Mischiare nelle lingue è un fenomeno comune tra i bilingui, bambini e adulti. Riguarda sia parole che elementi grammaticali e può avvenire all’interno di una frase (code-mixing, o enunciazione mistilingue) oppure tra una frase e l’altra (chiamato code-switching, o alternanza di codice). Un terzo tipo di mixing (tag mixing) è quello che si riferisce all’uso di espressioni verbali del tipo “giusto? No? You know, I mean.” Molto spesso, ci si riferisce ad entrambi i primi due fenomeni usando indifferentemente l’uno o l’altro dei due termini. Qui li terremo separati, quando necessario, per il rilievo che assume il code-mixing nello studio del bilinguismo infantile.
Questi fenomeni sono stati studiati intensamente negli ultimi decenni e un contributo importante viene riconoscito agli studiosi italiani che si sono occupati della ricchezza linguistica presente sul nostro territorio e delle tante sfaccettature che il contatto linguistico tra varietà diverse, lingue di minoranza e dialetti, assume in relazione a fattori linguistici, sociali e conversazionali (per una bibliografia a questo link).
Parlare in più lingue all’interno della stessa frase è stato spesso associato a fenomeni di erosione linguistica, cioè di indebolimento delle competenze in seguito ad esempio a emigrazione, oppure alla debolezza di una delle due lingue rispetto all’altra.
Oggi molti studiosi pensano, invece, che si tratti di un fatto perfettamente normale per le comunità e le persone plurilingui. In questi contesti, sostengono, il code-mixing non deve essere scambiato per un errore, una mancanza di competenze o tantomeno un problema di linguaggio. Studiando rigorosamente il code-mixing, al contrario, gli studiosi hanno notato che si tratta di un fenomeno molto complesso, che rispetta le regole grammaticale delle lingue coinvolte.
Nel caso dei bambini esposti dalla nascita a due lingue, il code-mixing è stato inizialmente interpretato come segnale del fatto che per il bambino le due lingue fossero fuse in una sola, che poi con il tempo si sarebbe differenziata con il tempo. In realtà, gli studi recenti indicano che i bambini tengono separate le due lingue fin dall’inizio, e che il code-mixing è per loro una risorsa usata soprattutto per supplire alla mancanza di lessico. E’ noto infatti che, nei primi anni, lo sviluppo lessicale dei bilingui procede allo stesso ritmo dei bambini monolingui, cioè i bilingui conoscono lo stesso numero di parole, ma suddiviso tra le due lingue ed è quindi frequente che debbano fare incursioni nei due vocabolari.
Quando i bambini sono più grandi, mischiare le lingue nella stessa frase o nello stesso evento comunicativo diventa una risorsa diversa: non più una strategia pratica per compensare una lacuna, ma un mezzo per parlare di sè. Il code-switching, ma anche il code-mixing secondo alcuni (un esempio), è infatti considerato una risorsa che i bilingui usano per esprimere la propria identità, in modo per lo più inconsapevole e non troppo rigidamente analizzabile.
Il nostro modo di vedere le lingue è spesso influenzato da una visione un po’ rigida, monolingue e normativa (“si dice così, non dire così”), mentre la realtà è molto più ricca e interessante, come il bilinguismo ci aiuta a scoprire: imparare una o più lingua non è un processo lineare, che si apprende una volta per tutte in modo completo e definitivo, senza interferenze o deviazioni – come la grammatica scolastica farebbe pensare – ma un processo molto più articolato, complesso e dinamico. Sempre in evoluzione e influenzato da fattori sociali, comunicativi, emotivi. Gli studiosi stanno cercando di comprendere tutte queste complesse interazioni in una teoria che le includa a pieno titolo e che non interpreti le deviazioni dalla norma come fattori di disturbo, bensì elementi essenziali e vitali delle nostre lingue e della nostra conoscenza, una teoria dinamica che “does not regard real-life messy facts as “noise” but as part of the “sound” you get in real life”.
Immagine: Bilingual Speech: A Typology of Code-Mixing su amazon.co.uk e Amazon.it
Daša says
Grazie, grazie, grazie.
Mia madre continua ancora, dopo 35 anni, a riprendermi, quando, vuoi per comodità, vuoi per pigrizia, pastroccio con le lingue.
Valentina says
Ciao
a me anche capita di mescolare le lingue, quasi sempre nel caso in cui una lingua straniera presenti una parola che spiega perfettamente ciò che voglio dire senza troppe parafrasi e che in italiano non esiste.
