Dilemma amletico di Marco: Dirlo o non dirlo?
Al momento nessuno in casa è al corrente di BpG e del relativo obiettivo che sto seguendo: aumentare sempre più l’esposizione all’inglese in modo che sempre più “gocce” si trasformino in “drops”.
Ora mi chiedo: sino a quando proseguo così? Procedo sino quando i bimbi sono più grandi e possono capire meglio cosa vuol dire che le nostre esperienze sono condivise in un blog, oppure spiffero tutto e vedo cosa succede?
La tentazione di dirlo subito è tanta ma temo che i tempi siano prematuri e la rilevazione possa essere percepita come lo svelare il trucco di un prestigiatore con conseguente smorzamento dell’entusiasmo e dei risultati.
Ma soprattutto mi chiedo: cosa fate voi? Perseguite i vostri obiettivi bilinguistici senza menzionare BpG o avete coinvolto in maniera più diretta la prole? Sanno i bimbi che i loro progressi ed i vostri dubbi sono condivisi con la community?
E chiedo a Letizia: A. è a conoscenza di essere stato elemento scatenante del blog e di tutto quello che ne è conseguito?
Dichiaro aperta l’open discussion su questo tema
Immagine: Keep our secret (to be read in a whisper)
Marco,
come si dice in questi casi: grazie per la domanda. Parliamone. Premetto però che su questo tema non ci sono indicazioni che tengano, solo considerazioni personali, io condivido con piacere le mie scelte e motivazioni, ma ognuno decide in base alla propria esperienza e sensibilità.
1) Bambini sul web
Inizialmente, agli albori di BpG, ero abbastanza casual su questo tema, non mettevo foto di mio figlio a destra e sinistra ma nemmeno ero così maniacale nel tenerlo fuori dal blog. Quando ho capito che il blog stava diventando una cosa seria ci ho riflettuto e ho preso una decisione drastica, mio figlio sta fuori dal blog. Il blog parla dell’esperienza genitoriale in sè, non c’è ragione di mettere foto e nomi se non quella di “abbellire” il blog (vi dico un segreto, mio figlio è uno spettacolo, del resto ogni scarrafone…), ma soprattutto lui non ha bisogno di visibilità, non ha bisogno di essere riconosciuto o individuato, di sapersi esposto, lui ha bisogno di essere un bambino e basta, e i suoi bisogni vengono prima di qualsiasi altro. Con questo sia chiaro non critico minimamente chi condivide le foto dei propri figli sul web, e in tutta sincerità anche a me piace molto vederle, ma io mi sentirei a disagio nel farlo, e se mi sento a disagio io e non fa bene a lui, cui prodest?
2) Spiegare il blog ai bambini
Idem come sopra, mio figlio ha 4 anni, non lo sto crescendo come un piccolo digitale, non naviga da solo, non ha il suo computer. Non so se sarebbe in grado di capire cos’è un blog, ma sicuramente non vedo che beneficio potrebbe trarne. Cosa vuol dire che la mamma racconta la nostra storia in giro? Come lo si può capire se non leggendo quello che scrive la mamma? Quando sarà in grado di leggere credo scoprirà in modo molto spontaneo cos’è Bilingue per Gioco e cosa scrivo e potrà fare delle valutazioni, oggi non gliene verrebbe alcun beneficio, e non credo che pensarsi analizzato e descritto pubblicamente (cosa che tra l’altro faccio molto discretamente, credo, non è che parlo sempre di lui) gli farebbe bene.
Quest’estate, avendomi credo sentita parlare con qualcuno, mi ha chiesto
“Mummy, cos’è bilingue per gioco?”
Ho sorriso, “It’s mummy’s work”
“Cos’è mummy’s work?”
“You know what it is, it’s when we go to the playgroups, what do I do there?”
