Sono un insegnante delle elementari e lavoro in una scuola bilingue, ma ho lavorato anche in una scuola internazionale (non vi dico quali per correttezza) e per non farmi mancare nulla ho vissuto per un po’ di anni in Inghilterra, dove i miei figli hanno frequentato una normalissima scuola inglese. Vedo che si parla molto di scuole bilingue ed internazionali, così porto il mio contributo.
In questi anni stanno nascendo tantissime scuole di vario tipo e vario genere, quello che mi sento di consigliare ai genitori è di verificare i programmi didattici e la loro coerenza.
Il lavoro che c’è dietro l’International Baccalaureate (IB) è immenso. Mi spiego meglio: l’IB si è sviluppato prendendo un po’ il meglio dei vari sistemi didattici nel mondo. Dirlo è semplice, ma farlo è tutto un altro paio di maniche. In effetti l’IB è da alcune decine di anni che ci lavora e i risultati sono apprezzati da tutte le università più prestigiose del mondo.
Molte scuole, compresa quella dove lavoro attualmente, cercano di coniugare il programma italiano con l’inglese, facendo un certo numero di ore in inglese. Questo lavoro di solito procede per tentativi, spesso con l’ansia di dimostrare ai genitori cosa i bambini sanno fare più che con l’idea di una programmazione organica.
Il risultato è che ondeggiano tra il rafforzare l’italiano (spesso perché ci sono genitori preoccupati da questo aspetto) e poco dopo rafforzano l’inglese perché si rendono conto che il bilinguismo (venduto ai genitori) in realtà non si realizza (con genitori che si aspettano che il bambino effettivamente abbia la capacità di gestire le due lingue nello stesso modo). Il risultato a mio parere alla fine è scarso in entrambe le lingue.
Nelle scuole internazionali o inglesi questo problema non c’è, la lingua è l’inglese e quindi gli sforzi si concentrano sulla qualità della didattica. La programmazione è coerente e anche per noi insegnanti è molto più semplice lavorare perché la direzione della scuola è chiara. Lo stesso vale per la metodo adottato; continuare a sballottare il bambino da un metodo ad un altro non è ottimale.
IB vs scuola inglese: da italiana non avrei dubbi.
La scuola inglese segue il National Curriculum e quindi anche la storia e la cultura inglese. In storia si fanno i Tudor, l’età vittoriana, in matematica si usano i pound e le libre.
L’IB invece non definisce a priori i contenuti culturali, quindi una scuola IB in Italia avrà una programmazione diversa rispetto ad un IB in Giappone. La filosofia dell’ IB premia l’approfondimento della cultura locale nel rispetto delle culture degli altri. E quindi molto facile che nelle Unit affrontate durante l’anno prima o poi incontriate moduli specifici della vostra città o dell’Italia.
Visto che la preoccupazione di tante mamme è rispetto alla supposta perdita della nostra cultura, mi sentirei di rassicurarle. Stessa cosa per l’italiano. I bambini delle scuole internazionali sostengono da decine di anni gli esami di idoneità senza problemi.
Il vero problema è che spesso si giudica un bambino solo perché viene dalla scuola internazionale, non si sa per quale motivo aspettandosi che siano tutti bravissimi. Come in tutte le scuole ci sono bambini molto bravi e altri meno. Così quando si trasferiscono nel sistema italiano alcuni sono molto bravi e altri meno.
Se si parla di medie scolastiche allora il discorso cambia radicalmente. Qui i dati ci sono e chiaramente indicano che i bambini italiani sono molto più indietro rispetto ai coetanei di moltissimi paesi e che i bambini che seguono l’IB sono ad ottimi livelli.
Infine tenete conto che diventare una scuola IB è molto complicato così come continuare ad esserlo. Innanzi tutto tutti gli insegnanti (compresi quelli italiani) devono avere fatto training specifici. Poi durante le verifiche controllano veramente tutto, dalla qualità dell’insegnamento (entrano in tutte le classi e giudicano insegnante per insegnante) alle risorse messe a disposizione della scuola, alle policies per la gestione degli Special Needs, a come dove e quanto si differenzia per ogni bambino, agli spazi adeguati e poi verificano quanto il Learner Profile (il cuore della filosofia dell’IB) sia presente, facendo domande ai bambini, ai genitori, ecc. Questo controllo molto stringente sulle scuole consente di mantenere standard molto elevati.
Nelle scuole bilingui il tutto è affidato alla buona volontà e alle capacità di alcune persone, la direzione, il coordinatore , ecc. ma è un po’ sempre come reinventarsi la ruota. Fisiologicamente non sarà mai della stessa qualità dell’IB, dove ci lavorano centinaia di persone, c’è una rete di migliaia di scuole che condividono le best practises di tutto il mondo, dove il problema che stai affrontando tu, l’hanno già affrontato migliaia di volte altre scuole. Non è un caso che uno degli aspetti che controllano è anche questo: quanti e quali rapporti si hanno con altre scuole internazionali.
Questi sono i miei convincimenti, spero di essere stata utile a qualche mamma e sono disponibile e aperta a riflessioni varie.
Ludovica
Questo post è stato scritto inizialmente come commento nel dibattito sulla scuole bilingui e internazionali di Milano, ma è stato pubblicato in quanto interessante per tutti.
Immagine: Global Dreams, Enduring Tensions: International Baccalaureate in a Changing World
Bilingue Per Gioco says
Ludovica, ti ringrazio moltissimo per questo post. Perdonami però se faccio l’avvocato del diavolo.
Vorrei sapere a cosa esattamente ti riferisci quando dici “i dati ci sono”. Sono state fatte valutazioni degli IB con gli stessi criteri con cui vengono valutate le scuole pubbliche? Tipo PISA?
E soprattutto, è stata fatta una valutazione che permetta di isolare fattori socioeconomici?
E’ dimostrato che i fattori socioeconomici hanno un impatto importante sul percorso scolastico dei ragazzi. Il figlio di un professore universitario parte con un vantaggio (ampiezza di vocabolario, accesso ai libri, esposizione a idee e stimoli) rispetto al figlio di una mamma single poco istruita che vive in ristrettezze economiche e lavora 10 ore al giorno per mettere un piatto davanti ai figli. E questo divario non fa che aumentare nel tempo.
La scuola pubblica insegna sia al figlio del professore che a quello della mamma che cerca di tirare avanti. L’IB, siamo onesti, insegna solo ai figli di classi (molto) benestanti.
In altre parole, cio’ che andrebbe dimostrato, è se i ragazzi dell’IB hanno risultati superiori perchè sono all’IB, e non perchè avrebbero avuto risultati superiori in qualsiasi scuola. Non credo che tali studi siano stati fatti, per ovvi motivi di fattibilità.
Infine, nella mia città c’è una scuola IB. Nonostante tutte le garanzie sul programma scolastico, io mio figlio non ce lo manderei mai nemmeno gratis. Perchè i programmi sono una cosa, poi però nella quotidianità ti confronti con le persone, e se le persone non convincono…
Letizia
Rita says
Gent.le Letizia,
buongiorno.
Il tuo punto mi sembra molto corretto, ma vorrei comprendere meglio la questione del metodo IB, e cioè: tu apprezzi il metodo, ma hai delle riserve sulle persone/insegnati della specifica scuola che tu conosci e che è nella tua città?
Io sono un’estimatrice delle scuole pubbliche, perchè come dici tu insegnano a tutti, e vorrei che la mia bambina frequentasse una scuola pubblica in futuro, ma che avesse la possibilità di essere fluente in italiano come in inglese. Che tu sappia a Lecce esistono scuole pubbliche o private che offrono la possibilità del bilinguismo senza dover rinunciare alla cultura propriamente italiana?
Spero di essere stata chiara.
Grazie ed un saluto,
Rita
Bilingue Per Gioco says
Rita, una cosa è certa, la scelta della scuola è sempre una scelta di compromesso…
Personalmente conosco il metodo IB solo per quanto ne ho letto, e per i racconti di varie persone che ci mandano i figli in varie città Europee, per lo più all’estero. Non sono quindi in grado di avere un parere personale. Certo ciò che racconta Ludovica appare molto interessante, devo dire nessuno mi aveva ma raccontato la scuola IB in questi termini.
Relativamente alla mia città, abbiamo appurato che la scuola in questione è IB solo al liceo e comunque sì, ho delle riserve, in tutta sincerità non tanto sulle insegnanti quanto sulla scuola in sè.
Non conosco affatto le scuole di Lecce, quindi non posso consigliarti in merito. Mi permetterei di azzardare che forse potresti considerare il fatto che l’Inglese lo si può imparare anche nella vita quotidiana, cosa che a noi appare spesso impossibile ma tanto impossibile non deve essere se ci riescono milioni di persone, che vivono nei paesi nordici. Ma ovviamente in quanto fondatrice dei Learn with Mummy (che sono anche a Lecce), sono di parte…
Ciao,
Letizia
Diana says
Ho avuto esperienza personale sull’argomento qui trattato in quanto mamma di un bambino che nell’attualità fa la elementare in una scuola bilingue e che, prima ha frequentato una scuola internazionale IB. Il tutto inserito in un contesto socioeconomico di una normalissima classe media. Il nostro.
La nostra scelta di scuola internazionale è stata legata al voler permettere a nostro figlio l’apprendimento de l’inglese. Una volta dentro la scuola, ci si è aperto davanti un mondo nuovo e cioè un modo d’imparare finora sconosciuto che però si è rivelato incredibile. Parlo del metodo IB dove i bambini imparano in modo spontaneo e naturale e vedono tutto in modo globale. E semplicemente fantastico. I bambini imparano tantissimo, giocano tantissimo e la loro curiosità viene stimolata. La cosa più bella era però il contesto davvero internazionale nel quale si sviluppava il tutto con un grande percentuale di stranieri(tra cui noi) e dove il mix di culture e anche classi sociali davano il suo valore aggiunto poiché oltre alle famiglie (molto benestanti) c’erano anche le famiglie di professionali classe media.
E successo che abbiamo cambiato città e dove siamo adesso non c’è una scuola internazionale IB ma una scuola bilingue (Letizia mi riferisco alla scuola di cui parli tu, e, il metodo da loro utilizzato nella elementare non è IB. Di questo sono completamente sicura.Mi sembra l’IB lo utilizzano al liceo)
La differenza e tanta. Mio figlio ad esempio mi dice “mamma scrivo tanto, tutto il giorno e non so perché lo faccio e cioè, nell’altra scuola facevo le Unit of Inquiry e io sapevo che cosa stavo imparando mentre che qui no” …questo perché la scuola adopera il metodo classico…
Si lamenta anche del fatto che ci si gioca di meno(cosa che considero fondamentale per i bambini)
Dall’alttra parte non posso dire che sia tutto negativo perché lo vedo motivato…imparano tanto e li piace il fatto che fanno molto Italiano. A lui bastati 3 mesi circa per assimilare il “nuovo” metodo. Del contesto socioeconomico qui non mi vorrei esprimere più di tanto…ma sicuramente internazionale non è…
Per concludere dico solo che se ci fosse una scuola IB non avrei dubbi sulla scelta. Parlo della primary school. La preferirei senz’altro. La pensa così anche mio figlio che preferisce quel metodo. Sopratutto per il modo ludico, divertente e globale nel quale viene sviluppato.
D.
Bilingue Per Gioco says
Ah beh, se le scuole IB fossero così ce lo manderei anche io mio figlio!
Che stupida sono stata a pensare che una scuola che offre il titolo di studio IB offra tutto un percorso IB fin dalle elementari… Ma la perplessità rimane, le persone sono sempre quelle, un sistema di certificazione IB è talmente potente da stravolgere completamente l’esperienza scolastica? Il liceo sarà radicalmente diverso dalle elementari, come impostazione e cultura, perchè uno è IB e l’altra no?
Sono veramente curiosa di saperlo. Se fosse così la cosa sarebbe assolutamente straordinaria!
L.
Ludovica says
Buongiorno Letizia,
sì, i dati a cui mi riferisco sono relativi a studi che comparano i risultati ISA di ragazzi IB con i risulatati PISA per math e reading (i due moduli che sono nei due test sono uguali).
E’ uno studio australiano, e fatto con i crismi di uno studio statistico, quindi con i dati paragonabili, depurati da altri fattori. Nello studio si considerano gli studenti IB che frequentano il PYP e l’MYP.
Come forse sai l’IB si sviluppa su tre differenti programmi , PYP, MYP e DP.
E’ per altro non vero che l’IB sia solo per studenti di una fascia alta. Ci sono un buon numero di scuole statali che seguono l’IB e in alcuni casi il costo del programma stesso (che è molto alto) è coperto dallo Stato, proprio perché ritenuto valido.
Sulla scuola che citi tu, non so cosa dirti perché non la conosco. Ma se come dice Diana, esiste solo il DP, probabilmente, stai di fatto sostenendo proprio quello che sostenevo nel mio post per quanto riguarda asilo, elementari, medie e due anni di liceo. Le scuole bilingue facilmente si improvvisano, per di più spesso con insegnanti non qualificati e comunque senza dover sottostare ad un controllo o ad una valutazione da una parte terza.
