A livello istituzionale, il Consiglio d’Europa si è pronunciato in modo esplicito a favore del plurilinguismo individuale per i cittadini di un’Europa sempre più ampia e sempre più vicina e legata al resto del mondo. Quali sono le azioni concrete in cui può impegnarsi la società per realizzare il plurilinguismo? Che ruolo hanno le istituzioni, le scuole e le famiglie?
In primo luogo, si devono combattere i pregiudizi e gli stereotipi, i falsi miti e i fondamentalismi, perchè “il mondo, inclusa l’Europa, non è un luogo interamente civilizzato” (fonte citata), non è un luogo, cioè, in cui sia diffusa l’accoglienza della diversità (What future for multiculturalism in Europe?). A livello linguistico, questo significa che bisogna sostenere le comunità di minoranza, sia le minoranze storiche che quelle recenti, dovute all’immigrazione, nel portare avanti la propria cultura e la propria lingua madre, insieme all’impegno- culturale e linguistico- per inserirsi nella comunità di maggioranza. L’aspetto complementare riguarda le comunità di maggioranza, tra le quali è importante che si diffonda la cultura dell’interesse, dell’apertura, della curiosità verso le lingue e le culture degli ‘altri’.
Gli insegnati, le scuole, i genitori, possono scegliere di leggere libri, fare attività, stimolare la curiosità e le occasioni di incontro e conoscenza tra le diverse lingue e culture, ognuna delle quali apporta un contributo alla ricchezza e alla varietà del nostro mondo, proprio come accade per le specie biologiche.
La diffusione dell’inglese come lingua globale, o delle lingue nazionali nei diversi Stati, fa da ostacolo percettivo nei confronti di questa cultura del plurilinguismo, perché porta a considerare le sole lingue di più larga diffusione. Se anche si scelgono le lingue più diffuse per l’insegnamento, non si dovrebbero trascurare le altre in un approccio educativo plurilingue, in cui le lingue possono entrare nell’immaginario, nel gioco e nella riflessione culturale dei bambini così come le bandiere o le capitali degli altri Stati (un esempio di sperimentazione nelle scuole primarie e secondarie umbre).
Accanto ad una cultura di apertura linguistica, è importante sostenere la formazione linguistica continua. Infatti, l’iniziativa di singole scuole, singoli insegnanti o genitori che permettono ai bambini e alle bambine di sviluppare precocemente il loro potenziale plurilingue, può essere messa a rischio se non sostenuta da azioni di supporto sociale che vadano oltre ‘un buon inizio’: “può essere demoralizzante o una vera perdita di tempo, per quegli insegnanti, studenti e genitori che hanno fatto un serio investimento in una partenza precoce, rendersi conto che i loro sforzi vengono ignorati o perfino messi a rischio da altri negli stadi più avanzati” (fonte citata).
Proprio per questo, il Consiglio d’Europa sceglie ‘continuità’ come parola guida (Report on Workshop 8B, 1995). Per assicurare questa continuità di insegnamento delle lingue, a sostegno di un plurilinguismo diffuso e solido, si ritiene che sia necessario diffondere la cultura e gli strumenti adeguati per realizzare:
- un inizio possibilmente precoce
- un curriculum che dedichi il tempo necessario alle lingue, in termini di ore dedicate e anni di continuità
- la possibilità di imparare le lingue ad ogni età, in modo diversificato e adeguato alle diverse potenzialità
- un adeguato sistema di valutazione delle conoscenze, per non incorrre nel rischio di un bilinguismo solo di ‘facciata’
- un filo diretto con la ricerca e gli altri esperti e lavoratori del settore per creare una rete di collaborazioni e scambi
La realizzazione di questi obiettivi, che richiede trasformazioni culturali oltre che didattiche e organizzative, non si verificherà in poco tempo, ma ognuno di noi può contribuire sul piano della diffusione delle conoscenze e di nuovi atteggiamenti e nuove pratiche, a partire dai propri progetti familiari o scolastici, ad esempio iniziando col festeggiare con i bambini la Giornata europea delle lingue, il 26 settembre di ogni anno.
Fonte principale
Richard Johnston (2002). Addressing ‘the age factor’: some implications for languages policy. Guide for the development of Language Education Policies in Europe From Linguistic Diversity to Plurilingual Education. Council of Europe, Strasbourg.
Link di approfondimento
Common European Framework of Reference for Languages
European Language Portfolio
Guide for the development of language education policies in Europe: From linguistic diversity to plurilingual education.
qui sotto una progettazione MIUR in questo senso (che coinvolge ancora pochissime scuole)
i limiti di questi progetti (come anche quello umbro) a mio parere, è che non sono sperimentazioni che finiscono poi in indicazioni curricolari “forti”, ma rimangono iniziative limitate nello spazio e a volte anche nel tempo (cambia insegnante e si molla la pratica). c’è qualcosa in questo senso nelle nuove indicazioni delle elementari? grazie comunque Jessica per i tuoi interessantissimi post e per ricordarci che siamo in Europa 😉
http://www.istruzione.it/web/istruzione/lscpi
“Il Progetto Lingue di scolarizzazione e curricolo plurilingue e interculturale (LSCPI), è promosso dalla Direzione Generale del Personale Scolastico al fine di armonizzare le politiche educative dell’Italia con quelle del Consiglio d’Europa.
Il Progetto è finalizzato alla sperimentazione del curricolo plurilingue e interculturale nel primo ciclo di istruzione e rientra nella nuova strategia educativa del Consiglio d’Europa per promuovere l’educazione plurilingue ed interculturale tra le nuove generazioni.
Il progetto LSCPI offre la possibilità ai dirigenti scolastici e ai docenti del primo ciclo di istruzione di partecipare attivamente ad una intensa e coinvolgente attività di studio sul campo finalizzata alla ricerca di nuovi approcci didattici per l’insegnamento delle lingue di scolarizzazione nella delicata fase di apprendimento linguistico, che trova il suo naturale humus nel ciclo dell’istruzione obbligatoria.
I presupposti teorici dell’iniziativa hanno il supporto delle più recenti ricerche della linguistica e delle neuroscienze e trovano fondamento nel lavoro e negli studi compiuti dalla Divisione delle politiche linguistiche del Consiglio d’Europa nell’ultimo decennio. “
Raffaella,
grazie, interessante l’idea, ho scaricato i materiali e voglio guardarli con calma. A prima impressione però qui non si parla di insegnare (tramite) altre lingue, ma di sensibilizzare i bambini all’esistenza (e accettazione di) altre lingue e culture. O sbaglio? Ripeto, devo guardare con più calma.
L.
Ciao Raffaella, condivido pienamente la tua valutazione sui limiti di molti progetti: penso che la sfida sia proprio quella del radicamento! Come fare? su questo, bisogna lavorare ancora molto, penso! Gli aspetti di rilievo invece penso siano sempre validi: da un lato un atteggiamento di apertura verso tutte le lingue, senza pregiudizi, lavorando sulle conoscenze (sapere quante sono le lingue, che ci sono molti sistemi di scrittura etc) dall’altro realizzare un plurilinguismo individuale diffuso… Grazie del suggerimento vado anch’io ad approfondire!
Ciao Letizia, anch’io ho guardato di corsa (poi comunque metteranno mano a mano i materiali sul sito), comunque il senso è più quello della percezione da parte dei bimbi del pluringuismo di fatto nelle classi, non di un mutamento della didattica … a vedere il bicchiere mezzo pieno il MIUR ha una pagina dedicata al plurilinguismo dei suoi studenti, a me sembra un inizio 🙂