Se si considera che esistono circa 6000 lingue suddivise in circa 200 Stati, risulta evidente che molte persone al mondo conoscono più di una lingua, anzi più di due. Esistono inoltre paesi in cui il bilinguismo e il multilinguismo sono non patrimonio di piccoli gruppi ma dell’intera popolazione: un caso emblematico e molto studiato è quello della Papua Nuova Guinea, che è considerato anche un ottimo esempio di politica linguistica, perchè promuove la sopravvivenza delle lingue l’una a fianco dell’altra e non si lascia tentare dall’idea di un’unica lingua per tutti, come è accaduto invece in Europa quando sono nati gli Stati nazionali nei quali è stata promossa una sola lingua ufficiale a scapito delle altre varietà.
Nei repertori linguistici di tutto il globo è spesso presente come seconda o terza lingua l’Inglese, che è oggi la lingua internazionale più diffusa.
Gli studi sul trilinguismo e sul plurilinguismo si sono moltiplicati negli ultimi anni, anche se sono ancora in numero ridotto rispetto a quelli sul bilinguismo. Inoltre, gli studiosi descrivono il multilinguismo come un processo complicatissimo da studiare perchè sono in gioco molti fattori e sarebbe più corretto parlare di trilinguismi o di multilinguismi, al plurale. Infatti, se volessimo riassumere schematicamente quante tipologie di trilinguismo ci possono essere, potremmo contarne almeno fino a 46. Questa infatti è la proposta di J. Ytsma che li ha suddivisi in base a diversi fattori: se le lingue sono simili tra di loro, se hanno la stessa considerazione sociale o meno, se sono apprese in modo simultaneo o consecutivo etc. Tenere a mente tutti questi fattori è fondamentale prima di fare qualsiasi considerazione generale. Dopo tutte queste premesse, qualche risposta è però possibile.
Che differenze ci sono tra imparare la seconda o la terza lingua? Chi conosce già due o più lingue, quando ne impara un’altra, usa non solo le sue conoscenze linguistiche, ma anche quelle metalinguistiche: il bilingue ha cioè imparato non solo le lingue, ma anche come le lingue funzionano, come funziona il loro apprendimento e ha sviluppato una serie di strategie di apprendimento e uso che mette in atto con le lingue successive. Ad esempio, è stato valutato che il bilingue ha più facilità ad imparare una terza lingua quando ha acquisito in entrambe una competenza buona e articolata, equivalente almeno a quella scolastica (literacy skills, tradotto seguendo le indicazioni INVALSI). E’ importante, perciò, che genitori ed insegnanti siano consapevoli del ruolo che può svolgere per i bambini immigrati una competenza scolastica della lingua madre sul loro intero percorso di studi.
Che ruolo ha l’età in cui si impara la terza lingua? In alcuni casi, trilingui si nasce. Ad esempio, una famiglia di origine catalana emigrata negli USA che espone i figli, fin dalla nascita, a tre lingue, catalano castigliano e inglese. Altri amici che abitano in Italia parlano ai loro tre figli in italiano ed ebraico, ma tra di loro usano l’inglese. Le diverse strategie di uso e i diversi atteggiamenti verso le lingue avranno ricadute sul come poi procede l’apprendimento, che non potrà di necessità essere lo stesso in tutti i casi. Gli studi sul trilinguismo precoce non sono numerosi, ma quelli che ci sono notano tutti come fenomeno di rilievo il code-mixing o enunciazione mistilingue: cioè l’uso di più lingue nella stessa frase, “Je veux aller manger tomato”. Nei casi in cui la terza lingua sia appresa a scuola, gli studi rilevano un dato contrario all’opinione comune: non sono i più piccoli ad avere i risultati migliori, ma qualli che iniziano da più grandicelli. Con una precisazione da fare, però: il vantaggio dei più grandi si registra se il metodo di insegnamento è quello ‘tradizionale’ (poche ore settimanali), mentre il vantaggio dei più piccoli emerge se la terza lingua, più che essere oggetto di insegnamento, viene usata per fare lezione in lingua.
Ci sono interferenze dalle prime nella terza lingua? Quando si impara più di una lingua, ci sono parole e strutture che possono passare da una lingua all’altra. Si notano effetti di interferenza dovuti alla somiglianza e al prestigio delle lingue oppure al loro utilizzo. Si nota, cioè, che nella terza lingua possono esserci influenze dalla prima lingua, dalla lingua più simile, dalla lingua più di prestigio, dalla lingua più usata. Dipende anche dalla situazione: in genere, nelle situazioni informali è accettato, e quindi più frequente, prendere parole in prestito da una lingua all’altra, sempre che l’interlocutore sia in grado di capirle tutte. I fenomeni di mixing e di interferenza a volte preoccupano i genitori, ma è importante, per poterli valutare, tenere in considerazione il processo di apprendimento che è in corso e la frequenza di questi stessi fenomeni nella comunicazione degli adulti e in generale del contesto a cui i bambini sono esposti.
