Può sembrare anacronistico alle nostre latitudini mediterranee, ma in Francia la “Rentrée” – letteralmente ‘il ritorno’ e per antonomasia quello scolastico – si prepara prima dell’inizio dell’estate. Già dagli inizi di luglio o al massimo i primi di agosto, ogni premuroso genitore francese può trovare disponibile nella segreteria della scuola, o ancora meglio sul sito internet – potendo quindi scaricarla comodamente da casa – la fatidica “liste des furnitures scolaires”, alias la lista del materiale scolastico.
Non so se tale lista sia un’emerita sconosciuta nelle scuole pubbliche italiane o sia la scuola delle mie bambine ad essere ‘diversa’ dalle altre, fatto sta che ad una mia richiesta in tal senso ad una settimana dall’inizio della scuola mi sono sentita rispondere dalla segreteria: “Ma signora, non si preoccupi, c’è ancora tempo, può far portare alla bambina un quaderno ed un astuccio se le fa piacere”.
Da brava mamma italo-francese di due bimbe che si accingono ad entrare nel magico mondo della prima elementare, con tale risposta ho avuto conferma della mia scelta tra il metodo scolastico/educativo francese e quello italiano, andata a favore di quest’ultimo. I genitori francesi saranno anche facilitati, per non dire imboccati, dalle loro istituzioni pubbliche nell’organizzazione materiale e logistica della vita scolastica dei propri figli, ma l’eccessivo rigore e rigidità in taluni dettagli pratici di importanza, a mio avviso, marginale è il rovescio della medaglia che non mi sarebbe piaciuto pagare.
Qui di seguito un esempio di lista-tipo per le classi di I elementare richiesta dalla scuola pubblica francese :
– 2 astucci con chiusura a zip
– 10 matite colorate *
– 3 penne : 1 blu, 1 rossa, 1 verde *
– 8 gomme *
– 1 temperino *
– 1 righello
– 12 pennarelli colorati
– una lavagnetta 18 x 26
– 8 tubi di colla *
– 2 pennarelli fluorescenti
– 1 blocco da disegno Fabriano n. 4
– ….
– ….
Gli articoli contrassegnati con un * sono da mettere insieme in uno dei due astucci.
La cartella deve essere rigida e di formato tradizionale (non zaino).
I libri devono essere foderati con foderine trasparenti.
Passi la pretesa di avere a disposizione già da inizio anno tutta la riserva di materiale (ma non saranno un po’ troppe 8 gomme?!?) consumabile nell’arco dell’anno, sicuramente dettata dall’obiettivo di far risparmiare a noi genitori, sempre impegnatissimi, plurime andate e ritorno in cartoleria; d’accordo sull’evitare foderine variopinte e prediligere invece le trasparenti; ma non lasciare al bambino neanche l’arbitrio di dispacciare il materiale tra i due astucci a suo libero piacimento mi sembra un’eccessiva ed inutile forzatura.
Mi chiedo se ordine e rigore, principi sicuramente importanti nella sua vita futura, debbano essere trasmessi ad un bambino necessariamente attraverso la preparazione di un astuccio standard….(e poi perché il righello deve essere necessariamente separato dal temperino?!?)
Per non parlare della rigidità nel richiedere di indossare una cartella rigida soprattutto quando, essendo tale lista valida anche per le scuole francesi all’estero, ci si trova in un paese come il nostro dove le cartelle sono pressoché introvabili (e solo a prezzi da capogiro…) e gli zaini imperano! Le mie bambine adorano le cartelle classiche, le preferiscono agli zaini e le indosseranno, forse anche con un po’ di quella fierezza necessaria a scacciare i timori del primo giorno di scuola. Ma se la scelta fosse stata loro imposta da una lista omologata e se quindi si ritrovassero tutti in fila con la stessa cartella sulle spalle, non so quanto del piacere intrinseco in un oggetto personale, vanto dei bambini di questa età, svanirebbe. Forse parecchio.
