Dicono che la lingua si impara ascoltando e parlando. Vero. I dettagli però si chiariscono leggendo, non nel senso di migliorare il vocabolario, proprio nel senso di migliorare la pronuncia.
Ho letto Mother Tongue, the Story of the English Language. Non the history, the story. E come una storia si legge, d’un fiato, un viaggio affascinante nei meandri di una lingua tanto universale quanto ricca di insidie. Leggere questo libro mi ha fatto bene alla pronuncia, ma non solo:
Ho riflettuto sulla pronuncia, grande tema della lingua Inglese. Ho fatto qualche scoperta inaspettata, una per tutte che forehead si dice, propriamente ma non esclusivamente, forrid.
Ho capito che in alcuni casi la mia pronuncia e scelta di vocaboli è decisamente più vicina alla versione british, ma per qualche strano motivo in altri casi è più vicina alla versione USA, cosa che non sospettavo, non avendo io mai vissuto in USA.
Mi sono assolta, non è colpa mia se colonel si legge con la r e Leicester si perde mezzo nome per strada, come non dipendono da me tutta un’altra serie di stramberie che da straniera accetti in silenzio ma leggendo un libro scritto da native speaker per native speaker metti finalmente in prospettiva: la lingua Inglese è piena di assurdità di spelling e/o pronuncia. Capirne il perchè non risolverà il problema ma almeno ti toglie il dubbio che sia stata tu a perderti qualche pezzo per strada…
Ho scoperto che termini che hanno sempre fatto parte del mio panorama linguistico Inglese sono in realtà considerati neologismi, ma solo da quelli che non sanno che già esistevano nel 1600. Ah!
Ho sorriso scoprendo che questioni che richiedono approfondita filologia e accesi dibattiti agli anglofoni sono in realtà lapalissiane (scontate) per chi parla l’Italiano e ha una buona infarinatura di Francese, di Latino, e, aggiungerei, di grammatica.
Ho guardato con nuovi occhi il dizionario che giace in fondo al mio scaffale dei dizionari. L’ho comprato chissà perchè , non so quando nè dove. L’ho consultato sinceramente poco, tanto c’è internet. Ma da oggi so che The (New) English Dictionary non è un dizionario, è un pilastro su cui si fonda l’intera lingua, è un’opera monumentale e (dicono loro, vedi alla voce manie di grandezza) “Because of its existence more is known about the history of English than any other language in the world”. Resti tra noi, vorrei presentare a Mr Bryson la mia proffe di italiano del liceo, che ci faceva leggere la Divina Commedia e, completamente immune al potere pittorico del Sommo, ci interrogava sull’etimologia di ogni singola parola dallo stesso utilizzata. E quando dico ogni, intendo ogni. Non ragioniam di loro, ma guarda e passa… Comunque sto pensando di alzare di grado, quindi di scaffale, suddetto dizionario.
Mi sono risollevata il morale. Se le grandi autorità della lingua Inglese fanno errori di grammatica che nemmeno io farei… certo saranno sviste, ma loro sono autorità!
Sono rimasta perplessa, scoprendo che molte espressioni idiomatiche usate nella vita di ogni giorno sono state in realtà coniate nietepopodimenoche dal Sommo, no, non il nostro, il loro ovviamente, Shakespeare!
Infine, mi sono divertita. Perchè la lingua è un codice altamente complesso e affascinante, e questa complessità diventa intrigante quando viene vista non solo nel presente (che già basta e avanza), ma addirittura viene osservata nel dipanarsi del tempo, in un andirivieni di innovazioni, sperimentazioni e semplici mode. In battibecchi e certezze tanto assolute quanto effimere.
Consiglio questa lettura a tutti coloro che amano la lingua Inglese e la accettano così com’è. Manie di grandezza e incongruenze incluse.
Mi farebbe piacere anche che suggeriste libri simili per le altre lingue.