Imparare una lingua, infatti, significa non solo imparare determinate parole e strutture linguistiche, la competenza linguistica propriamente detta, ma anche norme d’uso e strategie comunicative, la competenza comunicativa. Un compito davvero complesso, tanto che non è realistico aspettarsi che il multilingue sia competente in tutti gli aspetti di tutte le lingue che conosce. Lo stesso discorso si può fare per il bilingue e -vale la pena di ricordare- anche per il monolingue: la conoscenza di una lingua dipende dai contesti e dalle situazioni di cui si è fatta esperienza e raramente un parlante è padrone della lingua in tutte le situazioni che si possono presentare, dal linguaggio giornalistico a quello scientifico, dalla conversazione sull’ultimo tweet alla lettura di un testo di musica rap. Il repertorio linguistico e comunicativo di ogni parlante è stratificato e comprende non solo le lingue ma anche le situazioni d’uso e le corrispondenti preferenze linguistiche. Non accade di rado che, dopo aver studiato una lingua sui testi letterari, ci si trovi senza parole per ordinare un panino o che per seguire un documentario sulla robotica o sull’ultima band giovanile serva un vocabolario a portata di mano-anche se non si è stranieri. Sono pochi, a detta degli studiosi, i multilingui multicompetenti, ma questo obiettivo non deve essere considerato necessario, né irraggiungibile. E’ importante conoscere le sfide che questo processo comporta per affrontarlo in relazione agli obiettivi che ogni singola famiglia e ogni persona si pone.
Immagine: Growing up with three languages, amazon.co.uk e amazon.it
Daša says
proprio ieri mi è succeso parlando con mia madre al telefono, dopo essere rientrata a casa dopo aver aspettato per un po’ in coda a causa di un incidente. Lei era preoccupata che non fossi rientrata in tempo per nutrire i suoi nipoti, l’ho tranquillizata dicendole di essere rientrata in tempo perchè poi ad un certo punto “ena corsia je frei” (una corsia era libera) utilizzando in una frase di 4 parole 3 lingue diverse. Non me ne sarei nemmeno accorta, per noi è normale saltare da una lingua all’atra utilizzando nelle frasi anche parole dell’altra (e) lingue quando il tuo interlocutore ti capisce, se il mio compagno seduto di fronte a me non me lo avesse fatto notare.
Jessica says
Tre parole su quattro è un bel record 🙂
La Stanzetta Inglese says
Ciao Jessica e grazie per questo tuo post rassicurante, a mio avviso, per chi cresce figli multilingui. Rassicurante perché in un punto tu fai notare come anche i monolingui non siano automaticamente multicompetenti. _ Graziana
Jessica says
Ciao questo è in effetti un punto delicato e non se e discute mai abbastanza, grazie!
Palmy says
In questo momento sto studiando l’inglese, capisco e parlo in modo elementare anche lo spagnolo, avendo preso lezioni all’università. Mi piacerebbe continuare su questa scia, magari con un corso on line… ho degli alunni arabi, vorrei saperne di più…
Jessica says
Ciao Palmy! Ti segnalo una recensione di siti online per imparare le lingue: http://meridium.unistrapg.it/?q=it/il-multilinguismo-e-la-rete. Hai chiesto anche ai ragazzi? gli arabofoni sono in genere molto attenti alla loro lingua madre e spesso organizzano dei corsi per le nuove generazioni e non solo.
Enrica says
Buongiorno,
questo post capita a puntino, sono giorni che ho tra le bozze un’email proprio su questo argomento.
Noi siamo italiani, viviamo in UK e la nostra piccola frequenta dunque scuole Uk.
Presto si porra’ il problema di scegliere la scuola primaria. Il curriculum scolastico prevede lo studio di una lingua straniera.
Che fare?
Scegliere una scuola che ha la possibilita’ di studiare l’italiano per rafforzare la seconda lingua?
Sceglierne una che ha il francese o lo spagnolo, simili all’italiano?
O sceglierne una che prevede una lingua completamente diversa, come il tedesco, tanto lingue “semplici” per noi italiani, come lo spagnolo o il francese, possono comunque essere acquisite piu tardi con facilita’?
Mi piacerebbe sentire il parere di qualcuna di voi “esperte” nel campo!!!
Grazie
Bilingue Per Gioco says
Enrica,
impossibile rispondere così su una cosa tento delicata, senza conoscere nè la bambina, e il suo livello in italiano, nè la scuola e i metodi che adottano. Così a naso direi che far studiare l’Italiano come lingua straniera ad una bambina madrelingua non sia molto motivante… Tra le altre lingue, se ho ben capito la scuola UK non ti sfornerà una trilingue, se c’è una lingua più vicina a voi, perchè avete amici, vi piace, la usate in vacanza, opterei per quella…
Ciao,
Letizia
Rosa says
Anche per me questo post capita proprio a fagiolo. Noi siamo una famiglia italiana on due bambini di 3 anni e 15 mesi che sono stati esposti all’inglese (il grande da quando aveva circa due anni e la piccola da quando aveva 10 mesi) un pò guardando peppa pig, un pò frequentando i playgroup e infine con la tata non native speaker ma che parla meglio l’inglese dell’italiano (io avrei voluto praticare un metodo OPOL con la tata che avrebbe dovuto parlare con i bimbi esclusivamente in inglese ma lei nei fatti non è stata costante e, soprattutto in mia assenza, parla con i bimbi un pò in italiano e un pò in inglese senza seguire un criterio/regola). Ora stiamo per trasferirci in Olanda per un periodo di due/tre anni e inizialmente avevo pensato di iscrivere entrambi i bimbi ad un asilo/scuola materna esclusivamente inglese. Con una certa sorpresa, però, ho scoperto che esiste un solo nido in tutta Amsterdam dove si parla esclusivamente inglese e accetta i bimbi solo a partire dai 2 anni (quindi la mia piccolina di 15 mesi non sarebbe accettata fino a settembre). A questo punto, pensando di iscrivere la piccola in un asilo bilingue inglese/olandese almeno fino a settembre ho pensato: perchè non farle frequentare tutto il nido in un asilo bilingue dandole la possibilità. di imparare una terza