La ‘lista del materiale’sarebbe di per sé un pratico ed innocuo strumento per, da una parte, ovviare all’indecisione di noi genitori davanti gli scaffali delle cartolerie e, dall’altra, bandire discriminazioni inutili tra bambini sulla base della quantità o qualità del loro armamentario (‘mamma, il mio compagno di banco ha più colori di me, anch’io voglio le foderine dei Gormiti come lui’, etc etc…), se non fosse la punta di un granitico apparato burocratico fondato sull’omologazione e la standardizzazione.
Pur difendendo a spada tratta il sistema sociale e culturale d’oltralpe di cui mi sono impregnata in loco per più di un decennio e che continuo a vivere e cercare di trasmettere alle mie figlie anche in suolo italiano, non penso riuscirò mai ad aderire al loro sistema scolastico. Dietro le innocue lavagnette di ardesia della lista di cui sopra, si cela una pratica che resiste nel tempo intatta nella sua forma d’antan che è la ‘gara di calcolo mentale’! Al pronunciare della maestra di un’operazione algebrica (ad es. 3 x 2), il bambino, dopo aver scritto il 6 sulla lavagnetta, deve alzarla in bella mostra al resto della classe. Vince ovviamente il più rapido, il quale riceverà un punto da collezionare nell’arco di tutto l’anno scolastico come premio per il suo diligente apprendimento (pare che i punti vadano anche al più bravo ad osservare ordine e pulizia nella tenuta del materiale richiesto….).
Con tutto il riconoscimento dei benefici del calcolo mentale e l’apprezzamento per le care e vecchie lavagnette, mi chiedo se nel secolo XXI secolo non esista una modalità meno competitiva e più ragionata per stimolare il bambino ad imparare le tabelline.
Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma mi chiedo se quello spirito competitivo che si respira nel quotidiano della società d’oltralpe, non aleggi proprio dentro quelle piccole lavagnette imposte ai bambini francesi fin dal primo ciclo della scuola dell’obbligo.
E se quel rigore e raziocinio che contraddistingue l’individuo singolo e che nel collettivo si traduce in efficienza ed alto senso civico, caratteristiche tanto invidiate alla società francese, non sia proprio il frutto del ricordo di quell’astuccio ben ordinato imposto alle scuole elementari …
Trovare la quadratura tra rigore e creatività è un esercizio quasi impossibile. Sono profondamente convinta però che la scuola italiana, nonostante tutte le difficoltà ed i percorsi precari che è costretta ad attraversare, riesca ancora a trasmettere un giusto equilibrio di apprendimento ai nostri bambini.
Con un po’ più di disordine nelle cartelle forse, ma senza troppi punti da conquistare e rivaleggiare.
Buon inizio anno scolastico a tutti, in qualunque paese e lingua l’abbiate scelto !
Immagine: Je vais à l’école!
Bilingue Per Gioco says
Interessantissimo questo confronto!
Però mi domando quanto abbia senso parlare di scuola italiana, sui dettagli organizzativi mi pare che le realtà locali varino molto.
Esempio, io mi sono scandalizzata quando ho sentito da amiche che qui (Verona) alle mamme danno liste minuziosissime di ciò che occorre portare a scuola. Ogni bambino con un quaderno dello stesso colore per la stessa materia. Mi è sembrato un insulto all’intelligenza dei bambini.
L’altro giorno invece in rete (o nella rete delle mamme) impazzava una polemica su un articolo scritto da una giornalista sull’inserimento alla materna versione italiana (lentissimo) vs. versione Inglese (op e via, se piange smetterà). Non sono stata in grado di intervenire perchè lo stillicidio italiano raccontato da molte mamme io non l’ho sperimentato, c’è stato un inserimento ma molto ragionevole e diverso da quello descritto dai più.
