La teoria che le persone bilingui abbiano due personalità (o più se poliglotte) è di vecchia data, ed è al tempo stesso scontata e pericolosa, a seconda di ciò che ci si vuole leggere.
Scontata perchè è inevitabile che ogni persona esposta a più lingue associ persone e esperienze diverse ad ogni lingua. Come è scontato che insieme ad ogni lingua si facciano propri elementi culturali tipici della cultura che ha prodotto quella lingua.
Pericolosa perchè a volerci leggere troppo gli oppositori del bilinguimo* lanciano l’allarme, tenetevi stretti, di personalità dissociate e altri ameni disturbi della personalità. Oiboh!
Ripropongo il tema perchè di recente è uscito un articolo interessante sull’Economist, che sembra voler far chiarezza sul tema. Sembra… ma alla fine ci gira intorno, aggiungendo considerazioni e approfondimenti ma senza venirne a capo: Do different languages confer different personalities?
L’articolo riassume tre (ipotetici) motivi alla base del fatto che (ipoteticamente) siamo persone diverse a seconda di quale lingua parliamo:
asymmetrical ability, ossia non abbiamo le stesse competenze in entrambe le lingue
priming, ossia il fatto stesso di parlare una lingua risveglia in noi le esperienze e la cultura associata a questa lingua
language structure, ossia lingue con strutture diverse portano a strutture di pensiero diverse
Ma queste tre spiegazioni son tutte valide? L’articolo dell’Economist non ci dà una risposta definitiva, del resto è la scienza stessa a non darcela, quindi non ci rimane che farci una nostra opinione.
Io la mia ce l’ho.
La lingua in sè è uno strumento, che sia di per sè in grado di modificare il mio pensiero non lo so, e non lo posso sapere dato che i dati scientifici in merito sono ambigui.
Quello che invece credo di sapere, è che le mie esperienze di vita influenzano fortemente il mio modo di pensare, e quindi di essere. E queste esperienze di vita al 99% passano attraverso una lingua, di necessità.
In realtà l’articolo dell’Economist sostiene che “Many bilinguals are not bicultural”.
Really?
Non sono così convinta che si possa imparare una lingua al punto di essere considerati bilingui senza farsi almeno contaminare dalla cultura della lingua, o comunque da esperienze indissolubilmente legate solo a quella lingua. Come si fa?
Quindi sì, io sono una persona diversa a seconda della lingua che parlo, perchè quando parlo una lingua mi metto nei panni, e nella cultura, di quella lingua.
Ma questa è una condizione a cui la persona sana si adatta con naturalezza. Del resto sono una persona diversa a casa e in ufficio (tralasciamo come dettaglio il fatto che ora casa e ufficio coincidano…), con la tuta o con un abito da lavoro, quando faccio una scampagnata o quando vado a una conferenza. E non è inusuale entrare e uscire nelle varie “persona” più volte al giorno.
Cambiare lingua è un po’ come cambiare abito, e spero che per sempre più persone assomigli più all’infilarsi un paio di jeans che al mettersi una giacca…
Comunque l’articolo in questione ci lascia col suggerimento di due libri, entrambi di prossima pubblicazione ma fautori di tesi molto diverse:
The Bilingual Mind: And what it tells us about Language and Thought
The Language Hoax: Why the World looks the same in any Language
mi sembra abbastanza evidente, già dai titoli, quali siano le tesi dei due autori…
Trovo abbastanza crudele lanciare un dibattito e proporre dei libri non ancora acquistabili, ma tant’è… Magari ci risentiamo quando saranno usciti e li avremo letti.
*Ma perchè uno dovrebbe essere oppositore del Bilinguismo, chiederete? Mah, i motivi sono diversi. C’è chi crede nella purezza della razza, e chi non essendo bilingue non sa cosa si perde…
Francesco S. says
Perchè si dovrebbe essere oppositori del bilinguismo? Facile. Se ricordate, la risposta l’ha data tanti anni fa un certo Orwell: “Non parlare, non pensare”.
Bilingue Per Gioco says
Che però aggiornerei ai costumi odierni. Oggi si può parlare quanto si vuole, si viene incoraggiati a parlare di più e più, a creare rumore, basta che si continui a non pensare.
Direi quindi:
Non sapere, non pensare
L.