lingua (per quanto l’Olandese on si parli in molti altri paesi al di fuori dell’Olanda). Così ragionando ho pensato: perchè non iscrivere anche il grande in nella stessa scuola? Però i dubbi sono tanti e derivano anche dall’incertezza sul nostro futuro: per quanto tempo vivremo in Olanda? Se sarà soltanto per due o tre anni (possibilità che al momento è la più probabile) non saremo poi in grado di far coltivare l’olandese ai nostri bimbi (questo sia che torniamo in Italia, sia che ci trasferiamo in un altro paese ancora) e in tal caso, mi chiedo, sarebbe meglio concentrarsi sull’inglese e lasciar perdere una lingua che sono destinati a perdere o ci sonno dei vantaggi per i quali vale comunque la pena essere esposti ad una terza lingua in tenera età? E in tal caso vale lo stesso ragionamento per entrambi i bimbi o si possono fare considerazioni diverse per ciascuno in base all’età (3 anni e 15 mesi)? Al contrario, se decidiamo di concentrarci sull’inglese e (a parte la breve parentesi febbraio-giugno per la piccolina) mandiamo i bimbi alle scuole solo inglesi e poi la nostra permanenza in Olanda dovesse prolungarsi per molti anni (questo potrebbe dipendere da noi e potremmo deciderlo dopo i primi 3 anni vissuti lì) a quel punto i bimbi avrebbero rispettivamente 4 e 6 anni e, soprattutto il maggiore (ma credo anche la piccola) avrebbero perso la chance di diventare madrelingua del Paese dove potrebbero continuare a vivere e studiare per molti anni e magari per sempre. Ti sarò infinitamente grata per ogni spunto che possa aiutarci a decidere …
Jessica says
Ciao Enrica, avete un ampio ventaglio di possibilità e ogni scelta sarà un regalo splendido per la piccola. Considera che la lingua appresa a scuola sarà appresa in un’età e in una modalità particolare, grazie anche all’ufficilità che ha la scuola nella vita dei bambini, e questi saranno probabilmente valori aggiunti alla lingua che sceglierete. Proprio per questi motivi, tuttavia, quando c’è di mezzo una lingua madre/familiare, questa va presa seriamente in considerazione. Gli studi sottolineano l’importanza di far scolarizzare i bambini nella lingua ‘madre’. Non si tratta solo di parlare la lingua ma di dominarla conoscerla apprezzarla etc, con importanti risvolti anche psicologici. Non so se sia esattamente questo il vostro caso perchè la definisci seconda lingua, ma nulla vieta di trovare una strada per fare più lingue contemporanemente, magari studiando l’italiano a casa, con un’insegnante o con il vostro aiuto. Come dice Letizia, i fattori in gioco sono tantissimi e la scelta migliore sarà quella che tiene in considerazione non solo i dati scientifici, ma anche la motivazione della bimba e i vostri interessi!
Ciao,
Jessica
raffa says
Jessica, che bello leggere i tuoi post! Dico due cose di me, mamma di bimbi binazionali+bilingui, esperienza di insegnamento di lingua di origine in contesti migratori, insegnante di L2 allesuperiori, attualmente dottoranda (a 44 anni!) per ricercare su “Bilinguismo nelle scuole di Torino”, nello specifico non le scuole di elite, ma cosa succede nelle scuole delle lingue dei bimbi immigrati. Non conoscevo la pagina invalsi su literacy, io mi sono arrangiata usando “competenza in letto-scrittura”.
Comunque auguri in ritardo a Bibi e complimenti, perché se con un 1enne riesci a scrivere post così ben scritti e chiari vuol dire che siete un ottimo team (io a quell’età dei miei balbettavo frasi inconcludenti … 6 anni dopo è cambiato poco)
Jessica says
Ciao Raffa, hai scelto un tema interessantissimo, spero che ci racconterai qualcosa via via! Riguardo a noi, ti ringrazio tanto, festeggiare il primo compleanno è stata una bellissima emozione. E sul fatto del team… beh la nostra casa non sarebbe pronta a sottoscrivere 😀
raffa says
Jessica, ma come fate?! (e qui penso anche a Letizia). Lavori in un ambito impegnativo, cresci una bellissima bimba tombolotta, posti regolarmente densi interventi qui, curi il tuo blog (l’ho scoperto per caso), e poi ti preoccupi della casa!!! Anche wonder women a un certo punto esaurisce le pile …
Per il mio lavoro sono nella fase delle pre-interviste nelle scuole, a breve dovrei iniziare con studenti/genitori/insegnanti, sto imparando davvero molto.
Vorrei mano a mano preparare brevi letture da lasciare alle scuole, poi le giro a Letizia. La prima sarà sul “bilinguismo dei figli delle mamme con le meches, e quello dei figli con le mamme col velo”,non perché abbia nulla contro le meches, ma perché non capisco perché ci sia un bilinguismo figlio di un Dio minore …
Bilingue Per Gioco says
Raffa, mio figlio gode di un bilinguismo figlio di un dio maggiore, ne sono consapevole, ma io non ho le meches… (e nulla può darti la certezza che una donna col velo non abbia le meches, la cura di sè non si riduce al velo, non per tutte almeno)
L.
raffa says
Letizia, ti assicuro che non ho nulla contro le meches, è che mi dispiace che nell’ambiente scolastico (e ministeriale?) ci siano molti pregiudizi verso le mamme con il velo e della lingua che trasmettono ai loro figli. Io l’ho percepito molto chiaramente già dalla materna, è continuato alle elementari, e lo ritrovo nelle scuole illuminate in cui sto facendo le mie interviste. La non progettualità del MIUR se vuoi è anche un segnale molto forte in questo senso. Comunque quando ho il mio primo foglietto pronto te lo mando, ci tengo ad avere la tua opinione!
raffa says
Letizia riflettendo il tuo intervento mi ha ha fatto capire una cosa: quello che io pensavo come slogan volutamente provocatorio ma efficace è in realtà inefficace e un autogol, perché non viene percepito come una difesa del bilinguismo dei bimbi immigrati, ma come un offesa delle mamme “attrezzate”, ergo lo devo cambiare. A questo serve lo scambio, ti assicuro che non desideravo affendere nessuno. E forse devo inserire qualche faccina nei miei post, altrimenti risultano più “mattoni” di quello che vogliono essere.