Chissà se la Francia invece è più standard nell’approccio…
Letizia
Maria says
Verona like Paris allora ! anche io rimasi scandalizzata quando seppi dell’utilizzo di quaderni dello stesso colore per la stessa materia…quando la nota cromatica arriva a distruggere la fantasia…
Mentre tali assurde rigidità sembrano lasciate in Italia all’iniziativa singola dell’insegnante – come dovrebbe essere essendo la scuola fatta di persone, e quindi di diversi approcci e didattiche -, in Francia a volte anche ‘dettagli’ di questo tipo risultano da emanazioni ministeriali. La standardizzazione del sistema permette a qualsiasi connubio alunno/insegnante di ritrovarsi e quindi di garantire quella continuità castrata invece a livello personale.
Con ciò faccio riferimento ad un’altra caratteristica del sistema scolastico francese che è quella di far ruotare quasi ogni anno maestre ed alunni in modo da non creare eccessivi legami tra insegnante ed allievo o tra gli stessi compagni.
Se tale impostazione ha il merito di evitare le classiche situazioni ‘mafiose’ all’italiana (vedi la classe dei raccomandati con l’insegnante migliore immancabile alle nostre latitudini), dall’altro sarebbe inconcepibile nel nostro Paese dove la maestra ed i compagni delle elementari rimangono ancora uno dei punti fermi dell’integrazione scolastica.
Paese che vai, scuola che trovi …
Daria says
Grazie Maria per questo interessante articolo che ho letto con attenzione visto che vivro’ sulla mia pelle e su quella delle mie bimbe il sistema francese tra un paio di anni. Per il momento la mia bimba grande è alla materna e iniziera’ le elementari alla Rentrée 2014.
Mio marito è francese ed ha vissuto sulla sua pelle la rigidità e la competività di questo sistema che è tarato sui migliori e gli altri inseguono e so sentono dei perdenti già da piccoli. Inoltre, l’impegno settimanale richiesto è molto duro: non solo si sta a scuola fino a pomeriggio inoltrato ma si ritorna a casa a fare una quantità di compiti non negligiabile.
Io ne ho veramente un po’ il timore. Il timore che non venga dato il giusto spazio alla creatività, alle diverse inclinazioni e anche alle difficoltá e alle debolezze.
Consiglio un libro scritto dal giornalista inglese Peter Gumbel che ha vissuto l’esperienza del sistema francese con i suoi figli, non sempre un sistema facile sicuramente.
Come si dice, io speriamo che me la cavo!
Chiara says
Maria, questo articolo mi ha aperto la mente!
Anche io sono a contatto con la cultura francese da molti anni e mamma di un bimbo italo-francese (anche se le cose si complicano ancora di più perché risiediamo in Irlanda) e dalle tue parole mi rendo conto di molte cose che in fondo sapevo guardando i miei nipotini francesi (ma anche mio marito in realtà, che era fresco di “bac” quando ci siamo conosciuti), ma che non ero riuscita ad inquadrare/ammettere. Sono perfettamente d’accordo con te sulla necessità di un equilibrio tra rigore e creatività, e sulla difficoltà di trovarla.
Nonostante mio figlio abbia solo 1 anno, comincio a pensare al tipo di educazione che vorrei ricevesse: scuola francese? italiana? irlandese?
Sono rimasta inaspettatamente soddisfatta dall’approccio che hanno avuto al nido che mio figlio frequenta, che mi aspettavo un po’ come quello descritto da Letizia qui sopra “versione Inglese (op e via, se piange smetterà)”, ma che in realtà cela un desiderio più profondo di comprendere il bambino e le sue esigenze piuttosto che inquadrarlo in schemi prefissati già a sei mesi (e questo, ancora una volta, è quello che ho visto con i miei nipotini d’oltralpe, che già a sei mesi erano miracolosamente inquadrati e sapevano che alle 20.30 era l’ora di fare dodo)…il mio bimbo ancora adesso ad un anno non va a letto ad un’ora precisa (certo non lo lascio giocare fino a mezzanotte!), ma sono io la prima a non volere che lo faccia (su questo e su altro mi batto un po’ con mio marito, che logicamente segue la sua forma mentis, ma si sta pian piano rendendo conto che ci sono altri approcci possibili). I bambini sono vere spugne: ciò che viene inculcato loro a sei mesi, un anno, sei anni, li seguirà per tutta la vita!
