Rubrica Vita da Expat, di Valentina
Di colpo il sole del pomeriggio smise di illuminare il paesaggio roccioso e desertico dell’Interstate 15. Pensai che era giunta l’ora di cercare un motel.
Mio marito invece penso’ che era giunta l’ora di inaugurare la tenda da 19 dollari e 99 cents e i due sacchi a pelo da 9 dollari e 99 comprati con entusiasmo (il suo) nel Wal-mart fuori Chicago, dove ci eravamo fermati a fare provviste prima di iniziare il nostro viaggio verso il vecchio West. Da allora avevamo gia’ attraversato Winsconsin, Iowa, Nebraska, Wyoming e Utah ed il destino, sotto forma di cartelli stradali, mi aveva sempre aiutato a postporre l’esperienza della prima notte in campeggio della mia vita: ” solo per questa sera al motel6: camere per 20 dollari!” ma soprattutto “In questa aerea di campeggio potrebbero esserci mine inesplose a seguito di esercitazioni militari, qualora ne trovaste siete pregati di telefonate al numero xxx”.
Ma quella sera la luce stava scendendo piu’ velocemente del solito, l’unica radio che prendeva era quella repubblicana e non c’era nessun cartello all’orizzonte. Finalmente una scritta: utah county camping site. Una freccia di legno che indica lo spazio gigantesco tra montagne rocciose,un lago e della terra su cui e’ permesso, a proprio rischio e pericolo, fermarsi a dormire.
“Hai visto? E’ un segno, dai fermiamoci qui per la notte!”
” Ma non c’e’ nemmeno un recinto, un bagno, siamo nel mezzo di nulla, davvero.”
“Appunto, e’ perfetto per la tua prima notte di campeggio: siamo davvero nel wild west, se superi questa puoi campeggiare dovunque con piu’ comodita’!”
Quando gli prende cosi’ e’ inutile tentare di convincerlo. Ho iniziato a prepararmi spiritualmente all’esperienza mentre lui guidava giu’ per la stradina di sassi.
Intravediamo un tizio con due gran baffi anni ’70, intento a creare un fuoco poco lontano da una gigantesca Harley Davidson.
Io, inaspettatamente sollevata: “Dai,parcheggia vicino a lui, almeno non siamo da soli!”
Lui, inaspettatamente guardingo” Non so, magari vuole stare per conto suo, che ne sai?”
Invece il tizio prende a sbracciarsi e ci invita a raggiugerlo.
“Hi, my name is Bobby, how do you do?” Stretta di mano possente e fare amichevole.
Bobby e’ cosi’ gentile da trovarci le pietre per ancorare la nostra tendina di walmart e da metterci a disposizione tutta la sua attrezzatura da campeggiatore motociclista di lunga data: batterie a pedale, braciere, macchinetta ultrasuoni scacciainsetti..gli dobbiamo sembrare davvero due pivelli. Cerco di reprimere quel pensiero diavoletto nella testa che mi dice “occhio che negli Stati Uniti ci sono un sacco di persone strane in giro, anche armate”. Cosi’ e’ iniziata la mia prima sera nel deserto: alla luce di candele, condividendo birra, fagioli e salsiccie con Bobby, un marine andato in pensione, che ci racconta com’e’ l’America secondo lui e ci chiede come sono le Alpi.
UUUUUUUUUHHHH -UUUUUUUHHH
“Bobby, sono i coyotes?”
“Si, honey”
“Sai io non ho mai fatto campeggio prima…ma sono davvero pericolosi?”
“No, honey, attaccano l’uomo solo se hanno fame, ma in questa stagione di sicuro hanno di che mangiare.”
“Ah”
Lui si accorge del mio panico e aggiunge: “Honey, credimi, i coyotes non sono un problema, semmai se arrivano i racuns, quelli possono essere noiosi, ma stai tranquilla, in ogni caso sono armato.”
I racuns? Che diavolo sono i racuns? Perche’ per quanto uno parli una lingua straniera succede sempre di scoprire che ti manca una parola nel momento in cu ti serve?