La Stanzetta Inglese says
@Raffa, a me “bilinguismo figlio di un Dio minore …” piace molto: è uno slogan provocatorio ma a fin di bene. Attira l’attenzione e permette di aprire una discussione sull’argomento. @Letizia, ma tu ti sei sentita offesa? A me mi fa incavolare solo il discorso delle meches che non ho, e che non posso fare per colpa della mia testa lanosa 🙂 – Graziana
Bilingue Per Gioco says
Non mi sono sentita offesa, ma trovo che parlare di bilinguismo figlio di un dio maggiore o minore centri il problema, parlare di mamme con le meches o con il velo invece no, secondo me aggiunge solo cliche ai cliche, e il nostro obiettivo dovrebbe essere andare oltre i cliche, credo.
In questo senso credo che Raffa abbia perfettamente colto il mio punto. Ma per chiarirlo ulteriormente aggiungo che io trovo che il punto meche/velo faccia torto tanto alle mamme col velo che alle mamme “attrezzate”, ripeto, il velo in sè non definisce una persona, ci sono donne con il velo che, non per loro colpa, sono semianalfabete, e donne col velo che quanto a cultura (e plurilinguismo) danno punti a tutte le qui scriventi.
L.
Alice says
@ Raffa io sono di Torino, nell’asilo dei miei bimbi, ci sono inglesi, americani, rumeni, filippini, russi, africani (ma non so di che nazione, scusa), spagnoli , peruviani, arabi (di nuovo non so la nazione) e forse qualche atra nazionalita’ che ora mi sfugge. E le maestre e le suore trattano tutti i bimbi allo stesso modo: a scuola si parla italiano, ma con la mamma parla come piace a lei che e’ importante. Con quali scuole lavori tu? Mi interessa molto la tua esperienza per il futuro percorso scolastico dei miei nani…. Grazie!
raffa says
Ciao Alice,
l’invito fatto da insegnanti (e pediatri) ai genitori non italofoni di parlare italiano con i propri figli è prassi ancora diffusa, l’ho vivo in prima persona come mamma e insegnante, ma me lo riportano anche le insegnanti responsabili nelle scuole di interuclturalità/stranieri/disagio (al plurilinguismo ci si arriverà …)
attualmente non sto insegnando ma ricercando nelle scuole “ruspanti” di porta palazzo e san salvario.
Sabina says
Ciao Jessica,
grazie di questo post. Il libro mi pare molto interessante e corro ad ordinarlo!
Per l’inserimento della terza lingua sono ancora un po’ titubante. Molti mi dicono che dovrei insegnare assolutamente a Nicholas anche l’inglese. Per ora non ho ancora trovato l’idea e la situazione giusta. Forse potrebbe essere una soluzione fare un corso per il papà e il bambino. Cioè creare delle situazioni in cui impara il papà ma anche il bambino. Boh, voi che ne dite?
Ci hanno regalato due DVD di Magic English, voi che ne dite? Sono validi?
Concludo raccontandovi questo aneddoto: un mercoledì – giorno in cui hanno l’unica ora di inglese a scuola – mi ha detto: sai che in inglese ci sono molte parole che assomigliano al tedesco? Secondo me quelli che hanno inventato l’inglese, pensavano al tedesco! 🙂
Jessica says
@Raffa: penso anch’io che la seconda parte del titolo possa suonare equivocabile, invece condivido l’idea di valorizzare il bilinguismo in tutte le sue forme, cogliendo le risorse che ognuno può trovare in casa o intorno a sè (penso a Palmy che ci ha raccontato di voler studiare la lingua dei suoi alunni).
@Sabina: grazie! Sicuramente se avete una possibilità, merita sondarla, vedere come Nicholas la prende etc. Mi viene in mente quello che dice il neurolinguistica Franco Fabbro in uno dei suoi libri quando ricorda che la nobilità europea ha da sempre coltivato tante lingue nei figli, chiamando insegnanti dai diversi paesi che però non necessariamente insegnavano le lingue, ma musica, arte, storia… nelle diverse lingue. E’ lo spirito di questo blog, quello di vivere le lingue, per chi lo desideri! Nicholas è già un maestro di competenza metalinguistica 😀
Sabina says
Grazie dello spunto!
Visto che hai glissato sui DVD di Magic English, significa che non ti piacciono? Vorrei sentire un parere, perché li abbiamo e odio sprecare le risorse. A me non fanno impazzire… però a Nicholas piacciono le canzoni e canticchia “tic toc – what time is it?”
Jessica says
@Sabina: hai ragione scusa! in genere, penso che se a voi vanno bene, perchè no??? però non li conosco direttamente, chiediamo agli altri se ne sanno di più!!