Allo stesso modo, qui al nido posso portarlo all’ora che voglio, e ringrazio il cielo di avere un lavoro flessibile che spesso mi permette di portarlo a mezzogiorno. In Italia, da quel che ho sentito, il nido è “tutto o niente”, ovvero i bimbi devono fare orario pieno, pena l’espulsione, anche se la mamma potrebbe avere orari più flessibili (almeno nei nidi pubblici). Ma perché? Non è ancora la scuola, stiamo parlando di esserini che sono vitalità ed istinto allo stato puro. Rigore, sì, ma libertà, anche! Fosse l’approccio anglosassone quello vincente? Continuerò le mie ricerche per scoprirlo…
Ti prego di condividere altre esperienze al riguardo che vivrai nei prossimi mesi/anni, saranno sicuramente molto utili.
Chiara
Agi says
Anche qui (parlo della nostra scuola internazionale) c’e’ la lista.
A parte che il mio primo pensiero e’ stato “Con tutti i soldi che paghiamo, non offrono neppure il materiale scolastico gratis? Io devo spendere tempo e (molti) soldi a ricercare ogni singolo elemento della lista?!?” riconosco che, in linea di principio, la lista ha una certa utilita’, ovvero assicura che tutti i bambini siano dotati del materiale scolastico durante l’anno.
Precisazione: qui tutto il materiale scolastico resta a scuola, ogni genitore porta una fornitura che verra’ messa in comune per tutta la classe, e i bambini poi utilizzeranno le cose prendendole dal fondo comune, senza stare a distinguere il tuo o il mio. (Per questo penso: non sarebbe meglio pagare un tanto alla scuola (o anche no) e fare assumere a loro il compito di procurare materiale scolastico adatto?)
Quindi, io compro una serie di quaderni a fiori? Non e’ detto che li abbia mia figlia. Lei ne avra’ uno scelto dalla rosa dei quaderni disponibili, magari le tocchera’ uno che le piace di piu’ magari no, ma, alla fine, credo che le maestre siano tanto acute da sottolineare che la cosa non e’ assolutamente determinante. L’importante e’ quello che nel quaderno viene scritto, il contenuto, che viene prodotto da mia figlia e non da un altro bambino.
La competizione a dire il vero non mi sembra sempre negativa, sempre che sia impostata a incoraggiare ciascuno a far meglio, anziche’ puntare a sminuire chi non e’ arrivato primo…
Per il resto, vivendo dove sto ora (ma lo stesso varrebbe se fossi in Italia) e avendo vissuto qualche anno nel mondo tedesco, riesco molto ad apprezzare l’ordine e il senso civico che viene coltivato in quest’ultimo… Non che non sia felice del maggior calore con cui sono accolta quaggiu’, ma un po’ di ordine e disciplina farebbe bene pure qui (e in Italia). Se questo e’ davvero anche il risultato dell’impostazione della scuola primaria, beh, ecco, io penso che (cosi’ su due piedi) rivaluterei il tutto.
Post molto interessante, comunque. 🙂
Chiara says
Confermo da Milano: copertine di plastica dello stesso colore per tutti a seconda della materia. Ma io ne apprezzo il fatto di non essere costretta alle logiche del marketing dei vari Gormiti & co.. Piuttosto odio il sistema delle fotocopie attaccate sui fogli dei quaderni: risultato orribile – quaderni gonfi, disordinati – e….soprattutto anti ecologico!!! Quanto al rigore, penso che non sia mai troppo, magari calibrandolo sulle personalità dei bambini: per una spavalda e menefreghista come mia figlia, dosi da cavallo, omeopatiche per un bambino timido e spaventato. Ma qui entra in gioco la sensibilità della maestra. Comunque io in Francia ci vado sempre in vacanza proprio per la serenità che mi da’ il senso civico dei francesi e il rigore nel rispetto dei luoghi.