Cordialmente
Ludovica
Bilingue Per Gioco says
Ludovica,
premetto che più leggo ciò che racconti dell’IB più mi viene voglia di conoscerla da vicino, e vi ritrovo in ciò che dici molte cose che suonano assolutamente condivisibili.
Però, c’è sempre un però, perdonami se sui dati faccio la pignola.
Ho letto il summary di questo studio che si trova sul sito dell’IBO, non ho purtroppo trovato invece lo studio integrale (bsogna scrivere per riceverlo). Il summary però non dice nulla su come è stato scelto il campione di studenti non IB; dice solo che venivano da scuole non IB, se pubbliche o private, di quale ceto sociale non si sa. Ciò non dà motivo di dedurre che sia stato isolato il fattore socioeconomico.
Devo anche dire che questo tipo di test non necessariamente misura la qualità della scuola. Magari i bambini non hanno capacità di lettura più elevate ma hanno una maggior capacità di porre domande, lavorare in autonomia, essere creativi, etc. In teoria lo studio ha misurato anche queste competenze, ma la differenza rilevata è molto bassa e non statisticamente rilevante (e infatti il summario non pretende che sia statisticamente rilevante).
Infine, uno spunto da PISA 2009:
“Students who attend private schools tend to perform significantly better on PISAassignments than students who attend public schools, but students in public schools in simila socio-econimic context as private schools tend to perform equally well”
Come dire, la questione si presta a varie argomentazioni,
Letizia
Francesco S. says
Buon giorno. Posso dare un suggerimento? per approfondire la tematica dell’IB, si può partire da qui:
http://profesorbaker.com/2011/07/15/the-international-baccalaureate-program-education-with-a-global-perspective/
proviene dal sito di un docente americano, e mi ha colpito, perchè si pone dubbi corrispondenti a quelli che vedo in molti genitori, secondo i quali con una scuola internazionale “poi non si sa più l’italiano” e li risolve, per quanto possa apparirci strano, da professore e da patriota ad un tempo, facendo salvi capra e cavoli.
Ludovica says
Buonasera Francesco,
grazie per la segnalazione. Non conoscevo questo articolo e lo trovo molto interessante.
grazie mille
Francesco L says
Sulla questione IB vs tutti gli altri sistemi scolastici non vi può essere una risposta precisa, in quanto le esigenze che soddisfa l’IB sono spesso diverse da quelle di altri sistemi. Normalmente la differenza la fa l’accoppiata (content & pedagogy) che per l’IB sono molto in linea con l’idea secondo cui che vanno sviluppate le Humanities per costruire un cittadino del mondo. Humanities inteso all’americana (come nei vari pamphlet/manifesto di Martha Nussbaum o anche Edward Said, per citare due strafamosi) che è cosa molto diversa da quello che si intende per studi umanistici in Italia (come inteso ad esempio nel recente manifesto di Robeto Esposito, Ernesto Galli della Loggia e Asor Rosa) più orientati al passato e al Mediterraneo.
Quindi l’IB non è altro che la coerente anticipazione del college americano (molto fondato sulle humanities e liberal arts, anche se esistono critici americani solo perché l’IB è concepito in Europa) ma stride, ad esempio, con il sistema inglese, in cui la secondary s’assomiglia all’high school americana ma l’università è completamente diversa (più europea). Infatti, l’IB crea uno svantaggio per l’ammissione alle top universities inglese che preferiscono l’A level, nonostante l’IB dia molti più UCAS points.
L’IB è più per creare il well-rounded kid, il futuro cittadino del mondo, mentre l’high school americana con i suoi AP, o quella inglese con i suoi A level, favorisce più il well-lopsided kid (aka angular), cioé il precoce specialista.
Fare i confronti tra due filosofie diverse (al netto dei problemi di esecuzione, come quando gli insegnanti sono incompetenti, o le scuole fatiscenti) è sterile, vincerà l’una o l’altra a seconda del criterio che si sceglie.
Il confronto dell’IB con il sistema liceale italiano è meno netto, in quanto il liceo italiano a parole mira anch’esso a formare un cittadino completo. Se gli obiettivi sono simili, il content e pedagogy sono diverse. Per il content, rimane la differenza tra humanities nel senso anglosassone rispetto al concetto di studi umanistici nostrano molto passatista. Ho letto un commento sotti in cui si dice che gli studi classici servono ad acquisire una forma mentis. La cosa andrebbe adeguatamente argomentata sia logicamente sia con delle evidenze, altrimenti è uno slogan come quegli istituti internazionali che scrivono nel proprio sito We provide a world class education. Ma se sul content ci possono essere questioni di gusti e sensibilità personali, la pedagogy dell’IB è molto diversa anche in modo molto più evidente (qui non argomento, sorry!). Per l’Italia c’è poi una variabile aggiuntiva, secondo me, che è l’esecuzione di quel content e pedagogy, spesso traditi nella lettera e nello spirito.
Quindi la scelta di abbandonare un sistema noto (il liceo, classico o tecnologico) per uno in cui non si condivide la filosofia sottostante (e i rischi) solo per far imparare l’inglese in modo più avanzato, è una scommessa ad alto rischio, e razionalmente, a mio parere, ingiustificata per motivi anche di costo (siamo nell’ordine di 10-20 mila euro all’anno a seconda della classe). Se invece, per motivi culturali o filosofici, si è convinti dell’alternativa, allora go for it!
Rita says
Egr. Francesco,
ho trovato le tue precisazioni utilissime al fine di comprendere le differenze che estitono tra il metodo inglese, us, Ib etc…etc…
Ti chiedo però gentilmente, se ti è possibile, di specificare la differenza di pedagogy tra le scuole IB e le scuole italiane. Preciso che non conosco affatto il metodo IB e che, quello che so, deriva solo da quanto ho letto in questi giorni nei vari commenti all’intervento iniziale di Ludovica.
Ti preciso, inoltre, cosa intendevo quando ho parlato di formamentis. Premetto di parlare per esperienza personale e sono conscia del fatto che altri probabilmente possano aver avuto esperienze diverse dalla mia. Io ho seguito un cursus studiorum tipicamente classico, greco, latino, filosofia etc…etc…una volta all’università notavo che avevo meno difficoltà ad affrontare lo studio delle diverse materie (economiche, matematiche, statistiche) di miei colleghi che avevano frequentato le scuole internazionali, inglesi, francesi o anche italiane commerciali o scientifiche. Io li ho aiutati a preparare le materie d’esame e passavo i compiti di matematica a colleghi dello scientifico e del ragionaria. Ora, non credo affatto che ciò derivasse dal fatto che fossi più intelligente, assolutamente, ma dal fatto, secondo me, che grazie ai mei studi classici, avevo acquisito un “metodo di studio” ed una “logica” che derivava dall’essermi confrontata tante volte con le traduzioni dal greco e dal latino e con la mole (in senso veramente fisico) di studio da affrontare. Forse ciò suonerà come un luogo comune, ma questa è stata la mia esperienza. Inoltre, nel confrontarmi poi con colleghi che avevano frequentato università estere (più Us però devo dire) ho sempre notato che gli stessi avessero delle conoscenze troppo specialistiche e che, al di fuori del contesto cui erano abituati, si perdevano. Ancora una volta, parlo per quella che è stata la mia esperienza. Io credo che la formazione di well-rounded kids sia una cosa che appartiene anche al metodo italiano, soprattutto a quello classico. Da quanto scrivi sul metodo/filosofia IB, infatti, a me sembra che sia proprio un ritorno alla formazione classica (forse più generalista), però riveduta e corretta in chiave moderna. Che ne pensi?
In ultimo, ti volevo chiedere: il fatto che gli studi umanistici nell’accezione europea/italiana siano così legati al passato è, secondo la tua esperienza, negativo per un ragazzo/a? Infine, vorrei anche precisassi cosa intendi quando dici che nelle scuole italiane l’esecuzione di questo content e pedagogy è spesso tradita nella lettera e nello spirito?
Ti prego ancora di scusare il fatto che non sono un’addetta ai lavori e che parlo solo per quella che è la cognizione che io ho della questione. Anzi ti ringrazio per l’aiuto che puoi darmi a chiarirmi le idee (e forse a fugare miei preconcetti) in materia di istruzione.
Grazie molte,
Rita
Francesco L. says
Rita, in Italia al classico vanno i migliori studenti e i migliori insegnanti. Questo è un fatto. Non è sorprendente quindi che siano anche più bravi di quelli che vanno in altre scuole anche in materie non tipiche del classico. Ma il classico produce valore? Ad Harvard vanno i migliori studenti americani e non è sorprendente che uno studente di letteratura in quella università sia anche più bravo in matematica di uno studente di matematica di un college di infima categoria. In termini di SAT math, prima di iniziare l’università i peggiori di Harvard in matematica sono meglio dei migliori di West Point (dove molti seguiranno un percorso scientifico o ingegneristico). Ma Harvard dà maggior valore aggiunto (al netto dell’effetto halo) di West Point?
Ora provo a rispondere alle tue domande specifiche.
La pedagogy della scuola italiana è nota. Molto teorica ed astratta. La pratica viene considerata degradante, da istituto tecnico. Non essendo un pedagogo devo fare esempi concreti. Ho dovuto confrontare i programmi dei corsi di biologia della scuola superiore italiana, inglese e americana (in particolare Maryland) e lo stesso ho fatto qualche tempo prima per algebra (Massachusetts). Entrambi sono corsi poi svolti da mia figlia nella versione americana. Mi limito qui alla biologia. Primo problema è il content che per profondità ed estensione classifico Biology standard, IGCSE Biology, Biologia (in italia), Biology Honors, AP Biology. Pedagogy: ci sono due gruppi, da un lato, i corsi anglosassoni vari di biologia e, dall’altro, biologia italiana. La differenza principale è la quantità e qualità di attività di lab nei primi rispetto al secondo. I soldi non sono un problema (il materiale per un lab compreso di attrezzatura è quanto il costo di un libro). Il lab non vuol dire osservare passivamente l’insegnante che fa l’esperimento. Il lab è testare personalmente una ipotesi, ad esempio mettere in piedi autonomamente un esperimento per mostrare la respirazione nei saccaromiceti, e poi scriverci un lab report secondo gli standard di quella materia (cioè un paper). Quindi hai l’applicazione del metodo scientifico, seguita da descrizione dell’esperimento con discussione dei risultati (quindi costruzione di tabelle, grafici, disegni etc.). Ripetuto più volte (nel mio caso, Bio Hon. 10 volte che manco all’università). I test finali sono a risposta multipla e piccoli saggi a risposta aperta. Quindi seguendo Confucio “se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”. Ecco la pedagogia per capire è diversa dalla pedagogia del ricordare.
L’IB è un ritorno alla formazione classica? No, l’IB dà una enfasi alla formazione umanistica che vuole coniugare scienze umane e sociali con le scienze naturali. L’IB vuole creare un cittadino del mondo, il classico, così come difeso dai suoi attuali difensori (ad esempio il manifesto Esposito, Galli della Loggia, Rosa), è invece finalizzato a dare una identità culturale a una nazione, da qui l’enfasi al passato e al Med. Spero si apprezzi la differenza.
Il passatismo del classico non è di per sé un male per un ragazzo di oggi. Le capacità critiche possono essere sviluppate su un testo classico così come su un testo moderno occidentale o orientale. Il punto è che l’obiettivo del classico non è lo sviluppo delle capacità critiche ma si dà per scontato che se traduci allora sviluppi le capacità critiche. Purtroppo non è così. Se traduci diventi più bravo a tradurre. Se poni l’accento sullo sviluppo delle capacità critiche allora si sviluppano le capacità critiche. Le humanities sono insegnate allo scopo di sviluppare le capacità critiche, non per creare una identità, o per tradizione. Le humanities si oppongono alla autorità e alla tradizione. Il classico invece mi pare enfatizzi la tradizione (alcuni poi, addirittura, sostengono che un paese che ha tale patrimonio culturale non può ignorare il classico. Peccato che poi lo ignoriamo alla grande). Detto questo, non mi pare male la scuola italiana se lo spirito venisse rispettato.
Tradimento nella lettera e nello spirito. Sulla carta i programmi scolastici sono meravigliosi, i libri ponderosi. I risultati invece disastrosi. Secondo uno studio dell’OCSE i laureati italiani capiscono un testo peggio di un diplomato olandese o finlandese che non è andato all’università (figurarsi i laureati olandesi e finlandesi). Se si tiene conto che il 40% degli studenti italiani ha fatto latino (e ancor di più i laureati), e l’8% ha anche una dose di greco attico, mi pare evidente che c’è un problema.
Bilingue Per Gioco says
Francesco, premetto che sono consapevole del fatto che non pare ci sia molta ricerca a suffragare la tesi che il classico “sviluppa il pensiero o qualsiasi altra cosa” e che ciò nonostante, e basandomi prevalentemente sulla mia esperienza e il mio ragionamento, rimango a favore del classico (in un contesto italiano).