R says
Questo post, mi fa pensare che hanno ragione alla scuola tedesca di Milano, dove l’inglese (3 lingua) viene insegnato 4 ore (mi sembra) dalla 4° elementare. Mi hanno raccontato che un anno hanno provato ad anticipare alla 3° elementare, ma gli studenti facevano mixing….. Avete altre info su questo? Grazie mille.
materetlabora says
jessica, il tuo post bellissimo e utilissimo mi spinge a farti una domanda su una questione che affronto proprio in questi giorni.
mio figlio ha quasi tre anni, abbiamo seguito un opol piuttosto stretto da quando è nato (io inglese mio marito italiano) e da quando ne ha due abbiamo una au pair che parla solo inglese. il suo inglese è stato subito più forte dell’italiano, ha iniziato a parlare in inglese, ha iniziato a costruire le frasi in inglese prima che in italiano. ho spinto molto perchè pensavo che una volta andato al nido italiano il suo italiano avrebbe preso il sopravvento. invece no, paradossalmente il suo inglese continua a essere più forte. la sua lingua è l’inglese. anche al nido lui spesso si esprime in inglese, poi traduce. io da alcuni mesi passo molto più spesso all’italiano in modo da tentare di bilanciare.
ora viene la domanda. abbiamo deciso di mandarlo all’asilo a settembre (ma per poi continuare alle elementari e medie) alla scuola spagnola. per tante ragioni, prima di tutto per la terza lingua ma anche e soprattutto perchè è una scuola molto bella, poco costosa e a cinquanta metri da casa nostra, praticamente nella stessa strada.
mi sono fatta molte domande perchè il suo “ritardo” sull’italiano un pochino mi preoccupa. anche se lo so che dovrebbe essere il contrario. sono andata a parlare anche con le sue maestre del nido che sono attente e preparate e al contrario di quanto mi aspettassi, mi hanno detto di non preoccuparmi che recupererà tutto, che non ha assolutamente problemi e che i problemi me li faccio più io. che devo smetterla di preoccuparmi e continuare con l’ottimo lavoro che sto facendo. mi ha fatto piacere, anzi mi hanno commossa.
però ovviamente continuo ad avere qualche dubbio. alla fine so che deciderò di mandarlo lì (sempre che accettino la nostra iscrizione) ma quanto mi peserà la decisione? per quanto mi chiederò se ho fatto la cosa giusta o meno?
ecco un tuo consiglio mi aiuterebbe a capire.
ps ovviamente mi sono informata sull’insegnamento dell’italiano nella scuola e mi sembra ben fatto e con parecchie ore (molte di più che nelle scuole anglosassoni)
ps 2 se non avessi scritto questo post avrei scritto io una lettera- post a letizia :))
grazie mille
silvia
Bilingue Per Gioco says
Silvia, io farei un calcolo. A quante ore di italiano è esposto il bambino x settimana oggi? A quante ore di italiano prevedi, fai una stima, che sarà esposto tra 3 anni, e tra 6? La lingua è anche quantità, il bambino puó imparare l’italiano se è esposto con continuitá alla lingua…
L.
materetlabora says
grazie letizia:)
in effetti con tutta probabilità il bambino sarà esposto a più ore d’italiano con il passare degli anni ma sempre nel pomeriggio, lo sport, le relazioni con gli amici italiani (che ovviamente sono la maggioranza), le vacanze estive. certamente non saranno poche. ma anche adesso considerando le ore che passa al nido dalle nove all’una tutti i giorni e le ore che passa con suo papà, sono comunque tante. diciamo che forse sono addirittura superiori al numero di ore in cui è esposto all’inglese. io credo che sia stata molto forte la mia impronta soprattutto emotiva, oltre che i libri, i cd, gli audiolibri, tutto il gioco insieme. m. non ha mai guardato un cartone in italiano, non gli viene nemmeno in mente di chiederlo. e la cosa più buffa è che quando parla italiano parla con un fortissimo accento inglese. è davvero strano perchè io mi aspettavo quel passaggio temuto di quando incontrano i loro pari e vogliono parlare la loro stessa lingua. invece lui continua a usare l’inglese come sua prima lingua quando sogna, quando piange, quando gioca. mi chiedo allora se non sia meglio che passi anch’io all’italiano completamente. ma temo un pò di perdere il lavoro fatto fino ad oggi e più di tutto temo di confonderlo perchè comunque l’inglese è anche la nostra lingua d’amore.
la cosa che mi rassicura rispetto alla scuola è che lo spagnolo verrebbe in qualche modo chiuso lì, la lingua della scuola e basta. e questo forse almeno a livello psicologico-organizzativo lo aiuterebbe a non confondersi. ma quello che mi chiedo è devo cercare di bilanciare la situazione prima che inizi l’asilo spagnolo?
ps è importante dire che all’asilo le maestre non parlano solo spagnolo, soprattutto nel primo anno cominciano parlando sia italiano che spagnolo in modo da non scioccare i bambini al primo impatto. un passaggio dolce diciamo.
Bilingue Per Gioco says
Silvia,
io intendevo proprio di prendere carta e penna e cercare di fare un calcolo per quanto approssimato delle ore, questi esercizi non sono facili, ma risevano sempre sorprese (anche io quando l’ho fatto sono rimasta molto sorpresa dei risultati).
L.
Jessica says
@R: il mixing è un fenomeno normale nelle comunità bilingui, non deve spaventare, però in un contesto scolastico possono aver giudicato opportuno consolidare meglio le prime lingue per poi passare ad un’altra. Nella realtà extrascolastica le cose possono cambiare repentinamente, per un trasferimento etc, ma dove la situazione è ‘artificiale’ si possono fare le scelte in relazione agli obiettivi.