Maria says
In effetti il materiale collettivo dovrebbe essere la pratica a mio avviso più intelligente da adottare. Nella scuola materna delle mie figlie si utilizzava tale approccio attraverso acquisti individuali o con cassa comune ed é quello che ci si accingerà a fare anche nella neo-scuola elementare.
E’ vero anche che sono scuole particolari (il ‘diverso’ che scrivevo nel post), ossia a metodo montessori, in cui si cerca di aiutare il bambino a crescere in maniera collaborativa e anti-competitiva, ossia con una base solida per farne un futuro adulto con senso civico e rispetto altrui.
Valori sociali da non confondere con la pulizia delle strade ed il rispetto per la cosa pubblica che si respira in Francia (dove anch’io passo non solo tutte le vacanze ma anche parte della mia vita), perché si entrerebbe in un altro tema poco attinente al sistema scolastico.
ciao
Maria
sara says
Vorrei spezzare una lancia a favore dell’uso delle copertine a colori differenti per materie differenti.
Mia figlia frequenta una scuola pubblica a Modena e come da riforma Gelmini ha il maestro “prevalente”,
ciò significa che un’unica maestra insegna matematica, italiano, scienze, educazione all’immagine.
Dato che è sola in classe con 25 alunni e dato che in prima elementare usano i quadretti da 1 cm sia per italiano che per matematica, quando la maestra dice ad esempio adesso facciamo matematica, può controllare con un colpo d’occhio che tutti abbiano davanti il quaderno giusto…oppure dato che i quaderni riamgono a scuola durante la settimana e vengono portati a casa solo il week-end è più facile disporre le pile di quaderni tutti col la copertina rossa o blu sugli scaffali dove vengono riposti.
paola says
Io sono napoletana e ho 2 bimbe alle elementari: per la prima niente liste, ma una serie di richieste fatte man mano, per la seconda lista dettagliatissima . Per me è molto più facile e rassicurante avere la lista: per i genitori che lavorano star dietro a richieste dell’ultimo minuto è impossibile e per i bambini non avere il cartoncino richiesto dalla maestra il giorno prima è destabilizzante. Non bisogna esagerare , però , come l’anno scorso che per la prima elementare hanno chiesto 20 quadernoni e quest’anno che hanno fatto cambiare tutti i quadernoni anche quelli usati pochissimo per le materie come storia e geografia alla faccia dello spreco.
La mia prima figlia, invece, ha l’obbligo di usare i quadernoni di queste materie fino all’esaurimento.
Nessun sistema è perfetto.
Ringrazio il cielo invece, di non avere un sistema scolastico iper competitivo: ho una prima figlia dotata di una natura competitiva( prima della classe senza alcuno sforzo, riconosciuta tale da tutti , ma mai emarginata) , cerchiamo di insegnarle che vincere non è tutto, cosa ne sarebbe di lei nel sistema francese?
La parola “perdente” è quasi vietata da noi , veniamo a conoscenza di episodi di bullismo e classismo ogni giorno e ciò ci fa tremare per le scuole medie (mia figlia é in IV), qualche compagnuccio già comincia a dirle frasi del tipo “questa scarpa è da perdenti , questo è un perdente “. Lavoriamo ogni giorno per insegnarle il valore della vita di ciascuno, quello della serenità che non dipende da quanto sei vincitore sugli altri, ma su te stesso.
Bilingue Per Gioco says
Paola cosa mi dici!?
Loser è un’espressione che ho conosciuto in un contesto anglosassone/internazionale molto competitivo, e che mi ha scioccata per la sua brutalità e il modo in cui veniva usata. Ma in Italia non ho mai sentito l’equivalente perdente, e mi sciocca che invece venga usata già alle elementari! Quando è successo? Come? Dove? E aggiungerei anche Chi? Sono stati cartoni e telefilm a importare questo modo di dire e di fare?