Fatta questa premessa, vorrei argomentare su un punto, per il puro piacere di argomentare ovviamente. “Le capacità critiche possono essere sviluppate su un testo classico così come su un testo moderno occidentale o orientale”
Su questo io non sono d’accordo. Per sviluppare il pensiero critico bisogna saper interpretare i fatti, per saper interpretare i fatti bisogna avere un bagaglio di conoscenze e di esperienze che permettano di dare significato e leggere oltre l’immediato. Questa profondità di pensiero non può prescindere dalla consapevolezza storica.
Non si può capire il presente senza comprendere il passato. L’uomo non è cambiato poi così tanto negli ultimi 2000 anni, e la storia, si sa, non fa che ripetersi. Ma per mettere le cose in prospettiva bisogna averla una prospettiva.
Certo il classico non è l’unica scuola che possa dare una prospettiva, anzi, forse il classico di per sè la prospettiva spesso non la dà proprio e di certo la scuola non è condizione necessaria. Però una vera scuola dovrebbe dare sia una dimensione storica che laboratori scientifici.
Infine, argomento con sgomento (!), sull’ultimo punto.
I laureati italiani non sanno leggere. E’ colpa delle università?
Sono estremamente negativa sulle università italiane (oggi inaccettabili e improponibili!) ma diamo a Cesare quel che è di Cesare.
Se i laureati italiani non sanno leggere è colpa delle elementari italiane. Ebbene sì. Le elementari, si chiamano in realtà primarie, e per qualcosa… Se le primarie non funzionano, non c’è rimedio. Leggere e scrivere DEVONO essere imparati alle elementari e bene!
Esigetelo. Oppure correte immediatamente ai ripari.
L.
Francesco L says
Giusto per il gusto dell’argomentazione.
La capacità critica è necessaria per avere prospettiva storica, ma non viceversa. Secondo l’associazione filosofica americana, per critical thinking si intende “purposeful, self-regulatory judgment which results in interpretation, analysis, evaluation, and inference as well as explanation of the evidential, conceptual and methodological considerations on which a judgment is based”. Quindi se l’evidenza è contraria (i laureati che fanno peggio dei diplomati) o nulla (troppe variabili per cui sospendiamo il giudizio), non è possibile sostenere l’affermazione classico è meglio, al di là di preferenze soggettive e personali.
L’uomo non è cambiato molto negli ultimi 2000 anni, ma nemmeno cambia molto tra i continenti. Quindi un testo classico greco e un testo classico hindu possono essere utilizzati con gli stessi scopi, se gli scopi sono il pensiero critico, così come un testo moderno (appunto non siamo cambiati poi molto).
Stando alle statistiche internazionali la scuola elementare italiana pare meno scassata rispetto alle altre, quindi non è lì il problema. Gli italiani peggiorano man mano che proseguono gli studi.
Veramente non si vede la differenza tra un liceo linguistico moderno e un linguistico classico?
Rita says
Francesco,
buongiorno. Grazie delle tue risposte che ho trovato estremamente chiarificatrici.
Ho compreso le differenze abissali di “pedagogy” e concordo con te sulla questione teoria e pratica. Uno dei punti deboli del metodo italiano è sicuramente questo. Credo anch’io sia fondamentale quello che dici, e cioè “se faccio capisco” e credo che questo sia l’unico modo per ricordare quello che impari.
Vorrei, però, precisare un paio di punti.
Il metodo classico (sempre secondo la mia esperienza) ti porta gioco forza a sviluppare le capacità critiche, perchè tradurre dal greco e dal latino non significa semplicemente mettere una accanto all’altra delle parole secondo il significato che trovi sul vocabolario, ma significa soprattutto “interpretare”, proprio nel senso della definizione di capacità critiche che dai della Associazione filosofica americana. E, sempre secondo me, sviluppa anche una “logica” che è molto simile a quella matematico/scientifica (ho sempre ritenuto che tradurre una versione dal greco o dal latino sia come svolgere un compito di matematica….ma è sempre la mia opinione). E lo studio della filosofia, così teorico, ti costringe sempre a ragionare. Questo non toglie che, in ogni caso, ci sono molti modi per sviluppare le capacità critiche su testi moderni, classici, come tu dici e che questo deve essere l’obiettivo al fine di aggiungervi appunto un risvolto pratico. Ho sempre trovato che i testi classici siano di una modernità sconcertante e che i problemi che ci poniamo noi oggi, se li ponevano anche i nostri avi. E come dice anche Agi molto dipende dall’avere bravi professori che portino i ragazzi a ragionare. Un altro aspetto della questione non mi convince pienamente e cioè: se una scuola aiuta i ragazzi a non avere difficoltà nell’affrontare lo studio futuro, che sia universitario o altro, secondo te non significa produrre valore? Non è anche questo valore aggiunto per lo studente?
Trovo, inoltre, piuttosto eclatante ed anche esemplare quello che racconta Agi sulla figlia e sul calendario scolastico. Certo, una cosa del genere potrebbe succedere a tutti, ma io credo che sia soprattutto una questione di sensibilità, che per me va di pari passo con l’intelligenza, e che, probabilmente, non si impara in un laboratorio. Penso quindi al concetto classico di “armonia” dei greci, e cioè di sviluppare/formare un individuo a tutto tondo, in tutte le sue sfaccettature.
Capisco che il tema è molto complesso e che ognuno deve trovare la sua strada e che non ci sono soluzioni ottimali, ma io quello che vorrei per la mia bambina è che la scuola le desse delle basi molto solide (come dici tu e Letizia che le insegni a leggere, a scrivere, a capire) e che le insegnasse proprio ad avere spirito critico, nel senso di affrontare tutto criticamente proprio al fine di non scoraggiarsi dinanzi alle difficoltà che nella vita incontrerà nello studio come in alte cose. E che le insegni, appunto, a fermarsi e ragionare. Speriamo!!
Colgo l’occasione per ringraziare Francesco e tutti gli altri per il prezioso contributo critico che ognuno ha fornito.
Grazie e….. ad maiora per tutti!
Rita
Diana says
Il metodo lo conosco bene. Mio figlio ne ha fatto 3 anni. È davvero un’ottimo metodo.
Come tutte le cose, non tutto vale per tutti…magari qualche bambino può non trovarsi bene con questo sistema. Anche se a dire il vero i bambini sembravano tranquilli e contenti. Più tosto qualche genitore non ha retto il fatto che i bambini imparassero in modo diverso.
Sulla scuola attuale ne ho tanto da capire ancora…sono in un continuo dibattito interno(magari un giorno avremo modo di confrontarci) Se fosse stata IB fin dalle elementari sicuramente avrei molto meno dubbi.
Nel metodo IB La diversità è a contatto perenne: quando hanno studiato i 5 sensi sono stati invitati delle persone diversamente abili a parlare del loro modo di sviluppare i sensi) oppure durante la settimana del book fair i genitori di madrelingua diversa leggevano ai bambini della classe nella loro lingua.
La differenza radica in che nella scuola IB i bambini crescono sentendosi “cittadini del mondo” nella scuola bilingue (attuale) ho paura che si creda semplicemente un “cittadino privilegiato”…non so se rendo l’idea.
Con riferimento alle tue domande: La seconda domanda mi la sono posta anch’io. Anche se vedendo il liceo così lontano non ho approfondito. Senz’altro cercherò la risposta.
La prima domanda non l’ho capita bene “stravolgere la esperienza scolastica” del bambino, Intendi?
D
Bilingue Per Gioco says
Diana, in breve, l’esperienza scolastica dipende da diversi fattori, il programma è solo uno dei fattori. Se la certificazione modificasse l’esperienza scolastica a vari livelli, compresa l’atmosfera scolastica, i valori, le relazioni, la motivazione, etc, sarebbe molto potente!
Ciao,
L.
Ludovica says
Cara Letizia,
giusto per informazione: l’International Baccalaureate si divide in PYP (Primary Years Programme) e va dai 3 ai 10 anni, MYP (Middle Years Programme) e va dagli 11 ai 16 anni e DP (Diploma Programme) che è relativo agli ultimi due anni, 17 e 18 anni.
L’IB è nato inizialmente come diploma che desse una certificazione internazionale riconosciuta in tutto il mondo e quindi molte scuole “nazionali” come le scuole inglesi e americane, spesso hanno affiancato solo il DP per gli ultimi due anni. Inoltre siccome tutti e tre i programmi sono molto costosi per le scuole (training agli insegnanti, risorse, spazi, ecc.) alcune scuole si accontentano di avere solo il DP.
Può fare la differenza avere tutto il percorso? Certo! Dal mio modesto punto di vista, in particolare all’asilo e alle elementari.
Sta poi alle famiglie capire cosa ogni scuola fa. Come sempre un’indicatore della bontà e serietà della scuola è la trasparenza e chiarezza con la quale questo tipo di informazioni vengono date.
cordialmente
Ludovica
Arianna says
Ciao Ludovica e grazie per le informazioni.
Mi piacerebbe che spiegassi meglio perché come insegnante ritieni sia particolarmente vantaggioso seguire il programma IB alla materna e alle elementari.
Un saluto e un abbraccio a Letizia,
Arianna
Ludovica says
Rossa di vergogna chiedo venia per un apostrofo impiccione!
matteo says
Salve,
Nella mia zona (brescia) ci sarebbe una scuola che utilizza (così pare) l’ International Primary Curriculum (ipc).
http://www.greatlearning.com/ipc/.
Qualcuno ne sa qualcosa?
Grazie
Matteo
Ludovica says
Cara Arianna,
se pensi a come un bambino affronta la vita, naturalmente lo fa con grande entusiasmo, tanta curiosità e in modo istintivo, provando, sbagliando e riprovando. Dalle sue esperienze trae le sue conoscenze. Il bambino domanda, domanda in continuazione. Spesso le mamme sono stremate dai perché. Poi arriva all’asilo e alle elementari, (in particolare alle elementari), e improvvisamente non importa più quali siano le sue personali curiosità. Qualcuno ha deciso quello che tutti devono sapere e ciò che davvero importa sono le nozioni che è stato deciso tutti i bambini debbano avere. Questo sistema, a ben pensarci è come dire “fordiano”, da catena di montaggio. Consiglio di vedere un bel video di sir Ken Robinson (http://www.youtube.com/watch?v=zDZFcDGpL4U) che descrive piuttosto bene questo concetto. Se però si riflette davvero di cosa ciascuno di noi ricorda dell’asilo o delle elementari, si converrà che non è in questa fase della vita che si accumulano conoscenze specifiche. In questa fase della vita si pongono le basi accademiche di molte discipline, ma soprattutto si mettono le basi della PERSONA che si diventerà. Un bambino molto insicuro, oppure annoiato oppure aggressivo a 10-11 anni, sarà più probabilmente un ragazzino dal basso rendimento scolastico nelle medie. Un bambino invece che vive la scuola come una scoperta, che viene incentivato a coltivare le proprie passioni e quello in cui riesce, che viene sempre stimolato a provarci ancora, a ragionare sul suo apprendimento, anziché a subirlo, sarà un preadolescente molto più sereno e positivo. Questa è la filosofia dell’IB che ho visto messa in pratica e che ho visto funzionare. Se poi sei interessata a capire nello specifico altri aspetti, cercherò di risponderti al meglio.
Cordialmente
Ludovica
Arianna says
Ciao Ludovica e grazie della risposta.
Qualche tempo fa ho avuto modo di conoscere a grandi linee il programma IB, soprattutto PYP (scegliendo la scuola per le figlie) e quello che avevo colto dall’organizzazione in units of inquiry è proprio quello che descrivi tu come processo di apprendimento motivato versus subíto e sicuramente interdisciplinare; pur non essendo entrata nel merito di come il metodo venga concretamente applicato, mi era sembrato qualcosa di molto potente…
Da profana vi ho trovato anche molti punti di contatto con il Montessori, con la differenza macroscopica che quest’ultimo risulta molto legato all’uso di materiali specifici, soprattutto per quanto riguarda la scuola dell’infanzia (tu ovviamente, da addetta ai lavori, sei assolutamente autorizzata a confutare le mie osservazioni, fatte da una prospettiva esterna, di genitore che cerca di capire, poco addentro agli aspetti tecnici…). Infine, mi sembra molto interessante il tuo punto di vista perché finora nei dibattiti sulla scuola in cui mi ero imbattuta in rete, soprattutto su questo sito per quanto riguarda le bilingue e le internazionali, avevo letto poco sull’IB e anzi trovato ricorrente l’opinione secondo cui la differenza tra IB e programma tradizionale si vedesse/fosse importante molto più tardi (high school). Grazie ancora, un saluto
A
Fiorella says
Cara Ludovica,
grazie per tutte le informazioni che ci hai fornito.
Ci siamo trasferiti in Germania da circa un anno e mio figlio frequenta la scuola internazionale.
Se avessi potuto scegliere, avrei sicuramente scelto una scuola che offrisse tutto il percorso IB, ma
non mi e’ stato possible. La scuola attuale di mio figlio offere il percorso IB solo per il diploma,
mentre segue l’international Primary Curriculum (IPC) per la scuola primaria e , dal 2012, l’International
Middle Years Curriculum (IMYC) per la scuola secondaria (mio figlio sara’ in grade 1 il prossimo anno).