@Silvia: grazie sono davvero entusiasta di questo confronto con tutti voi! e se ci sono domande, sono le benvenute… tutti insieme proveremo a cercare le risposte! Per la domanda che poni nel secondo intervento: trattandosi di un asilo e non di scuola elementare, non credo che il bambino possa trovarsi a disagio per qualche motivo. probabilmente incontrerà altri bambini bilingui, magari con spagnolo dominante… sarà un’avventura per tutti loro. A più lungo termine, mi chiederei se è la strada giusta quella di non offrirgli la scolarizzazione in inglese che ad ora è la sua lingua madre (anche se probabilmente l’italiano sarà dominante nei prossimi anni). Si tratta di una scelta che dovrete fare in base agli obiettivi che vi ponete, più che su altri piani, direi.
materetlabora says
cara jessica grazie della tua risposta. trovo conforto ai miei dubbi da questo confronto.
la scolarizzazione in inglese è ovviamente la prima cosa a cui abbiamo pensato. ma su molti piani non funzionava per la nostra famiglia. per tre motivi tutti e tre egualmente importanti. la distanza da casa che sconvolgerebbe troppo le nostre abitudine e quelle del bambino. viviamo in centro siamo abituati a muoverci a piedi o in bici. prendere la macchina per andare e tornare da scuola per noi tutti sarebbe uno stress pazzesco. secondo il costo troppo elevato delle scuole inglesi, per noi irraggiungibile soprattutto se si pensa a tutto il corso scolastico e a un secondo figlio. terzo il fatto che i programmi non ci abbiano soddisfatto. purtroppo il livello delle scuole anglosassoni per lo meno a roma non è elevato per quanto riguarda i programmi e lo studio della lingua italiana. queste cose che abbiamo attentamente valutato ci creerebbero non poche difficoltà. quindi l’idea della scuola spagnola è venuta un pò per caso, leggendo anche il blog di letizia, sta proprio qui accanto, non costa molto, è un’ottima scuola perchè non provare a inserire la terza lingua? la scolarizzazione in inglese la farà a scuola, quella devo dire non mi preoccupa, scriverlo e leggerlo verranno naturali secondo me quando comincerà a studiarlo anche sui banchi di scuola. (anche se mic adesso riconsce le parole e fa tentativi di lettura in inglese).
non credo nemmeno che l’inserimento sarà difficile i bambini all’asilo più che altro giocano, il fatto che ci sia anche un’altra lingua non credo lo disturberà più di tanto.
il mio vero dubbio ad oggi è la paura che sia l’italiano a non essere abbastanza forte, che abbia bisogno della scuola italiana per bilanciare il suo inglese così forte. però forse è vero negli anni sarà l’italiano la lingua maggioritaria della comunità e quindi prevarrà comunque. ecco il dubbio vero per me è questo.
che ne dici?
grazie:)))
Sabina says
Jessica, colgo l’occasione per farti una domanda: secondo te a che età si può pensare di far fare a un bambino/ragazzo un anno di scuola all’estero in una terza lingua, cioè in LS e non L1 o L2?
Jessica says
@Silvia: capisco questo timore, posso dirti che la lingua del contesto e della scuola avrà un grosso peso nell’esperienza linguistica del tuo bambino e piano piano le cose cambieranno. In quale direzione però non è prevedibile fino in fondo. Il vostro caso è davvero esemplare perchè il bilinguismo, o plurilinguismo, non è mai bilanciato e molto spesso nemmeno stabile, al contrario di quello che spesso si pensa: le diverse lingue cambiano il loro peso e ruolo nel corso del tempo in relazione alle diverse esperienze. Chi cambia paese ad esempio può mostrare segni di erosione nella L1 (‘L1 attrition’), che di solito si pensa come un possesso stabile e duraturo. Chi non continua a far pratica delle seconde lingue avrà erosione della L2 etc. E nei bambini pare che il processo di erosione sia addirittura più radicale. Quindi… diciamo che l’avventura è appena agli inizi, ottimi inizi mi sembra! Dimmi se questo risponde ai tuoi dubbi oppure continuiamo a parlarne!
@Sabina: si tratta di un’esperienza complessa… secondo me per vivere un anno fuori da soli si deve essere molto ‘attrezzati’ e il puno di vista strettamente linguistico è meno rilevante. Posso raccontarti dell’esperienza di una ex alunna conosciuta durante una supplenza al liceo (classico): lei ha vissuto in US in una famiglia il penultimo anno del liceo e si è trovata molto bene, all’andata e al ritorno. Il ragazzo conosce già la LS o partirebbe da zero? andrebbe da amici o in college o da estranei? tutti questi sono fattori da valutare… qualcuno ha altre testimonianze?
Sabina says
Quello a cui mi riferivo io è un trasferimento di tutta la famiglia per consentire al bambino/ragazzino di imparare bene la terza lingua. Ma, come dici tu, ci vogliono ovviamente le competenze linguistiche.
La mia per ora è solo curiosità, visto che Nicholas ha appena iniziato l’inglese in prima classe. Ma se riesco a fargli imparare bene la letto-scrittura in tedesco, vorrei inserire l’inglese – appunto la famosa terza lingua 🙂
Devo dire che io ho imparato l’inglese in poco tempo (dalla 1^ superiore in poi) e con poco sforzo, così come ho fatto poca fatica ad imparare il francese e poi il russo (purtroppo abbandonato). Credo molto nelle capacità metalinguitiche dei bilingui dalla nascita, però mi piacerebbe anche far vivere a mio figlio le varie culture, cosa che io non ho avuto modo di fare.
Mi piace anche l’idea dei camp del tipo LPC (http://luethipetersoncamps.org). Mia sorella li ha frequentati a partire dall’età di 10 anni e devo dire che sa muoversi nel mondo ed ha una marcia in più. Però diciamo che non è una vera e propria scuola e il periodo è sempre abbastanza limitato. Però potrebbe già essere un buon punto di partenza.
