Fin da quando ero bambina, il tempo dell’Avvento e del Natale hanno significato per me musica natalizia, quei canti che si ascoltano e si intonano solo una volta all’anno, così indispensabili per creare la “giusta atmosfera”. In famiglia ascoltavamo musicassette dalla Danimarca, il paese di mia madre: le solenni musiche d’organo insieme ad allegre canzoni di folletti erano un tutt’uno con le decorazioni in stile scandinavo che in quelle settimane invadevano la nostra strana casa (le mie amichette trovavano tutto così diverso dalle loro case… allora l’Ikea non era ancora arrivata in Italia!).
Poi, da grande, e soprattutto dopo essermi sposata con un “mezzo britannico” cresciuto in Italia come me con la mamma straniera, al mio repertorio natalizio si sono aggiunti i canti in lingua inglese. Ed è questo potpourri di suoni e tradizioni che adesso condividiamo con nostro figlio D., il quale (per nostra fortuna) trova tutto ciò estremamente naturale…
La musica fa anzitutto bene al cuore, e per i bambini è forse ancora più importante. Dal punto di vista linguistico, poi, cantare è quanto di meglio si possa trovare per familiarizzare con una lingua e il tempo del Natale è assolutamente un’occasione da non perdere!
Il Natale è una festa cristiana e la sua tradizione musicale inizia proprio nelle chiese. Nei paesi di tradizione protestante la musica è particolarmente sentita come modo di espressione della spiritualità (forse perché storicamente la Riforma ha fatto piazza pulita di tutto il resto). Le culture anglosassone e scandinava hanno vastissimi repertori di inni sacri natalizi: non c’è Natale senza Christmas Carols e Julesalmer! Sono canti di lode e gioia, spesso descrivono scene di natività, popolate di angeli e pastori. Anche il repertorio profano è estremamente ricco: i canti scandinavi raccontano le imprese degli Julenisser, i folletti del Natale, ma anche la gioia dello stare in famiglia, a decorare la casa o preparare dolcetti, mentre nelle canzoni di lingua inglese troviamo il buon vecchio Santa Claus e tanti innevati paesaggi d’inverno. La tradizione sacra e quella profana convivono con una certa naturalezza e spesso si trovano insieme nei cd con le raccolte di musiche natalizie. Per le canzoncine in inglese Letizia ha fatto un bel lavoro di selezione in questo vecchio post, dove potete trovarle anche riunite in un comodo pdf.
In Danimarca si canta molto nelle case, nelle feste, nelle cene aziendali, ovunque. Una particolare tradizione vuole che la famiglia canti facendo un girotondo intorno all’albero la sera di Natale. Qualcuno forse ricorderà la scena del Natale nel film“Fanny e Alexander” dello svedese Ingmar Bergman: la famiglia riunita canta e balla tenendosi per mano e girando intorno a tutta la casa! La trovate al minuto 4:50 di questo video:
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=Afcci-YyEu4&feature=related[/youtube]
E adesso, se vi è venuta voglia di ascoltare un po’ di musica natalizia, qui trovate una selezione di Julesalmer da ascoltare e qui trovate i video dei Christmas Carols cantati l’anno scorso al tradizionale Festival of Nine Lessons and Carols che si tiene ogni anno al King’s College di Cambridge la vigilia di Natale. Tra parentesi, nelle maggiori città italiane si trovano chiese anglicane di lingua inglese che tengono un Carol Service: può essere una bella occasione per respirare un’aria natalizia diversa e, se siete fortunati, alla fine troverete anche un banchetto che serve mince pie e mulled wine!
Le mince pie però potete farle anche da voi, facendovi aiutare dai vostri bambini (la preparazione del ripieno richiede semplici operazioni di pesare, sminuzzare e mescolare, ma i bambini possono anche collaborare nel formare i cerchi di impasto con cui farete le piccole pie). Ecco qui la ricetta (e ricordatevi di esprimere un desiderio quando mangiate la prima mince pie della stagione!).
Ingredienti e preparazione del ripieno (mincemeat)
150 g uva sultanina
150 g uva passa
(al supermercato si trovano diverse qualità di uva secca, chiara e scura, ma si può variare anche con mirtilli rossi secchi, anch’essi reperibili in Italia)
50 g frutta candita mista
50 g mele sbucciate e tritate
50 g mandorle tritate
200 g zucchero di canna
100 g sugna (si può sostituire con il burro)
1 cucchiaino di spezie miste (a base di cannella e noce moscata)
brandy q.b. per amalgamare (chi vuole evitare l’alcol può sostituire con il succo di un’arancia)
Tritare e mescolare tutti gli ingredienti, amalgamandoli con il liquido. Il mincemeat si può preparare con anticipo e può conservarsi per giorni in frigorifero in barattoli di vetro a chiusura ermetica.
