La Scandinavia ha una tradizione tutta sua per il Natale, quella dei folletti, estremamente sentita e particolarmente cara ai bambini. Se vi capita di trovarvi in un paese scandinavo nel periodo natalizio, troverete folletti ovunque, nelle case, nei negozi, nei luoghi pubblici, in forma di decorazioni più o meno sofisticate, nelle canzoni, nei libri illustrati, perfino nelle serie televisive per famiglie… Ma chi sono esattamente questi folletti e da dove vengono?
Il Nisse (come si chiama in danese e norvegese) o Tomte (come lo chiamano in svedese) viene da lontano e originariamente non ha nulla a che vedere con il Natale. Compare in illustrazioni e cronache fin dal tardo Medioevo, come una sorta di divinità protettrice della casa, o meglio della fattoria, perché è nel folklore contadino che ha inizio la sua storia. Il suo nome svedese, infatti, lo lega al “luogo” in cui risiede e opera, mentre quello danese-norvegese è in realtà un nome proprio, derivato da “Niels”. Non sempre simpatico, spesso vendicativo, a volte tirato in causa nei processi contro le streghe come un vero e proprio demone, il Nisse delle origini è un personaggio in chiaroscuro. Talvolta può prendere la forma di un animale, come un cane, una capra o un’oca, ma più spesso è raffigurato come un vecchio dall’altezza di un bambino, vestito di grigio con un cappello rosso a punta, come i contadini dell’epoca! Il Nisse si prende cura degli animali della fattoria e provvede affinché tutto vada per il meglio, ma è anche permaloso e, se rimane insoddisfatto, può combinarne di tutti i colori… in genere per tenerlo a bada basta lasciare una scodella di pappa di riso e latte in soffitta (o dove il folletto di casa ha la sua dimora): è il piatto preferito di ogni Nisse!
È solo nella prima metà dell’Ottocento che la sua figura viene legata al Natale – e indovinate dove? In Italia! All’epoca il Belpaese era meta fissa degli artisti provenienti dal Nord Europa, pittori, scultori, scrittori, e i danesi non facevano certo eccezione. Fu proprio un pittore del Romanticismo danese, Constantin Hansen, ad usare per la prima volta la figura del Nisse come decorazione natalizia durante una festa nel suo appartamento romano nel 1836. Così il Nisse tradizionale divenne Julenisse, il folletto del Natale. Qui potete trovare la più antica illustrazione pervenutaci di uno Julenisse, anch’essa proveniente da Roma, stavolta per mano dell’artista danese Johan Thomas Lundbye nel 1845 (sotto il quadretto della famiglia che decora l’albero, il folletto mangia la sua pappa di riso).
La prima “signora Nisse” fece la sua comparsa pochi anni dopo e lo Julenisse si trovò presto dotato di un’intera famiglia. Oggi l’immagine dello Julenisse è più edulcorata rispetto a quella del folklore antico, decisamente più rassicurante, ma continua a mantenere il suo carattere dispettoso e burlone. Quando, a festa finita, si mette via l’albero insieme a tutte le decorazioni che hanno ravvivato la casa durante l’Avvento, c’è sempre un Nisse che sfugge alla mano impietosa che inscatola tutto. Quel Nisse resterà al suo posto per tutto l’anno, a ricordarci che il Natale tornerà quando un altro anno sarà passato. E attenti a non farlo arrabbiare! Non sapete chi vi ha nascosto le chiavi della macchina? O chi ha finito tutta la scatola di biscotti? Be’, che dire?, il primo indiziato è sicuramente il vostro Julenisse!
In questo video trovate alcune belle illustrazioni dell’artista norvegese Kjell Midthun, che raffigurano il Nisse/Tomte:
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=ft2PvWoiwYU&feature=related[/youtube]
Una simpatica tradizione, nata nel secondo dopoguerra in Danimarca, è quella di appendere dei Kravlenisser in casa, ovvero delle decorazioni in cartoncino che rappresentano “folletti che si arrampicano” sui quadri, sugli scaffali, ovunque ci sia un appiglio In rete se ne trovano tanti, che potete divertirvi a ritagliare e appendere insieme ai vostri bambini. Potete scaricarne alcuni in pdf qui, qui e qui.
E concludo questo mio post con l’ultima ricetta natalizia, un dessert che può diventare un gioco per la famiglia. Si tratta del “Ris à la mande”, un dolce al cucchiaio di riso al latte con le mandorle tritate… e una sola mandorla intera! Non divorate il contenuto del vostro piatto, ma assaporatelo lentamente, stando ben attenti a cercare la mandorla intera (se la schiacciate inavvertitamente con i denti non vale!): chi trova la mandorla vince un premio! Chi porta il regalo? Ma lo Julenisse, ovviamente…
Ingredienti (per 4 persone)
1 l latte (per una versione più leggera usare 500 ml di latte e 500 ml di acqua)
125 g riso
1 pizzico di sale
1 stecca di vaniglia (o meno, a seconda dei gusti)
75 g mandorle sgusciate
250 ml panna fresca
75 g zucchero
Preparazione
Incidere la stecca di vaniglia e raschiare i semini contenuti all’interno. Fare bollire il riso e la vaniglia nel latte, a fuoco lento per circa 45 minuti a pentola coperta, mescolando di quando in quando. Estrarre la stecca di vaniglia e fare raffreddare. Tritare le mandorle, conservandone una sola intera, e aggiungerle al riso quando è freddo. Montare la panna e incorporarla delicatamente nel riso. Aggiungere lo zucchero.
(Il piatto può essere accompagnato da frutta sciroppata o frutti di bosco a piacere).
L’autrice di questo post è Eva, che su BpG cura la rubrica “Dalla Scandinavia con amore”, con qualche incursione nei libri in Inglese e alcune riflessioni sul trilinguismo.
jessica says
Proveremo questa ricetta e chissà che non venga a trovarci davvero lo Julenisse! Grazie, un racconto molto bello!