Seguirò i tuoi post e sono sicura che troveròl’ ispirazione giusta 😉
Tiziana says
A proposito dei campi LPC. Li ho contattati e mi sembra un’organizzazione seria e impostata in modo interessante. Vorrei proporli per l’estate 2013 al mio bambino di nove anni. Potresti raccontare l”esperienza personale di tua sorella? La mia perplessità è l’assenza prolungata da casa (1 mese) e la grande distanza da casa di un bambino di 9 anni che al massimo è andato al camposcuola per una settimana a 30 km da casa sua. Grazie in anticipo se troverai il tempo di scrivere in merito.
raffa says
@mater et labora,per il futuro, visto che il tuo inuit è ancora piccirieddo, il “rinforzo” per l’italiano passa anche attraverso la lingua scritta, gli audiolibri, o i video,o programmi tv per bimbi. Con i nostri 7enni abbiamo la fortuna che leggono volentieri, sono onnivori, e si scelgono loro cosa leggere. Avete nonni, tate italiane? Magari ritagliarsi qualche momento in biblioteca in cui scegliere libri? Per qualche anno ancora leggete voi, poi leggerà lei/lui. Da noi nel momento in cui il binomio mamma/italiano mi è sembrato stabile ho iniziato anche a leggere nell’altra lingua, è un grossissimo vantaggio essere competenti in due lingue, non devi lasciare il vostro inglese lingua degli affetti per inserire tu l’italianoinmodi che ti confaceranno, se nonne trovi cerchi altre figure di rinforzo. Nella scuola spagnola quante ore fanno di italiano? Secondo me alla fine della fiera l’obiettivo (ma questa è la mia visione molto personale) è che i figli non vanno allenati al biathlon o thriatlon linguistico, le lingue sono importanti nelle nostre vite, è giusto riflettere su come gestirle, però ci sono mille cose nelle giornate dei nostri bimbi. A me piacerebbe il prossimo anno inserire piscina e musica, ma mi sembra che già ora abbiano poco tempo per lo svacco. La loro lingua del papà non è al livello dell’italiano, ma amen, la usano con gioia per fare cose per loro interessanti, dovremmo mai trasferirci in Germania proveremo ad attrezzarci in modo che non abbiamo troppi problemi a scuola. A differenza di loro compagni di classe non fanno inglese extra-scuola ma amen, ci saranno modi e tempi per inserirlo di più. Questa settimana era prioritario rotolarsi nel parco tutto bianco e fare “docce di neve”. Ecco, per me le lingue sono uno strumento, utile e importante e piacevole, ma non sono l’obiettivo.
Jessica says
Ciao Sabina, certamente sarebbe un’ottima occasione! per le lingue, vale sempre l’assunto che prima è meglio è, però si devono valutare tutti gli altri fattori (motivazione, durata, lontananza dagli affetti etc). Non ultimo, quanto poi si potrà mantenere la terza lingua al rientro, perchè altrimenti il lavoro va ‘perso’! Per il contatto interculturale, siamo fortunati ad avere ormai tutto il mondo anche in Italia e ho avuto diretta esperienza di quanto questo arricchisca la vita delle scuole e delle classi (e delle famiglie)!
materetlabora says
intanto grazie a tutte per le vostre opinioni, mi fa davvero piacere parlarne finalmente con persone che stanno facendo lo stesso tipo di percorso.
@jessica, in realtà ho capito molto bene quello che dici cioè che il percorso è imprevedibile ( e me ne sono accorta visto che ero convinta che il suo italiano sarebbe stato più forte). e inoltre mi rendo conto perfettamente che il contesto scolastico sarà importantissimo. mi chiedo quindi ( e qui giustamente devo fermarmi e fare il calcolo delle ore che mi dice letizia delle ore che saranno dedicate all’italiano) se e quanto influirà il percorso scolastico sulle altre lingue, ma soprattutto sulla sua vita in generale. da una parte mi sembra una grande possibilità, dall’altra parte ho una gran paura di chiedergli troppo. fino ad oggi le lingue non sono mai state un problema ma sempre un gioco e un corso naturale della nostra vita. e allora mi dico ce ne sono già due, perchè non scegliere una buona scuola italiana e tenere le cose facili e giocose come sono oggi? dall’altra parte (le voci delle madri sono terribili e non mollano mai:)) mi dico è una buona scuola, è a cinquanta metri da casa, imparerà una nuova lingua. perchè no????
@letizia, è vero, devo fare questo calcolo. non è per niente facile come dici tu. però forse è importante farlo, raccogliere le idee e cercare di capire cosa sarà il nostro futuro linguistico.
@raffa, già adesso l’Inuit (grazie della citazione::)) si nutre di libri, audiolibri, musica e qualche cartone (solo charlie and lola in piccole dosi). tutto questo avviene già, ma avviene praticamente solo in inglese. perchè sono io a farlo (e l’au pair) quindi quando io gioco, leggo, canto, con lui ovviamente lo faccio in inglese. anzi lui ha una vera passione per i libri, se li sceglie, li chiede, li prende dal suo scaffale ma al 99,9% prende un libro in inglese.
suo padre che è la parte italiana dell’opol ha peraltro con lui altre forme di gioco, più fisiche e tecniche che certo ovviamente prevedono un dialogo ma molto meno dell’ascolto di libri o canzoni. ultimamente però anche lui proprio per rafforzare l’italiano ha cominciato a leggere di più con lui, ma la sua preferenza è sempre sempre per libri in inglese.
per quanto riguarda figure di rinforzo purtroppo non c’è molto. i nonni sono lontani, e la nostra baby sitter è appunto una au pair che parla inglese. montagne di amici ma puoi immaginare il dialogo tra due-treenni:)
anche io non sono una madre da triatlhon e non vorrei diventarlo. ad esempio non credo che gli farò mai fare corsi di inglese scritto a pomeriggio, nè gli chiederò studi paralleli. la lingua a casa è gioco, (ed è credo il motivo per cui lui continua a usarla) lo studio per me esiste solo in ambito scolastico. fuori da scuola si gioca e si fa sport.
