L’essere umano nasce con una predisposizione innata ad imparare le lingue, ma deve trovarsi nelle giuste condizioni per poter realizzare questa sua potenzialità.
Gli studi hanno dimostrato che l’acquisizione della lingua madre deve avvenire nei primi anni di vita del bambini, altrimenti si ha una compromissione irreparabile: gli effetti di un’esposizione tardiva al linguaggio possono essere devastanti e irrecuperabili: infatti, in caso di un ritardo nell’espozione alla prima lingua, i risultati non raggiungeranno mai quelli dei bambini esposti precomente ad una lingua madre (la lingua dei segni, per i bambini sordi). Questa finestra temporale, che va dalla nascita ai 6 anni circa, è stata definita periodo critico per l’acquisizione della prima lingua.
Esiste un’età periodo critico anche per l’apprendimento di una seconda lingua? Molte ricerche ci dicono che l’abilità di imparare una seconda lingua con competenza nativa o quasi nativa (native-like o near-native) è limitata ai primi 8-10 anni di vita: la finestra temporale ideale per inserire ulteriori lingue, oltre alla lingua madre, andrebbe quindi dalla nascita fino all’inizio della pubertà. Dopo quest’età, quello che si osserva è la perdita di alcune particolari abilità linguistiche e una maggiore variabilità tra i risultati ottenuti.
E ‘ stato però ipotizzato che, passata la pubertà, sia più difficile apprendere la pronuncia di una seconda lingua (si manifesta cioè l’accento straniero), ma che per le altre aree della conoscenza le possibilità di apprendimento rimangono buone e ci sono anzi apprendenti che raggiungono risultati eccellenti (in questo caso, si dice che il periodo critico per le conoscenze morfosintattiche finirebbe dopo quello delle conoscenze fonologiche)
A livello operativo e didattico, si trovano classificazioni dei diversi tipi di apprendimento in funzione dell’età:
- Si parla di monolinguismo per i bambini che sentono regolarmente intorno a loro, o rivolta a loro, una sola lingua, dalla nascita in poi.
- E’ bilinguismo precoce (o Bilingual First Language Acquisition, BFLA) quello dei bambini che, dalla nascita fino almeno ai 6 anni, sentono regolarmente due lingue. Solitamente, questi bambini capiscono bene entrambe le lingue, ma è possibile che inizino a parlarne prima una poi l’altra.
- E’ chiamato apprendimento precoce di una seconda lingua (Early Second Language Acquisition, ESLA) quello dei bambini che iniziano ad essere esposti regolarmente ad una seconda lingua in un’età compresa tra l’anno e mezzo e i quattro anni. Anche in questo caso, i bambini mostreranno i segnali di comprensione molto prima di cominciare a parlare nella seconda lingua.
E’ importante dire che esistono anche classificazioni diverse, proprio perchè dipende dai criteri che si usano (quella proposta è tratta da Bilingual First Language Acquisition). Ad esempio, secondo altri studiosi, è più giusto dire che esiste una transizione continua tra il bilinguismo precoce (BFLA) e l’acquisizione di una seconda lingua in età adulta (Second Language Acquisition, SLA): infatti, non esisterebbe nessun salto brusco e nessun limite cronologico preciso, ma si avrebbe la tendenza delle capacità di apprendimento a decrescere con l’età, a partire dai primissimi mesi di vita, per poi proseguire con un processo lineare, senza salti bruschi.
Quali possono essere le cause delle variazioni nell’apprendimento legate all’età? La natura esatta dell’influenza esercita dall’età non è stata definita con esattezza: potrebbe dipendere dallo sviluppo e dalla maturazione cerebrale, oppure dall’influenza esercitata da una lingua madre via via sempre più consolidata, ma anche essere influenzata dal diverso modo in cui si attua l’apprendimento, più naturale e spontaneo da piccoli, più condizionato e consapevole da grandi. Alcuni studi, che prendono in considerazione altre variabili, oltre all’età, hanno visto, ad esempio, che le conoscenze morfosintattiche sono migliori non tanto in funzione dell’età in cui si è iniziato l’apprendimento di una seconda lingua, ma della quantità di uso e del grado di istruzione ricevuto in questa lingua. Secondo questi studi, i diversi risultati ottenuti nella seconda lingua non sarebbero l’effetto di un qualche cambiamento biologico dovuto soltanto all’età, ma sarebbero dovuti ad un insieme complesso di fattori in interazione tra loro, fattori e interazioni che sono ancora da definire con esattezza, come ci ricorda un articolo molto recente.