“You teach english to children”
“That’s right”
Questa è la comprensione che oggi mio figlio ha del mio lavoro, e mi sembra molto adatta alla sua età. Ogni tanto mi becca che elaboro un video, e allora vuole guardare “mummy in the computer“, la trova una cosa molto interessante, ma non andiamo oltre. Sicuramente non vado a spiegargli che partendo dalla nostra esperienza voglio rivoluzionare il paese (perchè in fondo fondo, rimanendo sul tema vision, io questo voglio fare, voglio che tutti noi genitori troviamo un modo e gli strumenti per guardare avanti insieme), mi sembra francamente molto più di quanto un 4enne possa capire, lo capirà da sè vivendo la nostra esperienza e la nostra società, nel bene e nel male.
3) Condividere l’esperienza
Su questo invece ho un approccio completamente diverso. Ho condiviso i miei progetti dal primo giorno con amici e familiari più stretti, anzi, in verità per quanto riguarda il blog prima ne ho parlato in giro con qualche amica, mi hanno risposto sguardi perplessi e una battuta storica (chissà se chi l’ha detta si riconoscerà…) “un blog sul bilinguismo? ma quanto pensi di poter scrivere sul tema? che c’è da dire?” e lì ho capito quanto fosse necessario farlo!
Oggi il mio entourage più stretto non è che legga Bilingue per Gioco granchè, anche perchè lo vivono nei miei racconti, nell’esperienza quotidiana, e se hanno una domanda chiaramente me la fanno, però mi appoggiano diciamo così “moralmente”, credono nel progetto, e questo per me è importante, positivo.
Nello specifico, io personalmente non credo che riuscirei a tenermi un segreto così con la persona con cui condivido letto, vita e genitorialità (parlo insomma della domanda relativa a tua moglie che menzioni nel tuo primo post), ma mica per altro, se una cosa la fai con entusiasmo poi quest’entusiasmo lo vuoi condividere, no? Io almeno sono fatta così… Però appunto condividere il mio entusiasmo non vuol dire aspettarsi che gli altri provino lo stesso entusiasmo e ci si buttino a capofitto, anzi, qualche volta ci sono anche rimasta male, fa un po’ strano che estranei partecipino attivamente al tuo progetto e chi ti è vicino no, ma è così e basta e forse è anche una distanza sana tra vita personale e vita pubblica. Riassumendo, il mio approccio è parlane a tutti, condividi (anche perchè se l’obiettivo e creare effetto valanga è essenziale parlarne a tutti) , non aspettarti che gli altri provino lo stesso entusiasmo solo perchè fanno parte della tua vita. E soprattutto non dipendere dall’approvazione e l’entusiasmo degli altri, sei tu che devi innescare cambiamento, non permettere a nessuno di fermarti e demotivarti.
Ora faccio io la domanda, voi invece come la vedete?
L.
Elisa says
Ciao a tutti, da quando ho scoperto BPG il mio entusiasmo nei confronti del bilinguismo è cresciuto esponenzialmente, la mia motivazione è aumentata e di conseguenza anche l’esposizione di mia figlia alla seconda lingua, l’Inglese. La scorsa settimana ho scritto in risposta ad un post di come mia figlia accettasse che una serie di persone le parlassero in Inglese (tata, maestra, papà) ma non me. Mettendo queste idee nero su bianco, ho iniziato a riflettere sul nostro metodo di bilinguismo, sinora un po’ random, e in pochi minuti sono arrivata alla risoluzione di adottare dalla sera stessa in maniera piu’ rigorosa il metodo “minority language at home”. Sarà che mi sentivo molto piu’ sicura e determinata, ma mia figlia deve averlo capito e da allora accetta serenamente che io mi rivolga a lei in Inglese il 90% del temp. E questa maggiore sicurezza (abbinata alla serenità di fare la scelta giusta) mi è derivata dagli approfondimenti sul blog di Letizia e su altri di famiglie che hanno intrapreso lo stesso cammino. Per rispondere alla domanda: è stato per me spontaneo parlare a mia figlia di BPG visto che alla fine cio’ che leggo sul blog ha un impatto diretto sulle decisioni che prendo riguardo il modo che ho di relazionarmi con lei. Le ho semplicemente raccontato una storia come gliene racconto tante, quella di molte altre mamme e papà che, come noi, parlano ai loro piccoli in Inglese e che una di queste mamme, Letizia, scrive nel computer la storia del suo bambino che ha 4 anni come lei, vive in Italia come lei, capisce l’Inglese come lei e parla alla sua mamma in Inglese. Come lei? Non ancora purtroppo! Nei miei confronti (solo miei) il bilinguismo di mia figlia è ancora in gran parte passivo. Ma ho capito che non devo demordere e che un giorno non mi dovro’ stupire se tutto quello che ha assimilato in questi mesi verrà fuori tutto d’un colpo anche nei confronti della mamma. Mi auguro avenga il prima possibile, se cosi’ non sarà, andrà bene lo stesso.