Posso approfittare della tua esperienza di insegnate e chiederti in cosa differiscono i due programmi rispetto ai corrispettivi IB?
L’idea che mi sono fatta dell’ “IB program” e’ che ai ragazzi, sin da piccoli, venga insegnato un “metodo”
pittosto che un “concetto”. In questo senso il dubbio che mi pongo e il seguente: non avendo le basi dei due
precedenti programmi, avranno difficolta’ i ragazzi a seguire il percoso IB negli ultimi 2 anni?
Ti ringrazio in anticipo.
Ludovica says
Il DP è il programma degli ultimi due anni del liceo. La difficoltà qui sta nel sostenere l’esame per accedere al programma. Alcune scuole internazionali infatti non fanno accedere tutti gli studenti perché la reputazione di una scuola si basa molto sulla media dei risultati IB.
Sono un pochino in difficoltà a rispondere alla domanda specifica, perché non ho un approfondita conoscenza dei programmi citati. Come ho scritto in un’altra risposta, non mi pare l’organizzazione in sé dia particolari garanzie. Mi pare sia più un’etichetta che altro….fossi in lei cercherei di farmi dare più informazioni possibili. Le scuole oltre alle Unit che definiscono i concetti fondamentali attorno a cui si sviluppano le varie materie, hanno sempre anche quello che possono chiamare in vari modi…continuum, horizontal programme, ecc, per language e math. Definiscono cioè i contenuti e i livelli. In questo modo dovrebbe riuscire ad avere un ‘idea più precisa.
Spero di esserla stata d’aiuto.
Cordialmente
Ludovica
Rita says
Gent.le Sig.ra Ludovica,
dal suo prezioso contributo mi sembra di capire che per lei la scuola con il metodo IB è preferibile alla normale scuola internazionale o inglese ed anche alla normale scuola italiana: ” IB vs scuola inglese: da italiana non avrei dubbi” (???). E questo, mi sembra sempre di capire, perchè il metodo offre un giusto equilibrio tra apprendimento di un’altra lingua e cultura locale (per es. italiana). Per cui una prima domanda che le pongo è questa: è corretto quanto mi sembra di percepire dalle sue parole? Il mio problema è proprio questo: io vorrei che la mia bambina, che comunque è ancora piccola, sia fluente in italiano come in inglese senza dover rinunciare alla cultura italiana. Io ho avuto colleghe di università che avevano frequentato la scuola francese o inglese che, appunto, erano molto carenti (ovviamente) in italiano e nella cultura italiana. Io vorrei che la mia bambina possa confrontarsi con la storia italiana, gli studi classici e tutto il resto e quindi pensavo di farle frequentare una scuola pubblica italiana e praticare/studiare l’inglese a latere, come ho fatto anche io. Ora, se il metodo Ib offre esattamente quello che mi sembra di capire il problema si risolverebbe, ma al Sud (noi viviamo a Lecce) esistono scuole che offrono questo metodo? In sostanza, come le dicevo sopra, a me piacerebbe che la mia bambina fosse bilingue, ma che seguisse esattamente il programma delle scuole italiane che, mi dovete scusare, a me non dispiace. Può gentilmente aiutarmi a chiarirmi le idee? Grazie mille,
Rita
antonietta says
Salve Ludovica,
mi collego all’intervento di Rita che ringrazio per lo spunto in quanto mi trovo in una situazione sovrapponibile alla sua; l’unica differenza è che la mia famiglia vive a Torino dove esiste una possibilità di scuola statale internazionale nella quale mia figlia sarebbe stata ammessa per il prossimo anno scolastico, quando comincerà la prima elementare.
In occasione della presentazione di tale scuola non sono riuscita a capire nulla rispetto ai metodi adottati, nessun genitore sembrava preoccuparsene (non so se perché troppo occupati a capire quali requisiti avessero per riuscire ad accedere, o se perché veramente a conoscenza della fama della scuola e di quali metodi adottasse; sul sito la presentazione del pof è molto scarna e in molti punti non aggiornata).
L’impressione che ho avuto è che molti si facessero trasportare dalla corrente: se c’è una lista d’attesa infinita vuol dire che è una buona scuola, poi, spendendo relativamente poco riesco a concedere a mio figlio anche lo studio di una terza lingua, fin dalla prima elementare.
Pur avendo fatto la domanda all’internazionale di cui sopra, come Rita sarei propensa per una statale “normale”, in questo caso la bambina proseguisse lo studio della seconda lingua attraverso corsi e lezioni private.
Molte persone con cui mi sono confrontata, che s’intendono di bilinguismo, mi consigliavano di fare proprio questo tipo di scelta, onde evitare che la preparazione risulti mediocre in entrambe le lingue.
Puoi aiutare anche me a vederci chiaro? Come faccio a capire che metodo utilizzano in questo scuola? (premetto che ho già fatto un colloquio con le insegnanti che sono state evasive)
Rinunceremmo a questa opportunità solo per non rischiare nulla, sicuramente se avessimo la certezza che l’internazionale funzioni bene (con l’utilizzo di un metodo sperimentato e realmente valido), pur dovendo affrontare alcune difficoltà logistiche per raggiungere quotidianamente la scuola, non ci penseremmo due volte (come diceva anche Letizia)!!!
Ti ringrazio fin d’ora per la risposta che vorrai darmi; sarebbe belle capire cosa le nostre bambine avrebbero in più e in meno frequentando la scuola internazionale o una statale con studio della seconda lingua a latere, per riprendere le parole di Rita.
Grazie
Rita says
Cara Antonietta,
ti capisco perfettamente. In base alla mia esperienza, frequentare una scuola internazionale non necessariamente vuol dire essere preparati. Sicuramente si sarà fluenti in un’altra lingua, ma credo che il rischio è quello di essere carenti in altre materie (che in ogni caso per me sono importanti). Tuttavia la risposta di Ludovica mi sembra chiarificatrice se si riuscisse a trovare una scuola che effettivamente applichi il metodo IB.
Cordialmente,
Rita
Selvaggia says
Rita, hai risolto l’arcano delle scuole IB a Lecce? (è passato del tempo ma vorrei darti il mio punto di vista.)
Anch’io vivo a Lecce adesso dove mia figlia ha frequentato a una scuola elementare “nominalmente” bilingue. Fanno 5 ore di inglese a settimana (e 2 di spagnolo) e hanno lavorato con moduli su alcuni argomenti specifici (la cucina, per esempio) in entrambe le lingue (inglese e spagnolo). Una via di mezzo ponderata, insomma. Ma una via di mezzo che non è realmente bilingue.
Sono soddisfatta? Abbastanza (anche perchè a Lecce non c’è altra scelta e perchè era l’unica scuola che mi potesse garantire un tempo pieno) perchè lei è partita da zero o quasi in entrambe le lingue (veniva da due anni di elementari in una scuola pubblica di Bologna) e attualmente riesce ad esprimersi ad un livello base in entrambe le lingue. (Se ti interessa ha il DELE in A1 in spagnolo e il solito YLE Flyers.)
E l’italiano? Ecco, quello è carente ma non dipende dalla scuola (nel mio caso) ma dal metodo e dall’ insegnante che ha trovato. Tu dirai, ma è la scuola privata che sceglie, no? Eh, sì. Ma questo vale solo per l’insegnante di italiano e non per le insegnanti madrelingua.
Leggono e scrivono pochissimo e le materie in italiano (ita, storia e geo) sono insegnate (e pretese) a pappagallo. Noi genitori abbiamo lavorato moltissimo a casa per tappare la falla.
In pratica è come se fossimo capitati in una scuola pubblica con l’insegnante di italiano sbagliato.
Quindi sulla carta tutto luccica ed è abbastanza convincente, nella pratica ci sono buchi da tappare.
Ora mi si pone il dilemma medie: che fare? La stessa scuola propone un corso (di nuova formazione, il che mi spaventa moltissimo) di scuola media “nominalmente” bilingue ma che non ha ancora fatto vedere nè programmi (si barricano dietro al “sono gli stessi del Ministero” e llaora che bilingue è? è una scuola italiana privata normale con le lingue rafforzate, io dico) nè insegnanti (sono in via di definizione, dicono).
Ancora, sulla carta tutta sembra abbastanza ottimale ma nella pratica di un anno zero con una classe piccolissima (max 6-9 allievi)??
mhmh.
Spero di non averti gettato nello sconforto.
Fammi sapere se hai bisogno e nel frattempo io cerco di sciogliere i miei dubbi.
s
PS: penso che tu abbia capito che sto parlando della Oxford.
Ludovica says
Buongiorno, cercherò di darvi il mio parere, senza pretendere che assurga a verità…
Come dicevo, quando una scuola è evasiva sui programmi, secondo me è un indice negativo. Per quanto riguarda Torino, so che c’è l’IST. L’hai preso in considerazione? Quello che dico come impostazione generale è che il curriculum italiano è sostanzialmente definito dai contenuti (è vero che ora esiste il POF, ma purtroppo molto spesso rimane una dichiarazione d’intenti più che qualcosa che entri in modo organico nella pianificazione). L’IB definisce un metodo attraverso cui sviluppare il Learner Profile. Sostanzialmente si dice: come scuola mi pongo l’obiettivo di sviluppare determinate caratteristiche (Reflective, Risk-Taker, Principled, Knowledgeable,Communicator,ecc.) intorno a questo, costruisco tutta la didattica che si sviluppa per Unit interdisciplinari. Capite che è una rivoluzione copernicana dove l’attenzione alla persona è al centro. Da qui discendono tutta una serie di implicazioni pratiche. Per esempio i bambini vanno ciascuno alla propria velocità. Per esempio quando si fa matematica, ci saranno bambini che staranno facendo le addizioni , ma alcuni altri staranno affrontando le prime moltiplicazioni. Di conseguenza il modo di fare lezione dovrà necessariamente essere diverso, non avendo le insegnanti ancora il dono di dire cose diverse contemporaneamente. Quando si fanno laboratori, gite, ecc. queste devono avere un senso rispetto alla Unit che stanno affrontando, perché non basta che un’attività sia carina, stimolante, divertente. Il punto è costruire intorno ai bambini tutte le esperienze possibili che rendano l’attività che stanno affrontando in quel momento viva, che dia spunti di riflessione che vengano riportati in classe. Paradossalmente si costruisce una scuola “pratica” che parte da solidissime basi teoriche. Molte scuole invece accumulano ore di una materia, laboratori attività, perdendo di vista l’organicità della programmazione. E quel punto si capisce che diventa una discussione infinita. Servono tot ore di italiano, però anche di inglese…e però non bisogna dimenticare l’arte, la musica….ma lo sport? la tecnologia? E si entra in un loop da cui è difficile uscire. L’unica cosa certa è che il numero di ore è limitato e dove si aggiunge da una parte, si toglie necessariamente da un’altra. Ed è qui che l’IB fa un cambio di passo. La persona al centro.
Per passare a questioni più specifiche rispetto alla cultura italiana. Ricordo che alle elementari, per esempio in storia si parte dalla preistoria per poi studiare le civiltà antiche (egiziani, assiri, babilonesi) e arrivare alla fine dell’impero romano. Più o meno quello che si studia in tutto il mondo occidentale e non fanno eccezione le scuole internazionali. Non ci sono poi così tatti argomenti specifici della cultura italiana. Per quanto riguarda l’italiano (inteso come grammatica, analisi del testo, ecc.) più o meno tutte le scuole internazionali dedicano su per giù lo stesso numero di ore che ci sono nella scuola italiana. In effetti la letteratura e storia italiana che forma la nostra cultura si forma più in là. Quasi totalmente al liceo. E qui sì la differenza con l’IB è profonda. Nella scuola italian i ragazzi scelgono il proprio destino a 13-14 anni. Il percorso dell’IB sposta la scelta ai 16 anni e il Diploma Programme permette ai ragazzi, con tuta una serie di vincoli di scegliere le materie. Qui i ragazzi potranno inserire materie a livelli diversi: italiano (High o Low), Matemetica (High, Standard o Low) così come Greco, Latino, Fisica, Biologia, Arts, Inglese, Economia….
Infine non conosco in modo approfondito l’IPC, ma sicuramente non ha una reputazione particolarmente elevata. Quello che mi è parso di capire è che sia una sorta di bollino da mettere sul proprio sito internet, ma poco più. Cioè non mi pare che ci sia una struttura di controllo che possa effettivamente garantire alcunché.
Spero di avere chiarito alcuni aspetti e disponibile ad ulteriori riflessioni.
Cordialmente
Ludovica
antonietta says
La scuola a cui mi riferisco è la statale Spinelli, sai qualcosa rispetto all’utilizzo o meno del metodo IB alla primaria? forse utilizzano qualcosa al Liceo e non so alle medie…
Grazie per la risposta che mi hai dato con più calma tornerò sull’argomento!
Rita says
Gentile Ludovica,
per quanto mi riguarda sei stata chiarissima. Ho compreso le differenze di metodo e ho compreso che non necessariamente le stesse si trasformeranno in differenze di contenuti. Io tengo molto agli studi classici per la formamentis che offrono (credo che tradurre una versione di greco o latino sviluppi una logica che ti consentirà in futuro, durante gli studi universitari, di affrontare qualsiasi materia, anche quelle propriamente scientifiche) ed effettivamente questa questione subentra in un seocondo momento a livello di scuola secondaria. Ora la domanda è a Lecce che tu sappia esiste una scuola, che sia pubblica o privata, che utilizzi per la scuola primaria e secondaria il metodo Ib?