In tedesco, per esempio, esiste una parola fantastica (a mio parere): DOCH. Può significare “Non è vero quello che dici, è vero il contrario” oppure “E invece sì”, è difficile da spiegare in italiano, ma esprime un concetto così preciso che a volte mi rammarica che il mondo fuori della Germania non la conosca.
Così può capitare una conversazione tra me e i miei figli del tipo:
– Ti avevo detto di spegnere la TV
– No, non me l’avevi detto!
– DOCH! (hai voglia se te l’avevo detto!!)
Oppure
– Ti dico che il sole è una stella.
– No è un pienata!
– DOCH, è una stella!! (ho ragione io e tu hai torto)
Ok ammetto di essere un po’ fuori argomento e che l’articolo è forse più rivolto ai problemi nello gestire più di una lingua. E di certo non è che possa liquidare mia nonna italiana con un DOCH. Però mi capita spesso e penso che sia una “quarta” categori ( minoritaria?) di cui l’articolo non parla.
Jessica says
@Daša: in effetti, il fenomeno viene sempre stigmatizzato… e sempre usato! due forze che si tengono in equilibrio, anche a casa vostra, mi sembra di capire 🙂
@Valentina: molto interessante! Se capisco bene, si tratta del tag-mixing, il terzo tipo.
Ivonne says
Ciao Jessica,
molto interessante il tuo post. Vorrei sapere cosa ne pensate del code-mixing quando sappiamo bene che il bimbo conosce entrambi i vocaboli nelle due lingue. Elisa è in una fase di forte code-mixing, ma se mi dice frasi tipo “il mio pigiamino yellow” o “Ilaria sta facendo a mess” o “non voglio il cookie” o “laviamo teeth?” io so bene che conosce i vocaboli corretti sia dell’ITA che dell’ENG, ma penso che utilizzi i termini per i quali si sente più confident. Sbaglio secondo voi?
Vi propongo un altro quesito: come correggere il suo ITA se io le parlo solo ENG? Esempio: ultimamente ha preso a dire “a me mi piace” e io cerco di correggerla dicendo “You can say – a me piace – or I like”, secondo voi è giusto o suggerireste dell’altro?
Grazie e buona giornata!
Arianna says
Ivonne, io sono nella stessa situazione tua: quando alle mie figlie scappa un “a me mi…” mi limito a ripetere un “a me…” – anche più volte all’inizio ma ormai va in automatico – finché non ripetono la forma corretta (alla fine questo avviene più con la grande perché la sorella pensa lei a correggerla…). Mentre il “c’ho” non si tocca che è del papà romano DOC 😉
Arianna says
Ps. Se correggo l’italiano preferisco non mettere in mezzo il corrispettivo in inglese in quel momento – anche se io parlo loro solo in inglese. Diverso è se voglio che una cosa che stanno dicendo in italiano la dicano in inglese – ormai questo avviene quasi solo con la piccola che ha meno termini- in quel caso ripeto direttamente in inglese (se lei non ripete ciccia, mi godo l’esilarante mixing…e poi la grande mi aiuta, essendo uno stimolo enorme per la piccola imitare la sorella, anche se tra loro parlano per lo più in italiano). Non sono sicura di essermi spiegata, però 😉
Elisa says
Ciao,
il mio caso è ancora diverso. Mia figlia con me parla tendenzialmente in Italiano ma utilizza a volte dei termini in Inglese quando non conosce la parola che esprime esattamente cio’ che vuol dire oppure mi chiede “come si dice X in Italiano?”. Altre volte adatta la parola Inglese all’Italiano, soprattutto quando coniuga i verbi (l’ultima ieri sera al supermercato “pusho io il carrello!”). Quando si verificano questi episodi io sono tutto fuorchè preoccupata, anzi, vuol dire che entrambe le lingue, anche se in misura diversa, fanno parte della sua vita e questo per me è un bel traguardo.
Elisa
Paola says
Ciao Elisa!
a me succede praticamente la stessa cosa con il mio piccolo Giacomo (4 anni). Io sono italiana e viviamo in Spagna, in casa parliamo italiano ed il papá parla con lui in spagnolo. Il bambino capisce italiano e lo parla con me mescolandolo con lo spagnolo, coniugando verbi spagnoli in italiano o il contrario, usando parole italiane dentro una frase in cui la maggior parte dei termini sono in spagnolo….insomma un vero code-mixing.