Bilingue Per Gioco says
sono diventata una storia… non ho parole… 🙂
L.
A. says
Prima o poi faranno anche la bambola Letizia, come William e Kate o le figlie di Obama! 🙂
Arianna says
Io non condivido Bpg con le mie figlie e la motivazione è la stessa di Letizia, non so quanto potrebbero capire di un blog, sia perché hanno 5 e 3 anni sia perché le stiamo crescendo a relativamente “bassa tecnologia”: non conoscono Internet se non per qualche video su You tube (scelto dalla mamma e guardato con mamma o babbo) non usano videogiochi, nè al computer nè consolle varie, disegnano con paint ma sotto la guida del papà.
Di bilinguepergioco vivono il playgroup che però per loro è “when we go to Armine’s class”.
Condivido invece la comunità e molte delle riflessioni che ne scaturiscono con mio marito e ciò che ne ricaviamo è importantissimo nel supportarci a livello di motivazione e di informazioni necessarie a prendere molte decisioni che riguardano la nostra famiglia bilingue: dalla scelta del summer camp, alla scuola, alla possibilità di prendere una au pair e via dicendo.
So far so good!
A
Marco says
Sempre continuando a considerare la discussione come scambio di idee e situazioni (e non di ricette) e poi ognuno sceglie liberamente cosa fare e non fare, più che di esperienza e sensibilità io parlerei di realtà concreta:
Nel mio caso N. di quasi 6 anni è una bambina molto sensibile, perspicace, creativa, intelligente e simili, e dico questo non perché è quello che penso di lei (che però coincide) ma perché è quello che da sempre nelle situazioni più disparate e con persone diverse ha sino ad oggi dimostrato di essere e che le persone ci hanno fatto e continuano a farci notare.
In giro vedo molti bambini della sua età che chi più chi meno non si interessano particolarmente a cose che si discostano abbastanza dai tradizionali e sani giochi con bambole, pupazzi, costruzioni, macchinine, etc. Mia figlia oltre a fare tutto questo, si interessa e chiede di approfondire argomenti che spaziano tra la nascita dell’universo, preistoria, evoluzione, antico Egitto, natura, animali in estinzione e via dicendo. Certo io e mia moglie abbiamo contribuito a stimolare ed alimentare queste curiosità, ma perché ci siamo resi conto dell’ effettivo interesse da parte sua.
Con questo non voglio dire che a lei non interessano le cose che solitamente interessano alle bimbe della sua età, le interessano eccome ma le interessano anche altre cose che solitamente non ci si aspetta dalla sua età, inoltre di qualunque cosa si parla con lei o sente parlare è necessario fare continui approfondimenti, d’altronde l’ho detto che i miei figli sono meravigliosamente impegnativi. Sono felicissimo degli interessi e del modo di essere di N. e le dico sempre di non smettere mai di essere curiosa. Quando capita che le diciamo che lei è la nostra bimba speciale, lei ci risponde che vuole essere una bimba normale e di rimando le diciamo che lo è, che è una normalissima bimba speciale come lo sono tutti i bimbi per i propri genitori.