Grazie mille del contributo, forse però nel nostro caso diffcicile da praticare….comunque per la mia bambina manca ancora qualche anno….non si può mai sapere!!
Grazie,
Rita
Francesco S. says
Gent. prof. Ludovica, vorrei un chiarimento su questa sua affermazione:
“La scuola inglese segue il National Curriculum e quindi anche la storia e la cultura inglese. In storia si fanno i Tudor, l’età vittoriana, in matematica si usano i pound e le libbre”
si riferisce alle scuole situate nel Regno Unito? perchè se si riferisse alle scuole inglesi internazionali in Italia, non mi sembra sia sempre così, anche se non si tratta di scuole IB. Quella che frequentano i miei figlioli (IS Venice) e, a quanto mi consta, anche le altre della zona, svolge tutto il programma in inglese, si ispira al National Curriculum, ma lo adatta alla realtà locale. In matetematica, è vero, usano pounds e pence, ma ormai sono decimali anche quelli, e quindi il problema non c’è più. Grazie e mi perdoni per la puntualizzazione.
Ludovica says
Buonasera Francesco,
certo, ci sono tante scuole che seguono il National Curriculum che adattano il programma alla realtà italiana (per fortuna!). Era un esempio per spiegare che una cosa è avere una lingua veicolare e altra cosa è il programma. Spesso c’è molta confusione al riguardo. Immagino tuttavia che il programma di storia dia quello Britannico, giusto? Normalmente accede così. C’è anche da dire che il National Curriculum nello studio della storia pone l’accento più sulle differenze tra oggi e ieri che non al solo raccontare un determinato evento storico…Diciamo che se immagino che sia rilevante il contenuto della storia insegnata, presuppongo che per un italiano sia più significativo raccontare gli etruschi che non parlare dei vichinghi.
Cordialmente
Ludovica
Giada says
Ciao Ludovica, mi permetto anche io di avvaermi della tua professionalità e conoscenza in materia. Ho da poco iniziato a prendere informazioni su questo argomento dato che a settembre 2015 mio figlio andrà alle elementari. Dove vivo io (a Palermo) vi è un ‘istituto che da quest’anno segue il metodo IB in modo certificato. A parte il fatto che questo istituto ha il titolo da aprile 2013 quindi è comunque un metodo che per questa scuola è in rodaggio ha un costo, per le mie tasche, proibitivo (9.000 € annui). Per cui ho proseguito l’approfondimento sull’argomento anche valutando altre scuole. Ha attirato la mia attenzione una scuola che mi è sembrata molto vicina all’approccio di cui parli nei tuoi post. Motivo per cui ti chiedo di dare un’occhiata sui due link a seguire e, così, per quello che può valere un impressione basata guardando un link, di dirmi che idea ti sei fatta a riguardo. Grazie tante per la tua disponibilità e scusa per “l’invadenza”,Giada.
http://www.scuolathomasmore.it/la-scuola-thomas-more/
http://www.scuolathomasmore.it/educazione-personalizzata/
Ludovica says
Buongirno Giada,
Capisco perfettamente che il costo dell’IB sia molto alto! A onor del vero devo anche dire che le risorse necessarie per essere una scuola IB sono elevatissime. Tornando alle tue domande. La scuola di cui parli, essendo autorizzata dal 2013, ha iniziato ad implementare il PYP almeno 4 anni fa. Quindi sarei molto tranquilla al riguardo. Ho invece dato un occhio ai link. Posto che quello che si vede dal sito è limitato, mi sento solo di dirti che mi sembra una scuola assolutamente italiana con un inglese rafforzato. Quindi l’impianto pedagogico sarà quello italiano.
Cordialmente
Ludovica
giada says
Grazie per la tua risposta. Continuerò ad osservare e a valutare anche grazie alle tue informazioni. 🙂
Agi says
Mi permetto d’intromettermi, sono la vecchia Agi, che ormai non scrive da tempo (oberata dal lavoro!).
Mia figlia frequenta il second grade di una scuola che segue il PYP (Primary Years Program) e che, per i gradi della High School, il programma per l’IB. (Nota: ho scoperto che la Primary School, qui, e’ bilingue e non internazionale. Comunque e’ in inglese e nella lingua del posto, con prevalenza della lingua inglese, anche se ho notizia di alcune insegnanti di altre sezioni che fanno prevalere la lingua locale per materie come Matematica, Scienze, etc.)
Devo dirlo? Nella Primary School a mia figlia sono capitate insegnanti molto brave (il capitolo Kindergarten e’ risultato il peggiore, ma la colpa puo’ essere stata di vari fattori concorrenti e non solo delle insegnanti specifiche).
Ma, di nuovo ma, con tutte le migliori intenzioni del mondo, il PYP non mi sembra questa rivelazione.
La mia maestra delle elementari, buonanima, in un paesino della campagna veneta insegnava con uno stile che potrebbe avvicinarsi tanto al PYP, nella filosofia. E questo trent’anni fa.
La differenza, a mio avviso, la fa molto piu’ l’insegnante che il programma.
Un buon insegnante vale oro, qualunque sia il metodo.
Mia figlia si trova bene, ora, proprio per la buon qualita’ degli insegnanti.
Quindi, tagliando corto, dico: prima bisogna avere insegnanti validi, appassionati (e quando si hanno vanno ben tenuti e premiati!). Basta con “Non so che fare nella vita, mi metto in graduatoria.” Insegnare e’ una vocazione, e richiede attitudine, studio, continua formazione, onesta’ e solidita’ (che mica gli insegnanti hanno vita facile).
Le scuole private hanno solo piu’ mezzi, figuriamoci la scuola internazionale con quello che costa! Facile che sappiano tenersi gli insegnanti bravi che arrivano. Ma un bravo insegnante lo sarebbe anche in una scuola pubblica, se la scuola avesse una visione didattica ben definita e il preside fosse persona di polso da far funzionare le cose.
Per concludere, una cosa che c’entra e anche no: oggi hanno consegnato i calendari personalizzati (a pagamento, come ogni cosa in una scuola internazionale) di ogni classe. Lo guardo, e… sorpresa!!! Mia figlia non c’e’!!! Era a scuola quando e’ stata fatta la foto, ma nessuno si e’ ricordato di aspettarla (aveva lezione di “lingua locale come as an additional language”). Vuoi mettere che emozione? E quando, con il PYP, ti fanno tutte queste storie che sull’essere caring, balanced, open minded, …. Ecco dov’era il caring? Chi si e’ ricordato di mia figlia?
Una scuola meno presa a rincorrere la schedule di tutte le activities non lo avrebbe fatto.
E questo non e’ a dimostrare che il PYP e’ sbagliato, ma che e’ importante piu’ la sostanza, che la forma.
Perdonate il commento fiume.
Rita says
Agi, scusa sento il bisogno di precisare, in relazione al mio commento nella risposta a Francesco, che quando parlavo di sensibilità, ovviamente, mi riferivo a quella dei professori. Per questo trovo il tuo racconto eclatante ed emblematico allo stesso tempo: è possibile che non ci sia stato un professore/assistente che abbia avuto la sensibilità di accorgersi che mancava una ragazza/alunna? Mah….
Cordialmente,
Rita
Marilena says
Io non ho nessuna esperienza con scuole internazionali o IB programs etc. Volevo pero’ dire il mio parere a Rita. La lingua che si usa a scuola sara’ la lingua primaria di tua figlia. Fare soltanto un paio di ore alla settimana di italiano, mentre tutto il resto del curriculum e’ insegnato in inglese non bastera’ affinche’ tua figlia sia allo stesso livello dei bambini che frequentano una scuola pubblica italiana. Se per te lo studio del latino e Greco e’ fondamentale, io ti consiglio di mandare tua figlia ad una buona scuola pubblica e integrare con lo studio dell’inglese in una scuola private. Non ho ben capito se una scuola che segue il programma IB in Italia usa come lingua l’italiano o l’inglese. Chi me lo sa dire? Grazie
Edie says
Ciao Marilena.
Nel senso che se alle elementari fai solo due ore di italiano sei tagliato fuori a vita dallo studio del latino e del greco?
giada says
Agi, capisco il tuo sfogo. Io se dopo tante manfrine dette e tanti soldi “spesi bene” per la formazione di mio figlio avvessi vissuto lo stesso episodio sarei risentita come te. Certi strafalcioni non sono consentiti, anche perchè nel caso specifico bastava veramente poco affinchè non accadesse. La scelta di queste scuole è proprio legata al fatto che i nostri figli possano avere quegli strumenti, quell’attenzione al singolo individuo e, quindi, quella formazione che purtroppo la scuola pubblica non da e che però la realtà odierna richiede.
Marilena, la scuola che segue il programma IB usa la lingua inglese, con però un’attenzione alla storia e alla cultura italiana. Quindi sarà sempre in inglese, ma svilupperà anche il contesto del paese autoctono.
Marilena says
Grazie Giada, io vivo in California e nonostante posso dire che le mie figlie siano bilingue e’ ovvio che l’inglese e’ la lingua che conoscono meglio perche’ e’ quella che usano a scuola tutti I giorni. Da quello che ho letto il programma IB sembra veramente bello, ma bisogna tenere in considerazione il fatto che un ragazzo che ha sempre frequentato la scuola in inglese, farebbe una fatica enorme ad inserirsi in una scuola pubblica italiana o a frequentare un universita’ italiana. Quindi scegliendo di far frequentare ai vostri figli una scuola in lingua inglese dovete tenere conto il fatto che poi, molto probabilmente vorra’ frequentare un universita’ inglese o Americana. Io preferisco le universita’ Americane, ma ovviamente per me non e’ una scelta difficile, perche’ vivo qui. Se vivessi in Italia sarebbe un altro discorso
danieleLLL says
Mio figlio è iscritto ad una scuola con programma IB. Anche se la lingua principale è l’inglese non mi sembra proprio che l’italiano sia trascurato, anzi. Rispetto poi a come l’ho fatto io alle elementari e medie statali non c’è confronto. Osservo poi i risultati eccellenti dei ragazzi di altri genitori che dopo le medie si sono iscritti a scuole pubbliche (quasi tutti licei) e che non sembrano affatto avere problemi con l’italiano. Tra l’altro la scuola non è paritaria per cui fanno l’esame delle medie con docenti delle scuole pubbliche e l’ultimo anno ad esempio più di metà classe è uscita con il massimo dei voti . Osservo però che negli ultimi anni i ragazzi si iscrivono sempre meno alle scuole italiane e tentano invece di continuare con il diploma IB. Non facile perché l’esame di ammissione è molto selettivo (bisogna cambiare città ). Per quanto riguarda la capacità critica e scientifica di chi esce dal classico credo sia dovuta principalmente perché è insieme con lo scientifico la scuola dove vanno gli allievi migliori. Dopo lo scientifico i miei ex compagni hanno tutti avuto ottimi risultati all’università grazie soprattutto agli ottimi docenti del liceo che ancora oggi nei test PISA ha risultati superiori alle migliori scuole finlandesi e asiatiche. A contrario amici che avevano fatto il classico, a ingegneria li ho visti con grosse difficoltà (pur essendo ragazzi molto dotati) perché con una preparazione matematica davvero scarsa. In definitiva credo che molto dipenda dalla qualità degli insegnanti e della scuola. Ma nella scuola pubblica è questione di fortuna, di chi ti capita insomma. Non c’è modo nelle scuole di valorizzare i prof meritevoli, del resto è un problema quello della meritocrazia non solo della scuola.
Bilingue Per Gioco says
Il primo anno di ingegneria (delle telecomunicazioni, cioè la più matematica delle ingegnerie) dopo il classico è un incubo. E non solo per la matematica e la fisica ma anche per lo choc culturale (non entro nei dettagli se no usciamo dal politically correct). Dal secondo anno in poi la musica cambia.
Questa almeno è stata la mia esperienza.
L.
Elisabetta C. says
Dibattito veramente molto interessante. E, sul “privileged background” di molti studenti IB, Letizia hai ragione.
Sono vari anni che leggo come funziona l’IB e trovo che sia un programma molto impegnativo ma bellissimo, per vari motivi: tra questi perchè la rosa di materie che bisogna portare è molto ampia e deve “pescare” da raggruppamenti di discipline diverse, per la presenza di saperi trasversali come “Theory of Knowledge”, per l’impegno anche in termini di scrittura di essays.
Con tre figli, non potrei mai permettermi una scuola internazionale per tutto il percorso, da cui la scelta per la scuola bilingue, per il momento. Resta, ovviamente, la possibilità, per qualsiasi ragazzo/a di fare application per fare l’IB direttamente a sedici anni, preparando l’application un anno prima (anche all’estero, per pagare solo il boarding) ma bisogna essere davvero dei bravi studenti. Comunque conosco ragazzi che lo hanno fatto e, in alcuni casi, anche partendo da una scuola italiana.