Francesco S. says
Qui ci viene molto bene una citazione che sono riuscito a trovare, dalla recensione che a suo tempo il Good Doctor Isaac Asimov scrisse a proposito di 1984. Si parla della Neolingua, ovvero del nuovo linguaggio sponsorizzato dal Partito, che ovviamente è l’unico ammesso e possibile:
“Orwell makes much of ‘Newspeak’ as an organ of repression – the
conversion of the English language into so limited and abbreviated an
instrument that the very vocabulary of dissent vanishes. Partly he got the
notion from the undoubted habit of abbreviation. He gives examples of
‘Communist International’ becoming ‘Comintern’ and ‘Geheime Staatspolizei’
becoming ‘Gestapo’, but that is not a modern totalitarian invention. ‘Vulgus
mobile’ became ‘mob’; ‘taxi cabriolet’ became ‘cab’; ‘quasi-stellar radio
source’ became ‘quasar’; ‘light amplification by stimulated emission of
radiation’ became ‘laser’ and so on. There is no sign that such compressions
of the language have ever weakened it as a mode of expression.
As a matter of fact, political obfuscation has tended to use many words
rather than few, long words rather than short, to extend rather than to
reduce. Every leader of inadequate education or limited intelligence hides
behind exuberant inebriation of loquacity”
(l’articolo originale, cito per completezza, si può leggere a http://www.newworker.org/ncptrory/1984.htm)
paola says
La lingua che parli modifica il tuo modo di essere? il mio di sicuro si.
Mi e’ stato spesso fatto notare come il passare da una lingua all’altra (ad es. all’interno del contesto lavorativo) modifichi anche il mio modo di pormi, il tono della voce, l’assertivita’ e l’espressivita’. Quando passo dall’italiano all’inglese risulto molto piu’ sicura di me e vengo percepita come piu’ professional e competente. Mi sono spesso chiesta il perche’..penso sia semplice. Le mie esperienze all’estero (in inglese) sono tutte state molto soddisfacenti e positive…in italia? hmm l’esatto opposto. All’estero sul lavoro sono sempre stata trattata con rispetto e le mie opinioni venivano ascoltate e prese sul serio..qui in italia? beh sono una dei tanti consulenti ammassati in una stanzetta che divide lo spazio vitale di una scrivania con tanti altri. Qui le nostre voci non le ascolta proprio nessuno. Il quadretto rende l’idea?
Bilingue Per Gioco says
Paola,
solo un filo off topic, ma… hai pensato di prendere il tuo io assertivo, insegargli l’Italiano, toglierlo dalla stanzetta e metterlo (metterti) in proprio?
L.
P.S.
Scommetto che sì, ci hai pensato, ma hai paura. Chi non ce l’ha…
Ma chi ha più paura? L’io Inglese o l’io Italiano?
P.P.S.
Scusami se sono uscita MOLTO off topic e mi faccio i fatti tuoi.
Elisabetta C. says
Letizia, mi mandi a nozze…
Certo che si cambia cambiando lingua. Inoltre, certo che si può essere bilingui senza essere biculturali, e si può essere anche biculturali senza essere bilingui (per quest’ultimo esempio basta pensare ad un british che si trasferisce a vivere negli USA…).
Personalmente, la lingua che parlo modifica il mio modo di essere e molto. In Inglese sono meno introversa, più sicura e più….libera.
Il perchè l’ho scritto in un ‘post’ sul mio sito, di cui copio un estratto:
“(….) Yet this is just a very small idea of what English did for me. It did even affect my personality, endowing me with a life – transforming gift: what I felt as a new voice. I thought I was original. I thought that this phenomenon – that I cherished in silence and solitude – was unique.
Then I started reading about bilingualism and discovered what many a linguist knows: that bilinguals often have this perception of having developing another self. Well, I don’t know about others, all I can say, of my “other” self (that is, the English – speaking one) is that it is freer (an analyst would probably guess the reason: my super-ego speaks only Italian!).”
Questo il link per chi volesse leggere tutto il ‘post’:
http://www.educazioneglobale.com/2013/09/why-do-i-raise-my-baby-bilingual/
Insomma, capito cosa succede a molti bilingui? Che il super-io spesso di lingue ne parla una sola, quella in cui si è stati educati dai genitori…
Poi, aggiungo, per complicare il quadro, che per me ‘casa’ sono gli USA e quindi mi sento veramente a mio agio quando interloquisco con nord-americani (ossia americani e, in misura minore, canadesi). In Inghilterra ho vissuto da giovane/adulta e non da bambina/adolescente, per cui mi sento a casa lo stesso, ma un tantino meno….
Infine, avendo studiato francese e un pò di spagnolo sono tanto contenta quando riesco a rispolverarli un tantino, ma mi fanno tanto l’effetto “seconda lingua” e mai l’effetto “sono a casa”. E’ una sensazione totalmente diversa!
Elisabetta C.