Qualche settimana fa mi ha fatto compagnia ad un Brico e mentre ero dedito alla scelta di alcuni perni per delle mensole, lei era tutta presa nel farmi svariate domande su perni, viti, mensole, etc. Un signore accanto a noi mi ha detto: “Certo che tutto si può dire tranne che sua figlia non parli, la mia che ha la sua stessa età non dice una parola…” Usciti dal negozio ho detto a N. “Quel signore è rimasto senza parole nel sentire come parlavi, e non sa che stai iniziando a parlare in inglese” e lei “Ma papà io non voglio parlare inglese!” , tranquillamente le ho chiesto “E perché?” “Perché tu mi fai sentire speciale ed io non voglio essere speciale”. “Ma mica diventi speciale perché cominci a parlare in inglese, sei una semplicissima bambina normale che tra le altre cose parla inglese. Altri bambini sanno fare cose che tu non sai fare, tu magari sai fare cose che loro non sanno fare, d’altronde te lo dico sempre che nessuno al modo conosce o sa fare tutto.” “Vero, hai ragione”.
Alla luce di tutto ciò è intuibile che una condivisione in famiglia di BpG non sarebbe facilmente discutibile tra poche domande ed alcune risposte ma sarebbe l’ innescarsi di continui interrogativi e riflessioni riguardo BpG ogni volta che si parla o si gioca in inglese rischiando di interrompere il “gioco” e questo non è di certo quello che voglio. BpG deve essere un aiuto per me e per tutti quelli che come me hanno bisogno di aiuto con la gestione delle lingue in famiglia, non un’ argomento di discussione o approfondimento. A me interessa continuare a giocare e divertirmi con i miei figli e mentre che ci sono, quando possibile, farlo anche in inglese. Insomma unire l’utile al dilettevole. Soprattutto essendo ancora all’inizio, solo tre settimane, di un introduzione all’ inglese più attenta e sistematica voglio evitare che la cosa si arresti repentinamente, vorrei arrivare ad un più ampio e naturale coinvolgimento di moglie e prole di modo che l’inglese diventi una cosa normale della quotidianità come lo sono le altre. Allora si che non ci saranno problemi a parlare di BpG.
Marco says
P.S. Il piccolo A. ha quasi 18 mesi e con lui al momeno è più semplice, a parte il fatto che è tutto concentrato sul movimento…
Eleonora says
Ciao, Marco, ciao a tutti!
Premetto che non uso BPG per fini didattici ma per il puro, solidale e sanissimo sollievo personale che provo nel leggere esperienze di genitori alle prese con il lavoro -ad ogni cosa il suo nome!- di crescere i propri figli plurilingui.
Riporto la mia la mia esperienza, condividendo appieno la tua idea di discussione (scambio di esperienze dirette e non di ricette:-))…spero solo di saper centrare la questione (ho letto tutti tuoi commenti in una volta e rispondo di getto, le tematiche toccate sono molte e interessanti…forse ho messo troppa carne al fuco).
Da circa un anno ho cambiato completamente l‘ ottica del mio approccio al plurilinguismo familiare grazie a due semplici parole contenute in opuscolo di supporto alle famiglie bilingui distribuito dalla scuola statale (svizzera).
Prima vivevamo in Spagna, sia io che mio marito conoscevano bene lo spagnolo e ognuno parlava la propria madre lingua ai nostri figli (io italiano e mio marito svedese). Insomma, i ruoli erano chiari: noi eravamo ‘‘quelli che sapevano‘‘ e loro ‘‘quelli che dovevano imparare‘‘.
Dopo il trasferimento in Svizzera le cose sono drasticamente cambiate: anche noi siamo passati dalla perte di quelli che ‘‘ dovevano imparare‘‘ con non poche incertezze (sono passata dal sentirmi una madre linguisticamente inadeguata e incapace di essere un punto di riferimento per i miei bambini a causa del mio ‘‘non sapere‘‘).