Ingredienti e preparazione della pasta brisée
(dose per ca. 12 pie)
200 g farina
40 g zucchero
75 g mandorle tritate (facoltativo)
125 g burro a temperatura ambiente
1 uovo
latte q.b. per spennellare
Lavorare a mano la farina con il burro finché l’impasto assomiglia a briciole di pane. Aggiungere lo zucchero, le mandorle e infine l’uovo. (Si può usare anche il robot da cucina). Coprire con la pellicola e lasciare riposare in frigorifero per circa un’ora. Stendere l’impasto con il mattarello su un piano infarinato (se l’impasto si è indurito troppo, basta ammorbidirlo lavorandolo brevemente con le mani). Tagliare 12 cerchi con una forma apposita o un bicchiere e disporli in una teglia da muffin precedentemente imburrata. Riempire con il ripieno. Tagliare altri 12 cerchi più piccoli e disporli sopra il ripieno, inumidendo i bordi con un po’ di latte per chiudere le tortine. Fare dei piccoli fori in cima alle tortine e spennellarle con il latte. Infornare a 200°C per 15-20 minuti, finché sono diventate dorate. Servire calde. Esprimere un desiderio e… mangiare!
(È possibile preparare le mince pie e conservarle crude in freezer: così non rischierete di trovare il mincemeat rancido e sarete pronti ad infornarle se degli ospiti inattesi busseranno alla porta!)
L’autrice di questo post è Eva, che su BpG cura la rubrica “Dalla Scandinavia con amore”, con qualche incursione nei libri in Inglese e alcune riflessioni sul trilinguismo.
Immagine: Christmas Carols Book and CD, amazon.it e www.amazon.co.uk, qui trovate altre idee di libri da regalare per Natale.
Nadia says
Ciao Eva e grazie per questo post, che ho letto proprio poco tempo dopo aver cercato su youtube dei canti di natale che le bimbe stanno imparando in questi giorni nei loro asili…si tratta della versione giapponese e qui c’è un link se vuoi ascoltare qualcosa http://www.youtube.com/watch?v=Xlyo29yYt7M
Eleonora says
Anche in Svezia e in Svizzera il canto ha una funzione rituale e sociale molto importante. E, devo dire, la gente canta mediamente molto bene proprio grazie a questa educazione che si diffonde sin da piccoli in famiglia e a scuola. Proprio questa sera andremo alla serata di Lucia che celebra la comunità svedese qui a ZH e i bambini non vedono l‘ ora, stanno provando i canti da settimane. Quello che però mi elettrizza è sapere che migliaia di svedesi di tutte le etÀ ed estrazioni, stanno facendo in questi giorni la stessa cosa in tutto il pianeta: stessi canti, stessa estetica rituale, stesso profumo di glögg e pepparkakor, un po‘ meccanico forse, da un punto di vista latino, ma un collante culturale e identitario straordinario!
Peccato non avere niente di simile nella mia cultura da poter trasmettere ai miei bambini, a parte un paio di classici. (Noi come collante affettivo -culturale abbiamo le sigle cartoni animati anni ‘ 80 passate in TV …sigh).
Eva says
@Nadia che carina la canzone di Rudolf in giapponese, grazie! 🙂
@Eleonora sai che tempo fa, ragionando sull’enorme patrimonio musicale di massa che c’è in Danimarca e in maniera diversa anche in Gran Bretagna, avevo fatto lo stesso paragone riguardo all’Italia? Noi abbiamo le canzoni dei cartoni animati anni ’80… che però riguardano solo una generazione e non sono proprio paragonabili alla cultura musicale di altri paesi: io a mio figlio posso cantare ninne-nanne scritte da H.C. Andersen e cantate da migliaia di mamme danesi per decenni… in italiano c’è qualche canzone e filastrocca dei diversi patrimoni regionali, ma l’impatto sulla cultura dell’intero Paese è minimo… un po’ triste per un Paese che – almeno sulla carta – dovrebbe essere molto “musicale”!
Bilingue Per Gioco says
Il problema è la lingua. La lingua italiana è una lingua giovane, la tradizione italiana di musica, storie e filastrocche è fondata sui dialetti, e unificando la lingua abbiamo dato un bel calcio all’enorme patrimonio della tradizione. Come sempre quando si parla di lingue sono stati fatti dei compromessi…
L.
Eva says
Verissimo, Letizia. Per giunta in Italia l’uso del dialetto è stato stigmatizzato fino a poco tempo fa. Ricordo che quando facevo le elementari la maestra rimproverava quei bambini cui scappava un’espressione dialettale… Ora x fortuna le cose stanno cambiando e si inizia a valorizzare anche le tradizioni regionali. Però è anche vero che sul fronte musicale secondo me manca una sorta di alfabetizzazione di massa, non si canta nelle scuole (a parte x i bimbi piccoli), non si canta nei momenti dello stare insieme “comunitario” – e questo è un peccato, un’occasione sprecata.
Eleonora says
Può darsi, ma io sospetto abbia anche molto a che vedere con l‘ influenza della forte tradizione corale protestante.
Eva says
Eleonora, su qsto mi trovi pienamente d’accordo. Lo accenno velocemente anche nel post, ma sarebbe un discorso troppo lungo… Nei paesi di tradizione protestante il canto comunitario così sentito nelle chiese si è in un certo senso trasferito in ogni ambito della società e l’abitudine/amore x il canto è rimasto forte e vivo anche in tempi di secolarizzazione, quando le chiese si svuotano…