L’indicazione pedagogica, di grande rilevanza per le politiche educative e linguistiche, ricavabile dalle ricerche più recenti è a favore di un bilinguismo precoce, sostenuto con regolarità e di alta qualità: bisogna cioè evitare di pensare solo all’età, ma sostenere il bilinguismo anche attraverso un uso regolare, ricco e vario delle due lingue, che sviluppi attivamente la competenza in vari domini d’uso.
Come dire che l’apprendimento precoce rimane il più vantaggioso, se regolare e qualitativamente buono, ma che si è sempre in tempo per imparare altre lingue. Come ci dice E. Bialystok, in questo suo articolo: “il successo nell’appredimento di una seconda lingua è una possibilità concreta per tutti quelli che hanno imparato una lingua naturale nell’infanzia e che possono organizzare le loro vite in modo da ricreare parte dei vantaggi sociali, educativi ed esperienziali di cui godono i bambini.”
Isa says
Come sempre, articolo molto interessante. Se è vero che sia più facile imparare nuove lingue da giovani, rimane anche vero che sia possibile a qualsiasi età. La mia studentessa più “anziana” ad avere imparato il francese era una signora americana di oltre settantanni! Vive oggi in Francia ed ha una pronuncia eccellente per un’americana! lol
Jessica says
Bellissima, mi sembra di vederla questa signora! Grazie Isa
Emanuele says
Molto interessante. Per quel che ho visto il threashold è l’età di 15 anni, cioè se per esempio si emigra prima di 15 anni si diventa madrelingua (e anche i madrelingua inglesi perdono il loro accento madre), dopo no.
Ma secondo me uno acquista una capacità quasi pari alla lingua madre anche dopo, per esempio andando a studiare all’estero l’università e vivendo con altri ragazzi/e madrelingua. Proprio questi due fattori, lo studiare nel posto e la convivenza secondo me sono fondamentali. Passati i 23 anni però secondo me l’accento non lo si perde più.
Può anche essere una scelta, perché no? lo sforzarsi per mantenere un accento o per perderlo.
Jessica says
Caro Emanuele, mi fa molto piacere che tu abbia esplicitato questo punto: infatti, per godere di molti dei vantaggi del bilinguismo, non è necessario essere native-like. Inoltre, come dici, gli aspetti di motivazione e di identità giocano senza dubbio un ruolo nell’apprendimento. C’è questo sito sulle ‘lingue con l’accento’ che mi sembra possa essere interessante e incoraggiante per tutti noi apprendenti:
“The goal of Fisch out of Water is to encourage speakers of foreign and second languages to use their own voices. In so doing, we hope to celebrate accents, the aesthetics of the human voice, and the pleasures of the non-?native speaker”.
http://german.arizona.edu/news/fisch-out-water-celebrating-accented-languages-0
Emanuele says
Uh, me lo vado a leggere subbito!
Bilingue Per Gioco says
mah… in USA c’è davvero spazio per tutto e per tutti…!
io non sono per l’ossessione dell’accento, ma da lì a celebrare non native accents ce ne passa…
come sempre, in medio stat virtus
L.
Sabina says
Grazie di questo post estremamente interessant.
Prendendo il mio esempio personale di persona bilingue italiano/tedesco (BFLA), ho un po’ l’accento di chi ha imparato l’inglese e il francese dopo l’età critica da te descritta in una scuola superiore tedesca. Noto invece che Nicholas, che è stato esposto all’inglese, seppur in misura ridotta, fin dall’asilo, ha una buona pronuncia.