Quando era ora di aiutare la grande con i compiti, cercavo le parole quasi di nascosto ed ero terrorizzata di insegnarle cose sbagliate. Dopo è arrivato quell‘ opuscolo pre-stampato -perché, grazie al cielo, noi esseri umani siamo di una prevedibilità infinita!- . Il primo consiglio era:
‘‘Date l‘ esmpio‘‘
Niente di illuminante, lo so, ma forse è la classica cosa giusta successa nel momento giusto. Da allora ho iniziato a rivedere il mio ruolo di educatore e l‘ idea preconcetta e rigida che avevo di questo ruolo.
Ho cominciato ad imparare con lei , trasmettendole entusiasmo, ridendo insieme delle delle cantonate che ci capitava di prendere e correndo a l computer appena tornate a casa per cercare su Google Übersetzer traduzione e pronuncia giuste (anche da questi episodi divertenti-ridicoli, comunque emotivi, si impara molto).
Gli effetti si sono visti fin da subito!
Mia figlia ha 7 anni, è svedese -oltre che figlia di un ing. elettronico- e gli svedesi sono un popolo ipe-rtecnologico: è frequente che bambini di 7-8 anni abbiano già un blog pubblico che gestiscono in autonomia. Credo sia importante imparare a fare un buon uso della tecnologia da subito: abbiamo fatto un blog -privato!- insieme dove mettiamo le foto di tutti i libri che legge accompagnati da una piccola recensione in italiano e svedese, facciamo rete sociale con bambini (e mamme!) svedesi (perché di italiani non ne abbiamo ancora trovati :-)) che hanno un blog di questo tipo, e diventano amici di libri e tastiera , anziché di penna come succedeva ai nostri tempi con i corrispondenti francesi o inglesi. Troppo presto? Dipende dal bambino, dalla cultura, dai genitori: per mia figlia non lo è : mi vede fare blogging cosí come leggere o dipingere, suonare e vuole farlo anche lei, è naturale. Preferisco che impari da me adesso e associ fin da subito il web alla cultura, piuttosto che impari dall‘ amichetta di turno tra un paio d‘ anni e metta foto di cosa compra o come sio trucca e veste ! (quando va bene :-S).
Lei mi chiede chi è ‘‘quella signora‘‘ (Letizia) e io le racconto che è una mamma di un bambino che parla tante lingue come lei. Le ho fatto vedere il video-libro girato in una libreria di Stoccolma dove siamo stati quest‘ estate ed era molto sorpresa e se l‘è rivisto due o tre volte!
Io credo che non debba essere considerato un ‘‘trucco‘‘ ricorrere a delle risorse esterne: la parola ‘‘trucco‘‘ implica un inganno, un sotterfugio, e qui di inganni non ce ne sono: c‘è un papà attento e presente, c‘è un grande sforzo basato sull‘ amore e sulla cultura ed è troppo bello e positivo per mantenerlo segreto 😉
secondo me eh…
E poi, se fossi nei panni di tua moglie vorrei saperlo 😀
A. says
Rispondo anche io nello spirito con cui ha risposto Eleonora e con cui ha aperto la discussione Marco, cioè di condivisione e scambio anziché di soluzioni pronte (con Eleonora condivido anche le motivazioni che mi portano su BPG: interesse per le storie di altri genitori che stanno percorrendo strade simili alla mia, per quanto diverse possano essere).
Nel mio caso, no, non condivido BPG con mio figlio e nemmeno con suo padre.