L.
paola says
Per rispondere: sono cose che succedono in classe mentre i bambini si confrontano, il bimbo in questione ha 2 fratelli maggiori (credo che sia la causa prima) e già lo scorso anno aveva di queste espressioni. Sarò una bacchettona, ma ci vedo i prodomi del bullismo. Sicuramente la televisione (Disney channel compreso) propone modelli di questo genere.
In verità siamo combinati maluccio, le mie amiche fanno riunioni per la scelta delle scuole medie, (io ho ancora un anno!!!) e non per la qualità dell’insegnamento bensì per i compagni; episodi del genere sono molto più frequenti a quell’età. Cosa fare? Tuonare dall’alto non basta e forse non serve. Vivere un contesto più variegato possibile, mostrare che ognuno è vincente nel suo piccolo sopratutto se è sereno. Ci crederanno? Noi abitiamo in un quartiere cosidetto bene , forse questo peggiora le cose.
Maria says
Nelle pagelle scolastiche d’oltralpe accanto alla colonna del proprio voto/giudizio spicca in bella mostra il ‘classement’, ossia la classifica rispetto alla classe, per materia ed in media. Posso assicurare che ciò che il bambino guarda in prima battuta non è la sua colonna, il suo rendimento, ma appunto quella del posizionamento rispetto alla classe. Quale bambino non lo farebbe, anche chi ha la fortuna di ricevere a casa un’educazione fondata su altri valori, non scamperebbe al gusto di vedersi in cima o al dramma di essere ultimo…
Ho visto bambini disperarsi per essere scesi in seconda posizione da un trimestre all’altro e bambini brandire esaltati il pezzo di carta che li decretava in netta pole position!
Passino le copertine colorate per materia per dare ordine mentale ai bambini (ed anche alle maestre a quanto pare), ma questa mappatura dei perdenti e dei vincitori è a dir poco deleteria…
Elisabetta C. says
Devo dire che io apprezzo tutto ciò che è bene organizzato e quindi una lista completa di ciò che serve per la scuola data per tempo mi sembra utile e molto pratica per i genitori anzichè lo stillicidio di passare in cartoleria giorno per giorno.
L’associare colori e materie non mi sembra una grande privazione di libertà ma solo l’imporre una regola: ogni ambiente ha le sue e non vedo perchè non si debba cominciare da piccoli. Certe volte mi pare che noi mamme miriamo a falsi bersagli ritenendo che orari, materiali scolastici o abbigliamenti prefissati siano un limite alla libertà individuale mentre sono altre le forme in cui si esplica la libertà di espressione di un individuo (anche bambino): ad esempio attraverso la possibilità di esporre la propria opinione quando si discute in classe (essendo la classe il primo luogo in cui si dovrebbe fare scuola di democrazia).
Con tre figli di diverse età ho sentito mamme scagliarsi contro orari di entrata alla scuola (“farlo svegliare così presto da piccolo è crudele!”) ne ho sentite altre rimandare l’inserimento a nidi pubblici con lunghe liste di attesa (“ma non posso stare ancora con lui a casa?”) ne ho sentite protestare contro divise scolastiche, contro i compiti che erano troppi o troppo difficili e ho visto mamme con figli alle elementari o alle medie fare i compiti ai figli (“perchè se va a scuola con il compito non fatto poi si mortifica”).
Ognuno fa un pò come crede ma certe volte mi chiedo se non diamo troppa importanza a cose secondarie e, tutto sommato, anche un pò di competizione non guasta. Tanto se non c’è quella sul profitto non crediate che non se ne formino altre, su altri presunti valori. I bambini sanno essere crudeli a volte.
Scusate, non volevo essere polemica e forse sono andata molto oltre il contenuto del post!
Elisabetta C.
Bilingue Per Gioco says
Elisabetta sono d’accordo nella sostanza, per precisare le copertine tutte uguali mi erano sembrate un sintomo di un problema più grande, quello del bisogna fare tutti esattamente le stesse cose, che preclude l’apertura al dialogo, la creatività, il confronto,etc. Nel caso specifico il problema mi sa che era effettivo, ma convengo che riassumere tutto con la questioone delle copertine è limitativo. Sono invece abbastanza in favore delle uniformi, che hanno a mio parere il vantaggio di evitare confronti tra chi è firmato e chi no e di limitare l’esibizionismo (soprattutto per le bambine), poi non dubito che firme e esibizionismo la maniera di uscire la trovano comunque, e non sono poi così sicura che l’uniforme funzioni, è un’idea, o forse una speranza…
L.