Per l’Italiano l’unico che mi viene in mente è “Impariamo l’Italiano” di Cesare Marchi, che in tutta sincerità non credo di aver mai letto e che di certo non ha il fascino narrativo del libro di cui sopra, ma che in casa mia viene considerato arbitro finale, insieme al Devoto Oli, di tutte le diatribe (ovviamente grammaticali, giacchè l’Italiano per fortuna non dà adito a diatribe di pronuncia).
P.S.
Non date questo libro a degli adolescenti polemici, troveranno argomenti iosa per rendere la vita impossibile ai professori perchè la vera nozione di “misspelling” viene a cadere. Prendete un qualsiasi spelling anomalo e state certi di trovare fondamenta per giustificare che: si scriveva così, si scrive così in almeno una zona, si dovrebbe scrivere così per analogia a.., prima o poi si scriverà così.
Have fun!
Federica says
Lo compro subito, grazie Letizia! Bill Bryson l’ho scoperto recentemente per i suoi libri di viaggio: lo trovo esilarante, ora sto leggendo Down Under, sull’Australia e ho dovuto farmelo prestare da un’amica in italiano per mio marito perchè mi sentiva ridere così di gusto leggendo la versione originale e si è incuriosito tanto da volerlo leggere anche lui!
PS: molto bella questa nuova versione estetica della newsletter, è da tempo che te lo volevo dire. Grazie e in bocca al lupo per la tua nuova scuola!
anna says
Ciao, grazie della segnalazione!
Sono andata subito a vedere il link che hai citato ma mi è balzata allo sguardo la sezione ”recensioni”.
Alcune sono davvero pessime, sostenendo che vi siano molti errori.
Tu cosa ne pensi?
Bilingue Per Gioco says
Beh, le manie di grandezza le ho sottolineate anch’io, non fatico a credere agli errori relativi a lingue diverse dall’inglese perchè per quanto riguarda l’italiano tira fuori un paio di perle da alzata di sopracciglio, idem che la bufala sulla neve degli Eskimo sia una bufala ormai si sa. Sono d’accordo anche sull’opinabilitá di alcune affermazioni grammaticali, come pure ho detto nel post peccando forse io stessa di manie di grandezza (o di quell’arroganza tipica, ahimè, di chi ha fatto il classico).
Ciò detto, se su questo libro vogliamo basare non una tesi di laurea ma un punto di vista diverso sulla lingua Inglese, secondo me vale la pena leggerlo. A me di sicuro ha fatto più bene che male. Alcune originalitá sono in grado di prenderle con le pinze, magari non tutte, ma di certo dopo aver letto questo libro ho verificato alcuni elementi di pronuncia e di spelling.
Take it with a pinch of salt, and a laugh. Perchè il fatto che sia ben scritto ed entertaining non è affatto cosa secondaria.
L.
Daniela says
Grazie Letizia..in una grigia giornata di lavoro ho trovato qualcosa che mi farà ridere 🙂
Corro subito a comprarlo! Scoprirò tante cose nuove e finalmente quando mio figlio cercherà di correggermi col suo
Irish accent potrò consolarmi pensando che un po’ ho ragione anche io!
letizia says
Letizia, grazie, ancora una volta, per la segnalazione! Consiglio anche “Much ado about English” di Richard Watson Todd , un librettino intelligente e divertente, che come spiegato dal sottotitolo è un “up and down the bizarre byways of a fascinating language”!
Francesca says
Grazie per la segnalazione, lo leggerò molto volentieri. Riguardo la pronuncia italiana in realtà una differenza da zona a zona c’è, ed è la pronuncia delle “e” e delle “o” aperte e chiuse. Io sono di origine toscana e vivo a Roma, mio marito è bilingue americano/italiano con accento romano, e i miei bambini ogni giorno questionano se si debba dire pècora o pécora, sògni o sogni, bène o béne, insiéme o insième e così via… Se trovi qualcuno di polemico, anche non adolescente (all’inizio delle elementari…) anche l’italiano può essere campo di battaglia. Viva il Devoto-oli!
Chiara says
Tempo fa ho letto “Prima lezione di grammatica” (Laterza) di Luca Serianni, accademico della Crusca, e l’ho trovato una lettura piacevole.