Con il suo papà, inglese, abbiamo parlato di come introdurre il bilinguismo in casa quando nostro figlio era piccolissimo. Volevamo tutti e due che nostro figlio crescesse bilingue. Allora ancora non conoscevo BPG ma per fortuna avevo alcuni esempi di bilinguismo riuscito tra i miei amici e i loro figli/nipoti, che mi hanno reso chiaro fin da subito 3 cose: 1) l’OPOL applicato in maniera rigorosa consente al bambino di capire che le lingue vanno mantenute separate (e quindi, avrebbe evitato di mischiare le 2 lingue); 2) la lingua minoritaria va rinforzata con tutti i mezzi per non farla soccombere sotto la prevalenza della lingua maggioritaria; 3) è meglio iniziare con la seconda lingua fin da subito. Lui ha potuto parlare con loro, vedere in prima persona i risultati sui loro bambini. Quindi sull’argomento ha deciso che ne sapevamo più di lui, era contento di sapere come fare e gli andava bene fare come dicevamo io e i miei amici. Col passare del tempo, ho fatto ricerche su internet sul bilinguismo e ho scoperto BPG; ovviamente il papà veniva “aggiornato” brevemente sulle mie scoperte, che erano poi conferme. Ma lui è un tipo di poche parole, e non gli interessano troppi “dettagli” e troppe “storie”, a me invece sì! Poi, pian piano, BPG è diventato un appuntamento fisso per me, mentre a lui non ne parlo praticamente più. Ma non per nasconderglielo, solo perché non gli interessa! E con questo non voglio dire che non gli interessa il bilinguismo di suo figlio (non perde occasione di dire a tutti che suo figlio parla due lingue e come traduce al volo da una lingua all’altra, e proprio ieri mi ha raccontato entusiasta e divertito che il piccoletto gli ha dato la prima lezione di italiano su come pronunciare “Thomas il trenino”, scandendo “tre-ni-no”); per quanto mi riguarda, invece, sentire le esperienze e le storie di altri mi fa sentire meno sola in questo percorso, e mi aiuta a riflettere, quindi BPG per me è una miniera d’oro. Mi è capitato varie volte di passare il link a BPG e quindi di condividere questo sito, ma conoscendo il mio Lui, è inutile che gliene parlo, mi direbbe che ne abbiamo già parlato e che stiamo facendo benissimo così.
Nel caso di Marco non so, probabilmente a sua moglie farebbe piacere avere a disposizione gli strumenti di riflessione che ti da BPG, ma solo lui può sapere se e quanto lei possa apprezzarlo.
Sul parlarne a sua figlia, non lo so… il mio è troppo piccolo (meno di 3 anni e mezzo) e anche con un grande sforzo di immaginazione non riesco a immaginarmi nella sua situazione, mi viene di dire “no”, ma non sono sicura se sia un “no” obiettivo (nella mia testa c’è sempre l’immagine di un bambino, il mio, che è troppo piccolo e quindi non capirebbe)!
Marco says
Ciao Eleonora,
Leggendo il tuo post mi vien da dire “famiglia che vai, usanza che trovi!” Questo trovo molto bello ed utile in BpG (oltre a tutto il resto),ovvero la condivisione di modi diversi di vivere l’approccio con le lingue. Condivisone che può fornire diversi spunti di riflessione o aiuto a chi legge, che può portare a cercar di fare in maniera analoga o a dire no questa data cosa non è adatta a me.
Quanto alla parola “trucco” , l’ho usata perchè per me la scoperta di BpG è stata una scoperta “magica” che mi sta aiutando in maniera concreta con le lingue in casa, cosa che prima non ero riuscito a fare.
Ovviamente non c’è inganno, c’è il mio voler esser attento che il percorso intrapreso non si blocchi.
Ciao A.,
Io putroppo non ho avuto e non ho esperienze dirette con le queli confrontarmi e quindi faccio tutto da me con l’aiuto di BpG, di Letizia, e di tutte quelle che come te intervengono nelle discussioni.