Mio marito pare tranquillo: “Oh, Vale, non saranno i racuns a spaventarti.”
Non so se mi fa piu’ paura l’idea di dormire a qualche metro da Bobby che e’ armato (e non oso domandare di che cosa) o quella di essere attaccata nel sonno dai racuns. Mentre i coyotes ulano, finiscono le candele e ci ritiriamo nella nostra tendina.
“Notte Amore”
“Notte…ma cosa sono i racuns?”
“Non lo so, ma stai tranquilla, nel caso ci attacchino, Bobby e’ armato.”
Alla fine, mi sono addormentata. Il mattino dopo ho contemplato l’alba sul lago con la sensazione di averla scampata bella. Ringraziando il cielo di essere ancora intera, mi sono ripromessa di non avventurarmi mai piu’ per il mondo senza essere armata almeno di un vocabolario tascabile.
Solo due settimane e dodici ore di areo dopo, tornando a casa ho scoperto cosa sono i raccoons.
E a voi, e’ successo di scoprire di non conoscere la parola giusta al momento giusto?
P.S. by Letizia
Immagine: Zoo-ology, un libro che non consiglio per il campeggio (è enorme, non grosso, grande) ma perfetto per chi certe curiosità se le toglie sul divano di casa con i bambini attorno… L’originale è in Francese e si trova su Amazon.fr, infatti è stato fatto in collaborazione con Emmanuelle Grundmann, Zoology Consultant of the French National Museum of Natural History, ma si trova anche in Inglese su amazon.co.uk e su Amazon.it, in Tedesco su amazon.de.
Graziana says
Ma all’epoca del racconto non era nata la tua bimba vero? Perché magari vedendo insieme questa puntata di Mio Mao http://www.youtube.com/watch?v=ZERygzWxcBY&feature=relmfu non ti saresti spaventata dei raccoons:)
A. says
E’ più brutto quando conosci la parola ma lì per lì non te la ricordi nella TUA lingua!
Arianna says
A me qualche giorno fa sono mancate parole intere e non solo una! Eravamo in un ristorante in Toscana, patria d’origine sia mia che del mio compagno e una coppia di tedeschi chiedeva informazioni al gestore. Io senza neanche pensarci mi sono lanciata (finalmente un’occasione per mettermi veramente alla prova!) e gli ho detto che, parlando un po’ di tedesco avrei provato ad aiutarli. La tizia mi ha detto qual era il problema e mi sono ghiacciata. Avevo capito 1/4 del discorso! Panico. Mi sono messa le mani sul viso e mancava poco piangevo! E ora come ne esco accidenti a me!
Poi mi sono ripresa e ho semplicemente chiesto di ripetere e piano piano il discorso è stato chiaro e mi hanno pure ringraziato! Che soddisfazione, ma che paura di essermi lanciata troppo precipitosamente!
Sabina says
Hilarious 🙂
A me è successa una cosa simile a Yellowstone. In un campeggio abbiamo conosciuto una coppia di amici, uno professore dell’università di New York, l’altro un ingegnere petrolifero. Ci avevano preso in simpatia ma il professore ogni giorno mi metteva alla prova chiedendomi una parola inglese difficile (ho per es. scoperto che colander è lo scolapasta… molo utile!).
Una mattina mi dice “Sabina, wake up! You sleep like a log!” e io penso: non sapevo che ghiro si dicesse log… Dopo una colazione passata a snocciolare il qui pro quo del suddetto modo di dire, ci siamo fatti una grassa risata.
Ma io mi chiedo ancora oggi perché in inglese si dica “dormire come un tronco”… 🙂
Eleonora says
Anche in spagnolo – e itañol- esiste questa espressione! Secondo me rende l’ idea: un’ immagine distesa, pesante, immobile, in nessun modo verticalizzabile (penso ad un tronco abbattuto) 😀
gianna says
Anche in svedese. “sova som en stock” 🙂