ah ultima cosa, le ore di italiano alla scuola spagnola sono cinque a settimana e dal programma mi sembra che lo studino bene….
vi ringrazio davvero per questo confronto che mi aiuta a pensare. la scelta della scuola e del percorso scolastico è già di per sè così difficile….
silvia says
ciao a tutte, mi chiamo silvia ho due bambini una bambina di 4 anni e un bimbo di anno. Io sono italiana e il padre è austriaco , noi viviamo in Austria. Io parlo con i bambini in italiano e lui in tedesco ma fra noi (io e mio marito) parliamo in spagnolo, sia io sia lui siamo in grado di capire tutte e tre le lingue quindi spesso le conversazioni in famiglia si svolgono con ognuno che salta da una lingua all’altra a seconda di con chi stà parlando. Per il piccolo è ancora presto ma credo capisca sia italiano che tedesco ma parla ancora poco per lo più parole o frasi di 2-3 parole in una o l’altra lingua. Scusate il lungo preambolo ma volevo chiarire la mia situazione. Ora il mio “problema” è che non so bene cosa fare per lo spagnolo con la grande. La sua prima lingua è il tedesco ma parla bene anche l’italiano (con i miei parenti conversa solo in italiano) anche se è più debole in questa lingua- Lei capisce in parte lo spagnolo ma non è in grado di seguire una conversazione e manifesta aperta insofferenza (naturalmente) quando non capisce cosa io e mio marito ci diciamo. Lei comincerà questo semestre a frequentare un gruppo di gioco in italiano per rafforzare questa lingua…ce ne sarebbe uno anche in spagnolo, è troppo? Io e mio marito dovremmo smettere di parlarci in spagnolo (sarebbe molto impegnativo per noi perchè sono 12 anni che ci parliamo in questa lingua)? Cosa mi consigliate di fare? Spero di non aver scritto troppo od essere andata fuori tema grazie.
Bilingue Per Gioco says
Io direi di continuate a parlare Spagnolo tra voi e spiegare alla bambina perchè, non può chiedervi di cambiare lingua ma potete tradurre per lei quello che dite (è faticoso, ma effettivamente in certe circostanze può essere necessario), e farle imparare lo spagnolo quando sarà lei a chiedervelo. Altre idee?
L.
raffa says
@materetlabora il discorso sui giochi/interessi del papà lo seguo benissimo, io non provo neanche a bilanciare in italiano quello che fanno con lui in tedesco, mi manca tutto il lessico areonautico, areospaziale, marittimo …
più Bibi crescerà, più interagirà con gli altri bimbi, e al parco mollerà la tata inglese per giocare, parlare e litigare con coetanei probabilmente italofoni. questo probabilmente lo porterà ad interessarsi più per l’italiano in generale.
i nonni per noi sono anche relativamente lontani, ma quando i nostri erano piccini venivano una volta all’anno fermandosi un mesetto (lasciamo perdere il discorso nuora-suocera), i nostri erano deliziati ed erano immersi nel tedesco, facevano enormi progressi
in questo senso è ottimo ogni tanto “scomparire” come mamma, io lavoravo il sabato mattina e quel momento era sempre loro e col papà, magari trovati un impegno fisso (anche di piacere!) per quando la tata non c’è, cosicché bimbo e papà possano coltivare i loro rituali
per la scuola: prima del discorso lingue mi fermerei a riflettere sul programma e le maestre, se ti piacciono tutti e due fatelo (a maggior ragione se è comoda), quello che succederà delle lingue del ragazzino sarà per qualche anno ancora affar vostro, ma mano a mano che cresce vorrà sempre più decidere lui …
@silvia secondo me Letizia ha scritto cose molto sagge, sottolineando le esigenze di necessità e piacere. voi genitori avete questa vostra abitudine, e non desiderate cambiarla, questo i bimbi devono poterlo accettare, anche se può creare frustrazione, ma se voi siete disponibili a tradurre ogni volta che ve lo chiedono nessuno viene ferito. a me e al marito capita spesso di “tradurre” quello che ci siamo dettifra noi due su richiesta dei bimbi, o quello che succede in un film, ma il problema non è la lingua, ma i concetti non noti o troppo complessi, se loro sanno che il loro “disagio” viene accolto non vedo il problema.
per mia esperienza i bimbi dalla materna in poi non vedono la necessità di una lingua se non è abbinata a qualcosa di piacevole, cercate magari qualche rinforzo in questo senso: vacanze in Spagna? feste della comunità ispanofona da voi?
materetlabora says
raffa, anche a me ogni tanto mi piace scomparire:) ad esempio nel week end lascio che passino molto tempo insieme. e credo che questo insieme ai bambini al parco, agli amici a tutto il resto porterà certamente grandi risultati. sai il punto è proprio quello che dici, la scuola mi piace, è buona, ha ottimi insegnati (pensa che anche le maestre dell’asilo comunale parlano benissimo del loro asilo) ed è molto comoda. come dire. tutte queste cose sono importanti per noi tanto quanto la lingua…
Marina says
Integrare, integrare, integrare! Questo e’ il nostro motto con nostro figlio trilingue, che ne sta imparando anche una 4a). Leggiamo in tutte tre le lingue, guardiamo cartoni e trasmissioni in tutte e tre le lingue, frequentiamo amici greci, italiani e francofoni. Il mixing e’ un dato di fatto in casa nostra e siamo consapevoli che nostro figlio saprà meglio in italiano gli utensili di cucina, in greco i modi di dire e in francese il linguaggio tra amici e quello “scolastico”. Ogni lingua e ogni cultura e’ una ricchezza.
Jessica says
Bellissima storia!