Rispondendo a te, vorrei ricordare a tutte che io mi trovo in una situazione nella quale al momento in casa (Italia), mi sforzo nel parlare in inglese con una bimba di 6 anni, un bimbo di 18 mesi e mia moglie, quindi cerco di coinvolgere tre persone di età totalmente diverse che non conoscono la lingua e personalmente non è molto semplice. Sino ad oggi siamo ad un livello molto iniziale e quindi non posso parlare solo inglese (ammesso che io sia in grado di farlo, ci provo…) ma devo continuamente spiegare cosa voglio dire. Soltanto quando sono solo con il piccolo, che non mi chide cosa voglio dire, posso permettermi qualche discussione più lunga.
lucia says
Marco, ciao!
io,fossi in te, a tua moglie racconterei di Bpg. così poi le puoi girare link che ti sembrano interessanti. o magari può leggersi il blogging Carnival.
è come se trovassi una bella rubrica su un settimanale e ritenessi che possa interessare anche a lei…gliene parleresti, no?
per i bimbi è diverso…sono piccoli e Bpg non è pensato per essere fruito direttamente dai bambini, ne parla e raccoglie esperienze, ma non è un diario puntuale di una mamma e un bambino da leggere come una fiaba…(chissà, magari prima o poi Letizia lo farà)
è come se leggessi un testo di pedagogia e ne prendessi spunto…mica diresti ai tuoi figli faccio così perchè ho letto il tal manuale, semplicemente, immagino, applicheresti nel modo che più vi si confà le cose che più ti paiono adatte a voi, no?
e invece ci sono tanti siti pensati per i bimbi, anche piccoli, che possono essere un bello strumento da usare insieme
Marco says
Ciao Lucia,
Io vorrei dire a mia figlia e mia moglie che esiste un sito dove si ritrovano tante famiglie che condividono le proprie esperienze con le lingue, che l’ha fatto una mamma che sa il fatto suo, che li ho trovato spunti interessanti per scegliere i libri ed i video che in casa piacciono tanto e che ogni tanto parlo di noi. Solo che ancora non credo sia il momento giusto.
Giovanna says
Ciao Marco e ciao a tutti,
interessante il tuo dilemma, non mi era venuto in mente sinora…. Per quello che mi riguarda, avendo un blog anch’io sul biliguismo nato ovviamente da una mia esigenza personale di mamma di bambini bilingui, oltre che di linguista che vive e lavora in un ambiente multilingue e multiculturale, ho semplificatamente raccontato ai miei bimbi che “mamma mette i loro disegni sul computer”. Si tratta infatti dei loro disegni quelli che compaiono prima di ogni articolo del mio blog.
Essendo il blog connesso anche a corsi di lingua italiana per bambini bilingui (non scolarizzati in italiano) che ho creato io inizialmente proprio per i miei figli, loro, che frequentano i corsi (di cui non sono io l’insegnante) sanno che “Italobimbi (il nome dell’iniziativa) l’ha fatto mamma”.
Per il resto sono d’accordo sul fatto che i bambini debbano vivere la loro vita di bambini e siamo noi genitori che abbiamo bisogno di confronto, sostegno e quant’altro. Loro hanno bisogno di amore, sicurezza e….di giocare!
Marco says
Bella l’idea di mettere i disegni dei bimbi, mia figlia a volte mi ha chiesto di metterne qualcuno su FB ma sino ad oggi non l’ho fatto. Quasi quasi se le parlo di BpG e Letizia è d’accordo…
Daniela says
ciao Marco!
la tua bimba e’ davvero tosta 🙂 ! io alla mamma, cosi per inciso, ne parlerei di BpG, poi come giustamente ti hanno gia detto non e’ detto che le apprezzi e si metta a leggere tutti i post! Il mio compagno sa ad esempio che leggo BpG, condividiamo pienamente il nostro progetto sul bilinguismo, ma lui non ci pensa minimamente a leggerlo! (sorry Letizia 😉 Poi per carattere tendo a condividere le cose a cui piu tengo solo con le persone piu care: per tutte le altre io “ogni tanto parlo in inglese”, la ragazza alla pari e “una ragazza”, mia figlia conosce “un po” l’inglese…. e come diceva il mio professore lasciamoli pure morire scemi….
