
Federica says
Arianna, for the sake of clarity, mio figlio va a un nido inglese… No wonder che piacessero loro i ns libri!
La mia figlia più grande che ha fatto le scuole italiane invece ha potuto avere l’ora d’inglese solo dalla materna perchè ha una direttrice della scuola che (senza aspettare l’ultimo anno in cui in teoria arriva dal comune un ausilio per l’inglese) ha raccolto i soldi dai genitori per pagare un’insegnante madrelingua che andasse appositamente già dal primo anno.
Tra l’altro ho fatto amicizia con l’insegnante, Laila di Londra, che ha aperto una scuola qui a Milano e che consiglio a chiunque abbia voglia di far giocare i bimbi in inglese con una persona preparata e molto carina. Non so quali siano le policies di Letizia sul dare info simil-pubblicitarie, quindi non scrivo nè nome della scuola nè recapiti finchè I don’t get her “nod of approval”…
P.S. bilinguismo: giusto la settimana scorsa mi sono presa uno “shampoo” da un’amica che ritiene che non ci sia da scherzare sulla lingua (suo figlio, essendo loro expatriates, parla italiano, spagnolo e inglese) e che se non sei veramente un native speaker (alias se non lo parli dalla nascita) allora c’è da stare attenti. Lei pensa che si rischi di rendere la cosa forzata e di minare la naturalezza del rapporto col genitore. Considerato che io parlo entrambe le lingue con la più grande (5 anni) e solo inglese col secondo (2 anni), devo dire che gradirei avere indicazioni – se ci sono – di casi in cui la cosa ha funzionato anche senza l’approccio OPOL e anche con bimbi più grandi… GRAZIE!!
A. says
Ignoro i commenti sopra, tanto sono tutti offtopic, ma nel sondaggio non hai messo la parola kitch (che è quella che mi viene in mente per prima associata a questo matrimonio!)
La “ragazza qualunque che si ritrova futura Regina d’Inghilterra” tanto qualunque non mi pare… visto che la famiglia ha tanti di quei soldi, l’unica novità rispetto al passato è che non appartiene a una famiglia nobile ma borghese. Alta borghesia, soldi, potere… non mi pare ci sia tanto di rivoluzionario tutto questo. Col cavolo (si può dire cavolo in questo blog?) che William si sarebbe sposato (o gli avrebbero permesso di sposarsi) una ragazza qualunque, diciamo che so una sarta, una commessa, una hostess, o una studentessa modello di un povero villaggio indiano, o di qualunque ex colonia! Se vogliamo credere alle favole, ok perché no, ma non confondiamole con la realtà!