Agi says
Leggendo il commento di Maria riguardo alla “classifica” dei bambini, in effetti, mi viene da pensare che non sia proprio la cosa piu’ giusta da fare: vero che bisogna premiare e riconoscere chi e’ bravo e si applica, pero’, che sensazione spiacevole deve essere per chi non ha ancora “ingranato”. Forse tali informazioni non dovrebbero essere date in modo cosi’ palese, in modo da non scoraggiare gli ultimi.
Inoltre, sono d’accordo con Elisabetta C., quando dice che la liberta’ vera non e’ quella di scegliere il vestito o il colore della copertina del libro (e per la verita’, i vecchi grembiuli della scuola erano cosi’ pratici… non ci si sporcava il vestito vero, e c’erano meno differenze tra figli di famiglie “ricche” e famiglie “povere”.)
In fondo, queste sono cose marginali, per come la vedo io. Scegliendo delle linee guida a riguardo non si pregiudica assolutamente lo sviluppo della creativita’ e dell’indipendenza di un bambino.
Valeria says
Post davvero molto interessante! Sono capitata qui per caso e come sempre mi rendo conto che il “caso” fa bene le cose! Mi ritrovo perfettamente nella linea di pensiero di questo blog. I miei tre figli sono italiani, di genitori italiani, ma nati in francia e bilingui francesi. Fino ad oggi hanno frequentato la scuola francese e si trovano a loro agio con l’iper razionalismo e la competizione di qui.
Maria descrive perfettamente e con molta ironia una situazione assolutamente reale.
Le liste scolastiche, le maestre e i compagni che cambiano ogni anno, le divise, le copertine e i quaderni tutti uguali.
Non ultimo la forte competizione e le pagelle con media MATEMATICA a partire dalla 1a elementare e il famoso parallelo con la media della classe.
Nella scuola dei miei figli fanno addirittura una”table d’honeur” mettendo in bella mostra e rilasciando un diploma ai cinque migliori alunni della classe!
Da italiana tutto cio’ mi sciocca alquanto, ma resto basita dalla naturalezza con cui accolgono tutto cio’ i miei figli. La competizione e’ vissuta come uno sprone: nonostante la mia figlia maggiore sia assolutamente nella media, il fatto di essere migliorata di 2 decimi di punto tra il primo e il secondo trimestre l’ha resa felice!
Insomma voglio spezzare un arco a favore di questo sistema scolastico, che mi ha sorpreso sempre positivamente in questi anni. Ma dopo dodici anni passati a Parigi, ora con ogni probabilita’ rientreremo in Italia e mi si e’ aperta una voragine di interrogativi! Per questo ho scoperto questo blog navigando alla ricerca di risposte.
Riusciranno i miei figli a integrarsi in una scuola italiana? Dobbiamo fare lo sforzo di continuare a mandarli alla scuola francese anche se non e’ affatto sicuro che torneremo a vivere in francia?
Come fare a non perdere questa meravigliosa opportunita’ che e’ il bilinguismo?
Maria says
Ciao Valeria, leggendoti mi sembra di rivedere la mia situazione.
Anche io dopo 12 anni parigini sono tornata in Italia (Roma) con 2 figlie e mi sono trovata difronte gli stessi interrogativi. Scuola italiana o francese ? alla fine ho deciso, come hai potuto leggere nel post, per il sistema italiano, perchè è vero che la competizione, come anche tu testimoni, puo’ essere uno sprone all’apprendimento e un motivo di gioco per un bambino, ma se non dosata con intelligenza puo’ trasformarsi in età adulta in individualismo sfrenato…
I bambini prendono il meglio di ogni sistema e, soprattutto se abituati alla diversità, si adatteranno anche al sistema scolastico italiano una volta in Italia. Pur frequentando la scuola italiana, potranno comunque continuare ad apprendere la lingua d’oltralpe seguendo i numerosi programmi che la comunità francese installata in Italia propone.