Marco says
Si infatti non credo proprio che mia moglie non si metterebbe a seguire BpG.
Anche io per carattere non tendo a condividere a destra e a manca determinate cose, poi a mia figlia cerco di abituarla a non vantarsi con gli altri per quello che sa, o sa fare. Le dico sempre che l’importante è saperle le cose, non farlo notare agli altri.
Bilingue Per Gioco says
Sono d’accordo sul fatto che i bambini devono imparare a non dipendere dall’approvazione esterna nè mettersi in mostra, meno sul non condividere e lasciare che ognuno su cuocia nel proprio brodo, non possiamo lamentarci di vivere in una società chiusa e con orizzonti limitati se non ci diamo da fare in prima persona per ampliare questi orizzonti, anche condividendo la nostra esperienza. Ora è chiaro che per me la condivisione è elemento importantissimo, non è che bisogna tutti mettersi a tenere un blog, però sentirsi portatori di un cabiamento che vada oltre le mura domestiche, a mio parere, sì.
My 2 cents,
L.
Marco says
Condivisione con chi ha interesse alla materia in oggetto si, vanto per fare ostentazione di quanto si è bravi no. A questo mi riferivo, ma non è il nostro caso.
Rox says
Ciao Marco,
Ho condiviso con mio marito il desiderio di crescere mio figlio bilingue cercando in lui un aiuto per questo progetto perchè siamo entrambi italiani che vivono in Italia e ovviamente l’esposizione alla lingua inglese che posso dargli da sola è minima.
Mio marito è assolutamente contrario (nonostante abbiamo più volte discusso anche animatamente) perchè sostiene che il bimbo ha tempo e modo per imparare la lingua successivamente; pertanto quando faccio sentire al bimbo le canzoncine in inglese oppure mi rivolgo con qualche frase d’inglese mi guarda perplesso, scuote la testa e mi prende in giro.
Io insisto e aspetto che cambi idea: sono sicura che quando mio figlio, che ora ha 5 mesi, riuscirà a dire la sua prima parola inglese, l’orgoglio farà cambiare idea al padre e vorrà partecipare anche lui a questo gioco.
Quello che posso suggerirti è di rendere partecipe tua moglie di questo tuo desiderio in ogni caso e ti auguro di trovare un’alleata.
In bocca al lupo
Rox
Marco says
Ciao Rox,
Sino ad oggi non ho ancora condiviso BpG in casa ma mia mogie non mi ostacola affatto, anzi anche lei comincia a dire qualche parola in inglese e quindi partecipa già al gioco. Ancora più bello è che anche il piccolino di 18 mesi continua a mostrare entusiasmo e ripetere le parole nuove che sente improvvisamente per casa: school, purple…
Continua ad inistere e ti auguro di avere quanto prima risultati con tutti e due.
Marco
vanna says
ciao a tutti,
trovo sempre altamente formativi per me tutti i vostri commenti, anche perchè non ho altri riferimenti e le insicurezze sono tante…
io ho scoperto per caso BpG, e ne ho parlato subito con mio marito, a cui l’argomento può anche piacere, ma sicuramente non tanto da approfondire.. comunque a casa sono solo io a provare a parlare inglese con la bimba
però questa settimana sono successe due cose: un giorno il marito è rientrato fischiettando “I’m a little teapot” e l’altra sera la bimba, che giocava per conto suo, contava i pezzi delle costruzioni in inglese…
Le piccole soddisfazioni della vita 😉
Marco says
Piccolo aggiornamento:
dallo scorso fine settimana BpG non è più un segreto per mia moglie che ovviamente ha ben accolto la cosa, mi ha chiesto di cosa si tratta e cosa scrivo io.
Prossimante pubblicherò un post con i dettagli.