Noto però anche che i suoi coetanei monolingui hanno una pronuncia più italiana. Credo che le chances di acquisire un buon accento in una lingua straniera siano maggiori se si è già bilingui. Forse perché il cervello e gli organi di articolazione sono già abituati a suoni diversi e pronunce diverse (v. per es. questo articolo su Sciencedaily: http://www.sciencedaily.com/releases/2011/02/110201110915.htm)
Mi piacerebbe sentire altre testimonianze…
alessandra says
veramente un articolo interessante, avevo cercato anche io una pubblicazione sul bilinguismo ed avevo trovato articoli che indicavano in 6-7 anni la soglia oltre la quale era impossibile rendere indistinguibili un native da un non native. E nella soglia 13-15 quella superata la quale l’apprendimento della seconda lingua non era più equiparabile a quello della lingua madre.
VI CHIEDO UN AIUTO: qualcuno conosce articoli o pubblicazioni IN INGLESE di articoli in merito ai metodi per stimolare l’apprendimento della seconda lingua in bambini dai 5 ai dieci anni?
Sostanzialmente mi servirebbe qualcosa di simile all’e-book di Letizia ma in inglese (ho già chiesto se il suo libro esiste anche in inglese ma purtroppo no) da dare alla ragazza americana che viene a giocare con i miei bimbi di pomeriggio, una specie di guida alle idee e ai piccoli stratagemmi.
grazie a tutti, Alessandra
Davide says
Salve!
Sto seguendo questo blog da poco tempo, ho un bimbo di 10 mesi e mi piacerebbe introdurlo all’inglese dal momento che sia io che mia moglie lo parliamo ad un livello upper/intermediate… al momento mi accontento di farlo addormentare leggendo in inglese. Io sono classe ’77 e mi ritengo fortunato ad avere iniziato a studiare l’inglese alle elementari; mia moglie ha frequentato l’Istituto Tecnico Turistico ma comunque per entrambi sono convinto del fatto che sia stato il contatto con persone anglofone ad aver dato una seria accelerazione allo sviluppo e la comprensione della lingua – sin da piccola mia moglie, più da adolescente io.
Per quanto riguarda la pronuncia, da un punto di vista strettamente personale penso che oltre un certo limite di età entro il quale si impara la seconda lingua (penso intorno all’adolescenza), sia poi la personale forza di volontà a giocare un ruolo determinante nell’acquisizione una pronuncia quanto più simile a quella dei nativi. Per esempio, oltre a imparare grammatica e sintassi bisogna sforzarsi anche a comprendere e leggere l’alfabeto fonetico, imparare la cadenza delle proposizioni… soprattutto per l’inglese che da questo punto di vista è una lingua parecchio mutevole. Insomma, penso che anche in tarda età sia possibile ottenere risultati eccellenti, ma a fronte di sforzi parecchio impegnativi.
Un saluto a tutti!
Davide.
Bilingue Per Gioco says
non dimentichiamo che esistono anche le predisposizioni personali… ci sono persone che modificano facilmente il proprio accento (anche quando non vogliono magari) e persone che invece non se lo levano di dosso… alla fine ognuno è diverso, e reagisce in modo diverso alle esperienze e gli stimoli della vita.
Ciao,
L.
raffa says
per quel che riguarda la pronuncia la mia esperienza con bimbi figli di immigrati” (italiani in Germania, resto del mondo in Italia) è che la variabile personale molto fa. Ci sono anche adulti con un “orecchio musicale” (per articolare bene un suono devo prima riconoscerlo) che ottengono anche da anzianotti pronunce quasi-nativie così come bimbi “bilingui solidi” che ad es. “esportano” sempre la stessa r nelle altre lingue che parlano. Secondo me il tuo bimbo, Sabine, ha – oltre ad essere bilingue – anche imput di qualità fonologica in inglese extra-asilo rispetto a altri suoi compagni … ;-). alla fine della fiera quello che io trovo assolutamente affascinante del bilinguismo è la sua complessità unita alla sua ovvietà
Valeria says
Come esperienza personale volevo riportare un altro distinguo rispetto alla posssibilità di replicare la pronuncia native.
Nel mio caso, dopo 6 mesi da sedicenne in USA, ho ereditato un accento davvero ottimo (quindi forse giocava la predisposizione personale).