Quello di cui molti genitori italiani che scelgono la scuola internazionale “per l’inglese” non si rendono conto, credo, è che sia l’IB sia gli A levels sono esami le cui valutazioni sono estremamente oggettive, proprie di un sistema meritocratico. Fare l’IB tanto per farlo e poi prendere un voto basso vuol dire comunque avere preclusa l’entrata a certe università. Inoltre, fare l’IB e non fare certe materie vuol dire, magari, non poter fare una certa facoltà (insomma: le materie vanno scelte in funzione del “dopo”). Ad uno studente medio – in soldoni – o medio-basso forse conviene fare l’esame di Stato italiano (ma magari questa affermazione non corrisponde più a verità, non so quanto sia facile/difficile ora).
Per inciso, so che l’IB si può sostenere anche in spagnolo e in francese, anche se non mi sono mai messa a cercare quali scuole lo offrano.
Infine, è incredibile come qualunque conversazione sulla scuola in Italia vada a finire sulla nostra “anomalia culturale” principale: la difesa a priori del liceo classico (ne ho scritto anche sul mio blog, in un ‘post’ intitolato ‘serve ancora il latino?’).
Io il classico l’ho fatto, mi è piaciuto e mi ha insegnato delle cose importanti. Oggi non lo consiglierei mai ad un figlio, a meno che non fosse una sua scelta “vocazionale”. Lo considero morto, insieme al ‘900. Ogni tanto dovremmo cominciare a guardare avanti in questo paese, non solo indietro, beandoci del classico e del miracolo economico italiano.
Però, guarda caso, la persona che mi ha spiegato come scrivere un “tema” in forma di saggio scientifico era una prof della mia high school californiana (dove ho fatto uno dei miei periodi all’estero) la quale non conosceva nè Tolstoji nè Dante nè Shakespeare e la cui cultura era veramente terra-terra rispetto alle mie coltissime prof. del classico, che erano tutte un “il latino forma la mente” e via dicendo.
Però se la tirava molto meno. E mi ha insegnato una cosa utile.
Ecco perchè sempre di più importiamo gli standard educativi anglo sassoni (vedi i licei pubblici Cambridge International) o internazionali (IB).
Elisabetta C.
http://www.educazioneglobale.com
Bilingue Per Gioco says
Elisabetta,
ho letto anche il tuo post, molto interessante, e commenterò anche lì. Sono d’accordo su molto ma bisogna chiarire di cosa stiamo parlando.
Il tema è:
1) bisogna riformare le scuole italiane e modernizzarle?
oppure
2) dato lo stato attuale delle scuole, quale scegliere?
se il punto è l’1), siamo d’accordissimo. Le scuole vanno modernizzate e per farlo bisogna avere la forza di mettere in discussione quanto fatto fin qui, e ripensare criticamente l’impianto stesso del nostro modello scolastico, latino e greco inclusi.
se il punto è il 2) però, allora c’è poco da fare…Per un ragazzo che esce dalle medie oggi la scelta non è tra classico e high school ma tra classico, scientifico, linguistico, e altre scuole superiori.
Premetto che del linguistico così come è realizzato in italia ho poca stima, anche perchè parto dal principio che la lingua si impara vivendola, non a scuola.
Alla fine quindi la scelta è tra classico e scientifico, che tu stessa chiami una brutta copia del classico. Allora piuttosto che una scuola così così io rimango per una scuola che almeno qualche eccellenza ce l’ha. Meglio un’eccellenza datata che una mediocrità vecchiotta (perchè comunque moderna non è).
Ma ripeto, il punto 1), la riforma della scuola, è il punto cruciale. Sul quale però come genitori e cittadini possiamo fare poco, temo…
L.
Elisabetta C. says
Letizia, come hai giustamente evidenziato, i temi sono entrambi.
C’è la necessità per il singolo genitore di fare “shopping around” e di scegliere una scuola che abbia almeno un pò di modernità, dove si facciano anche cose che non siano lezione frontale ma esperienze hands on e laboratoriali e dove almeno si esca bilingui o con un buon inglese, se non altro perchè l’inglese è la chiave per leggere tante cose e accedere ad altri saperi. Se poi si sapesse anche un pò di economia e si facesse “global perspectives” o come si chiama quella materia del GCSE…ma non voglio sognare troppo.
Poi c’è l’altro tema. Io non dimentico di essere cittadina e “votante” e non solo mamma dei miei figli. Ad esempio, sono contraria al finanziamento delle paritarie in mancanza di fondi per le scuole pubbliche (ossia sempre!), e contraria ai buoni scuola dati in passato ai genitori delle paritarie. Eppure le mie figlie vanno ad una paritaria (come noto scelta per il bilinguismo).
Ma io voto con i principii e non con il portafoglio…
Auspico una riforma della scuola secondaria di secondo grado che vada verso il modello delle materie fondamentali ed opzionali e a vari livelli (insomma un pò come l’IB), per cui lo studente si va costruendo il “suo” piano di studi, il quale piano di studi lo orienta verso l’università.
Tutto ciò che posso fare, come cittadino dello Stato – nazione Italia (dunque in questo caso non come cittadino del mondo, magari un pò cinico, che sceglie per i figli il sistema di istruzione più competitivo in relazione al bilancio famigliare) è scriverne e votare per quei partiti che non pensano alla scuola solo come una vacca da mungere.
Ma non ci nascondiamo il fatto che, in Italia, chi pensa alla scuola e la difende è poi insopportabilmente dogmatico, per cui la difesa della scuola pubblica ruota intorno alle (pur giuste) rivendicazioni dei docenti (che barattano prestigio e stipendio per stabilità e inamovibilità) e non tanto intorno a quelle degli utenti (discenti).
Poi noi abbiamo norme a mio vedere assurde, come il potere di veto del singolo genitore che da solo può bloccare un progetto voluto dalla maggioranza degli altri genitori o da tutti gli altri (nelle scuole statali). Ma qui vado off topic, sorry.
Infine non è più vero che “alla fine quindi la scelta è tra classico e scientifico”.
Qualche timido cambiamento c’è.
Nel senso che possono interessare a noi (lettori di BPG ed “educatori globali”) segnalo:
– I licei classici europei con l’Esabac nei Convitti Nazionali (non ne penso benissimo, per tante ragioni, ma è bene che si sperimenti).
– Il liceo internazionale cinese al Convitto Nazionale di Roma.
– I licei pubblici Cambridge International, in cui si fanno gli IGCSE (forse saranno nè carne nè pesce, ma viva il coraggio di cambiare), alcuni dei quali danno il diritto ad una maturità internazionale (il Galvani a Bologna e il Salvini/Azzarita a Roma).
Insomma, chi può cerca di cambiare le cose. Come al solito sono casi isolati, anche se stanno cercando di federarsi.
In ogni cosa a noi manca il “sistema paese”. E’ la vecchia, solita, storia. Al massimo qualche distretto industriale..
Elisabetta C.
http://www.educazioneglobale.com
p.s. grazie Letizia del tuo contributo sul mio blog
Bilingue Per Gioco says
Elisabetta, quando trovi il partito “che non pensa alla scuola solo come una vacca da mungere” (in termini di consenso se non in termini grettamente economici) me lo dici per favore?
Mi spiace essere scettica, ma lo sono. Ma ti e vi prego, convincetemi di avere torto.
L.
Bilingue Per Gioco says
Ancora un commento a questo post, poi pubblico un nuovo post e parliamo di altro!
Elisabetta, capisco il tuo ragionamento in merito ai finanziamenti alle paritarie, ma secondo me non è molto pragmatico.
Un bambino in una scuola paritaria costa meno, in termini assoluti, che in una scuola pubblica (cioè la scuola privata è in genere più efficiente nella gestione dei costi).
In secondo luogo, un bambino in una scuola paritaria costa molto di meno allo stato, in quanto parte dei costi è direttamente assorbita dai genitori.
Ne consegue che finanziare le paritarie libera risorse per la scuola pubblica, invece di consumarle. A patto ovviamente che il finanziamento sia (sostanzialmente) inferiore a ciò che costerebbe il bambino in una scuola pubblica.
Un sempio. Di recente a Bologna c’è stato un referendum per l’abolizione dei finanziamenti alle scuole materne private. La città ha votato a favore dell’abolizione. A livello idealistico capisco perchè, e sarei anche d’accordo. Ma a livello pratico: il pubblico non è in grado di garantire un posto a tutti i bambini, quindi la scuola privata è una necessità della società.
Torniamo a bomba, al problema del voto… Purtroppo l’Italia è il paese degli sprechi pubblici, dell’inefficienza. Problema endemico. Prendiamo atto del fatto che un po’ di privato allieva questi mali.
Certo, la scuola privata/paritaria è in gran parte confessionale, cioè è più efficiente nella gestione dei costi perchè questi costi sono sovvenzionati da un altro ente. Ma a livello prettamente pragmatico preferisco che chi lo vuole faccia la scuola confessionale sobbarcandosi gran parte dei costi (e anche con qualche finanziammento) e le scuole pubbliche siano laiche (ah!, che umorismo…) e di qualità (…).
E lo dico spassionatamente, da mamma che manda il proprio figlio a una scuola pubblica dopo aver provato a fondare una scuola privata aconfessionale (scontrandomi con i costi).
L.
Chiara says
Discussione molto interessante. Mio figlio fa a una materna bilingue e vorrei proseguire per la primaria quindi mi sto informando. Sono anche una insegnante delle superiori però e vorrei aggiungere qualcosa al dibattito anche se di qualche anno fa, per chi capiterà, come me, ora o in futuro. In Italia la scelta non è tra licei e opportunità di percorsi internazionali e basta. Per le discipline scientifiche esistono i tecnici del settore tecnologico. Io ho fatto lo scientifico, ho dato il primo esame di matematica all’università senza studiare, col programma già appreso. Per fare le chimiche invece ho dovuto studiare come una matta, mentre i miei colleghi che avevano fatto il tecnico indirizzo chimico andavamo come treni. Sono insegnante di chimica e vi posso assicurare che per chi vuole studiare discipline biologico/scientifiche all’università da chimica a medicina, a farmacia, il tecnico chimico dà una formazione pratica di laboratorio (oltre 15 ore di laboratorio la settimana in laboratori attrezzati come nelle università) e teorica (discipline che io ho studiato solo all’università: chimica organica, chimica fisica, chimica analista e strumentale, chimica industriale, biotecnologie e microbiologia con laboratorio in cui gli studenti lavorano personalmente e sperimentano, non guardano e basta), che lo scientifico assolutamente no dà. E la cosa grave è che tanti studenti vanno allo scientifico e pensano di sapere ciò che in realtà non sanno e se ne accorgono all’università. Purtroppo tanti genitori ed insegnanti delle medie ancora non sono aggiornati e mandano studenti che si gioverebbero di questo percorso, al liceo. È un peccato. Questo per la formazione scientifica, per quella linguistica di studia inglese e al quinto anno si fanno moduli in inglese della disciplina…spesso con collaborazioni di lettorato da università americane che vengono ed insegnano moduli di una disciplina chimica del quinto anno.
danieleLLL says
Per un ragazzo che esce dalle medie farei scegliere ove fosse possibile una scuola internazionale . Nel caso in cui preferisca o fosse costretto a scegliere una scuola italiana allora classico o scientifico se è bravo a scuola, un istituto tecnico in caso contrario. Cercherei comunque di indirizzarlo sullo scientifico magari nelle nuove formule dove potenziano le lingue e le scienze. Il classico ottimo in generale ma davvero troppo datato per i tempi attuali.
Francesco S. says
Provocazione, e Daniele non la prenda come offesa personale: se qualcuno non fosse bravo a scuola, perchè dovrebbe scegliere un istituto tecnico? perchè non potrebbe andare a lavorare? conosco molte persone che hanno cominciato dopo le medie, come parrucchieri o baristi, ad esempio, e che a trentacinque anni, invece di essere precari, hanno un negozio loro. E, per quel che vale, già venti anni di contributi pensionistici versati. Garantisco che questo discorso lo ho già fatto ai miei figli.
Francesco L. says
La convinzione comune e diffusa che il tecnico sia per quelli che non vogliono studiare, è poi proprio il motivo per cui quelli più bravi finiscono al liceo tradizionale. Errore grave per il singolo, ma anche in aggregato per il paese.
E pensare che negli USA le migliori scuole secondarie sono quelle che di fatto assomigliano ai nostri istituti tecnici industriali. La Stuyvesant High School di New York e la TJ High School for Science and Technology alle porte di Washington sono due esempi non unici nel panorama USA. Nella struttura essenziale (solo che lì fanno tutto alla grande) sono una via di mezzo tra un ITC e un Istituto tecnico agrario e sono considerati istituti ambitissimi, difficilissimi da essere ammessi e meglio delle migliori private, dove Stanford e Harvard mettono delle quote per non ammetterne troppi. Alla Stuyvesant hanno studiato più premi nobili che nella migliore università italiana (il record ce l’ha la Bronx High School of Science and Technology con 8 premi nobel tra i suoi studenti, altro ITI d’oltreoceano). Per entrare alla TJ, i genitori iniziano a preparare i figli dall’asilo con dosi extra di matematica e inglese (la comprensione del testo è importante).
