Una delle esperienze più emozionanti vissute in classe, nell’unico anno di supplenza in un Liceo, è stata per me quella di leggere i temi dei ragazzi. Gli studenti del Liceo Classico di solito amano scrivere, e quelle ragazze e quei ragazzi erano anche molto bravi. Ricordo il tema di F. sulla storia dei suoi amati jeans ridotti dalla mamma a straccio per la polvere e il tema di G., sul papà medico che aveva scoperto di stare male molto prima di fare le analisi. E non sono facili da dimenticare nemmeno i temi di I., che qualsiasi fosse l’argomento, riusciva sempre a parlare di cavalli. Cosa significa, saper scrivere? Come si può imparare a farlo bene, in una seconda lingua?
Scrivere, al di là delle competenze ortografiche, è un compito complesso, anche per i monolingui. La scrittura, nel corso dello sviluppo della seconda lingua, è spesso trascurata oppure insegnata solo nella sua forma accademica, cioè come scrittura per i contesti scolastici. Alcune ricerche ci dicono che “fino a poco tempo fa, le competenze alfabetiche nel contesto bilingue venivano spesse definite come capacità di lettura e non di scrittura”.
Questo spiega perchè, ad un confronto, i testi di chi impara una seconda lingua risultano meno ricchi di quelli dei monolingui. In particolare, chi non è madrelingua spesso usa espressioni, parole, frasi e strutture proprie del parlato. Anche per questo, spesso non riesce a produrre un testo adeguato alla situazione. Senza gli strumenti adeguati, chi impara una seconda lingua non riesce a far passare nel testo tutto quello che riuscirebbe a comunicare scrivendo nella lingua madre.
Le soluzioni per migliorare le capacità di scrittura nella seconda lingua sono tante. E’ prima di tutto fondamentale, secondo alcuni, non trascurare alcuni elementi di base: interesse, motivazione, coinvolgimento. Ora, ci si può chiedere quanta motivazione e interesse suscitino in bambini delle scuole elementari compiti che chiedono di fare “La descrizione di un gallo” oppure “Scrivere una lettera ad un’amica dandole consigli per migliorare il suo inglese.”
Non pensate che me li sia inventati!
Alcuni ricercatori ed insegnanti, collaborando insieme con il metodo della scuola come comunità di ricerca, hanno deciso di provare con qualcosa di diverso, sostituendo quei vecchi titoli, ce lo raccontano qui.
In una scuola elementare, In primo luogo, gli insegnanti hanno discusso un argomento insieme alla classe, esponendo anche le proprie riflessioni, per condividere i processi interiori di elaborazione e creazione di un testo. Poi, hanno inserito nelle tracce dei temi l’idea di un pubblico, un destinatario vero e proprio: a volte la classe, a volte i genitori, a volte gli amici. Hanno anche inserito un aggancio alle esperienze personali e soggettive degli alunni e, infine, hanno lasciato ampia libertà nello svolgimento della traccia.
I titoli, in questo caso, erano del tipo: “Il regalo più bello che mi hanno fatto”, “Lettera alla mia mia migliore amica”, “Pregi e difetti della mia scuola.” Ogni volta, dopo un tema, è stata prevista una sessione di lettura, di condivisione delle opinioni, leggendo il tema, osservando il regalo più bello o la foto preferita della piccola scrittrice. Questo processo di discussione ha portato poi ad una riscrittura del testo in vista della pubblicazione in un giornalino di classe.
In media, con il nuovo metodo, la lunghezza dei testi è cresciuta del 34%. Gli studenti meno bravi sono migliorati, mentre gli studenti migliori hanno manifestato qualche difficoltà con le nuove sfide: probabilmente si erano abituati a produrre risultati efficienti in modo da prendere buoni voti, in modo forse un po’ meccanico, e il nuovo metodo li ha rimessi in gioco.
L’esercizio della scrittura permette non solo di avere una competenza importante per il lavoro, ma anche per l’espressione personale e per la motivazione nell’apprendimento della lingua in generale, come dice Sindy: “Composition lessons give us some power to create. You can make use of the words to express whatever you want to write. ”
Le modifiche che sono state fatte al solito esercizio di scrittura hanno la potenzialità di portare dentro ad un compito tante delle forze che interagiscono nella lingua e nella motivazione ad impararla, la soggettività, la cultura di riferimento, gli altri, perchè “It is impossible to teach part of a language and culture without understanding how that particular part fits into the whole” (P. Tuafuti).
raffa says
intanto sono contenta perché per un paio di giorni BpG sul mio computer appariva tutto “spettinato”, adesso è ritornato bello ordinato 🙂
grazie Jessica come sempre per i tuoi contributi. effettivamente una buona didattica fa davvero tanto, ed è un peccato che ormai da anni in Italia l’aggiornamento degli insegnanti sia legato alla buona volontà (e al portafoglio) del singolo, e il MIUR vi investa invece poco o nulla
mentre leggevo questo post pensavo ai tantissisimi bimbi/ragazzi delle nostre scuole, che hanno una lingua di famiglia diversa dall’italiano, e che senza una didattica mirata (e interventi specifici :-() non hanno risultati simili a quelli dei loro compagni in italiano. questo lo dicono le prove invalsi, pirsl, ocse, e secondo me una causa delle ripetenze e della dispersione poi alle superiori deriva anche dalla difficoltà ad espirmersi per scritto. quali sono quindi i costi sociali (ed economici, un “ritardo” o una bocciatura costano sui 6mila euro/anno) dell’ignavia del ministero? in tempi di crisi ci possiamo permettere un tale spreco, a maggior ragione visto che con poche risorse (magari addiriturara dei consolati dei genitori), questi ragazzi potrebbero impratichirsi nella lettura/scrittura anche della lingua di famiglia, e rendere completo e spendibile nel mercato del lavoro il loro bilinguismo?
per concludere una proposta: Jessica, diventa tu la prossima ministra della pubblica istruzione!
Jessica says
Grazie Raffa, quante informazioni utili ci dai! E grazie anche della proposta, come inizio di settimana non c’è niente male 😀
Ho visto questa analisi sulla lettura e scrittura dei nativi, c’è di che preoccuparsi… e c’è anche molto da fare:
http://nuovoeutile.it/se-tanti-faticano-a-leggere-perche-non-scrivere-piu-chiaro/
raffa says
Jessica, grazie per l’ulteriore articolo (da cui ho poi letto Gallina), secondo me le questioni sono due.
Noi italiani dobbiamo imparare a scrivere di cose complesse ed articolate in modo chiaro, se già i concetti sono difficili almeno la lingua non deve essere arzigogolata, questo è indubbio.
Detto questo è importante che continuiamo a pensare – anche – in modo articolato, e che i bimbi bilingui delle scuole italiane “internazionali e senza retta” abbiano accesso anche a una lettura e una scrittura ricche lessicalmente e sintatticamente, senza fermarsi alle semplificazioni e alla falsa indulgenza. Altrimenti non si fa loro un regalo.
OT io sono anzianotta, e quando ero giovane leggevo la bustina di minerva di Eco sull’espresso in cui pubblicava esercizi di riscrittura che faceva fare ai suoi studenti, ad es dal burocratese ad un italiano scorrevole: bellissimi! e forse nell’azienda trasporti della mia città qualcun’altro li leggeva: è da alcuni anni che le loro comunicazioni riducono il burocratese al minimo
ancora + OT un ricordo di Dortmund una 15ina di anni fa: il cartello che indicava le multe per chi non aveva il biglietto dei mezzi corretto era in 5 lingue, quello che spiegava quale biglietto comprare solo in tedesco 🙂