Bilingue Per Gioco says
Elisabetta,
per un attimo ho avuto una visione di bilingui in giro per il mondo scatenati e senza controllo… 🙂
Diciamo che il super io sarà più forte nella lingua, e cultura, nativa, ma proprio assente nell’altra non credo, sarebbe davvero destabilizzante…
Comunque magari una volta o l’altra vengo con te negli Stati Uniti, o idea che ci si diverterebbe…
L.
paola says
ahah no problem anzi la tua domanda mi piace tanto e mi fa pensare. Chi ha piu’ paura? sicuramente il mio IO italiano..poi evidentemente mi manca l’attitudine imprenditoriale…sara’ la paura di non riuscire a gestire i tempi…di non sapermi organizzare….sara’ l’ombra nera della crisi, la paura del salto nell’ignoto….o forse ci vorrebbe solo un po di incoraggiamento. It’s definitely food for thought e ti ammiro davvero tanto per quello che fai e per l’impegno che ci metti. Non e’ da tutti…te l’hanno gia’ detto in tanti evve? 🙂
grazie
Paola
Elisabetta C. says
p.s. Mi sono accorta ora che nell’estratto del ‘post’ c’è un errore grammaticale…
Anna says
Ciao Letizia,
Concordo pienamente col “cambiare lingua come cambiare abito” ed anche io cambio a seconda della lingua che parlo … Sicuramente il mio bodylanguage e’ più composto quando parlo inglese!
Sul l’essere bilingual senza essere bicultural, concordo con Elisabetta e credo sia possibile …sopratutto per quelle lingue che sono espressione di culture diverse. Ho tanti amici che avendo vissuto in paesi diversi e frequentato scuole internazionali in inglese sono bilingual ma non bicultural … non hanno interiorizzato nessuna delle culture cui sono stati esposti al livello dell’italiano. Io ad esempio sento l’inglese come espressione di multiculturalismo e non solo della cultura britannica …. Forse perché il mio inglese nasce a Londra e non nell’english country side!
Saluti da Londra.
A
Bilingue Per Gioco says
Anna,
sì ok, ho capito cosa intendi… Parli di quelli che vivono e lavorano all’estero, frequentano solo i propri connazionali e si lamentano sempre della gente del posto, di come mangiano, si vestono, socializzano.
Sì è vero, c’è anche questo. Avevo rimosso…
L.
Anna says
In realtà non mi riferivo a quella categoria anche perché non credo che possano essere definiti bilingual ! Mi riferivo ad un italiano che vive in Belgio per un po’ di anni, poi magari in Egitto, poi in Olanda e poi a Londra ….cresce bilingue e si interfaccia con tante culture, quindi più che bicultural diventa multicultural …
A
Bilingue Per Gioco says
Piano, un multicultural è più bicultural di un bicultural. Uno che parla fluentemente una seconda lingua ma è rimasto impermeabile alle contaminazioni culturali è pur sempre bilingual, ma non bicultural. Non si può negare che una persona che parla una seconda lingua sia bilingue, a prescindere da quello che dice…
L.
Anna says
Forse partiamo da una definizione diversa di bicultural e multicultural 🙂
A
Elisabetta C. says
Per una definizione di bilinguismo e biculturalismo vedete qua
http://www.francoisgrosjean.ch/myths_en.html
Elisabetta C.
Sylvie says
Io parlo francese ed italiano con due tonalità diverse, me ne sono accorta perché in italiano (che é la mia lingua primaria) ho la voce bassa e roca e dopo un po’ faccio fatica a parlare. L’ottorino mi disse che avevo un impostazione sbagliata che affaticata le corde vocali e che avrei dovuto andare dal logopedista da li mi accorsi che invece in francese non facevo nessuna fatica perché in effetti parlo con un tono più alto e meno roco. Ovviamente non ne so il perché!
Mia madre invece in francese era incapace di dire la minima parolaccia, mentre in italiano, avendolo imparato da adulta e senza repressioni educative era completamente senza freni inibitori ed a volte pure troppo inappropriatamente sboccata. Ciao
Elisabetta C. says
Sylvie, secondo me si spiega tutto, la prima cosa in modo “tecnico”; la seconda questione ha invece una spiegazione psicologica.
Per la prima: in francese hai la voce più alta perchè, con tutte quelle nasali che ha la lingua francese, sei costretta a tenere “libere” e pronte quelle zone dell’apparato fonatorio che stanno intorno al naso (naso, seni paranasali, occhi). Io non sono otorino e magari uso il lessico sbagliato ma sono (stata) cantante jazz: quando la voce risuona in quella zona del viso si dice che è “in maschera” (e la gola può riposarsi!). Viceversa la voce “di gola” (genere Gianna Nannini ma anche Anna Oxa…) fa venire i polipi alle corde vocali.
Seconda quetsione, a proposito di tua madre e delle parolacce la sua “sindrome” è come la mia: il suo super-io parla solo una lingua!
Non ti sembra?
Ciao
Elisabetta C.
educazioneglobale.com