Uno di questi è il programma dell’AEFE (Agence Enseignement Français Etranger) Flam – Français langue maternelle (per più d’info vai a vedere sul sito http://www.programme-flam.fr) presente in molte città d’Italia, tra cui Roma, Venezia, Torino, Milano (a Roma è stato sviluppato da un’associazione di cui faccio parte, puoi consultare il sito http://www.flamitalie.org).
Un grande passo avanti a favore del bilinguismo francese-altra lingua!
Ciao
Maria
Valeria says
Grazie Maria per le indicazioni su Flam non ne sapevo nulla!
Ho visto che c’e’ anche a Milano ma sui vari siti da te indicati non sono riuscita a trovare informazioni sui corsi a Milano. Tu puoi darmi il link.
Mio marito e’ un patito “esterofilo” e pare deciso a far continuare ai nostri figli la scuola francese. Io, anche grazie a voi :-), sono sicura che riusciranno a mantenere il francese se continuiamo a parlarlo in casa e se ci teniamo aggiornati con corsi, attivita’, libri e film in lingua.
L’unica che avra’ qualche problema in piu sara’ la piccolina che ha poco piu di due anni e comincia solo adesso a parlare francese.
Io sono quasi convinta di restare qui fino alla fine dell’anno scolastico: dato che mia figlia e’ in quinta elementare mi sembra piu pragmatico farle terminare il ciclo i CM2 e iscriverla a settembre alle medie in Italia. Tra l’altro pensavo durante l’estate di farle fare un po di rattrapage di italiano: grammatica, ortografia etc…
Maria says
Valeria, per i corsi Flam a Milano non ti so dire esattamente come si chiama l’associazione che li proporrà e da quando partiranno. Ti consiglio di rivolgerti al Centro Culturale Francese : http://culturemilan.com/it
ciao
Maria
Daria says
Leggo con piacere tutti i commenti e le esperienze raccontate.
Noi siamo proprio all’inizio della vita scolare in Francia quindi sono in fase di osservazione. Diciamo che dopo avere ascoltato i racconti di mio marito (francese), quelli di altri conoscenti e avere letto fonti diverse su Internet sono un po’ preoccupata dall’importanza data alla competitività, alla poca valorizzazione dell’alunno con i suoi pregi e i suoi difetti e alla poca fiducia che sembrano dimostrare gli allievi di fronte ai professori. Mio marito che lavora in ambito universitario francese dopo tanti anni passati in università anglo-sassoni é scioccato dalla paura che gli studenti hanno di esprimere il loro parere, perfino di fare delle domande al professore per non essere ridicolizzati.
Valeria says
La mia esperienza e’ decisamente troppo ristretta (materna e elementari) ma devo dire che io sono rimasta invece fortemente colpita dalla autonomia richiesta dagli insegnanti anche a “bimbi” cosi piccoli: expose’ di arte, storia e geografia di fronte a tutta la classe. Ricerche storiche da presentare poi come se fossero guide turistiche durante le gite scolastiche.
Io non ricordo di aver fatto nulla del genere prima delle medie.
Nella scuola dei miei figli il progetto pedagogico si basa sulla parola “eccellenza”!
Nella societa’ attuale, e senza voler fare assolutamente polemica, i ragazzini rispondono agli adulti con tono sovente di sfida, tutto sembra dovuto e lo sforzo e l’impegno quotidiano non sono affatto dei valori. E’ proprio per questo che una scuola che domanda ai proprio alunni un comportamento “eccellente” sembra anacronistico, ma ha tutta la mia approvazione di mamma!
Poi come dice giustamente Maria non bisogna mai esagerare….ne conosco molti di francesi adulti che basculano nell’individualismo egocentrico!