Attualmente invece dipende da quanto sforzo sto facendo per parlare. Ad esempio, se canto delle canzoni inglesi, i native speakers constatano che ho una pronuncia perfetta e vengo presa per una native, probabilmente perchè non penso alle parole perchè le so a memoria. Quando parlo normalmente, invece si sente che non sono native, anche se non si identifica la provenienza. Questo immagino perchè lo sforzo per cercare le parole giuste mi impedisce di concentrarmi sulla pronuncia anche se avrei le capacità per replicarla (e qui entrerebbe in gioco il fattore del bilinguismo non precoce che comunque pone dei limiti)
Valeria
Jessica says
Predisposizioni personali, motivazione e sentimenti identitari giocano un ruolo importante. Inoltre è possibile anche avere fenomeni di erosione, con competenze che si perdono se la lingua (madre o seconda) non viene praticata con regolarità. E’ per questo che i madrelingua emigrati spesso acquisiscono una pronuncia ‘straniera’ (e non solo la pronuncia) pur essendo nativi e cresciuti in un paese per molti anni. La complessità del fenomeno è davvero affascinante e ci apre le porte di un aspetto delle lingue che di solito a scuola non si studia: quello della ‘descrizione’ di una realtà che è molto più composita e interessante rispetto alla ‘norma’ linguistica (si dice così e non così), in base alla quale- presa da sola- non si spiegherebbe ad esempio perchè in Italia non si parli ancora il Latino 🙂
Tiziana says
grazie di questi spunti così interessanti ed argomentati. queste tematiche dovrebbero far parte anche dei programmi formativi del personale degli asilo nido e scuola dell’infanzia. sempre più frequentano bambini di altre culture, stranieri ed immigrati, e non mi sembra che ci sia nè consapevolezza nè sensibilità verso questi contenuti. io lavoro nell’asilo nido e credo di portare un dato significativo. un altro aspetto che mi viene di osservare è che rinunciare alla lingua madre di provienza possa significare per una madre e un padre negare una parte affettiva importante del loro mondo di origene utile ad accogliere la nascita della propria bambina o bambino. questo mondo in qualche modo continua comunque a vivere dentro di loro anche al di là delle parole, attraverso gesti ed abitudini che continuano a raccontare la natura della loro storia: se sulla tavola a casa compare il cous cous perchè non si può parlare la lingua marocchina? mi sembra una discordanza. scusami queste riflessioni che forse escono fuori tema, ma fanno parte della mia esperienza e le volevo condividere insieme a te. grazie
Jessica says
Ciao Tiziana, grazie del tuo contributo. E’ vero ed è un bene, che i legami con l’identità familiare non si perdono anche quando si perda la lingua. Concordo anche sulla necessità della formazione, che dovrebbe includere anche le famiglie. Infatti, spesso si abbandona la lingua madre per timore che questa possa influire negativamente sull’inserimento dei figli nella nuova cultura, perchè si pensa che le culture si escludano a vicenda: ne parliamo proprio oggi qui, estendendo il discorso linguistico a quello culturale: http://bilinguepergioco.com/2012/03/28/confusi-no-multiculturali
miriam says
salve sono la mama di una bimba di quatro anni nata in italia ma con genitori entrambi albanesi vorrei sapere in che modo dobiamo comportarsi x quanto riguarda il fatto che lei parla gia un perfeto italiano ma la madre lingua non riesce a parlare ma solo comprendere
grazie
Jessica says
In questi casi la soluzione più efficace è risucire a frequentare qui altre famiglie e altri bambini che parlino albanese oppure fare dei soggiorni piuttosto lunghi nel paese di origine, in genere così anche la produzione si sblocca molto rapidamente. L’importante sarà poi tenerla allenata!
Federica says
Buongiorno con la mia famiglia mio marito e due bimbe abbiamo vissuto Londra 5 anni e ci siamo trasferiti nuovamente in Italia qualche mese fa. Viola ha praticamente vissuto in Inghilterra ed è perfettamente bilingue forse potrei definirla BFLA, Beatrice ha vissuto all’estero due anni e noto che capisce l’inglese ma ovviamente la sua prima lingua è l’italiano. Volevo fare una domanda: se Viola iniziasse le elementari e continuassimo a farla parlare inglese con una babysitter e con libri e tv , perderebbe la sua padronanza in inglese? Attualmente frequenta una scuola americana ma non sono molto contenta vorrei che andasse all’italiana.. Per le scuole medie abbiamo trovato un’ottima scuola comunale in lingua italiana e inglese. Grazie è complimenti per il sito molto utile davvero.