E per il tag-mixing ci penso io, che dopo 11 anni vivendo in Spagna non riesco ad evitare di usare certe espressioni spagnole cosí “comode” e “appiccicose”.
ciaooo
Biancume says
Noi siamo in Francia da Novembre e adesso mia figlia di tre anni comincia a mischiare
alterna frasi in italiano a frasi in francese
oppure
utilizza italiano e francese nella stessa frase
oppure
francesizza l’italiano laddove non conosce la parola
A volte non capisco quello che dice
Spesso vuole condividere: mi dice “lo sai come si dice?”
In genere la lascio fare senza troppo intrusioni di sorta a meno che non sbagli qualcosa in Italiano allora la correggo. In Francese non ne sarei in grado.
Comunque il bilinguismo è un processo affascinante a cui assistere
Claudia says
Mia figlia, che ha 5 anni ed e’ nata e cresciuta in Inghilterra, e’ una campionessa di code-mixing, in particolare inizia sempre le sue frasi ipotetiche con “If”. Frase tipica di B: If c’ho una sorella, condividero’ tutti i miei giochi con lei. Sono ormai 2 anni che la correggiamo quando lo dice, ma il fenomeno si e’ fossilizzato e a dir la verita’ il nostro orecchio si e’ forse abituato, che a volte ci dimentichiamo pure di correggerla. Quando pero’ c’e’ un estraneo alla famiglia, dobbiamo tradurre per loro e si riapre la discussione. Che fare? Ce la fara’ mai ad uscire dal tunnel dell’IF?
Bilingue Per Gioco says
“If c’ho una sorella” è fantastico! 🙂
Sabina says
Nel code-mixing rientrano anche forme “creative”, in cui i bambini flettono/declinano le parole di una lingua come se fossero dell’altra? È una cosa che mi ha sempre fatto molto ridere. Ora, però siamo nella fase del mixing per pigrizia (o “economia mentale” come diceva una mia amica), cioè si dice la prima parola che viene in mente, a prescindere dalla lingua. Lo stesso capita a me quando parlo con delle persone che capiscono entrambe le lingue, mentre con chi non capisce non lo faccio. Per cui è un lazy-mixing? :)))
Grazie di questo post così istruttivo, Jessica.
materetlabora says
jessica, grazie davvero per questo post di grande utilità e di grande sensibilità. anch’io proprio partendo da un altro bellissimo post di bilingue per gioco ne avevo scritto sul mio blog ultimamente certamente condividerò anche questo tuo che è illuminante. come già ho avuto modo di raccontarti mio figlio di quasi tre anni ha scelto l’ingelse come sua lingua. quindi di solito costruisce in inglese e poi ci butta qualche parola in italiano (quando non la ricorda o quando è una parola che conosce solo in italiano perchè magari l’ha imparata a scuola). così se ne esce con I want to make a polenta cake, o I really want butta in the cestino:). Quando siamo con amici italiani e si sforza di parlare italiano costruisce la frase in inglese cercando di usare parole italiane, del tipo questo è mio friend, questo è tuos friend questo è daddy’s friend. io non sono un ottimissimo esempio perchè anch’io mischio e passo di palo in frasca sia con lui che con gli altri. a volte sono affascinata proprio dal suo modo di apprendere e dal modo in cui ha evidentemente interiorizzato le regole di grammatica e di sintassi e le applichi poverino nel luogo in cui linguisticamente si trova. il massimo lo raggiunge quando non gli piace qualcosa. it’s schifo.:) la teoria che non abbia abbastanza vocaboli per costruire in una sola linga è perfetta, però mi chiedo se certe volte non ci sia anche pigrizia. ad esempio where is my pinky? maybe è caduto, quando fall down è un verbo che conosce benissimo…
Jessica says
Bellissimi tutti questi esempi, li recuperiamo per qualche altro post, siete d’accordo? il word-internal mixing mi risulta, il lazy (almeno ufficialmente) per ora no 🙂 anche se per alcuni la ‘stanchezza’ può influire in una situazione informale tra bilingui. Lascio un suggerimento per gli ‘errori’: in genere, si consiglia di non correggere direttamente, piuttosto di fare una riformulazione, ad esempio “E’ caduto? lo andiamo a cercare?” oppure “Ti piace questo? a me piace di più quest’altro”. E’ perfetto anche far interagire i bambini con gli altri bambini, coetanei o no. Questo è importante soprattutto per chi rischia di aver pochi contatti con gli altri bambini in una delle due lingue.