Ho letto un commento per cui chi esce dal classico, dopo un anno di smarrimento, si troverebbe a suo agio anche ad ingegneria delle telecomunicazione, che è effettivamente la più matematica di tutte. E’ verissimo. Ma è vero per il semplice motivo che l’università italiana è stata costruita come prosecuzione del liceo classico. Come quest’ultimo, anche l’università italiana è rimasta con lo sguardo rivolto al passato, e utilizza una pedagogia da classico. Poi non ci si deve stupire se la ns università non è in grado di preparare né scienziati né tecnici, condannando i giovani alla precarietà. Volendo ci si può laureare in Lettere senza aver scritto molto in italiano, o in Biologia senza aver speso molto tempo in un laboratorio.
Ma questo lo sappiamo. Alla fine, date le condizioni, bisogna aiutare i figli a fare una scelta. Salvo eccezioni, gli insegnanti migliori stanno nei licei, così come anche gli studenti migliori. Ma non tutti i licei hanno gli insegnanti migliori, ve ne sono di pessimi, come anche eccellenti Istituti Tecnici. Quindi in questo caso, il consiglio operativo è quello di consumare le suole delle scarpe e informarsi chiedendo a persone che condividono valori simili ai nostri come sono i professori, che fine fanno gli studenti quando si diplomano. In alcune città il risultato potrebbe essere proprio che la scelta migliore sia il Tecnico.
Marilena says
Hai colpito sul segno. Questi sono I gravi problem della scuola italiana. Come si puo’ ottenere una buona conoscenza scientifica se non si usa mai un laborratorio? Come si puo’ chiamare un liceo scientifico “buono” se gli student non fanno nessuna pratica. Credo che l’Italia si stia rovinando con questa idea che le materie tecniche non sono importanti, mentre lo sono allo stesso livello del latino. Solo che sono anche molto piu’ utili del latino.
danieleLLL says
Francesco assolutamente d’accordo con te, se proprio non se la sente perché no. Certo se prima però facesse una scuola professionale che lo preparasse al lavoro che gli piace o qualche istituto tecnico ( tra l’altro alcuni preparano bene, in matematica anche meglio dei licei) sarebbe meglio . Per fare i baristi esistono ottime scuole alberghiere, idem per i parrucchieri.
Conosco anch’io molta gente che ha cominciato a lavorare senza studiare ed è molto brava nel suo lavoro, conosco però anche molta gente che anche nei lavori manuali si improvvisa e ti trovi con un sacco di persone che fanno un mestiere con molta approssimazione . Una buona scuola professionale e pratica ( come credo esista in Germania) aiuterebbe non poco.
Francesco S. says
In teoria quello che scrivi è vero. Se però guardo alla realtà degli istituti tecnico/professionali della mia zona -quindi, senza pretesa di generalizzare- trovo sink schools, per dirla all’inglese, che funzionano come parcheggi tre/quinquennali, offrono solo nozioni generiche, perchè scollegate dalla realtà lavorativa, e quel che è peggio ti fanno raggiungere l’età oltre la quale, se non sei un lavoratore con esperienza, non ti assumono più, perchè tutte le agevolazioni non ci sono più o vengono meno quasi subito. Per esempio, nessun alberghiero di mia conoscenza ti insegna che con una bottiglia di prosecco si fanno nove flutes, eppure per gestire un bar è una delle mille cose vitali. Ammetto che il problema non è di oggi: se vuoi, prova a leggere il romanzo di Nanni Balestrini, “Vogliamo tutto”, e vedi cosa dice dei professionali e dei cantieri scuola… A questo punto, meglio andare “a bottega”, come si faceva una volta, e in parte si fa ancora adesso.
Edie says
A giudicare dal sito, posso chiedervi che impressione vi fa e di che genere di scuola si tratta questa che riporto in questo link? -> http://www.stthomass.com/nuovo_sito_ita/index.php
Esistono dal 2011, se non sbaglio. Mi interesserebbe sapere anche quanto tempo si impiega, in genere, per essere riconosciuti come scuola IB e se in questo processo alcune scuole falliscono, ovvero nonostante gli sforzi non riescono ad essere certificati PYP IB.
Scusate se chiedo a voi, ma è per sentire un’altra campana.
Ludovica says
Gentile Edie,
la scuola del link, non la conosco.
Quello che posso dirti è che il processo per diventare una scuola IB per il PYP è piuttosto lungo e di solito mai inferiore ai 4 anni. Ci sono scuole che ci impiegano molto di più, ma essendo quella di tuo interesse gemellata con Ambrit, mi aspetterei che buona parte delle Standard and Practices richieste dall’IB siano state mutuate o agevolate da loro.
Mentre fino a qualche anno fa durante i controlli, se trovavano delle cose non perfette, consentivano anche solo stendere un preciso action plan che dimostrasse come la scuola intendeva agire per sistemare le cose che non andavano, adesso non è più possibile. Se la scuola fallisce su anche solo uno dei punti indicati dall’IB, la procedura di riconoscimento fallisce e si deve rifare application.
Proprio perché il processo è molto serio, le scuole che stanno facendo la procedura di riconoscimento non si avventurano nell’ultimo step se il loro consulente IB non dà loro l’ok a procedere. Qualche scuola fallisce? Sì capita, generalmente a quelle scuole che non capiscono in tempo quanto i requisiti siano assolutamente vincolanti oppure quelle scuole di lunga tradizione che fanno molta fatica a cambiare stili e usi molto consolidati, e da insegnante capisco bene quanto sia difficile cambiare il proprio stile di insegnamento. Fare una lezione “inquiry based” è veramente diverso rispetto alla classica lezione frontale.
Spero di esserti stata utile.
Cordialmente
Ludovica
Edie says
Sei stata molto preziosa, Ludovica.
I miei sinceri ringraziamenti.
Edie
Francesco S. says
“Il personale è politico”: rispolvero un vecchio slogan del Sessantotto, che mi pare riassuma meglio in una sola frase i contenuti del saggio di Paul Tarc “Global Dreams, Enduring Tensions. International Baccalaureate in a Changing World” (Peter Lang, New York, 2009), che ho oggi finito di leggere raccogliendo l’intelligente provocazione di Letizia, la copertina riprodotta all’inizio di questo post. Lo consiglio a tutti, e provo a dirvi perché proponendone una recensione.
E’ un libretto snello (135 pagine), nemmeno troppo costoso (28 €), che non si sofferma sugli aspetti didattici, ma inserisce l’IB nel contesto storico, dagli inizi “eroici” del 1962 ai giorni nostri: racconta chi lo ha creato e con quali ideali e obiettivi e –perché no?- da dove sono venuti i soldi per crearlo, e come la struttura si è evoluta nel corso dei decenni.
Tre spunti mi sono parsi molto interessanti, in particolare per il lettore italiano.
Primo, la scuola internazionale in generale, e l’IB in particolare, è materia politicamente delicata: nasce in oggettiva, anche se non dichiarata, opposizione all’idea tradizionale per cui l’istruzione è affare dello Stato, in quanto serve –o serviva- a formare cittadini fedeli, e nella peggiore delle ipotesi sudditi ideologicamente orientati. Si ricorda (p. 15) il pensiero di uno dei “padri fondatori” dell’IB, per la storia Robert Leach: l’età moderna “deve rottamare una volta per tutte il dogma espresso nel 1920 dalla Società delle Nazioni, per cui l’istruzione sarebbe questione privata o nazionale”; si ricorda ancora (p. 47) che è solo dagli anni ’80 del secolo scorso, con un processo che ancora non si è completato, che “il ruolo dell’istruzione nell’interesse nazionale incomincia a spostarsi, dal formare la cittadinanza e assicurare la coesione nazionale a promuovere la competitività economica della nazione stessa”. Tutto ciò spiega le forti resistenze che il progetto IB ha incontrato anche in Paesi insospettabili, come gli USA, ove lo si è accusato persino di essere “antipatriottico” (p.59). Da noi, probabilmente un eco di queste problematiche si ritrova nei genitori che rifiutano per principio la scuola internazionale per paura che i loro figli “non sappiano più l’italiano”, o per la convinzione che la scuola pubblica vada preferita a prescindere. E c’è da riflettere: forse ci si limita a questo perché il fenomeno è di nicchia, ma se prendesse piede, io sono pessimista, aspettatevi una soprattassa o una penalizzazione di qualche tipo al grido di “non passa lo straniero”.. Guardate però che non tutti sono così miopi: apprendiamo a p. 47 che le scuole IB sono state una parte non secondaria nel movimento “Nation at Risk”, che negli USA degli anni 80 del XX secolo intendeva porre rimedio a un livello dell’istruzione superiore sentito come inaccettabile, soprattutto di fronte alla concorrenza asiatica; apprendiamo poi (p. 6) che Tony Blair aveva promesso, nel 2006, in ogni distretto scolastico del Regno Unito un liceo IB (attualmente lì ce ne sono 223, contro i 17 dell’Italia: i candidati premier sono avvertiti che per noi l’idea è ancora valida!).
Secondo, l’organizzazione IB non si è sottratta e non si sottrae a interrogativi scomodi, nella terminologia dell’Autore le questioni dell’accesso e della rappresentatività: l’IB è una scuola di elite, ovvero di eccellenza? E in che termini? Serve davvero a formare, come desidererebbe, un cittadino del mondo, oppure “is just schools for rich kids” (p. 37)? Come vedrete, la risposta è aperta: dai fatti emerge che l’IB non è internazionale come vorrebbe, ma prova a diventarlo, soprattutto con lo sviluppo dei programmi dedicati all’istruzione primaria. E, se mi permettete una nota personale, è una conclusione che convince: formare un cittadino del mondo, ammesso che sia possibile, dovrebbe essere un processo che, appunto, copre tutti gli anni della formazione culturale della persona: mi pare un poco illusorio che ci possa riuscire da solo un diploma, per quanto valido, solo quadriennale, anzi biennale se si tiene conto che l’IB vero e proprio copre i due ultimi anni di corso. Comunque si risponda, però, si apprezza la sincerità, perché sono interrogativi che non vedo molto approfonditi nel dibattito nazionale: generalizzando, con tutti i limiti che ciò comporta, parlare di eccellenza, o solo di meritocrazia, a scuola (e non solo) qui è considerato di cattivo gusto, con il risultato oggettivo di lasciare molti spazi alla selezione fondata sulla legge della giungla…E non diciamo che il problema non ci interessa, o non ci riguarda: anche noi cerchiamo per i nostri figli (p. 105) una scuola “che assicuri un vantaggio individuale in un economia di concorrenza globale”, il problema è che lo facciamo ancora con gli occhiali della scuola piramidal-gentiliana.
Terzo, dedicato specificamente al lettore nazionale. In tutto il discorso, il nostro Paese, che pure geograficamente non è lontano da Ginevra, e che nell’ambito dell’istruzione proprio negli anni di sviluppo dell’IB credeva, a torto o a ragione, di poter dire la sua, è completamente assente. Ed è veramente un male, se si legge (ad esempio, alle pp. 16 e 24) che l’IB si propone come obiettivo “la formazione liberale dell’intera persona”, “intellettuale, fisica, estetica e morale”. Ai cultori della classicità questo non dovrebbe ricordare qualcosa? Per essere più espliciti, non si dovrebbe per lo meno conoscere e forse anche approfondire una realtà come l’IB prima di arroccarsi nell’acritica difesa ad oltranza del “liceo classico che apre la mente”?
Bilingue Per Gioco says
Francesco,
molto interessanti queste osservazioni, ma fammi spezzare una lancia in nome dei genitori pieni di dubbi, che nel contesto pratico hanno il loro motivo d’essere.
Chi si domanda scuola internazionale sì o no “altrimenti non mi impara l’Italiano”, in genere non sta considerando una scuola IB, ma una scuola che segue programmi e modelli scolastici di un altro paese, tanto è vero che per quanto ne so solo due scuole in Italia offrono i programmi IB per le elementari e le medie (PYP e MYP). Di certo le persone non si pongono il problema dell’Italiano quando scelgono una scuola superiore, ma molto prima.
Parimenti, chi come me ha ancora stima del liceo classico, molto spesso non sta esercitando una scelta tra IB e classico, ma tra classico e quel che offre il convento. Come ho già sottolineato altrove, un conto è parlare della scuola come dovrebbe essere (e dovrebbe essere molto diversa, dalle elementari alle superiori), un altro è discutere quale scuola scegliere oggi nel panorama a disposizione.
Certo se il paese fosse così folle da inalberarsi contro un (utopico) tentativo di portare le scuole IB a livello nazionale, magari rendendole pubbliche(come accade altrove), avresti ben ragione di sdegnarti, e verrei con te a organizzare picchetti. Ma io non credo che la gente sarebbe così miope, non lo credo affatto.
Certo, poi quando uno deve scegliere la scuola, considerando offerta locale, logistica, costi, etc. le valutazioni sono spesso, necessariamente, di limitato respiro…
L.
Elisabetta C. says
Francesco, davvero molto interessante.
Rispondo a qualcuno dei punti che hai sollevato, in ordine sparso.
E’ dai tempi della paideia classica che educare significa, in primis, formare il cittadino (essendo un pozzo di cultura avrai letto Werner Jaeger…).
I confini di questa cittadinanza si sono andati via via allargando a seconda delle epoche, a seconda della cornice giuridica di riferimento e anche per via di una allargamento dei possibili “utenti”, ossia discenti: dalla formazione del cittadino della polis (e il cittadino era comunque solo un maschio, non dimentichiamolo) al cittadino dello Stato-nazione. Dunque, che i sistemi di istruzione nazionali mirino a formare cittadini dello Stato-nazione, non deve soprendere visto che, al momento, è lo Stato che paga per l’istruzione pubblica.
Oggi, sempre più, si trascende il confine degli Stati perchè non dobbiamo più formare cittadini dello Stato nazione (l’ho scritto anche nella mission del mio blog educazioneglobale…) ed ecco che, dall’ultimo cinquantennio ad oggi, nascono le Scuole europee (per la UE e solo nei posti dove vi sono istituzioni comunitarie, ma i progetti iniziali prevedevano via via un’espansione che forse non c’è stata) e l’IB (per stabilire addirittura uno standard valevole a livello globale, prima per i figli dei diplomatici, poi mirando a qualcosa di più “alto”: un nuovo modo di fare istruzione).
Il massimo del massimo lo raggiunge una scuola ancora più cosmopolita, la thinkglobal school, cercatela su internet, la quale non ha un campus ed è itinerante (ad es. se studi la foresta amazzonica lo fai in amazzonia!).
Per tornare però con i piedi per terra, come giustamente spinge a fare Letizia, queste scuole non sono per tutti.
Le scuole europee nascono per i funzionari UE e, se uno non lo è magari può entrarci, ma non tutti abitiamo a Parma, Bruxelles o Francoforte.
Le scuole IB in Italia, salvo una che è gratis per chi è bravissimo e vince la borsa di studio, costano un occhio della testa.
4 anni di high school IB a Roma sono 80.000 euro (arrotondo mettendoci anche le tasse d’esame).
Io ho tre figli, se mi indebito per l’IB finisce che non fanno l’università.
La thinkglobal school vi invito a vedere quanto costa…
Alla fine il cosmpolitismo dobbiamo costruircelo a casa, un pò ogni giorno. E no, non è la stessa cosa, non è che a casa uno possa fare “Theory of knowledge” con un adolescente riottoso e quanto ad “inquiry based” ebbene la scuola italiana è proprio il contrario…è una scuola che tende a dare risposte, la risposta giusta è sempre una sola, normalmente quella della prof. (e non si è capito quale era la domanda!).
Elisabetta C.
http://www.educazioneglobale.com
Bilingue Per Gioco says
oh dear…
la think global school costa 79,000$ l’anno
passatemi i sali, sto svenen
Elisabetta C. says
oh yes! hai capito che rincorsa? penso costi più di La Rosay in svizzera dove studiano i figli di tutti i monarchi del mondo e certo più di Eton…
comunque sappi che ci sono dei kindergarten nell’upper east a NY dove – se il 5enne passa l’esame di ammissione – il fortunato genitore paga 38.000 dollari l’anno…
a 5 anni appunto!
Elisabetta
Arianna says
Io non posso farci nulla, ogni volta che sento parlare di queste cose mi viene in mente questa storia scritta da Woody Allen per il New Yorker: http://archives.newyorker.com/?i=2003-04-14#folio=034 si tratta di un vero e proprio “dramma familiare” innescato dalla mancata ammissione di un treenne alla miglior nursery school di Manhattan. Emblematico. Enjoy!
Francesco L says
L’IB è la vera alterantiva ideologica del “classico”. Si rivolgono entrambi allo stesso pubblico, alla stessa classe, alla stessa elite. Entrambi fanno delle scienze umane il loro perno (nell’IB almeno la metà è humanities e può raggiungere i due terzi), solo che il primo è nel senso di “global perspectives”, mentre il secondo è rivolto al passato e nasce come collante dell’identità nazionale. Siccome l’italiano colto si ritiene discendente diretto del mondo greco-romano, ecco che il “classico” fa al caso. Possiamo conservare il ns patrimonio artistico senza sapere nulla dei classici? Possiamo apprezzare il presente senza conoscere il passato, anzi il passato remoto, anche in forma “contrastiva”? La posizione “passatista” è ben espressa nel recente appello di un trio di intellettuali di casa nostra (Asor Rosa, Roberto Esposito ed Ernesto Galli della Loggia) http://www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:2457/ Altre posizioni, meno chiare dal punto di vista logico, sono espresse da altri intellettuali italiani (U. Eco, ad esempio), sopratutto attraverso esempi di persone che grazie al classico sono diventati personaggi famosi e di successo, e questo dimostrerebbe etc. etc.. Un no-no in logica, ma spesso si confonde la retorica con l’argomentazione.
In conclusione, l’IB costa troppo e rimarrà appannaggio di una minoranza. Il classico pubblico che vuole aprire la mente rimarrà un miraggio, e l’elite non cosmopolita dovrà accontentarsi di mandare i figli a studiare cosa dicevano gli ateniesi in lingua originale (che poi visto come si studiano le lingue in Italia, non saranno fluenti nemmeno in quella). Nel resto del mondo, l’IB o equivalenti sono la regola per le elite, con le quali le ns elite poi devono confrontarsi. E lì sta la differenza.
Bilingue Per Gioco says
Quale IB ha fatto Steve Jobs?
No, no, un attimo, questa è una pessima domanda. Che c’entra Steve Jobs, lui era lui, e la gente normale, per quanto dotata, è un’altra cosa.
Allora proviamo così:
Quante persone in ruoli “d’elite” hanno sfornato le IB (in quasi 50 anni di attività)?
Io ho trovato solo questa lista, che credo abbia cercato di includere tutto l’includibile, non ultima l’autrice del sicuramente pregevole ma certamente non celeberrimo “How to Seduce a Walrus”. (Non cercatelo, non si trova). Sinceramente avrei preferito trovare una lista più completa, ma non l’ho trovata. E anche fosse, torno al mio argomento principale: che l’impatto della scuola vs quello dello stato socio-culturale della famiglia è ancora da dimostrare.
Stando così le cose, tutto detto e fatto, pur con il rimpianto di non poter accedere a una IB school (perchè l’Inquiry Based approach E’ indiscutibilmente estremamente affascinante e allettante) non ci rimarrà che affrontare questa differenza con coraggio e intraprendenza. (E anche un po’ di hunger and foolishness, che non guastano mai…).
L.
Francesco L. says
non capisco il riferimento a Steve Jobs o alle persone sfornate dall’IB. Se si deve guardare alle code, in questo caso quelle delle star, né l’IB né il classico sono stati disegnati per enfatizzare quelli che in un commento precedente ho richiamato come well-lopsided kid. Per gli angular ci sono delle scuole dove enfatizzano i talenti (scientifici o umanistici) e che sfornano premi nobel a nastro (una lista qui http://en.wikipedia.org/wiki/Nobel_Prize_laureates_by_secondary_school_affiliation ) o star nei vari campi della cultura e del business. Le specialized schools o le scuole per gifted and talented non sono coerente con l’IB, che presume tutti siano studenti entusiasti e capaci di imparare.
Il modello IB e quello italiano non sono pensati per queste code (l’unica cosa che i due hanno in comune). Ed è vero che il background di origine gioca un peso determinante nelle prospettive dello studente. Ma lo stesso background è quello che poi determina la scelta della scuola. Gli studi disponibili però, anche se non in maniera decisiva, mostrano infatti una certa influenza della scuola sui risultati (e non potrebbe essere diversamente) e i genitori ne sono consapevoli, anche se solo di pancia a livello intuitivo. Il rigore nello studio, il metodo scientifico, la capacità critica vengono con la scuola e non si autodeterminano by chance. Ci deve essere un disegno. Detto questo, per uno studente medio (in media gli studenti sono medi) cosa è meglio? Sperando di non cadere nella trappola de “il meglio è nemico del bene” .
Edie says
Kim Jong-un, LOL… 😀
Questa lista mi sta facendo cambiare idea sull’IB.
Scherzo…
Babi says
Sto seguendo con molto interesse il dibattito… Mi chiedo se avete info circa la scuola internazionale di Modena (IB) e la Primary English School (Bilingue paritaria sempre a Modena). Per me è un must che mia figlia abbia un’educazione bilingue ma devo fare anche i conti con numeri chiusi alla Primary…
Ludovica says
Gentile Babi,
la scuola internazionale di Modena la conosco di fama, che è molto buona, mentre la Primary English school no. Come emerge dal dibattito, potendo scegliere, non avrei dubbi nel cercare una scuola che offra un programma IB.
Cordialmente
Ludovica
MIcaela says
Gentile Ludovica, chieso scusa approfitto anche io della sua esperienza.
Sono di Modena anche io e le chiedo in base a che cosa la International godrebbe di buona fama?
Non riesco a capire il perche’, visto che il sito della scuola sembra ben fatto, le info che loro danno al centralino sembrano buone…ma in ambito modenese la scuola non gode di una buona reputazione.
Alcune mie amiche hanno ritirato i filgi in grade 2 (bel 8 famiglie).
La primary invece gode di un ottima reputazione..i ragazzini quando escono dalla primary sono preparati e parlano un ottimo inglese..
Ha qualche altra info per avvallare la sua frase “buana fama”?
Grazie ancora tanto per la gentilezza.
Ludovica says
Buongiorno Micaela,
quando mi riferisco alla fama di cui una scuola gode, mi riferisco innanzitutto alla fama che ha tra gli insegnanti. Le motivazioni che spingono i genitori a scegliere una scuola piuttosto che un’altra sono molteplici e il più delle volte non necessariamente collegate alla qualità della didattica. International School of Modena fa parte del circuito delle scuole IB e come tante altre scuole di questo tipo fa sostenere test internazionali ai propri alunni che sono strutturati in modo simile ai PISA e che comparano i risultati della scuola a quelli di altre scuole simili (i.e. internazionali). La buona o cattiva fama di una scuola in buona parte considera questi dati, che sono oggettivi e da quello che le insegnanti dicono della scuola (ci sono blog, chat, ecc) dove i giudizi sono, le assicuro, molto chiari. Ripeto l’altra scuola non la conosco, ma ISModena, ha una buona fama. Spero di esserle stata d’aiuto.
Cordialmente
Ludovica
Miki says
Grazie Ludovica davvero gentilissima,
Posso anche chiederle eventualmente i riferimenti dei blog,
Per aiutare me o altre mamme di Modena nella scelta tra le due scuole, perché in sostanza sono solo queste due..
Grazie
Micaela
Bilingue Per Gioco says
Anche io ho scritto privatamente a Ludovica chiedendo questi riferimenti.
Ludovica, per favore li condividi?
In caso contrario mi sentirò obbligata a cancellare il tuo commento, per correttezza.
L.
Francesco S. says
Beh, ci troviamo il Sole Nascente, Rispettato Compagno, Grande Successore della Causa Rivoluzionaria, nonchè Straordinaria Guida del Partito, dell’Esercito e del Popolo…. quello fa per tutti. Però, di inquiry based approach ne ha capito poco… a meno che non lo abbia scambiato con l’approccio del grande inquisitore!
🙂
Ludovica says
Buonasera Letizia e Miki,
ho visto solo ora mail e post…
se cercate black list international school escono molte alternative. Le mie colleghe straniere spesso guardano interantionalschoolreviewdiscuss. E’ probabile che abbia letto lì,qualche tempo fa, una serie di post su Modena.Lo ricordo bene, perché ne avevo parlato con una collega che aveva lì delle amiche. Se avete tempo di spulciare i post e i commenti, avrete di cui divertirvi!
Cordialmente
Ludovica
Bilingue Per Gioco says
Io ho spulciato un po’, ma non ho trovato nulla.
Miki says
Anche io non ho trovato nulla..sigh sigh
Pacif says
Salve a tutti,
mi inserisco nei commenti… ho scoperto Bilingue per gioco da poco tempo. Ho una bimba di 2 anni e stiamo pensando di iscriverla alla scuola materna bilingue a indirizzo montessori, dove è sempre presente una maestra madrelingue inglese. Mi sembra una buona opportunità per fornirle lo stimolo della lingua straniera precocemente e per la maggior parte del tempo che passerebbe all’asilo…
i dubbi sono comunque molti…
1) non è detto che possiamo permetterci a livello economico e logistico di frequentare anche le elementari bilingue e le medie… (sarebbe allora tempo ed risorse sprecate???)
2) otterremmo gli stessi risultati impegnandoci con giochi, canzoni, cartoni e playgroup ?
Forse avete già trattato questi temi??! spero di non ripetermi..
Trovo molto interessanti le discussioni trovate su questo blog… un verso punto di riferimento!
Amberina says
Salve,
qualcuna di voi conosce la scuola Svizzera di Roma o qualche alunno che ha finito gli studi li?
Vorrei sapere come ci si trova e alla fine del percorso se è vero che si parlano perfettamente 4 lingue…premetto che a casa nostra non si parla tedesco.
Grazie